circuito elettrico
Una catena chiusa di conduttori dove scorre la corrente elettrica
Una corrente elettrica è un flusso continuo di particelle dotate di carica che può scorrere soltanto in un circuito formato da una catena ininterrotta di elementi conduttori. Nel circuito deve esserci un generatore, per esempio una pila, in grado di far muovere le cariche elettriche. Il passaggio della corrente serve per trasportare sia energia sia informazioni. In una torcia elettrica l'energia della pila è trasmessa alla lampadina che si accende. In un circuito telefonico, la corrente che vi scorre, modulata dalla nostra voce, trasporta informazioni permettendoci di conversare a distanza
In un circuito di Formula 1 le macchine in gara si muovono lungo un percorso chiuso, dove punto di partenza e di arrivo coincidono. Qualcosa di simile avviene in un circuito elettrico; anch'esso è un percorso chiuso dove però si muovono particelle cariche. Nella maggior parte dei casi si tratta di elettroni che hanno la proprietà di possedere una carica negativa.
Un circuito elettrico, più precisamente, è costituito da una catena ininterrotta di elementi che si lasciano attraversare da particelle cariche e per questo sono chiamati conduttori elettrici: un filo metallico, una lampadina, la 'resistenza' di uno scaldabagno ne sono esempi. Gli elettroni non gareggiano fra loro ma si spostano più o meno tutti assieme. Ciò che li spinge lungo il circuito è la forza, di natura elettrica, prodotta da un generatore, per esempio una pila, la dinamo della bicicletta, gli impianti delle centrali elettriche che alimentano le prese della corrente di casa nostra.
Ma non dobbiamo pensare che gli elettroni siano contenuti nel generatore e che ne escano fuori per lanciarsi lungo il circuito; a differenza delle macchine da corsa essi inizialmente non si trovano tutti sulla linea di partenza. L'intero circuito, infatti, è sempre 'pieno' di elettroni. Queste particelle si trovano all'interno dei corpi conduttori perché ne fanno parte e si muovono in gruppo quando entra in funzione il generatore.
Il più semplice circuito elettrico è costituito da un generatore, da un apparecchio utilizzatore e dai conduttori metallici che li collegano per chiudere il circuito. In una torcia elettrica il generatore è la pila e l'utilizzatore è la lampadina. Di solito un circuito comprende anche un interruttore, che serve per comandare il passaggio della corrente. Quando l'interruttore viene abbassato, si chiude il circuito e la corrente può passare; quando viene alzato, si interrompe la catena di conduttori elettrici e allora la corrente non può più scorrere.
L'intensità della corrente che scorre in un circuito elettrico è l'equivalente della portata di un corso d'acqua. L'intensità di corrente rappresenta infatti il numero di cariche elettriche che attraversano una sezione qualsiasi del circuito in un determinato intervallo di tempo. Questa grandezza si misura in ampere (A): 1 ampere corrisponde a circa 6 miliardi di miliardi di elettroni al secondo: è un numero grandissimo per il semplice motivo che la carica elettrica posseduta da un singolo elettrone è piccolissima. Per farci un'idea, diciamo che 1 ampere è approssimativamente la corrente che deve scorrere in una torcia elettrica per far accendere la lampadina. Per far marciare un locomotore elettrico occorre una corrente molto più intensa, attorno a 1.000 A. Ancora più intense, di circa 100.000 A, ma di brevissima durata, sono le correnti generate quando scocca un fulmine. Ma anche correnti elettriche debolissime possono essere molto importanti. Per esempio, sono indispensabili le correnti che, mentre stiamo leggendo, portano informazioni dagli occhi al cervello attraversando i circuiti formati dalle fibre del nostro sistema nervoso; oppure quelle di intensità compresa fra un miliardesimo e un milionesimo di ampere, che fanno funzionare i milioni di circuiti elettronici (microchips) contenuti all'interno di un calcolatore.
Da che cosa dipende l'intensità della corrente che scorre in un circuito elettrico? I fattori essenziali sono due: la tensione elettrica del generatore, che rappresenta la forza con cui il generatore spinge le cariche elettriche attraverso il circuito, e la resistenza, chiamata resistenza elettrica, che il circuito offre al passaggio della corrente.
Più precisamente, l'intensità (I) della corrente è direttamente proporzionale alla tensione (V) del generatore e inversamente proporzionale alla resistenza (R) del circuito, secondo la legge
I = V/R.
La corrente si misura in ampere, la tensione in volt (V) e la resistenza in ohm (Ω).
Facciamo un esempio servendoci di una pila di pochi volt. Se ne toccate i poli (le estremità), il vostro corpo agisce da conduttore e chiude il circuito. Dato che la resistenza della pelle è molto grande ‒ compresa fra centomila e un milione di ohm ‒ la corrente che vi attraversa è di pochi milionesimi di ampere, cioè debolissima e per nulla pericolosa. Ben più intensa e sicuramente dannosa, invece, sarebbe la corrente se si toccassero i poli di una presa di corrente a 220 V, soprattutto se la pelle fosse umida e quindi la sua resistenza decisamente minore.
Tutta l'Italia, come gli altri paesi industrializzati, è attraversata da linee elettriche che trasportano energia a distanza, costituendo così una gigantesca rete di circuiti fra loro collegati. In questi circuiti scorrono correnti molto intense che servono per trasmettere l'energia elettrica prodotta dai generatori delle centrali fino agli apparecchi utilizzatori collocati in città, industrie e abitazioni sparse sul territorio. Le distanze maggiori sono coperte da linee nelle quali la tensione fra i conduttori è di centinaia di migliaia di volt: in Italia le linee a 220.000 e 380.000 V si estendono su oltre 20.000 km. Sono le linee ad alta tensione e permettono di trasportare energia elettrica a grande distanza limitandone la perdita, sotto forma di calore, durante il tragitto.
Per innalzare la tensione ai livelli delle linee e poi per abbassarla al livello con cui viene distribuita nelle abitazioni (220 V) si usano apparecchi chiamati trasformatori.
Altre reti di circuiti elettrici, costituite da linee meno visibili di quelle usate per trasportare energia, ma non meno importanti, coprono tutto il territorio e raggiungono praticamente tutte le abitazioni. Sono le reti di comunicazione, che comprendono i circuiti telefonici ‒ dove scorrono correnti di intensità variabile e proporzionali all'intensità della voce ‒ e quelli adibiti alla trasmissione di dati fra calcolatori, come la rete Internet, dove i segnali sono impulsi con solo due possibili livelli (segnali binari).
I circuiti per comunicare a distanza, come nel caso del telegrafo, sono stati realizzati vari decenni prima di quelli per il trasporto dell'energia. La prima linea telegrafica, che collegava Baltimora e Washington su una distanza di 60 km, risale al 1845; il primo collegamento in Italia a corrente alternata fra una centrale elettrica e una città è invece del 1892, quando l'impianto idroelettrico che sfruttava le cascate dell'Aniene a Tivoli fu collegato da una linea elettrica alla città di Roma.
Nei sistemi di comunicazione, oggi si preferisce sostituire i circuiti elettrici con circuiti ottici. I segnali che trasportano l'informazione non sono più le particelle dotate di carica, ma gli impulsi luminosi che viaggiano in sottilissime fibre ottiche, al ritmo di miliardi al secondo.
Collegando con un filo metallico i poli di un generatore, si crea un cortocircuito, cioè un circuito che presenta resistenza molto bassa, e dove quindi scorre una corrente molto intensa, che produce forte calore. Il generatore può venire danneggiato, anche irreparabilmente, da questo tipo di collegamento. Se, per esempio, il cortocircuito avviene fra i poli della rete elettrica può addirittura scoppiare un incendio.