ALIDOSI, Ciro
Nacque intorno al 1520 da Giulio e da Virginia Chigi. Dal cugino e tutore Cesare Alidosi fu affidato al duca di Firenze Cosimo I, alla cui corte visse col titolo di cameriere. Poco prima del 1545sposò Elena di Rodrigo de Mendoza, damigella d'onore di Eleonora de Toledo, moglie di Cosimo I, e da lei ebbe Giulio Cesare, Roderigo, Leonora e Isabella. Nel 1560, alla morte di Cesare, mancando questi di figli maschi, ebbe in eredità la signoria di Castel del Rio e Massa Alidosio. Il 30 marzo 1562 Cosimo I lo creò cavaliere dell'Ordine militare di S. Stefano. Nel 1565fu inviato in Baviera per accompagnare a Firenze l'arciduchessa Giovanna d'Austria, sposa di Francesco de' Medici, e l'anno successivo il duca lo incaricò di una missione presso Alberto Pio di Carpi. Nel 1570 fu al seguito di Cosimo allorché questi si recò a Roma per essere investito da Pio V del titolo di granduca di Toscana e nel 1574 fu inviato a Genova, Madrid e Lisbona per notificare a quelle corti la morte di Cosimo. Il successore di questi, Francesco I, lo incaricò negli anni successivi di molte missioni diplomatiche: nel 1575 assistette alla dieta di Ratisbona e ottenne da Massimiliano II il riconoscimento del titolo granducale dei Medici; nel 1577 fu residente granducale in Spagna e ambasciatore a Lisbona e nel 1579 venne inviato in Baviera.
Continuò pur durante la sua attività al servizio dei Medici ad esercitare la signoria di Castel del Rio e, tra l'altro, portò a compimento la costruzione del palazzo degli Alidosi, iniziato al principio del secolo su disegno del Bramante. Il suo governo però fu ben lontano dall'irreprensibilità, anche nei limiti dei costumi del tempo, aggiungendo ad una esorbitante pressione tributaria e alle usurpazioni territoriali la violenza e il delitto contro le persone dei sudditi.
Nel 1585 il notaio della Curia di Bologna Giacomo Ravaglia accusò l'A. di essere stato il mandante dell'assassinio di un piccolo proprietario di Cedrecchia, tale Camillo Galbini, che si era rifiutato di vendere all'A. la sua proprietà. Al relativo processo l'A. fu riconosciuto colpevole e condannato in contumacia. Un nuovo processo l'A. subì nello stesso anno, avendolo accusato il Ravaglia di aver organizzato per vendetta un attentato contro di lui. Anche in questo caso l'A. fu riconosciuto colpevole e condannato in contumacia, ma la protezione dei Medici gli evitò qualunque conseguenza di queste condanne.
È da rilevare, d'altra parte, che l'interesse delle autorità pontificie per il governo dell'A. era accentuato dal largo uso che egli fece del diritto di ospitare banditi nei territori della sua signoria, posti al confine della legazione di Romagna: quest'uso o abuso indispettì particolarmente il governo pontificio nel 1585 l'anno dei due processi contro l'A., quando, iniziatasi per volere di Sisto V la forte campagna contro il banditismo, non si potè procedere, per la protezione dell'A., alla cattura di alcuni membri della famiglia Pepoli, riconosciuti tra i principali favoreggiatori, e organizzatori del banditismo nel territorio di Imola.
Nel 1587 l'A. si recò a Vienna, Dresda e Varsavia per comunicare la morte del granduca Francesco. Da Cristina di Lorena, moglie del granduca Ferdinando I, venne nominato gentiluomo di camera. Morì nel 1589 trasmettendo la signoria al figlio Roderigo.
Bibl.: F. Sansovino, Della origine et de' fatti delle famiglie illustri d'Italia,Vinegia 1609, pp. 257-258;P. P. Ginanni, Memorie storiche della antica ed illustre famiglia Alidosia,Roma 1714, pp.105-108; L. Cantini, Vita di Cosimo de' Medici,Firenze 1805, p. 414; G. F. Cortini, Storia di Castel del Rio,Imola 1933, pp. 73-81 e passim;P. Nalli, Rodrigo Alidosi, signore di Castel del Rio e il S. Uffizio,in Atti e Mem. d. R. Acc. di scienze, lettere e arti di Modena,s. 5, III (1938), pp. 122, 126; M. Del Piazzo, Gli ambasciatori toscani del Principato,Roma 1953, p. 127; G. Mazzatinti, Inventario dei manoscritti delle Bibl. d'Italia,XLVIII, p. 141.