CITTÀ DI CASTELLO (A. T., 24-25-26)
Città umbra (prov. di Perugia), situata in posizione assai amena, tra una cerchia di colli verdeggianti, presso la riva sinistra del Tevere, nel punto in cui questo esce dalla fertile conca detta Val Tiberina, a 288 m. s. m. Città di Castello ha una pianta regolare, che conserva traccia dell'antico campo romano, col decumano e il cardine massimo che corrispondono alle vie cittadine più importanti. La sua popolazione, che era di 5515 ab. nel 1708, di 5771 ab. nel 1901 e di 6798 nel 1921, è occupata soprattutto nel commercio di prodotti agricoli e in alcune notevoli industrie (fabbriche di confetti, di laterizî, di merletti, di lavori in ferro battuto, di oggetti in legno intagliato e intarsiato, di tela umbra tessuta a mano, tipografie, ecc.).
Città di Castello possiede una sorgente alcalino-solforosa, con stabilimento assai frequentato. È attraversata dalla grande rotabile che dalla Toscana va a Perugia e si trova sulla ferrovia a scartamento ridotto Fossato di Vico-Arezzo.
Il comune è uno dei più vasti dell'Umbria (387,88 kmq.) e comprende gran parte della Val Tiberina, con le colline e le montagne che la circondano. Il 39% del suo territorio è a seminativi, il 31% a prati e pascoli, il 26% a boschi, e il resto è improduttivo. La popolazione (30.018 ab. nel 1921, di cui 21.000 vivono nelle case sparse) è densa soprattutto nella parte piana della Val Tiberina, dove si hanno più di 180 ab. per kmq.; la densità decresce rapidamente sopra i 400 m. di altezza.
Bibl.: R. Riccardi, Ricerche sull'insediamento umano nell'Umbria, Roma 1931.
Monumenti. - La città serba tracce del fervore artistico che vi accentrò, nel Rinascimento, artisti di grande nome: Signorelli, Pinturicchio, Perugino, Raffaello, ecc. Di alcuni di essi si conservano tuttora opere importanti nelle chiese e nella ricca pinacoteca, che ha sede nel cinquecentesco palazzo Vitelli della Cannoniera. Anche l'architettura vi ebbe qualche notevole manifestazione: impronte romanico-gotiche serbano la chiesa di S. Domenico, a una sola vasta navata ricca di affreschi e con un bel portale nel fianco sinistro, e quella di S. Francesco, che però subì notevoli manomissioni. Nel sec. XIV sorse il palazzo del podestà, ora del Governo, vasta costruzione attribuita ad Angelo da Orvieto, della quale soltanto un lato è conservato. Allo stesso architetto è attribuito il palazzo comunale, interessante ma incompiuto edificio ogivale in pietra a bugnato rustico con bifore e portale, e con bell'atrio, a vòlte a crociera sorrette da pilastri ottagonali. Nel duomo possono facilmente rintracciarsi i segni di successivi rimaneggiamenti, dal dugentesco campanile cilindrico al ricco portale scolpito nel fianco sinistro, del sec. XIV, fino alla secentesca facciata di Francesco Lazzari da Castello; l'interno, ampio e ben proporzionato, ha pregevoli opere d'arte. Altra chiesa interessante è quella di S. Maria Maggiore, che fu costruita nella seconda metà del sec. XV, e si vuole attribuire a Baccio Pontelli. La città si adorna inoltre di numerosi edifici privati dei secoli XVI-XVIII; grandioso e nobile il palazzo Vitelli a Porta S. Egidio, che si vuole disegnato dal Vasari; variamente interessanti il palazzo vecchio Bufalini, quelli dell'Abbondanza, Berioli, Bruni, Bufalini in piazza Vitelli, ecc.
Bibl.: E. Mannucci, Guida storico-artistica di Città di Castello, Città di Castello 1878; G. Margherini Graziani, L'arte a Città di Castello, Città di Castello 1897; G. Bernardini, in Le Gallerie comunali dell'Umbria, Roma 1906, pp. 91-98; E. Giovagnoli, Città di Castello, monografia storico-artistica, Città di Castello 1921; A. Fanfani, Città di Castello, guida storico-artistica, Città di Castello 1927.
Arte della stampa. - L'introduzione della stampa in Città di Castello appare soltanto nel 1538 con il Liber Statutorum impresso da Antonio Mazzocchi di Cremona associato coi fratelli Niccolò e Bartolomeo Gucci di Cortona, espressamente invitati dai Priori della città a trasportarvi la loro tipografia nomade. Nel 1539 i Gucci ritornano a Cortona e, per lungo tempo, la città rimane priva di una propria tipografia. Dal 1627 al 1630 vi si trova Sante Molinelli, impressore, specialmente, di libri ascetici; segue una nuova interruzione fino agli anni 1694-95, in cui imprimono, al servizio della comunità, Lazzaro Loreti e Girolamo Galli. In ordine di tempo vengono poi i tipografi Giulio Manescalchi (1716-43), Ortensio Bersiani (1765-1775), Fedele Toppi (1777-1798), Giuseppe Brizi (1800-1805), Francesco Donati e Bartolomeo Carlucci (1799-1806) e successivi eredi. Per i tempi moderni si ricordano i meriti editoriali di Scipione Lapi che iniziò la sua attività tipografica nel 1881 divenendo in seguito editore della monumentale ristampa dei Rerum italicarum scriptores (1901 e seg.).
Bibl.: F. Ravagli, I Fratelli Gucci, in Erudizione e belle arti, Cortona 1894, II, fasc. 12, p. 225; A. Falchi e D. Marinelli, La stampa a Città di Castello, Città di Castello 1909; V. Corbucci, Le vicende della stampa in Città di Castello (1538-1916), Città di Castello 1917; G. Bioli, stamperie e stampatori a Città di Castello, Città di Castello 1928.
Storia. - Dagli Umbri, che la fondarono, ebbe il nome Tifernum, cui s'aggiunse poi Tiberinum. Federata di Roma, e quindi ricevuta in cittadinanza, divenne - dopo la guerra marsica - municipio fiorente ed ebbe tra i suoi cospicui patroni Plinio il Giovane che nei suoi dintorni possedeva vastissimi latifondi e vi si costruì (presso l'attuale villaggio di Lama) una splendida villa. Dai Longobardi, che la chiamarono Cast um Felicitatis, passò ai Franchi e, per qualche tempo, alla Chiesa. Costituitasi presto a comune, dovette nel 1180 fare atto di sommissione a Perugia; ma, quasi subito recuperata la sua autonomia, riuscì ad acquistare tale importanza politica, da suscitare le gelosie dei potenti comuni vicini, Perugia ed Arezzo, che per secoli la funestarono con implacabile ostilità mentre le discordie faziose dei suoi cittadini la indebolivano all'interno. Costretta quindi ad appoggiarsi ora a parte ghibellina e ora a parte guelfa, dovette subire la supremazia dell'Impero o quella del Papato, con brevi intervalli di libertà. Niccolò Vitelli, liberatosi con gli assassinî e le proscrizioni delle nobili famiglie rivali dei Giustini e dei Fucci, riuscì ad assicurare alla sua famiglia l'egemonia assoluta su Città di Castello, che alla sua morte (6 gennaio 1486) lo proclamò "padre della patria". I figli e discendenti di lui si mantennero senza più contrasti al potere, finché tutta l'Umbria non cadde sotto l'assoluto dominio dei Papi.
Nel periodo del Risorgimento i Tifernati furono i primi nell'Umbria ad aprire le porte (11 settembre 1860) all'esercito piemontese.
Bibl.: G. Muzi, Memorie storiche, ecclesiastiche e civili di Città di Castello, Città di Castello, 1842-44; G. Magherini-Graziani, Storia di Città di Castello, Città di Castello 1890 seguenti; E. Allain, Pline le Jeune et se héritiers, Parigi 1904; G. Amicizia, Città di Castello nel secolo XIX, Città di Castello 1902; P. Tommasini Mattiucci, Una pagina di patriott. umbro, Città di Castello 1910.