CIRIACO
È ricordato solo nelle lettere del Registro diGregorio Magno dal luglio 592 all'ottobre del 600. Non si conosce la sua famiglia e non è possibile stabilire di quale monastero sia stato abate.
C., con il solo titolo di monaco romano ("servus Dei de Roma"), è ricordato per la prima volta nel luglio 592 in una lettera indirizzata al suddiacono Pietro, rettore del Patrimonio di Sicilia; già in questa occasione è evidente che la sua posizione è quella di un legato del pontefice. Con questa funzione fu inviato, insieme con il vescovo Felice, nel 594 in Sardegna. Nelle cinque lettere, datate da maggio a settembre, in cui viene espressamente nominato ora è ricordato come "servus Dei" ora come "abbas"; molto spesso Gregorio, mostrando una particolare predilezione per lui, lo chiama "filius meus". Nella missione in Sardegna fu impegnato nella eliminazione delle sacche di culto pagano, ancora esistenti nelle campagne, e nella conversione al cristianesimo delle tribù barbaricine vinte da Zabarda, duca di Sardegna. Per mezzo di C. e Felice, Gregorio inviò ad Hospiton, duca dei Barbaricini, la benedizione dell'apostolo Pietro e gli raccomandò di agevolare l'opera di evangelizzazione dei suoi due inviati. Durante il soggiorno nell'isola C. e Felice compirono anche una visita della diocesi di Cagliari il cui vescovo Ianuario non si preoccupava di convertire le popolazioni pagane delle campagne e non difendeva i suoi sacerdoti dalle ingiurie dei laici. In questa stessa occasione si dovettero interessare della controversia tra Ianuario e Teodosia, che vedeva i beni e i diritti del monastero, da lei fondato, insidiati dallo stesso vescovo.
Nel 598 C. doveva essere nuovamente in Sardegna, Lo indicano due lettete del settembre-ottobre di quell'anno in cui Gregorio, dovendo prendere un grave provvedimento disciplinare contro il vescovo Ianuario di Cagliari, dichiarava di essere giunto a questa decisione dopo aver sentito la testimonianza di C. che si trovava in questa città quando Ianuario, dopo aver depredato le messi di un suo vicino e strappato i segni di confine, essendo domenica, aveva celebrato la messa solenne.
Nell'estate del 599 C. fu inviato nella Gallia meridionale e in Spagna. In Gallia era latore di due lettere importanti una a Sereno, vescovo di Marsiglia, in cui Gregorio esprimeva la sua opinione sulla funzione delle immagini, l'altra ad Aregio, vescovo di Gap, a cui era concesso insieme con il suo arcidiacono l'uso, durante la messa, della dalmatica: segno, questo, di particolare onore. Ma C. doveva soprattutto organizzare e presenziare un sinodo dei vescovi della Gallia meridionale, in cui venissero combattuti la simonia e il concubinato ecclesiastico. Questa parte della sua missione deve essere totalmente fallita, come sembrano dimostrare la richiesta di organizzare questo stesso sinodo ripetuta da Gregorio anche negli anni seguenti e l'assenza, in altre fonti, di qualsiasi notizia relativa a un sinodo in questo anno e in questa regione. Dopo la Gallia C. raggiunse la Spagna dove consegnò da parte di Gregorio una croce contenente delle preziose reliquie al re dei Visigoti Reccaredo, a cui si doveva la conversione di questo popolo dall'arianesimo. Nell'agosto C. si trovava ancora in Spagna e Gregorio ne sollecitava il ritorno appena avesse terminato il compito che gli era stato affidato. La discussione delle lettere portate da C. spingerà i vescovi e il re a convocare un sinodo che si terrà il 1° novembre dello stesso anno a Barcellona.
Nell'ottobre del 600 in una lettera a Sereno, vescovo di Marsiglia, Gregorio tornerà sul problema delle immagini e farà riferimento a Ciriaco. Questa è l'ultima volta che nel Registro viene nominato Ciriaco.
Fonti: Gregorii I Papae Registrum Epistolarum, in Mon. Germ. Hist., Epistolae, I, a cura di P. Ewald-L. M. Hartmann, Berolini 1887-1891, pp. 135, 257 s., 260 s., 262, 282, II, a cura di L.-M. Hartmann, ibid. 1593-99, pp. 40 s., 48 s., 195, 198 ss., 205-211, 221-227, 269 ss.