CITTÀ DEL CAPO
(X, p. 493)
Città (776.600 abitanti nel 1985) della Repubblica Sudafricana, capoluogo della Provincia del Capo e sede del Parlamento nazionale. La città si estende su un'area di 200 km2, mentre l'agglomerazione urbana comprende una popolazione di 1.912.000 unità (1985).
Dopo la seconda guerra mondiale lo sviluppo urbanistico ha accentuato il carattere ''ramificato'', già impresso a C.d.C. dalle componenti naturali (la presenza di rilievi accentuati e di forti venti dominanti). Modellato sugli esempi americani, il piano viabilistico del 1958 ha incentivato la crescita urbana lungo le tre direttrici storiche di espansione: a Ovest, parallelamente all'oceano, le freeways congiungono i sobborghi più lussuosi (Seapoint, Fresnaye); al centro, lungo le pendici della Table Mountain si allineano i sobborghi di Claremont, Constantia, che ormai saldano, in unico insediamento, il nucleo storico a Muizenberg, la Table Bay alla False Bay. A Est, lungo la baia, è la sequenza dei quartieri più sfavoriti, ove ancora permangono, accanto alle attività industriali, forti nuclei di popolazione coloured. In mezzo a queste due direttrici sono i Cape Flats, desolata regione battuta dal vento: qui, nel quadro della politica di segregazione razziale, è stata insediata la gran parte delle townships destinate alla popolazione non-bianca: Mitchell Plain per i coloured, Kayalishla, Langa, Nyanga per la componente nera (ove prevalgono i bantù).
Il nucleo centrale è stato oggetto di radicali trasformazioni: negli anni Cinquanta lo scavo del nuovo bacino portuale (Duncan Dock) ha fornito materiali per l'interramento di vaste aree sulle quali ha potuto poi espandersi il centro direzionale. Demolita la passeggiata a mare (Esplanade) e il bel molo tardo-vittoriano (Promenade Pier), la nuova downtown è stata punteggiata, tra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio degli anni Sessanta, dai grattacieli (Trustbank Bldg, Heerengracht Hotel), costruiti a immagine dei modelli newyorkesi. In un secondo tempo, l'allontanamento di attività e di popolazione più legate al porto ha reso disponibili nuove aree edificabili: dopo i grandi edifici pubblici (Opera House del 1971, Municipal Centre del 1972), è la volta dei grandi complessi polifunzionali (Good Hope Centre, Golden Acre Centre), a cui fa capo un sistema sotterraneo di gallerie commerciali.
La trasformazione del nucleo centrale ben riflette il nuovo quadro economico della città, sempre più orientata verso i settori terziari (finanza, turismo, produzione di servizi): contrariamente al passato, oggi a C.d.C. hanno sede compagnie commerciali e di assicurazioni, centri di produzione televisiva, istituzioni culturali. Tutto ciò ha compensato l'irreversibile crisi del porto: lontano dai centri industriali e minerari del paese, esso è passato da una condizione di primato a un volume di traffico pari a un terzo di quello di Durban; a questo si aggiunge la caduta verticale del flusso di passeggeri legato alle rotte transoceaniche. Ciò nonostante, la città riesce a mantenere il suo tradizionale carattere cosmopolita, legato alla sua funzione di ''porta del Sudafrica'': prima testa di ponte per la colonizzazione olandese e inglese, è oggi il principale cuneo della penetrazione economica degli USA.
Completa il quadro l'università, una delle più grandi del paese: al più antico campus di Groote Schuur (per gli studenti anglofoni) si è aggiunto il complesso di Stellenbosch (per gli afrikaner) e recentemente quello di Bellville riservato ai coloured.
Bibl.: J. R. Shorten, Cape Town, Londra 1963; Cape Provincial Administration, Greater Cape Town Region. Planning reports, 2 voll., Città del Capo 1967-68; Cape Town: Metropolis in the making, in Town Planning Review, 40 (1969), pp. 102-18; Cape Town: City of good hope, a cura di A. H. Honikman, Johannesburg 1981 (19661).