PERS, Ciro di
PERS, Ciro di – Nacque a Pers nel territorio di Udine, il 17 aprile 1599, unico figlio di Giulio Antonio e Ginevra Colloredo.
Fu presto affidato alle cure di Iginio Maniaco, umanista di Gemona. Dal 1613 frequentò l’Università di Bologna, dove conobbe Melchiorre Zoppio, Virgilio Malvezzi, Giambattista Manzini e il cardinale Luigi Capponi, nonché Girolamo Preti e Claudio Achillini. Nel 1618, alla morte del padre, tornò in Friuli e diede alle stampe l’epigramma Dum magnus Ligurum clara spectaris in urbe (in In serenissimum Iacobum Imperialem Genuae Ducem, Genova 1618, p. 5), in lode del doge genovese Giovanni Giacomo Imperiale. A questa fase risale lo studio di Agostino, Platone e Aristotele, ma anche l’avvio di studi teologici sotto l’ala del domenicano Iacopo Zacchia e la stesura dell’ode sulla Predestinazione (in Poesie, a cura di M. Rak, 1978, n. 195).
Questa poesia, così come la maggior parte del suo canzoniere, è tramandata da edizioni postume del XVIII secolo. Pers diede alle stampe solo un manipolo di poesie finché fu in vita e poche ne fece circolare anche per via manoscritta. Autografe si conservano sue lettere in vari epistolari e carte di contenuto storiografico. Un consistente numero di rime fu raccolto da Giusto Fontanini nel ms. Venezia, Civico Museo Correr, Correr, 271 (edito in Carpanè, 1989).
Al 1620 risale la conoscenza con Taddea di Colloredo, Nicea nelle sue rime. La richiesta di matrimonio fu però rifiutata dalla donna e Pers chiese di aderire all’Ordine dei Cavalieri di Malta, al quale fu ammesso il 4 maggio 1626. Partì dunque alla volta di Pisa, facendo tappa a Venezia, dove fece amicizia con Pietro Michiel, proseguì poi per Ferrara e Bologna, dove incontrò Fulvio Testi. A Pisa conobbe il cardinale Leopoldo de’ Medici, che finanziò l’edizione fiorentina del 1666 delle sue Poesie. Arrivò a Malta il 4 maggio 1627; il 28 maggio 1628 Signorino da Gattinara gli impose le insegne dell’Ordine. Nel 1629 tornò in patria, dove diede alle stampe un sonetto (in Poesie volgari e latine di diversi per l’illustriss. sig. Giovanni Capretta, Udine 1629) e un epitalamio per le nozze dell’infanta di Spagna (Per le nozze delle Maestà di Ferdinando Ernesto Re d’Ungaria… e di Maria Infanta di Spagna. Canzone, Udine 1629). Negli anni successivi stampò altre poesie d’occasione (Il giardino. Canzone, Udine 1633; in P. Michiel, Il dispaccio di Venere, Venezia 1640, una canzone; in A. Tarabotti, Paradiso monacale, Venezia 1643, due sonetti).
Nel 1633, a seguito della morte della madre, si trasferì a San Daniele; nel 1636 morì Taddea, celebrata da Pers in numerosi sonetti. In questi anni stese forse la Relazione sulla patria del Friuli, opera storica edita a Venezia nel 1676. Per via epistolare instaurò relazione con molte personalità, tra cui Francesco d’Este, Giulio Antonio Frangipani, Giulio Valier. A fine anni Quaranta cade la conoscenza con Bartolomeo Varisano Grimaldi, esule genovese cui Pers avrebbe lasciato la cura dei suoi componimenti, e una serie di inviti a trasferirsi presso la corte di Vienna, sempre rifiutati da Pers in nome di un desiderio di libertà più volte ribadito anche in versi (Carpanè, 1989, pp. 257-260). Ma è a Venezia che egli guardava in quegli anni: non a caso entrò far parte dell’Accademia degli Incogniti, tra le cui Glorie (Venezia 1647, pp. 105-107) fu inserito. Al 1650 risale un viaggio a Loreto e la composizione delle Lodi sopra li quindici misterii del Santissimo Rosario, editi a parte in due diverse occasioni (Bassano 1671 e Vienna 1675). Nel 1651, tornato nel castello di Pers, si dedicò allo studio della tragedia, premessa questa, molto probabilmente, della stesura dell’Umiltà esaltata, ovvero Ester Regina.
Pubblicata in edizione autonoma nel 1664 (L’umiltà essaltata ovvero Ester Regina, Bassano), poi ancora nell’edizione delle Poesie del 1689, la sua stesura va inserita nel contesto delle discussioni sulla tragedia che coinvolsero Carlo Dottori, Giovanni Delfino, Domenico Federici, Sforza Pallavicino. Temi fondamentali dell’opera sono la centralità della fortuna nelle vicende umane, la vittoria dell’umiltà contro la superbia, il rapporto tra vita e morte. Ma trova spazio anche la polemica anticortigiana, in un tessuto narrativo in cui alta è la fedeltà verso il testo biblico. Nell’edizione delle Poesie del 1689 furono inoltre pubblicate due azioni teatrali, dettate da occasioni simili: La donzella in bivio. Per il monacarsi d’una gentildonna e Per il monacarsi d’una gentildonna nel monastero di San Benedetto d’Aquileia.
Agli anni attorno al 1655-57 risalgono una serie di viaggi a Roma, Bologna e Venezia; dal 1658, frequentò la corte udinese del patriarca di Aquileia Giovanni Delfino. È qui che ebbe probabilmente la spinta alla lettura dei testi patristici nonché quella ad approfondire ulteriormente il tema tragico, anche con un attento lavoro di rilettura delle tragedie dello stesso Delfino (Rak, in Ciro di Pers, Poesie, a cura di M. Rak, 1978, p. LIII). Negli anni successivi peggiorarono le sue condizioni di salute, soprattutto per problemi renali (si vedano i sonetti sul «mal della pietra», tra i più antologizzati in tempi moderni).
Pers morì nella dimora di famiglia, nella località che gli ha dato il nome, il 7 aprile 1663.
La tradizione delle rime di Pers è affidata quasi interamente alle stampe postume: nel 1666 videro la luce due edizioni delle Poesie, a Firenze e a Vicenza. A partire dalla stampa bolognese del 1667 apparvero numerose stampe che fondono in modo meccanico le due principes. L’ultima edizione antica, di qualità ben superiore alle altre, fu stampata a Venezia nel 1689, sotto l’egida dell’imperatore Leopoldo I e di Leopoldo de’ Medici. Vi sono pubblicate 240 poesie, con una sistemazione diversa rispetto alle precedenti stampe e varianti significative, e la biografia di Pers. A questo corpus storico e alcune poche rime sparse pubblicate in ambito locale, ne va aggiunto un altro nutrito gruppo (edito da Carpanè, 1989). Nell’insieme, si tratta di altre 117 poesie.
Cadute nel dimenticatoio dopo le fortune secentesche, le rime di Pers furono riscoperte dapprima in ambito locale, da Gian Giuseppe Liruti e poi da Domenico Pancini. Una prima rilettura fu proposta da Benedetto Croce, che ne pubblicò un nutrito gruppo, poi proseguita con le altre fortunate raccolte di poesie barocche di Giuseppe Guido Ferrero e di Giovanni Getto. Una svolta ebbe luogo con l’edizione di Michele Rak, corredata da una introduzione che fissa alcuni temi della produzione di Pers e sui quali torneranno, in vario modo, anche coloro che poi si interesseranno alle sue rime: tutti temi all’insegna di un «negativo che percorre anche tutte le gioie, magari minime, di cui le rime sono tuttavia percorse» (Rak, in Ciro di Pers, Poesie, a cura di M. Rak, 1978, p. XXXIX). Anche le poesie per Nicea sono caratterizzate «da un sentimento angoscioso […] sottoposto a un lavoro attento di elaborazione formale» (Paolini, 2000, p. 28). Forse è eccessivo parlare di «disfacimento del corpo» (Buccini, 2000, p. 87) come leitmotiv delle poesie, perché sincera è anche la disposizione religiosa, che si manifesta in molte rime dedicate a santi, al Rosario, alla biblica Ester. Altro tema che attraversa Pers e che lo lega alla maggiore tradizione poetica posteriore, è quello politico, che si manifesta soprattutto nelle misure più lunghe, come nelle canzoni Italia calamitosa (Poesie, a cura di M. Rak, 1978, n. 196) e Italia avvilita (ibid., n. 127), nelle quali, secondo Michele Dell’Aquila forse si è specchiato anche Giacomo Leopardi.
Pers paga comunque tributo al suo tempo: «concettoso», se andiamo a prendere alcuni sonetti quali i già citati sul «mal della pietra» o sull’orologio. Ma anche qui con una certa tensione etica non negabile. Da non dimenticare infine la rete di intertestualità con la tradizione letteraria nazionale (Buccini, 2000; Vigh, 2011; Merola, 2012) e spagnola (Pinna, 1971; Bonito, 1988; Bonito, 1992; Carpanè, 2004), verso Góngora, Quevedo, Lope de Vega. Qualche rima, di cui si trova testimonianza nel ms. guarneriano, scrisse in friulano.
Oltre alle Notizie storiche sulle nobili famiglie friulane Di Varmo e Di Pers, Venezia 1875, in edizioni del XIX secolo sono I sonetti, Udine 1812; F. Trucchi, Poesie italiane inedite di dugento autori dall’origine della lingua italiana infino al secolo decimosettimo, Prato 1847, pp. 211-226; Quando Fabio conte Beretta dava la mano di sposo a Teresa nobile reali questi inediti di Ciro di Pers…, Udine 1856; Faustissime nozze dei conti Agricola-Maseri, Udine 1882. In edizioni curate filologicamente sono le Poesie, a cura di M. Rak, Torino 1978; L. Carpanè, Poesie inedite di Ciro di Pers, in Studi secenteschi, XXX (1989), pp. 193-297; L’umiltà esaltata ovvero Ester Regina, a cura di L. Carpanè, Alessandria 2004.
Fonti e Bibl.: G.G. Capodagli, Udine illustrata da molti suoi cittadini così nelle lettere come nelle armi famosi, Udine 1665, pp. 96 s.; B. Asquini, Cent’ottanta e più uomini illustri del Friuli, Venezia 1735, pp. 134-135; G.G. Liruti, Notizie delle vite e delle opere scritte da’ letterati del Friuli, IV, Venezia 1762, p. 271; D. Pancini, Ciro di Varmo-Pers. Memorie biografiche-letterarie, Udine 1883; L. Visalli, C. di P. e Giacomo Leopardi, in Pagine friulane, I (1888), 3, p. 2; B. Guyon, C. di P. e la sua poesia, Udine 1897; G.B. Di Varmo, Dalla corrispondenza di fra C. di P., Udine 1900; B. Croce, Lirici marinisti, Bari 1910, pp. 363-406; C. Bressani, C. di P., in La Panarie, I (1924), pp. 302-304; G.G. Ferrero, Marino e i marinisti, Milano-Napoli 1954, pp. 927-965; G. Getto, Opere scelte di Marino e dei Marinisti, II, Torino 1954, pp. 499-528; Poesie, Udine 1959; C. De Jeso, Contributo allo studio di Ciro di Varmo-Pers, Udine 1965; P.V. De Vito, C. di P. tra classicismo e Barocco, in Atti e memorie dell’Accademia di scienze, Lettere e arti di Udine, s. 7, IV (1965), pp. 12-14; P.V. De Vito, Imitazione seicentesca di una commedia plautina, in Quadermi di cultura, XXXIX (1968), pp. 1-24; N. Pauluzzo, C. di P. poeta barocco?, Udine 1968; P.V. de Vito, Nuove acquisizioni su C. di P., in Quaderni della F.A.C.E., XXXV (1969), p. 24; M. Pinna, Influenza della lirica di Quevedo nella tematica di C. di P., in Id., Studi di letteratura spagnola, Ravenna 1971, pp. 73-87; G. Faggin, C. di P. e un suo «contrasto amoroso», Udine 1974; G. Marchetti, C. di P., in Id., Il Friuli. Uomini e tempi, Udine 1974, pp. 385-392; M. Dell’Aquila, Leopardi lettore di C. di P.? (e degli altri poeti civili e morali del Seicento), in Leopardi e la letteratura italiana dal Ducento al Seicento. Atti del IV convegno internazionale di studi leopardiani, Firenze 1978, pp. 491-515; A. Daniele, Note sull’Aristodemo di Carlo de’ Dottori, in Studi di filologia romanza e italiana offerti a Gianfranco Folena, Modena 1980, pp. 377-388 passim; G. Ronconi, L’amicizia dell’abate Federici con C. di P. e la sua avventura alla corte tirolese, in Atti e memorie dell’Accademia Patavina di scienze, lettere ed arti, XCIV (1981-82), pp. 65-81; Id., «Le ragioni dei principi» e l’«onorata ambizione» del poeta. Domenico Federici corrispondente di C. di P. e di Carlo Dottori, ibid., pp. 207-221; G. Auzzas, C. di P., in Dizionario critico della letteratura italiana, Torino 1986, pp. 417-419; P. Paolini, La poesia lirica di C. di P., in Italianistica, XV (1986), pp. 239-266; V. Bonito, Un sonetto smarrito di C. di P., in Filologia e critica, XIII (1988), pp. 79-82; Id., Il nodo dell’antitesi: da Góngora a C. di P., in Lingua e stile, XXIII (1988), pp. 427-444; G. Manganelli, C. di P.: poesie, in Id., Laboriose inezie, Milano 1988, pp. 167-168; V. Bonito, Visione del tempo e tempo della morte in un poeta barocco, in Intersezioni, X (1990), pp. 230-260; G. Burigana, Osservazioni sulla lirica amorosa di C. di P., in Ce Fastu, LXVI (1990), pp. 9-16; V. Bonito, Carte mischiate: postille e due sonetti di (o attribuiti a) C. di P., in Filologia e critica, XVI (1991), pp. 47-52; Id., Intertestualità barocche: Quevedo e C. di P., in Rivista di letterature moderne e comparate, XLV (1992), pp. 231-244; M.P. Ghezzo, La morte nella letteratura italiana. Poliziano, Ariosto, Tasso, C. di P., Leopardi, Padova 1995; M. Sarnelli, «Meravigliosa chiarezza», «raccomandazioni» e «mal di pietra»: il carteggio Delfino-Pers, in Studi secenteschi, XXXVII (1996), pp. 225-315; L. Carpanè, La tradizione manoscritta e a stampa delle poesie di C. di P., Milano 1997; Id., Nuove acquisizioni su C. di P., in Rivista di letteratura italiana, XVII (1999), pp. 100-150; S. Buccini, Il narcisismo funebre di C. di P., in Id., Sentimento della morte dal Barocco al declino dei Lumi, Ravenna 2000, pp. 85-94; L. Carpanè, La idea d’un vero cavaliere, ovvero la vita di C. di P. scritta da Giusto Fontanini, in C. di P. 1599-1999. Atti del Convegno nazionale «4 secoli di Ciro di Pers», Sequals 2000, pp. 79-141; P. Paolini, La poesia lirica di C. di P., in S. Buccini, Sentimento della morte del Barocco al declino dei Lumi, Ravenna 2000, pp. 27-49; L. Carpanè, La regina del Barocco. Persistenze e trasformazioni nelle «Ester» di C. di P., Lope de Vega e Federico Della Valle, in Letteratura italiana, letterature europee. Atti del Congresso nazionale dell’A.D.I., a cura di G. Baldassarri - S. Tamiozzo, Roma 2004, pp. 201-215; L’«Ester» di C. di P., in Il Verso tragico italiano. Atti del convegno di studi, Padova 2005, pp. 127-185; E. Vigh, Segni fisiognomici e poesia barocca, in Studi rinascimentali, IX (2011), pp. 201-221; V. Merola, Il «regolato errore» di C. di P., in Id., La morale allo specchio: retorica e letteratura secentesca, Roma 2012, pp. 157-178.