citizen journalism
<sìtiʃn ǧóunëliʃm> locuz. sost. ingl., usata in it. al masch. – Giornalismo partecipativo, nel quale i cittadini diventano in vari modi soggetti e non solo fruitori della notizia. Questa partecipazione ‘dal basso’ può avere vari livelli, dal commento a notizie già scritte alla ricerca di esse. Il c. j. è diventato un importante fenomeno del 21° sec. grazie ai mezzi di espressione messi a disposizione da Internet: i e i come Twitter e Facebook consentono anche a chi non fa parte del sistema dei media di comunicare con tutto il mondo. Il c. j., nella sua prima accezione, era inteso come un contributo all’informazione che poteva arrivare soprattutto su temi sociali, politici o spesso di cronaca, ma generalmente in ambito locale. Il significato politico di questo tipo di giornalismo ha avuto un impulso dal modello Indymedia, nato dalle proteste contro la riunione della WTO a Seattle nel 1999, e ha visto sempre di più i blogger affiancarsi ai giornalisti delle testate tradizionali ed essere accreditati come tali, anche in occasione di grandi eventi, e affrontare temi di portata internazionale. La diffusione dei social network, in parte a scapito dei blog, che erano esplosi negli anni Novanta del 20° sec., è stata nei primi anni del 21° sec. un ulteriore passo del c. j. verso una totale interattività, sempre meno mediata da figure professionali. Anche un sito dedicato ai video prodotti dagli utenti come YouTube (v.) svolge un ruolo di documentazione giornalistica, dal momento che su di esso vengono pubblicate tra l’altro immagini di fatti di cronaca. Da quando, grazie alla telefonia mobile, è stato possibile mandare messaggi e video in qualunque momento, anche trovandosi nel mezzo di eventi di ogni genere, le notizie diffuse via Internet sono state un mezzo con il quale anche l’attivismo politico (per non parlare delle iniziative commerciali e pubblicitarie) ha avuto nuove vie: il c. j. ha avuto infatti un ruolo determinante nella cosiddetta . Le informazioni su quanto stava accadendo nei paesi arabi sono infatti circolate sia tra i partecipanti stessi ai movimenti politici, consentendo loro di organizzarsi meglio, sia all’estero, dando ai mezzi di informazione internazionali notizie che i governi avevano cercato di bloccare, impedendo ai giornalisti stranieri di svolgere la loro attività. La natura stessa di Internet rende infatti molto difficile ogni azione censoria. In Italia il giornalismo partecipativo ha incontrato alterne vicende. Current Tv, costola italiana di un network internazionale, ha chiuso nel 2011, ma YouReporter.it, con video inviati dagli utenti, è ormai fra le fonti di immagini di cronaca anche per le principali emittenti televisive. Diffusi i siti dedicati al c. j., come fainotizia.it, dillinger.it e agoravox.it.; in un diverso contesto, inoltre, i blog o i profili sui social network sono entrati fra le fonti del giornalismo tradizionale, data soprattutto l’abitudine crescente da parte di personaggi noti a esprimersi attraverso questi mezzi.