CIRRA (Κίρρα, Cirrha)
Antico nome dell'estremo porto occidentale della Focide; il nome appare come una trasformazione del nome di Crisa (Κρῖσα, Κρίσσα, Crissa), e la relazione fra i due nomi e le due località era oscura e confusa anche agli antichi scrittori. Sicuramente però Crisa era il nome della più vetusta cittadella, che compare già nei poemi omerici, non lungi da Delfi e sulle pendici del Parnaso, allo sbocco del fiume Plisto (l'odierno Xeropótamo) nella pianura, mentre dopo la sua distruzione il nome, ormai mutato per metatesi, passò al suo porto, che ne ereditò anche l'importanza. Resti di Crisa sono probabilmente le mura poligonali nella località corrispondente alle antiche indicazioni topografiche, presso l'odierno villaggio di Chrysó, mentre a Cirra appartengono le rovine presso Magula, a oriente di Itea.
La città era situata nel fondo di un'insenatura, la moderna baia di Salona, che da essa aveva nome (Κρισαῖος κόλπος, sinus Crisaeus), mentre in senso lato da essa era denominato tutto il tratto del golfo di Corinto da Rio ed Antirio fino all'istmo; il buon porto, la fertilità della pianura retrostante, e il suo dominio delle due strade tessalica e beotica che dal mare conducono a Delfi, diedero floridezza alla città fino da tempi assai antichi; la sua vetusta origine, oltre che nella menzione degli epici, è dimostrata dal suo nome di origine preellenica e dalla leggenda dell'arrivo da Creta dei primi sacerdoti dell'oracolo di Apollo. La leggenda narra che a Crisa sarebbe morto Licurgo; nella seconda metà del sec. VII a. C. il tiranno di Crisa, Daulio, avrebbe compiuto la colonizzazione di Metaponto.
Con la rapida ascensione di Delfi, però, la rivalità di questa e il desiderio di liberarsi dal controllo allo sbocco dei suoi accessi dal mare, portarono tosto un colpo mortale a Crisa; Delfi, appoggiatasi all'antica Anfizionia delle Termopili, che abbracciava tutte le popolazioni della Grecia settentrionale e media, con preponderanza dei Tessali ostili ai Focesi, trovò il pretesto di tasse imposte da Crisa sui pellegrini o di violazione dei tesori del tempio; fu dichiarata a Crisa la "prima guerra sacra" (κρισαῖος πόλεμοσ), condotta dai Tessali sotto il comando di Euriloco, con la partecipazione degli Ateniesi sotto Alcmeone e dei Sicionî sotto Clistene, questi ultimi col blocco dal mare della città nemica. Dopo una guerra di sei anni, Crisa, verso il 590 a. C., fu conquistata e distrutta, i suoi cittadini furono annientati, il territorio donato al santuario di Delfi, e fu vietata con terribili imprecazioni la ricostruzione del luogo; in onore della vittoria ebbe inizio la celebrazione dei giuochi pitici, i giuochi ippici (ἱππικὸς ἀγών) nel grande ippodromo costruito nella pianura; Cirra, come sede di tali giuochi, spesso nei poeti romani e nella tarda letteratura greca è menzionata per Delfi, e Cirrhaeus equivale a Delphicus. Ma ben presto, presso il luogo dell'antico porto di Crisa, la vita risorse, e si sviluppò una nuova città, sotto il nome appunto di Cirra; gli abitanti di Anfissa, ribelli alle deliberazioni dell'Anfizionia, costruirono moli, depositi, macchine per il trasporto dei grandi blocchi di marmo destinati al santuario di Delfi, imposero tasse alle merci e ai pellegrini. Fu questa la causa delle successive "guerre sacre" (v. delfi). L'accusa di empietà di Eschine nel 339 a. C. contro gli Anfissei che, sprezzando l'antico decreto, si erano impadroniti del terreno appartenente ad Apollo, portò alla distruzione, il giorno seguente all'accusa, del porto e della città, come portò all'intervento di Filippo di Macedonia contro Atene e i suoi alleati. Di nuovo nel 281-280 a. C. il re Areo di Sparta sbarcò a Cirra, movendo contro gli Etoli, alleati di Antigono Gonata, accusati di aver occupato il terreno vietato. Ma, malgrado tali pretesti politici, il porto rifiorì ogni volta, e continuò a esistere in epoca romana, durante la quale il suo nome spesso ricompare, come pure durante il Medioevo.
Bibl.: Pieske, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XI, col. 1887 segg.; J. Beloch, Gr. Geschichte, 2ª ed., I, i, p. 138; ii, p. 132.