CIRCE (Κίρκη, circe)
Figura di maliarda nota, specie dall'Odissea. Ulisse, scampato ai Lestrigoni con una sola nave, giunge all'isola Eea (Αἰαίη). Vedendo sorgere un fumo, Ulisse divide in due metà i suoi compagni e manda l'una sotto la guida di Euriloco a quella volta a esplorare. Essi trovano un palazzo incantato, intorno al quale fanno la ronda lupi e leoni addomesticati, e sentono risonar di dentro la voce di una donna che tesse. E cedono ai suoi cortesi inviti ad entrare, tutti, tranne Euriloco. Ma essa, per mezzo di farmaci mescolati nei cibi, li trasforma in porci. Ulisse, avvertito da Euriloco, si avvia armato al palazzo; gli si fa incontro Hermes, che gli dona una pianta magica con cui l'eroe renderà vani gl'incanti di C., e gl'insegna come regolarsi. Quando essa, dopo avergli imbandito i cibi malefici, lo tocca con la verga, Ulisse la minaccia con la spada, né cede alle sue lusinghe d'amore, finché essa non gli ha giurato di non fargli male. Egli ottiene inoltre da lei che renda a forma umana i compagni incantati. Ulisse rimane per un anno con C., di cui gode l'amore, finché i compagni non lo inducono a chiedere a lei il ritorno. Ma C. gli rivela che egli dovra prima di lì recarsi all'Ade per interrogare Tiresia e gli, dà istruzioni. Dopo il viaggio nell'Ade Ulisse torna nell'isola di C. donde, istruito da lei, inizia il ritorno in patria.
L'Odissea chiama C. spesso dea: né si può escludere che originariamente essa fosse una dea; ma evidentemente l'Odissea applica a essa motivi puramente novellistici: un castello solitario nel bosco attira i compagni, la maliarda li incanta, ma all'eroe riesce di vincerla. L'episodio è recente, perché si serve non sempre a proposito di versi composti per Calipso (v.), ma il nucleo è antico.
È probabile che l'Odissea abbia attinto questa figura al ciclo, ben più antico, degli Argonauti. C., figlia del Sole e dell'Oceania Perse, è sorella di Eetas, che conosciamo come re di Colchide, ed Eea è lo stesso che Ea (Αἴη), nome mitico della Colchide. Né altrimenti se non con un'originaria localizzazione nel Ponto o forse ancora di là dal Ponto, si spiega come Eea sia posta nell'Estremo Oriente mentre le altre avventure di Ulisse sono poste in Occidente (Od., XII). E poco importa che C. abbia scarsa parte nel solo poema greco conservato che tratta della leggenda degli Argonauti, quello di Apollonio Rodio (qui essa purifica Giasone e Medea dell'uccisione di Apsirto). Apollonio, com'è naturale nel sec. III, è sotto l'influsso dell'Odissea, ormai poema classico (per la localizzazione, forse, anche di leggende posteriori).
La leggenda di C. ebbe sviluppo molto più ampio che quella di Calipso; ma le rappresentazioni vascolari (dal sec. VI in poi) mostrano che popolare era solo l'avventura di Ulisse, cioè che l'Odissea oscurò presto il ciclo degli Argonauti. Secondo Eugammone di Cirene, C. fu madre di Telegono, che uccide per errore il padre Ulisse e sposa Penelope, mentre C. è destinata sposa a Telemaco. Ma la Telegonia non ebbe mai molta diffusione. Più importa che coloni greci identificarono presto l'isola di C. con località italiche. Già la recente appendice alla Teogonia esiodea (v. 1011 segg.) fa che C. abbia da Ulisse due figli: Agrio ("il selvaggio") e Latino, i quali lontano nei penetrali d'isole sacre regnarono sui Tirreni. Da Teofrasto (Hist. plant., V, 8, 3) in poi la localizzazione più consueta è quella sul Monte Circello, alla quale dette popolarità l'opera di Timeo. Colà essa è conosciuta da Virgilio (Aen., VII, 10 segg.); là fu onorata di culto fino a tempo imperiale. Ma da ciò non si può dedurre l'originaria natura divina di C., perché il culto sarà stato istituito da coloni memori dell'Odissea. La leggenda italica fa di Romolo (o Romo) e degli eponimi di Anzio e Ardea, Anteias e Ardeias, figli di Ulisse e C.; anche il capostipite dei Marsi, fu, secondo alcuni, discendente di Circe. La quale fu anche identificata con la dea di Minturno, Marica, per la vicinanza di quella località alle foci del Liri con il Monte Circello, e data in moglie al dio italico Pico. Eschilo ha scritto un dramma satiresco, i comici Anassila ed Efippo commedie su C. Un vano amore di C. per Glauco di Antedone (v. glauco) è cantato da Ovidio nelle Metamorfosi (XIV, 1 segg.).
Bibl.: Seeliger, in Roscher, Lexikon der griech. u. röm. Myth., Lipsia 1890-1894, II, 1193-1204; E. Bethe, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XI, col. 501 segg.; Robert, Griech. Heldensage, Berlino 1921, specie pp. 1357 segg., 1387 segg. Per le relazioni con Calipso, v. questa voce; sulla localizzazione di Eea, che dimostra la dipendenza dal ciclo degli Argonauti, v. questa voce; ancor sempre fondamentale Wilamowitz, Homerische Untersuchungen, Berlino 1884, p. 165 segg.
Su una restaurazione del tempio di Circe nel 213 d. C. (Corp. Inscr. Lat., X, 6422), G. Wissowa, Religion u. Kultus der Römer, Monaco 1912, p. 49; v. anche marica e minturno.