Città del Capo
Una problematica convivenza tra etnie
Nata come scalo marittimo lungo la rotta tra Europa e Oriente, Città del Capo fu per secoli solo un punto di passaggio. I suoi primi abitanti olandesi si governavano da sé, democraticamente, in perfetta autonomia. Diventata una delle 'porte' d'accesso al ricco Sudafrica, la città è cresciuta, si è fatta moderna, ha conosciuto i problemi della convivenza tra etnie: problemi che oggi vuole contribuire a risolvere, proponendosi come esempio di mediazione dei conflitti
Città del Capo (in inglese Cape Town o Capetown, in afrikaans, la lingua parlata dai Boeri, Kaapstad) sorge sulla costa dell'Oceano Atlantico, 50 km a nord del Capo di Buona Speranza. La sua è una posizione magnifica, su un'ampia baia, la Baia della Tavola, chiusa da un arco di monti: il Tafelberg ("Monte della Tavola") e poi il Testa di Leone, il Picco del Diavolo, il Dodici Apostoli sono i principali. Quando Bartolomeo Diaz scoprì il Capo di Buona Speranza e Vasco da Gama lo doppiò nel 1498 (scoperte geografiche), la Baia della Tavola divenne subito un punto di sosta per le navi che andavano alle Indie. Il primo insediamento europeo stabile fu fondato dall'olandese Jan van Riebeeck nel 1652, portandovi dei contadini olandesi, per coltivare la terra e rifornire di alimenti freschi i marinai di quelle navi.
La Baia era abitata dai pacifici Boscimani. Gli Olandesi li dispersero rapidamente; non entrarono in conflitto con gli indigeni né con nessun altro, e vissero a lungo senza dipendere da uno Stato, riconoscendo solo l'autorità formale della Compagnia olandese delle Indie Orientali. Il loro territorio era fertile, coltivavano campi e allevavano bestiame e il loro nome era Boeri ("contadini"). Come manodopera si servivano di schiavi acquistati in Angola o di lavoratori forzati provenienti dalla Malesia, da Giava, dal Madagascar. La città era fatta di case in stile olandese, con strade strette piene di magazzini, botteghe e taverne. Al centro sorgeva il castello, fabbricato con pietra locale, ma anche con mattoni importati dall'Olanda.
All'epoca delle guerre napoleoniche gli Inglesi stabilirono a Città del Capo una base provvisoria, che divenne però permanente nel 1814. I rapporti tra Inglesi e Boeri erano tesi. Quando la Gran Bretagna abolì la schiavitù (1833), dalla regione del Capo circa 10.000 Boeri migrarono verso l'interno (Grand treck "Grande migrazione"), svuotando la città. Un'altra crisi sembrò arrivare nel 1869, quando fu aperto il Canale di Suez, una rotta molto più breve verso l'Oriente, che quasi annullava l'importanza di Città del Capo come scalo. Ma la scoperta, nelle regioni dell'Orange e del Transvaal, di straordinari giacimenti di oro e di diamanti diede invece nuovo slancio alla città.
La nascita dell'Unione Sudafricana nel 1910 assegnò a Città del Capo la funzione di capitale legislativa, sede del Parlamento. Furono costruiti nuovi quartieri, periferici, destinati alla popolazione nera, che per legge non poteva abitare insieme con i bianchi.
Città del Capo si estese lungo la baia e si spinse verso l'interno fino a 25 km dal mare. Dagli anni Cinquanta del Novecento sono stati costruiti grattacieli, centri direzionali e autostrade urbane. Città del Capo seguitava infatti a crescere, con il moltiplicarsi delle attività finanziarie, con lo sviluppo del turismo e soprattutto con la concentrazione dei commerci e delle industrie: il suo porto offre il più vasto bacino di carenaggio ‒ una specie di enorme officina in cui si riparano le navi ‒ di tutta l'Africa. La città ha oggi 855.000 abitanti ‒ oltre 2.400.000 nell'intera area metropolitana ‒ ed è la seconda città della Repubblica Sudafricana. Nonostante le profonde trasformazioni, il centro storico conserva molti segni del passato coloniale: il castello, al centro della Grand Parade, la Greenmarket Square, centro originario della città, la Groote Kerk (1699), la più antica e grande chiesa del Sudafrica, l'antico mercato degli schiavi, oggi palazzo della Corte suprema.