CISTA (κίστη, cista)
Recipiente a forma di canestro o scatola destinato ad usi diversi.
Le principali accezioni della parola sono: cassetta per il denaro di un privato, corrispondente al termine fiscus "la cassa dell'erario"; cassetta per conservare i manoscritti; urna per i voti nei comizî; cesta di vimini rotonda o quadrata destinata agli usi della campagna; la cista (cista mystica) di forma cilindrica con coperchio, portata nei misteri dionisiaci, di Demetra e d'Iside (v. misteri) e destinata a nascondere agli occhi dei profani gli oggetti sacri (τὰ ἱερά).
Il moderno uso archeologico intende con la parola cista determinati recipienti cilindrici, generalmente di bronzo ma anche di altro materiale (argento, legno, cuoio) destinati a contenere gli oggetti della toletta femminile; la parola è stata originariamente adottata per questi recipienti solo perché si credette - in base a una certa somiglianza formale - che fossero ciste mistiche. Le ciste si dividono in due gruppi ben distinti: le ciste a cordoni e le ciste a pareti lisce, ornate per lo più di graffiti, dette ciste prenestine.
Ciste a cordoni. - Le ciste a cordoni constano di un recipiente cilindrico di bronzo, decorato con cordoni a rilievo, senza piedi, con due manichi a volte mobili, a volte attaccati con chiodi alle pareti. Il tipo è molto diffuso, soprattutto nelle tombe di Bologna e nell'Italia settentrionale; pochi invece sono gli esemplari rinvenuti nell'Italia meridionale, il che, nella questione controversa sul centro di fabbricazione - secondo alcuni Bologna, secondo altri Cuma - farebbe propendere per la prima di queste città.
Ciste prenestine. - Le ciste prenestine, così dette dal luogo di ritrovamento, risultano, nelle parti essenziali, di un corpo cilindrico, raramente ovale, sostenuto da tre piedi, sormontati da placche a rilievo con figure o semplici ornati. A due terzi dell'altezza - nelle più antiche a metà - sono occhielli su rosette, che variano di numero da sei a dodici, da cui pendono catenelle o corregge di cuoio. Il coperchio, che a volte entra nel corpo della cista, a volte lo comprende, ha nel centro un manico, formato da una o più figurine di bronzo. Questo tipo ha avuto una determinata linea di sviluppo sia nella forma, sia negli accessorî, sia nella decorazione.
Cronologicamente si distinguono: 1) ciste di legno ricoperte di metallo, generalmente bronzo, o completamente (ciste ovali) o parzialmente (ciste cilindriche a traforo); 2) ciste tutte di bronzo, graffite.
Le ciste ovali non sono numerose; in esse l'altezza del corpo non supera mai il diametro maggiore. I piedi sono quattro, a zampa ferina semplice, sormontata da un leone in atto di slanciarsi. Il coperchio a volte è distaccato, a volte è unito al corpo per mezzo di cerniere. Gli ornati, di solito limitati al coperchio, non sono incisi ma a sbalzo: linee di punti formano motivi geometrici o vegetali o, in un unico caso, figure. Forma il manico una figuretta di bronzo, rovesciata all'indietro - uomo o donna - poggiata sulla testa, sulle mani e sui piedi.
La cista cilindrica a traforo è ancora interamente di legno: quasi a ricordo delle ciste ovali, in essa il diametro è maggiore dell'altezza, raramente uguale. Ma nel resto costituisce un tipo ben diverso: il rivestimento di metallo, più forte, si presta alla decorazione graffita che per ora si limita al coperchio. Le due lamine, che costituiscono il rivestimento in alto e in basso, presso una fascia mediana di cuoio, hanno un ornato a giorno di fiori di loto che si alternano aperti e chiusi in boccioli, attaccati al cuoio, e occhielli su rosette, da cui pendono gli anelli collegati fra loro da corregge di cuoio o catenelle. Il coperchio è sempre distaccato e ornato con scene di combattimento; il manico, è formato da due guerrieri che portano il corpo d'un compagno morto. In un solo caso il gruppo è costituito da due figure maschili nude che lottano sorreggendosi per il capo. I piedi, in numero di tre, sono sormontati da rilievi rappresentanti una sfinge o una leonessa che allatta un fanciullo, o due figure in lotta, o un giovinetto alato.
Le ciste di bronzo interamente graffite conservano la forma cilindrica delle precedenti a traforo, ma tendono a divenire sempre più snelle. Le dimensioni sono assai variabili: e a questa varietà nelle dimensioni corrisponde uguale varietà nelle figurine del manico e nei rilievi dei piedi: quanto ai manichi ritorna, con alcune varianti, il gruppo dei due guerrieri che sorreggono il corpo di un compagno morto; quello dei due lottatori che si sorreggono con la testa diventa comunissimo: tipi nuovi invece sono i manichi formati da tre figure giustapposte, o da due figure, l'una maschile, l'altra femminile, a volte alate, a volte caratterizzate come Satiro e Menade, o da figurine rovesciate all'indietro, o da animali (delfini, pantera, leone). Fra i gruppi che appaiono una volta sola, notiamo quello bellissimo di Dioniso ebbro che s'appoggia a un Satiro, Eracle in lotta col leone Nemeo, Minerva armata nell'atto di frenare un cavallo impennato. Anche per i rilievi che sormontano i piedi, queste ciste si ricollegano a quelle ovali e a quelle decorate a traforo: tipi nuovi, sono invece una testa di Medusa o di leone o di donna velata, un animale nell'atto di divorarne un altro, una figura di Sileno barbato semisdraiato, ecc.
La decorazione graffita si estende su tutta la cista: naturalmente la decorazione del coperchio diviene secondaria e si limita a mostri marini spesso cavalcati da Nereidi, ad animali ed esseri teriomorfi variamente distribuiti, ecc.; rare sono le scene un po' complesse come, ad es., la scena di caccia che orna il coperchio della cista Ficoroni. I graffiti nel corpo eccezionalmente si limitano a una decorazione puramente ornamentale. Di regola nel centro è una larga fascia con rappresentazione figurata, e in alto e in basso un bordo a motivo ornamentale. La rappresentazione principale si svolge su tutto il corpo della cista: quanto ai soggetti, predomina il repertorio mitologico greco, ma raramente la decorazione consta d'un unico mito (come nella Ficoroni): l'incisore aveva avanti a sé un campo molto vasto e continuo da decorare, e le figure, che componevano una scena di mito greco, erano troppo poche per riempire lo spazio: a quest'inconveniente provvide l'artista prenestino o ampliando la composizione relativa a un mito con l'aggiunta di figure accessorie (Satiri, Silení, donne al bagno) o riunendo sul corpo di una sola cista due o più miti, senza alcun legame fra di loro, o anche decorando la cista con figure prese a caso dal mito greco. Perciò l'identificazione dei soggetti è molto difficile, spesso impossibile. Frequentissime sono le rappresentazioni della toletta femminile: abbastanza comuni quelle dei giochi della palestra: notevole e caratteristica una scena di cucina, viva eco della vita comune, e una scena tolta dalla vita civile latina: il trionfo d'un generale. Trattandosi di prodotti di fabbrica, in cui molto è lasciato all'abilità individuale, si trovano ciste scadentissime e altre disegnate con grande finezza e armonicamente composte: fra queste la più bella è la Ficoroni, ornata con un episodio del mito degli Argonauti. Ma in ogni caso bisogna riconoscere che l'artefice prenestino seppe risolvere assai abilmente la difficoltà offerta dalla forma cilindrica del vaso, la quale esige una decorazione ininterrotta, di cui non è possibile vedere che una parte per volta.
Notiamo che i pochi esemplari non provenienti da Preneste si distinguono nettamente da quelli prenestini oltre che nelle parti accessorie, anche nella mancanza di graffito o nella decorazione, a rilievo invece che graffita.
Luogo di produzione. - Problema assai controverso è quello del luogo di fabbricazione delle ciste: poiché, se è vero che le ciste finora tornate alla luce provengono quasi esclusivamente dalla necropoli di Preneste, d'altra parte l'unica iscrizione di cista a cui sia aggiunta l'indicazione di una città - quella della Ficoroni - nomina come luogo di fabbricazione Roma (Novios Plautios med Romai fecid). Ma molti elementi depongono a favore dell'origine prenestina: il sorgere e il graduale sviluppo delle ciste che ci si palesa attraverso il materiale della necropoli prenestina; le numerose particolarità linguistiche ed epigrafiche; l'affinità stilistica con gli specchi, la cui fabbricazione prenestina è accertata dalla presenza in alcuni di essi della Fortuna, la grande divinità del luogo; la diversità tra gli esemplari prenestini e quelli di altra provenienza. Anzi, quest'ultimo argomento ci fa credere all'esistenza di qualche centro di fabbricazione secondario, oltre Preneste.
Periodo di produzione. - È questa un'altra questione controversa, poiché nelle tombe prenestine del sec. IV-III non è stato trovato neppure un frammento di ceramica, il manufatto che più di ogni altro permette di stabilire la cronologia: ma un attento esame delle forme esterne e dello stile ci consente di stabilire una data abbastanza certa: le più antiche ciste ovali decorate a punteggio possono porsi nel principio del sec. IV a. C. Seguono direttamente quelle cilindriche col corpo a traforo: i soggetti e lo stile dei graffiti del coperchio, le placche a rilievo che ornano i piedi, i manichi, c'inducono a datarle nella prima metà del sec. IV. Ad esse si ricollegano pure direttamente quelle interamente graffite, che dalla seconda metà del sec. IV, si possono distribuire per tutto il sec. III; con la fine di questo può dirsi cessata la produzione delle ciste graffite prenestine, iniziata così splendidamente con la Ficoroni.
V. tavv. CXIX e CXX.
Bibl.: Per le ciste a cordoni; A. Zannoni, Gli scavi della Certosa, Bologna 1876, p. 233 segg.; G. Gozzadini, Scavi Arnoaldi-Veli, Bologna 1877, p. 38 segg.; C. Marchesetti, Über die Herkunft der gerippten Bronzecisten, in Corrispondenzblatt der Geschichte für Anthropologie, 1894. Per le ciste prenestine: E. Gerhard, Etruskische Spiegel, I, Berlino 1840, p. 3 segg.; R. Schöne, in Annali dell'Istituto, 1866, p. 181 segg.; 1868, p. 41 segg. (catalogo delle ciste fino allora conosciute); K. Friederichs, Kleine Kunst und Industrie im Altertum, p. 125 segg.; E. Fernique, Étude sur Préneste, Parigi 1880, p. 145; J. Martha, L'art étrusque, Parigi 1888, p. 532; A Mau, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., III, col. 2591 segg.; G. Matthies, Die praenestinischen Spiegel, Strasburgo 1912; A. Della Seta, Museo di Villa Giulia, Roma 1916, p. 412 segg.; P. Ducati, Storia dell'arte etrusca, Firenze 1927, passim. Per la cista Ficoroni vedi principalmente P.O. Brondsted, Den Ficoroniske cista, Copenaghen 1837; F. Behn, Die Ficoronische Cista, 1912; Feihl, Die Ficoronische Cista und Polygnot, 1913.