CISTOFORI (κιστοϕόροι)
Si denominano così nell'antichità le monete d'argento coniate nell'Asia Minore, che mostrano uniformemente al dritto, racchiusa in una corona di edera, la sacra cista bacchica semiaperta, donde esce un serpente, e al rovescio un arco nella sua custodia fra due serpenti avvinghiantisi. Il peso di queste monete si aggira fra gr. 12,40 e 12,70, onde si considerano didrammi di peso eginetico, ovvero tetradrammi di uno speciale sistema basato su una dramma di gr. 3,20. I cistofori fanno la loro apparizione nel regno di Pergamo, e più precisamente a Efeso, poco prima del 200 a. C.; ma il loro uso si estende ben presto attraverso i dominî di Attalo I, sì che essi diventano una specie di moneta panasiatica quasi o più che federale, coniata in buon numero di zecche della Misia, della Lidia, della Frigia e della Ionia, e accettate per la bontà della lega e l'uniformità di peso e di tipo.
Le principali città che emisero ricche e ininterrotte serie di cistofori sono Pergamo, Efeso, Tralles, Apamea e Laodicea di Frigia; ma se ne conoscono ancora gruppi più o meno numerosi per Adramitti, Smirne, Apollonia, Tiatira, Nisa, Sardi, Stratonicea, e si cita infine un esemplare di Creta, coniato probabilmente a Gortina.
La quotazione ufficiale del cistoforo in età romana era di tre denari.
Bibl.: M. Pinder e I. Friedländer, Über die Cistophoren, Berlino 1856.