Vedi CIPRO dell'anno: 1959 - 1973 - 1994
CIPRO (Κύπρος Cyprus)
È l'isola posta più a E tra quelle del Mediterraneo orientale e si può considerare, da un punto di vista geologico e geografico, come un lembo di terra staccato dall'Asia Minore e dalla Siria. È divisa nel senso della latitudine da due catene di monti; la catena Kerynia a N-E e quella Troodos a S-O, in mezzo a cui si estende la pianura della Mesaria o Mesarea, solcata dai fiumi Pedias (ant. Pediaeus) e Yalias. Famosa fino dai tempi antichi per le sue miniere di rame e per il legname da costruzione di navi, fu un importantissimo nodo commerciale. Molte sono le città ove sono avvenuti ritrovamenti archeologici. Vouni, sulla costa settentrionale, ci ha rivelato nel 1928 i resti architettonici di un tempio e quelli grandiosi del palazzo, studiati dalla missione svedese. Vicino a Vouni, nella parte N-E dell'isola, è Soli, con il grandioso complesso dei templi ed il teatro, messi anch'essi in luce dalla missione svedese, mentre ad O di Vouni è Lapithos, con le necropoli dell'Età del Bronzo e quelle d'età ellenistica e romana.
Sulla costa orientale è Enkomi, distretto di Famagusta, importante per gli scavi dello Schaeffer che hanno rivelato i rapporti che legano la città (l'antica Alashiya?) con lo scalo siriano di Rās Shamrah. Ugualmente al distretto di Famagusta appartiene Kalopsida con necropoli dell'Età del Bronzo, notevoli per le caratteristiche locali della ceramica rossa polita e della ceramica dipinta, e Larnaka con necropoli dell'Età del Bronzo.
Sulla costa S è Kourion, la città in cui il Cesnola disse di avere trovato un famoso tesoro, negato dall'evidenza degli scavi del Dümmler e dell'Ohnefalsch Richter. Sulla sommità di una elevazione rocciosa, inaccessibile da tre lati, era l'acropoli con le rovine del tempio di Apollo Hylates e di un altro tempio, probabilmente dedicato a Demetra e Kore, ed i resti di un piccolo teatro, oltre a tombe di età micenea e di età greco-fenicia ed ellenistica.
Fanno parte di Kourion i distretti di Limassol e di Episkopi, ad E di quest'ultima la collina di Bamboula, con una necropoli della tarda Età del Bronzo e resti di case scavate negli ultimi anni dalla missione americana.
A S-O dell'isola, l'antica Paphos sorgeva ove è ora il piccolo villaggio di Kouklià; del famosissimo tempio abbiamo le piante del Gerhard e del Cesnola, prima degli scavi inglesi del 1887.
Nella parte centrale dell'isola è Idalion, vicino al moderno villaggio di Dali, con le 2 acropoli, quella O, con i resti della fortezza, rivelata dagli scavi svedesi, e quella E, con il tempio di Afrodite-Astarte scoperto dall'Ohnefalsch Richter e quello di Apollo-Reshef messo in luce dal Lang.
Un'altra città dell'interno è Alambra (distretto di Nicosia), dove è avvenuto l'importante ritrovamento di una casa dell'Antico Cipriota.
Molte altre sono le città importanti: Amatunte, antichissima, e, secondo Tacito, abitata da una popolazione autoctona; Kition, centro di espansione fenicia nell'isola; Nikolidhes e Nitovikla, con le fortezze della tarda Età del Bronzo; Lefkoniko, Haghìa Inni; Haghios Jakovos, con i più antichi templi dell'isola e notevoli sculture e Salamis con molti resti di età romana.
Storia. - Il nome Cipro è stato usato dai Greci prima ancora dell'età di Omero per indicare l'isola e da allora è stato trasmesso ai popoli dell'Occidente. Un nome ancora più antico, in uso in Oriente per indicare C., era quello di Alashiya, ricordato nelle tavolette di Telì el-‛Amārnah, nella corrispondenza di Amenophis IV (1377-1358), in annali hittiti ed in testi di Rās Shamrah, in Siria (Alsy).
Nell'età più antica C. è saldamente stretta all'Asia Minore, da cui si distaccherà per infiltrazioni di coloni egei e micenei che preparano la colonizzazione greca dell'isola. I più antichi vasi micenei nell'isola si fanno risalire al Tardo Cipriota II (1400-1350) ma la data in cui si può far iniziare la colonizzazione micenea è ancora estremamente discussa (XIV? - XI? sec.).
La popolazione cipriota viene ora dominata da una minoranza micenea, con cui riuscirà a fondersi in un'unita culturale alla fine dell'Età del Bronzo. Verso il 1200 l'invasione dei Popoli del Nord e del Mare mette fine alla Civiltà del Bronzo nei paesi del vicino Oriente e C. ne risente il contraccolpo. Nell'VIII sec., secondo Hill e Gjerstad, arrivano come colonizzatori i Fenici, e di ciò abbiamo prova nella comparsa della ceramica di tipo fenicio, in iscrizioni come quella di Mouti Sinoas, nel mutamento improvviso che si nota nella stratigrafia dell'acropoli di Kition. La colonizzazione fenicia, sia secondo i dati epigrafici e numismatici che secondo le fonti, appare limitata a Kition ed alle sue vicinanze e cessa con l'assoggettamento di C. nel 709 a. C., da parte del re assiro Sargon II, come ci ricordano la iscrizione del palazzo di Khorsābād e la stele di Kition.
Nel 669, alla fine della dominazione assira, C. ha un periodo di grande splendore, specialmente per opera dei sovrani locali, che sviluppano il loro potere in senso assoluto fino a che sono di nuovo assoggettati da Amasis, successore di Apries, poco dopo il 570, almeno secondo il Gjerstad.
Il potere egiziano ha un'influenza fortissima sull'arte cipriota, anche se dura solo fino al 540, quando C. si dà volontariamente a Ciro, re dei Persiani, che nel 525 sottometterà anche l'Egitto.
Sotto il dominio persiano l'elemento greco dell'isola prende posizione a fianco degli Ioni nella rivolta contro i Persiani del 499-498. La ribellione fallisce e C. resta sotto la Persia, che favorisce l'elemento fenicio tanto che a Kition viene instaurata una nuova dinastia fenicia e così pure a Marion.
Dopo la vittoria ateniese a Salamina la lega ellenica estende la sua azione su C., ma, nonostante alcuni successi, dopo la pace di Callia (448) le città greco-cipriote perdono ogni indipendenza.
La Persia cerca di sradicare i postumi della mentalità filo-ellenica, che si riaccende nel 411, quando Evagora, divenuto re di Salamis, vuole riunire l'isola sotto di sé per riaccostarsi ad Atene e liberarsi definitivamente dai Persiani. Lasciato solo, dopo la pace di Antalcida nel 386, Evagora è sconfitto a Kition da Artaserse. Il tentativo di Evagora è assai interessante perché precorre le gesta di Alessandro Magno che, dopo le battaglie di Isso e del Granico, accetta l'alleanza di C. e libera l'isola dal dominio persiano, per farne una provincia del suo impero.
Dopo la morte di Alessandro, C. è contesa dai successori ed ha un periodo più oscuro del precedente. Nonostante la breve parentesi del regno di Demetrio, l'isola resta in mano ai Tolomei d'Egitto che la governano per mezzo di uno strategòs dell'isola, che col tempo assume anche la funzione di archierèus e di nauàrchos.
Nell'8o a. C. l'erede legittimo del regno dei Tolomei muore, lasciando in testamento i suoi possessi a Roma che, nel 58 a. C. si annetterà C. come provincia, costringendo al suicidio il re che governava l'isola. L'isola, tranne il periodo dal 47 a. C. fino alla morte di Cleopatra, in cui ritorna al dominio tolemaico, è organizzata come una provincia romana, imperiale in un primo tempo, senatoria dal 22 a. C. La città principale è Paphos fino al IV sec. d. C., quando il primato passa a Salamis Constantia.
Le città avevano istituzioni municipali e facevano parte di un koinòn, che già dovette esistere al tempo dei Tolomei con la funzione di officiare il culto imperiale e di controllare le emissioni bronzee della moneta.
Sotto l'Impero romano l'isola gode un periodo di pace, che è gravemente turbato solo dalla insurrezione giudaica al tempo di Traiano e dai gravi terremoti che a più riprese provocano danni nell'isola. Con la riorganizzazione dell'impero di Diocleziano C. fa parte della prima delle 12 grandi diocesi d'Oriente. (Per le vicende della provincia romana v. più avanti).
Scavi. - La storia degli scavi a C. incomincia nel 1862 con il de Vogüé che scava a Golgoi e all'Idalion e porta in Europa la prima collezione di antichità cipriote, ora al Louvre. Altri scavi fa il Colonna Ceccaldi tra il 1870-1877, mentre nel 1855 il generale Luigi Palma di Cesnola, divenuto console degli Stati Uniti a Larnaka, inizia una campagna di scavi che continua fino al 1876; nel 1879 diviene direttore del Metropolitan Museum di New York, che ha acquistato la sua collezione cipriota.
Dopo di lui il nome più noto nel campo delle antichità cipriote è quello di Ohnefalsch Richter (1850-1917).
Nel 1883 viene fondato il Museo Archeologico di cui il Myres fa il catalogo, ed il British Museum inizia degli scavi però più con lo scopo di arricchire le collezioni, che per spirito scientifico.
Nel 1927 nasce un nuovo interesse per C. e si iniziano gli scavi sistematici condotti dalla missione svedese (1927-33); nel 1933 lo Schaeffer scava ad Enkomi, nello stesso anno il Dikaios scava il grande stanziamento neolitico di Erimi, iniziando uno studio della civiltà neolitica, fino ad allora poco nota, che culmina nella recente pubblicazione sugli scavi di Chirokitia. Degli ultimi anni sono gli scavi americani presso Kourion.
Periodo Neolitico. - Il Paleolitico è ancora sconosciuto a C., ma non si può negare a priori la possibilità della sua esistenza. Le prime tracce dell'Età della Pietra furono scoperte nel 1926 dal Gjerstad presso Phrenaros, ma il maggior contributo in questo campo si deve al Dikaios. I suoi scavi hanno messo in luce un Neolitico primitivo a Chirokitia con abitazioni in forma di thòlos ed un vasellame in pietra che confermerebbe l'esistenza di un Neolitico primitivo non ceramico, come già gli Svedesi avevano supposto a proposito di Petra ton Limniton. Nell'ultima fase di Chirokitia s'incomincia a trovare la ceramica rossa polita con ornati a pettine. A Kalavassos abbiamo un secondo stadio neolitico con ceramica dipinta accanto a quella rossa polita, mentre ad Erimi abbiamo un periodo transizionale tra il Neolitico terzo ed il Calcolitico. Tra Erimi e l'inizio della Civiltà del Bronzo, quale si manifesta a Vounous-Bellapais, si è a lungo creduto ci fosse uno iato, che sembra destinato ad essere colmato, dopo i ritrovamenti di Ambelikou e Philia, che mostrano una fase intermedia. Già nel Neolitico l'isola aveva contatti commerciali con il continente, come è dimostrato dalla presenza di ossidiana di una qualità diversa da quella esistente a Cipro.
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Età del Bronzo. - Gli stanziamenti dell'Età del Bronzo non si trovano negli stessi luoghi di quelli del Neolitico, ma sono numerosi nella parte centrale e meridionale dell'isola, di solito sul versante di colline o in cima a piccoli tavolati, con un'area prospiciente adatta all'agricoltura. Questa particolarità, se serve a distinguere le due culture, d'altra parte non mostra il graduale passaggio dall'una all'altra, per cui finora gli studiosi spiegavano questa mancanza di continuità tra le due facies di civiltà con l'arrivo di un popolo nuovo, che porta con sé la ceramica rossa polita di un tipo già evoluto.
La grande fioritura della Civiltà del Bronzo a C. sembra dovuta anche alle miniere di rame, ricordate dalla tradizione e da un testo hittita (in Pritchard, Anc. Near Eastern Texts2, Princeton 1955, p. 356), ma è ancora discusso a quale data si possa riportare l'inizio dello sfruttamento delle miniere. La maggior parte dei depositi di rame si trova sull'orlo di andesite del massiccio Troodos, in un'area cioè abitata fittamente nell'Età del Bronzo, e non lontana dalle miniere di Soli, Tamassos e Amatunte che sono le più importanti dell'età classica, mentre Enkomi sembra essere stata la principale esportatrice di rame.
Non si può dire se gli utensili di bronzo trovati a C. siano stati fabbricati nell'isola (più probabilmente l'origine è siriana), perché gli stessi oggetti si sono trovati ovunque nel vicino Oriente, in Egitto come in Mesopotamia, in Siria come in Anatolia e perfino lungo il Danubio ed in Italia; i ritrovamenti quindi permettono solo di stabilire la rete di commerci e di contatti fra questi popoli. Molti degli utensili dei tipi più comuni come la daga lanceolata, l'ascia manicata, gli spilli a capocchia e ad occhiello (a mandorla il più antico, il più recente rotondo) creduti di bronzo in un primo tempo si sono rivelati, all'analisi, di puro rame.
Nel XIX-XVIII sec. a. C. l'isola stringe sempre di più i rapporti con la Siria, la Palestina, l'Egitto, mentre resta piuttosto isolata dalla sfera d'influenza artistica minoico-egea-cicladica. Nel XIV sec. a. C. C. è nella sfera commerciale e culturale micenea ed Enkomi diviene un importante centro miceneo; strettissimi erano i rapporti con Rās Shamrah, l'antica Ugarit, di fronte a C. sulle coste della Siria. La corrente micenea si fonde col gusto locale, su cui sono sempre sensibili gli influssi asiatici ed egiziani, che dànno all'arte cipriota un carattere particolare.
Le oreficerie, accanto alla ceramica, mostrano anche esse le peculiarità della cultura artistica cipriota sotto l'influenza micenea. Da Enkomi proviene il maggior numero delle oreficerie: brattee e sottili tenie auree stampigliate, a scopo funerario, scudi bilobati pure aurei: oggetti non solo preziosi, ma interessanti per il repertorio dei motivi decorativi, che documenta la varietà degli influssi artistici convergenti a Cipro. Locali sono pure i pesanti spilloni aurei con la capocchia in porcellana ed in oro, mentre gli orecchini, che continueranno in età geometrica ed orientalizzante, ci riportano all'Oriente. Questi tipi di oreficeria cipriota che in gran massa appartengono al periodo che va dal 1400 al 1200 a. C. continuano fino all'XI sec. a. C., sempre diminuendo di numero ed impoverendo nel repertorio e nello stile. Nonostante che l'espansione greca si sia irraggiata dagli scali di Salamis ad E, di Lapithos a N, di Paphos e Kourion ad O e la parte meridionale dell'isola abbia conservato un carattere molto più indigeno, alla fine del periodo miceneo si arriva ad una fusione culturale fra l'elemento greco e quello eteo-cipriota, che diviene ancora più intima nel primo periodo geometrico.
Alla fine dell'Età del Bronzo appartiene un singolare ritrovamento fatto dal Dikaios ad Enkomi, consistente in un bronzetto (alto cm 55) che rappresenta un dio con due corna taurine e veste fino all'inguine, in cui evidenti sono le influenze siriane: il dio potrebbe essere il mesopotamico Nergal, menzionato nelle tavolette di Tell el-‛Amārnah del XIV sec. e onorato fino all'XI sec. a. C.
L'Età del Bronzo è stata determinata da varî studiosi (il Myres e il Dussaud nel 1914, il Gjerstad nel 1926 e lo Schaeffer nel 1948). Attualmente la più seguita è la seguente:
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Il Cipriota Tardo è stato suddiviso dallo Sjöqvist in sette sottoperiodi:
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Età del Ferro. - L'Età del Bronzo s'interrompe a Rās Shamrah per i movimenti dei Popoli del Nord e del Mare nel XIII sec. e, poiché fino al 1200 non si trovano oggetti di ferro, questa data viene estesa da alcuni come l'inizio dell'Età del Ferro anche per Cipro. Alcune tombe di Enkomi ci mostrano il periodo di transizione.
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Architettura
Fortezze. - La più antica fortezza è quella di Nitovikla del Medio Cipriota III, che era ancora in uso nel Tardo Cipriota I, quando sorse la fortezza di Nikolidhes; nel Tardo Cipriota III si innalzarono le mura dell'Idalion, in seguito sviluppatesi con torri e bastioni. Le tre fortezze, che sono i monumenti più antichi dell'isola, hanno un diverso carattere: la prima serviva come difesa da eventuali assalitori dal mare e come asilo per la popolazione in caso di scorrerie; la seconda, secondo l'ipotesi del Gjerstad, doveva essere una stazione militare al confine di uno stato, tanto è vero che è circondata da un piccolo insediamento che doveva servire di guarnigione, mentre la terza era uno stanziamento fortificato di collina.
Lo Hogarth per primo scoprì il carattere di fortificazione del pianoro ove gli Svedesi hanno scavato il forte di Nitovikla: un'area centrale, rozzamente rettangolare che contiene un altare e la cucina, è serrata per tre lati da massicci bastioni (il quarto lato è stato completamente eroso dall'azione dei venti) di tipo ciclopico, rinforzati da due torri nel lato E ove si apre l'ingresso. Il tetto delle casematte situate a N e quello dei magazzini posti ad E insieme con il camminamento del bastione esterno sembra abbiano formato una specie di grande piattaforma, accessibile con scale di legno, donde i difensori lanciavano i loro dardi, protetti dal parapetto. La fortezza, violentemente distrutta alla fine del Medio Cipriota III B e ricostruita mantenendo inalterata la pianta generale, fu abbandonata prima del Tardo Cipriota II.
Pure a pianta quadrata ed a due piani è la fortezza di Nikolidhes, circondata da mura massicce con fortificazioni agli angoli, abbandonata prima dell'inizio del Tardo Cipriota II A (divisione cronologica del Sjöqvist).
L'acropoli fortificata dell'Idalion contiene nell'interno un luogo di culto, dedicato ad ‛Anat-Atena, che si è supposta la dea protettrice della città, poiché nel 499-8 quando gli abitanti di Kition occupano l'Idalion il culto viene proibito. Le mura seguono la conformazione naturale delle colline cosicché l'area fortificata ha la forma di un sacco oblungo. Nella prima fase di costruzione il bastione di recinzione ha tre porte, di cui due molto grandi; in un secondo tempo la porta ad O viene chiusa da un muro e dal lato della porta N, ristretta e rafforzata da due bastioni, si apre un passaggio sotterraneo scavato nella roccia. Nell'interno erano stanze di forma trapezoidale in una prima fase di costruzione, poi divenute rettangolari, che servivano per il culto, come è dimostrato dalla presenza dell'altare. Nel periodo in cui è stata in uso, l'acropoli ha mantenuto questo carattere sacro, anche se il luogo di culto ha cambiato aspetto per divenire un tèmenos aperto con un altare ed una stanza-cappella del tipo a iwān.
Le mura delle tre fortezze seguono il metodo costruttivo tipico di C. con una base a blocchi massicci ed un alzato di mattoni crudi.
Abitazioni. - L'architettura nel Neolitico ci mostra tracce di capanne, in un primo tempo scavate in cavità della roccia e coperte da un tetto di paglia e frasche (come nello strato più antico di Petra ton Limniton), poi assai più solide, di pianta semicircolare come a Lapithos o più spesso circolare con una sovrastruttura di pietra e l'alzato di mattoni e di frasche. I monumenti più significativi dell'Età Neolitica sono però le case a thòlos scoperte dal Dikaios a Chirokitia, mentre ad Erimi le case hanno già una divisione interna. In esse non manca quasi mai il focolare.
Nell'Età del Bronzo l'architettura mostra un maggiore sviluppo nelle costruzioni. Ad Alambra è stata trovata una casa dell'Antico Cipriota III con due stanze rozzamente rettangolari che si aprono, ciascuna separatamente, su una corte. Le mura costruite con pietre irregolari erano coperte nell'interno con un cemento di mota e così doveva essere l'esterno; la parte superiore delle mura era probabilmente di mattoni crudi, il tetto piano in paglia ed argilla. Del 1200 la Casa dei Bronzi ad Enkomi, scoperta dallo Schaeffer, in cui le fondazioni invece di essere di pietre irregolari sono formate con blocchi molto larghi e ben squadrati, a spigoli vivi, alcuni dei quali raggiungono perfino i tre metri di lunghezza. Ancora nella tarda Età del Bronzo abbiamo i due stanziamenti dell'Idalion e di Bamboula (I periodo); il primo consiste in un agglomerato irregolare di stanze lungo l'interno del muro di fortificazione, mentre quello di Bamboula, che pure è contemporaneo, mostra un carattere più progredito. Le case infatti, una addossata all'altra, formano degli isolati, divisi da una stretta strada che termina in un corto viale cieco, per cui l'intero insediamento ha un carattere molto più urbano di quello dell'Idalion. Quest'ultimo, solo nel suo secondo periodo di costruzione, spiega un'intensa attività edilizia accrescendo le case di un piano e distribuendole in piccole strade, piazze e viali.
A C. non ci sono resti di edifici pubblici, al contrario di ciò che troviamo in Grecia. L'unico esempio è il palazzo di Vouni. Nel suo primo periodo di costruzione è orientato a S-O, ove è situato l'ingresso principale, mediante il quale si accede alle stanze di parata, consistenti in tre vani centrali, uno di seguito all'altro, e in due parti laterali più strette. Dall'ultima delle stanze centrali, aperta per tutta la lunghezza della fronte come la corrispondente d'ingresso, si scende nella corte mediante una bellissima scala di 7 gradini che si estende per tutta la larghezza della corte stessa. Questa è quasi quadrata ed è circondata per tre lati da un peristilio, il cui tetto poggiava su colonne ellittiche e cilindriche, mentre il centro della corte, aperto, conteneva una cisterna. Il palazzo si articola quindi sulla corte centrale, intorno alla quale sono disposti i vani, che non hanno comunicazione fra di loro, ma hanno un orientamento centripeto rispetto alla corte stessa. A S-E e a N-O del complesso centrale sono aggiunte due ali: a S-E gli appartamenti di cucina che danno in una corte irregolarmente rettangolare ed a N-O, intorno ad un'altra corte, sono raggruppate le stanze di soggiorno, i bagni, i magazzini con fori conici nel pavimento, che servivano per tenere i pìthoi dalla base a punta. La cucina aveva in un angolo il focolare semicircolare aperto, mentre il bagno, all'angolo tra il lato corto ed il lato lungo S-E della corte, diviso nel frigidarium e nel calidarium, in un periodo immediatamente successivo ha anche un sudario con due muri sottili con fori verticali che comunicano con una piccola fornace sottostante destinata a scaldare l'ambiente. La linea centrale dell'ingresso coincide con quella mediana della corte e delle tre stanze che si aprono nel fondo, per cui si può dire che la parte centrale della costruzione è assiale, mentre manca la simmetria che, come abbiamo già visto, non è sentita nell'architettura cipriota. La pianta appare però unitaria ed organica con una parte centrale che rappresenta il nucleo principale intorno a cui si è ingrandita la costruzione. Il palazzo appare lontano dai canoni consueti dell'architettura greca, però non si può ancora dire con certezza fino a che punto sia cipriota (I periodo 500-450).
Nel secondo periodo di costruzione (450-380 a. C.) il palazzo cambia decisamente carattere: l'ingresso viene spostato nell'angolo N con un vestibolo angolare da cui parte una scala che porta ad una stanza, da cui si accede alla primitiva corte centrale. Nello stesso tempo il precedente ingresso viene chiuso da un muro trasversale. In questo modo il carattere e l'aspetto delle sale di rappresentanza viene completamente modificato; mentre prima erano infatti poste nella parte frontale del palazzo, ora sono relegate nel retro della corte e si presentano come una parte centrale a mègaron, fiancheggiata da tre stanze laterali dalle due parti. Questo cambiamento del nucleo centrale mostra una profonda alterazione dei principî architettonici, per cui si è voluto vedere l'influsso greco nel vano a forma di mègaron. Oltre all'ingrandimento orizzontale l'edificio si accresce di un piano in altezza per cui, agli scalini che venivano usati prima nell'unico piano esistente per facilitare le comunicazioni fra stanze di diversi livelli, si aggiunge una scala a tre rampe che porta al primo piano. Anche qui vediamo come l'architettura si adegui al terreno sfruttandone le caratteristiche, in modo da raggiungere un maggiore movimento e vivacità negli ambienti.
I santuarî. - L'esistenza di un santuario vero e proprio risale a C. alla tarda Età del Bronzo. Un modello in terracotta, trovato dal Dikaios in una tomba di Vouni-Bellapais, ci fa postulare l'esistenza di un tèmenos aperto a pianta circolare. Tuttavia gli scavi ci hanno rivelato i resti di un tèmenos a pianta rozzamente circolare, probabilmente circondata da un recinto di materia deperibile, solo presso Haghios Jakovos che è il santuario più antico di Cipro (XIV sec. a. C.). Ciò fa pensare che la pianta circolare, che non collima con i principî architettonici contemporanei e successivi dell'Età del Bronzo, basati sulla pianta rettangolare, si ricolleghi alla tradizione degli edifici sacri del Neolitico (Chirokitia).
Il santuario del tipo più comune nella tarda Età del Bronzo è la cosiddetta casa-cappella che consiste in un piccolo vano rettangolare per il culto e in magazzini ed altri annessi (tra cui forse la dimora del sacerdote) situati entro un cortile recinto. Questo è il caso del santuario di Phigades, nella pianura centrale di C., che secondo il Dikaios risale al 1300 ed ha nell'area recinta le stalle per i buoi sacri, come nel modello di Vouni.
Della fine del Tardo Cipriota III è la casa-cappella di Haghìa Irini (vicino alla costa N-O), che forma un'unita chiusa di costruzioni rettangolari raggruppate intorno ad una corte ugualmente rettangolare.
Un secondo tipo di casa-cappella è quello dell'Idalion, che ha come perìbolos del tèmenos il muro di fortificazione dell'acropoli. Nel tāmenos una cappella del tipo a iwān a N-E della quale è l'altare rettangolare che doveva essere isolato da un recinto di materia deperibile, di cui non si ha traccia. Nonostante che l'idea religiosa sia la stessa (il culto della fertilità) il santuario dell'Idalion non ha niente in comune con quello contemporaneo di Haghìa Irini sia per la pianta irregolare sia perché in connessione con una collina fortificata, mentre quello di Haghìa Irini ha una posizione isolata e non ha nessun diretto rapporto con uno stanziamento; ciò dimostra che a C. non vi erano norme fisse per la posizione e l'orientamento dei luoghi di culto.
Nell'Età Geometrica il santuario assume una forma più semplice, perché mancano gli annessi ed i magazzini separati, per cui la complessità di pianta e la quantità degli edifici non possono considerarsi elementi di recenziorità nella cronologia. Questa trasformazione è evidente nel secondo periodo del santuario di Haghìa Irini che da casa-cappella diviene un tèmenos aperto (X sec.) di forma assai più semplice, consistente in un cortile limitato da un muro di forma irregolare, con un altare rozzamente triangolare nella parte Nord. Sempre dell'Età del Ferro è la casa-cappella di Haghios Jakovos, in un primo momento ad una sola stanza, poi a due stanze comunicanti.
Nonostante la colonizzazione greca, i luoghi di culto non hanno nessun rapporto né per il tipo né per la decorazione con il tempio greco. Vi sono differenze di grandezza e di pianta, maggiori o minori irregolarità, ma alcune caratteristiche restano invariate. Comune a tutti i santuarî ciprioti, di cui costituisce il nucleo essenziale, è il cortile aperto. Quando i cortili sono due, uno di seguito all'altro, l'altare di culto, intorno a cui si depongono i doni votivi, è nel secondo cortile, a cui spesso è annesso un piccolo vano che non sempre è l'edificio di culto. Tanto più irregolare è la forma del cortile tanto più il santuario si può considerare arcaico. Non c'è nessuna rigorosa legge di simmetria e di assialità che regoli la distribuzione dei cortili tra di loro, né dei cortili rispetto al vano o ai vani annessi. Simmetria, assialità si trovano solo in alcuni templi ciprioti di età romana imperiale e non in tutti e sono probabilmente dovuti ad influsso esterno. È stato detto che a C. esistono templi a pianta tripartita, simile a quella descritta da Vitruvio sotto il nome di tempio tuscanico e che è tipica dei Capitolia romani. Sarebbero il tempio di Atena a Vouni, quello di Serapide a Soli e quello di Afrodite a Paphos. Il santuario di Vouni è uno dei complessi cultuali più elaborati di C., ma ripete la tipologia usuale. La pianta nel suo insieme mostra un raggruppamento irregolare ed asimmetrico di varie costruzioni. All'esterno del santuario si trovano tre piccoli vani interpretati come thesauròi, poi vi è un piccolo cortile rettangolare, probabilmente con la funzione di ingresso, non circondato da muri, ma forse recinto da una staccionata, che per mezzo di una porta (a destra della quale è un altare semicircolare) dà accesso al secondo cortile. Questo è irregolarmente rettangolare ed il suo muro di fondo, in un secondo momento, è stato parzialmente distrutto per costruire una cappella quadrangolare obliqua ed asimmetrica rispetto al cortile. Ha tre stretti vani dei quali il centrale, più largo, dà accesso ai due laterali. Eccezionalmente il culto può avere avuto sede nella cappella, perché l'altare è nel vano centrale, mentre in generale l'altare e il culto sono nel cortile. Questa cappella non è tripartita nel senso attribuito generalmente a questa parola, perché un solo vano, quello centrale, era sede di culto; gli altri due erano solo vani accessorî, forse dei ripostigli. Il tempio di Serapide a Soli ha tre ambienti (non sappiamo se tutti fossero destinati al culto), solo nella ricostruzione del 225 d. C. Abbiamo allora un cortile quadrangolare in fondo al quale si aprono i tre vani, i quali non esistevano nella fase più antica del tempio e possono essere dovuti all'influsso dei Capitolia romani. Per il tempio di Afrodite a Paphos, la tripartizione, sostenuta dal Blinkenberg e accettata da altri studiosi, è basata sull'esame della monetazione di Paphos di età imperiale romana, la cui tipologia non è costante e che, in ogni caso, riproduce il tempio di età imperiale. Gli antichi autori ricordano varie ricostruzioni, che possono facilmente avere alterato la pianta originaria ad imitazione dei Capitolia. Gli scavi fatti a Kouklià dal Cesnola prima, poi, nel 1887, dagli Inglesi, non hanno dato alcun elemento che confermi la possibilità di un tempio tripartito. Per ora, quindi, la tripartizione dei templi ciprioti in età anteriore alla conquista romana è puramente ipotetica. Il santuario di Atena a Vouni, benché tra i più regolari dell'isola, mostra la mancanza di simmetria e di assialità caratteristica di Cipro. Cortili e cappella non sono mai sullo stesso asse. La porta della piccola cappella si apre non al centro del vano centrale, ma in un angolo. Molte delle caratteristiche tipiche del santuario cipriota si mantengono in età classica ed ellenistica anche quando i santuarî siano dedicati ad una divinità greca (Atena, a Vouni ?) o ad una divinità greca assimilata con una locale (santuario di Afrodite-Astarte e di Apollo-Reshef sull'Idalion, di Afrodite Paphia o Kytherea, ecc.). Il quadro generale non varia nemmeno se osserviamo il complesso dei santuarî di Soli.
Infatti, se del primitivo santuario di Iside è rimasto ben poco, quello vicino di Afrodite (200 a. C.) ha due cortili (in uno dei quali è l'altare e la cella) ed anche nella sua ricostruzione (100 a. C.), non raggiunge la simmetria e l'assialità, pur divenendo più regolare (l'altare è ora trasportato nella cella). Del resto anche il tempio di Serapide (225 d. C.) ha tre celle indipendenti (culto di Iside e di Anubis ?) secondo la consuetudine romana, ma a queste aggiunge il cortile che segue la tradizione dei luoghi di culto più tipicamente ciprioti, per cui possiamo dire che la tipologia del santuario si presenta uniforme in tutta l'isola.
Tombe. - L'architettura funeraria più antica ci è rivelata dallo stanziamento neolitico di Chirokitia (4000-3300) che ci ha dato delle enormi costruzioni circolari, una delle quali con resti di numerosi seppellimenti e di ossa carbonizzate (forse anche di bambini sacrificati) che ci fanno pensare ad un monumento di carattere sacro e funerario. Ad Erimi, invece, la cui cultura neolitica risulta posteriore, perché nella sua ultima fase si sviluppa in calcolitica, non ci sono tracce di riti in onore dei morti, che vengono sepolti molto semplicemente dentro le case o fuori.
La forma più semplice di tomba, anche se non è detto che sia la più antica, è quella a pozzo scavata nella terra o nella roccia, come vediamo ad Amatunte, in cui questa forma di tomba continua fino al Cipriota Arcaico. L'altro tipo, che è il più comune a C., è la tomba a camera intagliata nella roccia, cui si accede per un corridoio (dròmos). Questo tipo di tomba inizia nell'Età del Bronzo e si mantiene pressoché inalterata fino nell'età ellenistica e romana.
Le tombe a camera a loro volta si possono suddividere in tre categorie: la tomba a grotta, con tetto piano o leggermente incurvato all'indietro; la tomba a thòlos con il tetto a nido d'ape, in cima al quale si apre il corridoio che porta alla superficie del terreno, e la tomba costruita che non è altro che una tomba a camera rivestita di muratura.
Le prime tombe a camera, come quelle di Vounous-Bellapais, sono scavate nella roccia ed hanno la pianta di solito a forma rozzamente rotonda, cui si accede per un ripido dròmos (nell'interno delle tombe è una ricca suppellettile funebre). Il dròmos si presenta in forme molto varie, ellittico nell'età più antica, poi può essere corto e stretto, oppure più lungo e discendere fino all'apertura della tomba (stòmion) con gradini tagliati nella roccia, oppure con piano inclinato. Nel periodo più arcaico, occasionalmente, lungo un lato del dròmos corre un banco formato dalla roccia, mentre a volte nel dròmos si aprono pure nicchie o camere laterali. È interessante notare che la porta del dròmos, nonostante sia situata approssimativamente lungo l'area longitudinale della camera, risulta per lo più spostata verso la sinistra o la destra, piuttosto che nell'esatta metà dell'asse stesso. L'apertura della camera è rotondeggiante o rettangolare, chiusa da lastre di pietra; il dròmos doveva essere riempito di terra ed avere alla superficie un contrassegno che servisse ad individuare la tomba, specie se si ammette che per le tombe di famiglia si riaprisse il dròmos per ogni nuova deposizione.
Nell'Età del Ferro invece di scavare nuove tombe si riusano, per lo più, quelle dell'Età del Bronzo; le nuove hanno di solito una forma rettangolare assai regolare. Nel periodo geometrico il Gjerstad distingue quattro tipi di tombe, che però si possono ricondurre a due tipi fondamentali, quello più semplice a fossa e l'altro a camera irregolarmente rettangolare, di cui si distinguono i sottotipi di Lapithos; di Lapithos-Kourion del Geometnco I e II; di Stylli del Geometrico III; e infine di Amatunte che si mantiene per tutta l'Età Geometrica. Si può pensare che alcune di queste tombe fossero ricoperte da tumuli; hanno avuto certamente dei tumuli le tombe di Paleoskoutella nel Cipriota Medio III.
Molte tombe a thòlos si trovano a Kathydata, mentre le tombe costruite si trovano prevalentemente nell'area meridionale e orientale (vedi Enkomi) di C. per cui si può pensare con lo Schaeffer ad un influsso siriano.
In età ellenistico-romana troviamo molti tipi di tombe già in uso in età precedente ed alcuni nuovi tipi di derivazione esterna. Si possono riepilogare le varie classi. Le caverne tagliate nella roccia cui si accede per mezzo di un dròmos, di diretta derivazione dall'Età del Bronzo, si mantengono nella zona del Carpass, lontano dai grandi centri. Il secondo tipo consiste nella tomba a 1 o 2 camere rettangolari con tetto a vòlta, che possono avere nicchie o loculi; la forma originale è simile a quella delle tombe di età classica di Marion. Anche le tombe a μνῆμα probabilmente tombe di povera gente, si rifanno ad un tipo già esistente nell'Età del Bronzo, che si ritrova in età più tarda nelle tombe a pozzo di Amatunte e di Vouni nel periodo classico. Un nuovo gruppo di tombe sono quelle a peristilio a Nuova Paphos, importate da Alessandria, formate da un dròmos che conduce in un peristilio quadrato, in cui si aprono le camere funebri. Le cosiddette tombe di Cobham e la Prigione di Haghia Katherina si possono riconnettere con le tombe costruite nell'Età del Bronzo e continuate in età arcaica e classica, mentre il tumulo della tomba a cremazione n. 26 di Amatunte si può forse considerare come un isolato monumento in onore di uno straniero deceduto.
Scultura
Il Gjerstad divide la scultura cipriota nei seguenti periodi:
Tabella
Stile Classico Cipro-Greco fine V sec. - Ellenismo.
Il Vessberg divide l'Ellenismo Cipriota nei seguenti periodi:
Tabella
La grande scultura cipriota sorge dopo una fioritura di idoletti plastici e di figurette in terracotta, raggruppate in composizioni vivaci, contemporaneamente nei due materiali della terracotta e del calcare locale. La scultura ha, fino dalle sue origini, un carattere anatematico ed il suo repertorio si esaurisce nella tipologia propria delle sculture dei santuarî. Accanto alle immagini dei devoti, che sono le più numerose, vestite con la tunica o con un lungo chitone con cintura cui si può aggiungere il manto, si trovano quelle dei suonatori che accompagnano i sacri riti con la musica, mentre rare sono le figure in abiti militari o in nudità eroica. La datazione della scultura cipriota è controversa: il Myres la considera nata sotto l'influenza assira nella prima metà del VII sec. a. C. Di questo potrebbe essere una prova la stele con un rilievo assiro di Kition la cui iscrizione, per i numerosi errori di trascrizione, sembra considerarsi opera locale. Il Lawrence sostiene invece che la grande scultura a C. non è anteriore al 560 a. C. e che i contatti con la Siria del N sono evidenti. Intermedia è la posizione del Gjerstad, secondo cui la scultura protocipriota, databile alla fine del VII sec., non ha nessuna diretta connessione con l'arte assira, ma l'idea della plastica monumentale è ripresa dall'Egitto, anche se lo stile scultorio si sviluppa in accordo con le disposizioni cipriote ed ha affinità con l'arte siro-anatolica.
Il Gjerstad avvicina a torto la scultura cipriota a quella etrusca considerandole entrambe imparentate per la comune dipendenza dall'arte della regione siro-anatolica; la questione dell'origine della grande scultura cipriota non si può considerare risolta ed ha bisogno di essere approfondita, indipendentemente dal preconcetto che non debba esistere a C. la grande scultura prima che nel continente greco.
Le più antiche sculture sono le grandi figure di terracotta da Haghìa Irini dal corpo rigidamente frontale, vestite con corta tunica e lungo chitone trattato in modo schematico. La forma del corpo è volutamente trascurata, tutta l'attenzione è concentrata sul volto, dal modellato crudo e realistico, dagli occhi larghi, dalle labbra strette. Col procedere del tempo i tratti si ingentiliscono e questo procedimento è evidente anche nella scultura in calcare, di cui uno dei più belli esempi è la statua di Arsos (Swed. Cyp. Exp., iii, tav. clcccv) che tiene in mano un toro, così piatta che sembra più un rilievo che una scultura a tutto tondo, dal mpdellato estremamente superficiale, su cui fa contrasto la resa minuta e dettagliata dei particolari, secondo un gusto provinciale tipicamente cipriota. Queste prime figure sono tutte stanti, dal corpo appiattito, composte in rigidità ieratica. I capelli scendono in boccoli o in massa compatta dietro gli orecchi, sino a raggiungere le spalle. Molto comune è la rappresentazione dell'uomo barbato; la barba è trattata come una massa liscia, ben delimitata, solcata da lievi incisioni o suddivisa in profonde scanalature parallele fra loro, terminanti in riccioli spiraliformi, oppure è trattata a zone concentriche di riccioli a lumachella.
Verso la metà del VI sec. nella scultura si avverte un forte influsso egitùzzante che culmina nella bella testa di Arsos (Swed. Cyp. Exp., iii, tav. clxxxix), ma a poco a poco viene amalgamato dalle correnti locali, restando particolarmente forte solo nella parte S-E dell'isola, mentre nell'altra domina la corrente ionica che incomincia a farsi sentire dopo il 525 a. C.
A proposito di come a C. sia potuta penetrare l'influenza ionicà, dato che nell'isola mancano importazioni ioniche, il Gjerstad capovolge i termini del problema parlando di un influsso di C. sulla Ionia, reso possibile mediante le botteghe cipriote di Naucrati, di Rodi e di Samo, ma questa teoria è respinta da molti studiosi perché è più forte l'influenza che è in grado di esercitare il continente sull'isola che quella inversa.
Il tipo del devoto con caratteri ionici non varia rispetto a quello precedente né nella posizione frontale né nella veste, solo il volto è atteggiato a sorriso ed i capelli in doppio ordine di riccioli vengono a volte fermati sulla fronte da un diadema a rosette. Alla precedente pettinatura se ne aggiungono altre di origine greca, come quella a casco terminante in una frangia di riccioli sulla fronte ed in un basso nodo sulla nuca (statue dall'Idalion e da Kition) o l'altra con i capelli completamente lisci a calotta oppure lisci solo sulla cima del capo e cadenti in un doppio o triplice ordine di riccioli sulla fronte ed in trecce arrotolate sulla nuca.
Nonostante che l'arte cipriota tenda ad avvicinarsi sempre di più a quella greca, l'interesse per la struttura del corpo e lo studio del panneggio (figure di Vouni) vengono affrontati solo in modo sporadico, cosicché i problemi dell'arte classica non vengono assimilati né diventano linfa vitale, ma si riesce solo a ripetere dei modelli sempre più stancamente. La situazione si mantiene inalterata per tutto il IV secolo anche se l'influsso attico è assai forte ed il materiale che ci resta è assai scarso anche di numero. L'incorporazione di C. nell'Egitto tolemaico porta una resurrezione nella scultura dell'isola, che viene a far parte integrante della koinè artistica ellenistica. La caratteristica dell'arte dell'inizio del III secolo consiste in un sobrio e fresco realismo che raggiunge l'espressione più alta nella bellissima testa di Arsos che, nonostante dipenda da prototipi attici del IV sec., ha una sua spiccata individualità. Rare però sono opere di così alta qualità, dovute per lo più ad artisti greci o ciprioti di scuola greca; infatti i prodotti in massa, di carattere votivo, sono di scarso valore pur dipendendo dagli esemplari dei grandi centri ellenistici. La scultura ellenistica a C. pertanto non è suscettibile di una classificazione sistematica, perché non è abbastanza omogenea ed indipendente da poter formare una sua tipologia ed essere capace di uno sviluppo interno.
A Rodi abbiamo delle iscrizioni che testimoniano come verso il 200 siano stati attivi degli artisti ciprioti, di cui si ricordano i nomi: Simos figlio di Temistokrates e Onasiphon figlio di Kleionaios. Nell'ultima fase della scultura ellenistica si trovano opere di carattere pergameno come il giovane di Mersinaki e la bella testa femminile dei Musei di Berlino piena di pàthos, ma accanto a questa corrente dinamica che dura fino alla seconda metà del II sec. a. C. troviamo anche una tendenza classicistica.
Nell'età romana la maggior parte del materiale scultorio consiste in ritratti ed in teste votive, che si possono facilmente datare in base al confronto con monumenti noti e con le monete che seguono una parallela evoluzione stilistica. Il primo gruppo di ritratti, di età giulio-claudia, mostra il linearismo tipico nell'epoca del secondo triumvirato. Nel periodo posteriore le opere sono meno numerose, anche se le sculture del tempio E di Soli rivelano una fresca produttività in Cipro. Il nucleo maggiore delle sculture trovate nei templi di Soli sono di età severiana come la testa di Serapide, in cui - secondo l'uso del tempo - si fa largo uso del trapano. Dopo il 250 d. C. abbiamo scarse sculture, alcune interessanti per le associazioni egiziane e le reminiscenze copte.
Le più tarde sono la statua interpretata come Elena, madre di Costantino, nel Cabinet des Médailles di Parigi e la testa di filosofo barbato da Salamis.
A C. si può dire che il rilievo è praticamente ignorato, per cui i due sarcofagi del Metropolitan Museum di New York ed il rilievo di Eracle con i buoi di Gerione (età cipro-greco-arcaica, 540-450 a. C.) devono considerarsi opere di scultori in intimo contatto con l'arte greca. Di età ellenistica abbiamo una Amazzonomachia e la base di Witsada. Pochi i rilievi sepolcrali, sotto l'influsso attico come quello di Tremithusa. A C. domina poi il tardo tipo di stele ellenistico-romano comune in Asia Minore col tömpanon e le figure in una nicchia.
Ceramica
La ceramica è assente nella prima fase neolitica di Chirokitia, Petra ton Limniton, Vounistri, ma abbonda negli altri stanziamenti neolitici ove si presenta sotto tre diversi tipi: la ceramica rossa polita (Red Polished Ware), (le cui due forme principali consistono nelle coppa cilindrica od emisferica e nella bottiglia con pancia ovoide) cui si aggiunge la ceramica con ingubbiatura bianca senza ornati (Plain White Ware) e quella con ingubbiatura bianca sopradipinta in rosso (White Painted Ware), che a sua volta si può suddividere nello stile a linee e fasce ed in quello ad ornati (Line and Band Style e Patternd Style). È interessante notare che la ceramica rossa polita appare negli strati neolitici più antichi (prima di quella dipinta), per cui la sua fioritura posteriore si potrebbe considerare come un ritorno alla ceramica primitiva. In base a questa ipotesi si potrebbe considerare la ceramica dipinta nata da un influsso esterno, ciò che sarebbe confermato dalla sua somiglianza con la ceramica neolitica tessalica. Nell'Età del Bronzo domina la ceramica rossa polita, fatta a mano, conosciuta sopratutto dalle necropoli di Vounous-Bellapais e di Lapithos, che è considerata la ceramica tipica del Bronzo Antico. Lo studio comparativo del materiale di Vounous-Bellapais con quello di Rās Shamrah (Ugarit) ha permesso di stabilire che questa ceramica diventa preponderante a. C. verso il 2300 a. C. e giunge al massimo della perfezione tecnica tra il 2200 ed il 1900 a. C. La sua origine è ancora materia di discussione. I vasi di solito terminano a punta e molto spesso al posto dei manici hanno solo dei fori per poter essere appesi per mezzo di una cordicella. È molto popolare in questo periodo la tendenza plastica che combina insieme in un tutto unico forme diverse di vasi o applica al vaso, con la tecnica à la barbotine o modellandoli a tutto tondo, statuette ed altri ornati. Straordinario è il virtuosismo tecnico di questi esemplari, su cui spesso la decorazione plastica ha un valore religioso, come indicano le teste di toro o le figure di serpenti. Nella forma dei vasi e nella decorazione più particolarmente cipriota ad incisioni geometriche, è evidente molte volte la derivazione da prototipi metallici. Una piccola categoria di vasi, di solito con ornati geometrici, ad ingubbiatura nera (Black Slip Ware) dalla sottile vernice scura priva di lustro, si può considerare come una forma degenerata della precedente. Alla fine del Cipriota Medio si attribuiscono due classi di vasi stranieri, la ceramica nera con decorazioni a puntini (Black Punctured Ware), che fa parte della categoria detta di Tell el-Yahudiyeh (questa comprende le seguenti classi ceramiche: Red on Red Ware, Red on Black Ware, White Painted V Ware, Black Slip III Ware), trovata per la maggior parte nella necropoli di Kalopsida, costituita per lo più da piccole brocche ornate con punti distribuiti irregolarmente e una ceramica bicroma fatta al tornio (Bichrome Wheel-Made Ware). Quest'ultima è stata trovata soltanto nella necropoli di Milea; la sua pittura rossa e nera su ingubbiatura chiara ed il miscuglio di motivi geometrici e naturalistici disposti a metopa, la distinguono da tutti gli altri tipi dell'Età del Bronzo. Assai diffusa nel Cipriota Medio è anche la ceramica a fondo crema dipinta di rosso (White Painted I Ware) che il Gjerstad considera come un adattamento della ceramica rossa polita, cui sia stata applicata la tecnica della pittura. I vasi di questa specie sono così numerosi in Siria che sono sorti dubbi sulla loro origine cipriota.
Il periodo del Tardo Bronzo Cipriota è stato suddiviso cronologicamente in sette sotto-periodi dallo Sjöqvist, che ne ha studiato anche le varie classi ceramiche. Tra queste dominano la ceramica con piede ad anello (Base-Ring Ware I e II) con decorazione, a volte incisa e più spesso in rilievo, dall'invariabile piede ad anello piatto e la ceramica con ingubbiatura bianca (White Shp Ware I e II) con una decorazione in nero a volte tendente al rosso, molto attraente, che parte dall'orlo del vaso (di solito coppe) per diramarsi verso il fondo in strisce verticali. L'origine cipriota di questi tipi ceramici sembra certa, come pure locale è la ceramica bianca raschiata (White-Shaved Ware) per la speciale tecnica, per cui si ottiene la forma definitiva del vaso tagliando la superficie con un temperino in strisce verticali dall'orlo alla base. Di origine straniera invece, anche se ancora non localizzata, deve essere la ceramica rossa lucida fatta al tornio (Red Lustrous Wheel-Made Ware), dalle forme particolari quali la bottiglia a fuso e quella lenticolare (con segni sillabici di tipo cipro-egeo che si ripetono in vasi di altre località) che non trova precedenti a C., perché richiede una lunga pratica del tornio non usato nell'isola ed una lucidatura a mano dopo l'applicazione della pittura che si è perduta a C. dopo il primo periodo della media Età del Bronzo. Per questo motivo si considerano di origine straniera le serie ceramiche fatte al tornio (Black Lustrous Wheel-Made Ware, Plain Wheel-Made Ware I e II e la Painted Wheel-Made Ware).
Nel Tardo Cipriota II A vengono collocati gli esemplari micenei più antichi dell'isola. L'origine di questa ceramica ha dato luogo ad opinioni controverse. Il Myres, seguito dal Casson, conclude che la ceramica micenea, detta Levanto-Elladica dalla spedizione svedese, è opera di una fabbrica cipriota micenea, mentre il Gjerstad la ritiene una merce importata. Oggi gli studiosi considerano il problema in maniera più completa distinguendo i varî periodi micenei nell'isola. Infatti, se in un periodo il Miceneo II ed il III A I si può considerare per lo più importato dall'Argolide e massimamente da Rodi, il Miceneo III A II, anche se mostra in tecnica, decorazione e forma così forte somiglianza col vero e proprio miceneo da postulare uno strettissimo contatto tra le varie parti del mondo miceneo, non è detto che non possa essere in parte locale, per il fatto che non si notino delle varianti nei vasi. In questa serie sono tipici dell'isola i grandi crateri di origine metallica a collo distinto, che a mano a mano col tempo diviene più rialzato, decorati nella parte superiore, per dirla col Furumark, con lo stile pittorico Levanto-Miceneo (tra le varie rappresentazioni sono favorite le scene di carri). Le caratteristiche locali si fanno più evidenti nel Miceneo III B; ci sono infatti forme della ceramica ad ingubbiatura bianca e di quella con piede ad anello (White Shp Ware e Base-Ring Ware), del periodo precedente, che adesso vengono trasportate nella tecnica micenea. Continua lo stile pittorico con fregi e gruppi di animali (specialmente tori) a volte nello schema araldico orientale, nei crateri dalla nuova forma a larga bocca e dai due manici a cappio orizzontale. Per questi motivi si può considerare il Miceneo III B per la maggior parte locale e si può pensare che C., anche se non è stato il solo luogo di fabbricazione della produzione detta Levanto-Elladica, ne sia stato uno dei principali.
Nella Età del Ferro nasce lo stile geometrico che non ha a C. lo sviluppo di quello del continente, ma resta in fondo sempre proto-geometrico sia per l'uso del fondo opaco, tipicamente orientale, che per la decorazione che viene limitata al collo o al bordo del vaso o a poche righe scure sulla pancia del vaso stesso. Il Myres divide la ceramica a ingubbiatura bianca dipinta (White Painted Ware) dell'Età del Ferro in tre periodi: il primitivo o transizionale con sopravvivenze micenee (1200-1000 a. C.). Il medio o geometrico con decorazioni puramente geometriche (1000-750 a. C.) ed il periodo tardo o greco-fenicio con vasi ricchi d'influssi e di motivi orientali in cui domina un disegno veramente pittorico (750-500 a. C.). La classificazione del Gjerstad è assai più complessa, perché egli considera tutte le varie classi ceramiche che continuano a C. dall'Età del Bronzo. Nell'ultima fase della ceramica dipinta, che si divide nella ceramica monocroma ed in quella bicroma (White-Painted Ware e Bichrome-III Ware) egli distingue uno stile rettilineo, localizzabile nella parte meridionale ed orientale di C., ed uno stile a cerchi nella parte settentrionale ed occidentale.
Il terzo periodo del Myres consiste nello stile detto comunemente orientalizzante che scioglie la rigidità geometrica con l'adozione di motivi orientali, derivati dal continente asiatico, che penetrano nell'isola, ed in modo particolare nella parte meridionale, dando ai vasi, con la ricchezza degli ornati e con l'accentuazione dei rossi e dei bianchi, un aspetto più ricco e variopinto. I vasi di questo periodo non sono stati ancora sufficientemente studiati, per cui si può solo isolare la serie di vasi a bariletto con motivi orientalizzanti e le oinochòai a corpo rotondo con uccelli acquatici o di rapina, estremamente stilizzati, liberamente disposti sul corpo del vaso. Più raramente sono rappresentati altri animali come il pesce ed il cavallo. In età classica continuano i tipi locali che derivano da quelli dell'Età del Bronzo accanto a quelli assai scarsi a figure nere o rosse, che imitano i prodotti greci in maniera assai rozza e scadente. Tra i vasi a decorazione plastica, che si mantengono a C. dall'Età del Bronzo ed oltre il IV sec. a. C., si può isolare una serie particolare di vasi con figure femminili a tutto tondo, sedute sulle spalle del vaso o in piedi lungo il collo, con in mano una brocca. In una prima fase solo la testa della donna è fatta con una matrice, in un secondo tempo l'intera figura. Nonostante l'aspetto arcaico di queste rappresentazioni femminili, i vasi sono assai tardi. Nell'età ellenistica i ritrovamenti ceramici a C. sono assai scarsi. Per questo ci sono di valido aiuto gli scavi di Tarso, di Antiochia e in Palestina, tanto è vero che si adottano anche nomi stranieri come "pergamena" e "samia" per definire la ceramica rossa cipriota del tardo ellenismo e romano. I vasi verniciati con una decorazione in bianco (Decorated Glazed o Glazed Painted Ware) vengono annoverati nella serie sotto influenze occidentali (per cui si preferisce denorninarli West Slop Ware). Durante l'età romana domina una ceramica assai più grossolana (Plain Ware and Coarse Ware).
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Bronzo: E. Gjerstad, Studies on Prehistoric Cyprus, Upsala 1926; O. Davies, The Copper Mynes of Cyprus, in Annual of British School, XXX, 1928, 1929, 1930, p. 74 s.; E. Sjöqvist, Problems of the Late Cypriote Bronze Age, Stoccolma 1940; E. Porada, The Cylinder seals of the Late Cypriote Bronze Age, in Amer. Journ. Arch., 1948, p. 178; C. F. A. Schaefer, La chronologie de l'âge du Bronze de Chypre, cap. VII, p. 328, in Stratigraphie comparée et chronologie de l'Asie Occidentale, Londra 1948; P. Dikaios, The Oldest Known Representation of Apollo. A Unique II Millennium Bronze Statue of a Horned God Newly Discovered in Cyprus, in Ill. London News, 1949, p. 316; J. Du Plat Taylor, The Late Bronze Age Cyprus. A Recently Discovered Sanctuary whose Site was Occupied for Half a Millennium, in Ill. London News, 1952, p. 494; S. S. Weinberg, Exploring the Early Bronze Age in Cyprus, in Archaeology, IX, 1956, p. 112.
Ferro: E. Gjerstad, The Initial Date of Cypriote Iron Age, in Opuscula Archaeologica, III, 1944, p. 73.
Architettura
Fortezze: Nikolidhes: E. Gjerstad, Studies, cit., p. 38; Nitovikla: Swedish Cyprus Expedition, I, p. 71; Idalion: ibidem, II, p. 523; E. Sjöqvist, Problems, cit., p. 3.
Abitazioni: Neolitico: vedi Dikaios, s. v. Neolitico; E. Gjerstad, Studies, cit., p. 19 s.; E. Sjöqvist, Problems, cit., p. 5; C. F. A. Schaeffer, Missions en Chypre, Parigi 1956, p. 85; G. F. Daniel, Excavations at Kourion (Bamboula) The Late Bronze Age Settlement, in Am. Journ. Arch., XXXXII, 1938, p. 261; C. F. A. Schaeffer, Enkomi-Alasia, Parigi 1952, p. 238; E. Gjerstad, The Palace at Vouni, in Corolla Archaeologica, 1932, pp. 145-171; Swedish Cyprus Expedition, III, p. 111.
Santuarî: modello in terracotta: P. Dikaios, The Excavations at Vounous Bellepais, Oxford 1940, p. 119. Haghios Jakovos: i° Swedish Cyprus Expedition, vol. I, p. 356; Haghios Jakovos: 2° ibidem I, p. 361. Phigades: J. Du Plat Taylor, op. cit., p. 494. Haghìa Irini: Swedish Cyprus Expedition, II, p. 642; E. Sjöqvist, Die Kulturgeschichte eines cyprischen Temenos, in Archiv für Religionswissenchaft, XXX, 1932, pp. 308, 359. Vouni: Swedish Cyprus Expedition, III, p. 85 s. Soli: A. Westholm, The Temples of Soli, Stoccolma 1956. Paphos: L. Palma di Cesnola, Cyprus, cit., p. 204; D. H. Hogarth, M. R. James, Excavations in Cyprus 1888, in Journ. Hell. Stud., IX, 1888, pp. 147-271; G. Perrot-C. Chipiez, Histoire de l'Art, III, Phénicie-Chypre, Parigi 1885, p. 267; G. F. Hill, Catalogue of the Greek Coins of Cyprus in the British Museum, Londra 1904; C. Blinkenberg, Le Temple de Paphos, Copenaghen 1924; A. Westholm, The Paphian Temple of Aphrodite and its Relation to Oriental Architecture, in Acta Archaeologica, IV, 1933, 201-236.
Tombe: F. Dümmler, Älteste Nekropolen auf Cypern, in Ath. Mitt., XI, 1885; E. Gjerstad, Studies, cit., p. 48 s.; Swedish Cyprus Expedition, passim; E. Sjöqvist, Some Cypriote Iron Age Tombs, in Corolla Archaeologica, 1932, p. 189; J. F. Daniel, Two Late Cypriote III Tombs from Kourion, in Am. Journ. Arch., XLI, 1937, p. 83; A. Westholm, Built Tombs in Cyprus, in Opuscula Archaeologica, II, 1941, p. 29; G. R. Stewart, Vounous, in Acta Instituti Romani Regni Sueciae, XIV, 1950; J. L. Benson-A. Benson, A Tomb of the Early Classical Period at Bamboula, in Am. Journ. Arch., LX, 1956, p. 43.
Scultura
G. Perrot-C. Chipiez, op. cit., p. 207; L. Palma di Cesnola, Atlas, cit.; J. A. Munro, Excavations of Cyprus, in Journ. Hell. Stud., X, 1890, pp. 58-198; J. L. Myres, Catalogue, cit., p. 27; O. Lawrence, The Primitive Sculpture of Cyprus, in Journ. Hell. Stud., XLVI, 1926, p. 163; J. E. Price, British Museum Catalogue of Sculpture, I, parte II, Londra 1931; J. P. Droops, Some Limestone Heads from Cyprus in the Liverpool Public Museum, in Annual of Archaeology and Anthropology, XIII, 1931, pp. 29-38; A. Westholm, Sculptures from the Temple Site at Soli-Holades in Corolla Archaeologica, 1932, p. 172; E. Gjerstad, Sculpture, in Swedish Cyprus Expedition, IV, parte II; id., Entwicklung der Cyprischen Skulptur von der archaischen bis zu hellenistischen Zeit, in Arch. Anz., 1936, cc. 561-586; D. Ohly, Frühe Tonfiguren aus dem Heraion von Samos, I, in Ath. Mitt., LXV, 1940, 57; O. Vessberg, The Youth from Mersinaki, in Opuscula Archaeologica, IV, 1946, p. 57; M. Borda, Kyprios Charakter; Aspetti della scultura arcaica cipriota, in Rend. Pont. Acc. Rom. Arch., XII, 1946-47, pp. 87-144; O. Vessberg, Stone sculptures. The Hellenistic Age, in Swedish Cyprus Expedition, Stoccolma 1956, IV, parte III, p. 83 s.
Ceramica
A. S. Murray, On the Pottery of Cyprus, in L. Palma di Cesnola, Cyprus, cit., p. 393; G. Perrot-C. Chipiez, op. cit., p. 714; F. Dümmler, Der cyprische geometrische Styl, in Ath. Mitt., XIII, 1888, p. 280; H. A. Tubbs, Excavations in Cyprus 1889, in Journ. Hell. Stud., XIX, 1889, p. 38; H. B. Walters, Catalogue of the Greek and Etruscan Vases in the British Museum, I, parte II; Cypriote, Italian and Etruscan Pottery, Londra 1912; J. L. Myre, Handbook to the Cesnola Collection of Antiquities from Cyprus in the Metrop. Museum in New York, New York 1914; E. Pottier, Vases antiques du Louvre, Parigi 1922, p. 250; H. Frankfort, Studies in Early Pottery of the Near East, Londra 1924-1927; A. H. Smith, Islands of the Eastern Mediterranean Cyprus-Pottery of the Iron Age, in C. V. A., British Museum, fasc. 2, 1926; Swedish Cyprus Expedition, passim; P. Dikaios, An Iron Age Painted Amphora in the Cyprus Museum, in Annual of British School at Athens, XXXVII, 1936-7, p. 56; S. Casson, op. cit., p. 207; E. Sjöqvist, Problems, cit., p. 40; E. Gjerstad, The Initial Date of Cypriote Iron Age, in Opuscula Archaeologica, III, 1944, p. 73; P. Dikaios, A Guide, cit.; C. F. A. Schaeffer, Stratigraphie, cit., p. 328; V. e J. Karageorghis, Some Inscribed Iron-Age Vases from Cyprus, in Am. Journ. Arch., XL, 1936, p. 351.
Ceramica Micenea: A. Furumark, The Mycenean Pottery. Analysis and Classification, Stoccolma 1941; id., The Chronology of Mycenean Pottery, Stoccolma 1941; id., The Mycenean III C Pottery and its Relation to Cypriote Fabrics, in Opuscula Archaeologica, III, 1944, p. 194; F. H. Stubbings, Mycenean Pottery from the Levant, Cambridge 1931, pp. 23-44; V. Karageorghis, Two Mycenean Bull-Craters in the G. G. Pierides Collections Cyprus, in Am. Journ. Arch., LX, 1956, p. 143; S. A. Immerwahr, The Protome Painter and Some Contemporaries, in Am. Journ. Arch., LX, 1956, p. 137.
(P. Bocci)
Artisti orientali. - Le iscrizioni funerarie fenicie rinvenute a C. hanno conservato il nome di due artisti, attivi a Kition negli ultimi secoli a. C.: si tratta di ‛Azarba‛al (‛zrb‛l vocalizzazione incerta), un incisore (o scultore: il significato della parola mqr è incerto) ricordato nel cippo funerario di sua figlia, e di Milkyaton (mlkytn, vocalizzazione incerta) ricordato nella pietra sepolcrale di sua moglie.
Bibl.: C. I. S., I, i, Parigi 1881, nn. 51 e 64.
(G. Garbini)
Cipro provicia romana (Cyprus). - L'influenza romana sull'isola, manifesta già nel periodo della penetrazione nei paesi del mar di Levante, porto verso la metà del I sec. a. C. a una piena soggezione. A opportunità politiche e strategiche di ordine generale si aggiunsero contingenze della politica interna di Roma, che spinsero il tribuno Clodio, nel 58 a. C., a far varare un provvedimento che sanciva la riduzione dell'isola a provincia romana, non senza appellarsi, forse, a una supposta clausola testamentaria di Tolomeo Alessandro I.
Degli elementi istituzionali che reggevano la comunità cipriota al momento della conquista - la monarchia affidata a uno dei Tolomei, nel caso particolare al fratello Tolomeo Aulete, le città, vere e proprie pòleis, con ordinamento civico del tutto autonomo, in numero di nove, e assai diverse tra loro nelle particolarità degli istituti interni in rapporto alle culture cui avevano attinto, e infine i sacerdoti, tra i quali premineva quello oracolare di Afrodite a Paphos con funzione panpolitica - i Romani, secondo una pratica applicata più volte nelle province, rispettarono in ogni caso l'elemento sacerdotale, soppressero l'istituto monarchico, ma tentarono di non offendere i sentimenti dinastici offrendo, inutilmente, al re tolemaico il gran sacerdozio a Paphos, e attesero alcuni decennî prima di rinnovare l'organizzazione amministrativa delle città e trasformarle in veri e proprî municipi, con ordinamento romano, e distribuzione vicana e pagense.
Di fatto l'isola fu riunita per qualche tempo alla Cilicia, e tutta la provincia fu retta da proconsoli, tra i quali fu Cicerone L'isola tornò per brevi periodi ai Tolomei nei momenti in cui l'impero tolemaico parve risorgere nel prestigio e nel dominio territoriale, con Cesare e con Antonio. La cadutà dei Tolomei ribadì il dominio romano; C. seguì immediatamente dopo Azio la sorte politica dell'Egitto, per essere subito unita, di nuovo, alla provincia della Cilicia; nel 22 a. C., infine, un provvedimento augusteo costituì l'isola a provincia autonoma, governata da un funzionario di rango senatorio, un proconsole di grado pretorio. Questi si stabilì a Paphos, sulla costa occidentale dell'isola, sede, come si è visto, del più importante complesso religioso di C. e poi dei santuarî dei culti imperiali, e vera metropoli civica, ove si adunava il koinòn dei quindici municipi romani succeduti alle pòleis, una assemblea federale con spiccate funzioni religiose e alcune prerogative commerciali, come il diritto di battere moneta.
Mentre Paphos restò la capitale religiosa e amministrativa, Salamis (Salamina), al centro della grande baia omonima sulla costa (baia di Famagosta), fu il porto più attrezzato, di fronte agli emporî di Laodicea e di Seleucia e al golfo di Isso, e la città demograficamente e commercialmente più evoluta. Salamina e qualcuno degli approdi della costa settentrionale, come Soli (Karavòstasi) erano le spole favorite del commercio con la Siria e la Cilicia e le tappe della navigazione verso Rodi, Scarpanto e Creta. La costa meridionale forniva approdi più sicuri, ma meno frequentati: Citium (Kiti, nel golfo di Larnaca), Amathus (presso Limasol) e Curium a occidente del capo Zevgari.
La rete stradale consisteva di due elementi: una via circuminsulare che escludeva la penisola di Kàrpaso (Achaeorum acte), al cui termine era un santuario di Afrodite, e collegava le città costiere, Paphos compresa, tagliando alla base alcuni promotori; di questa strada esistono documentazioni miliarie e toponomastiche.
Una strada centrale, documentata anche archeologicamente, attraversava l'isola da oriente a occidente, partendo da Salamina e seguendo la sola valle aperta dell'isola, dei fiumi Pedias e Serakhis, e finiva a Soli: le comunicazioni tra quest'ultima città e Citium erano facilitate da un tronco che si dipartiva da Golgi, una ventina di miglia a S-O di Salamina. Restava così isolata, tra la Messaria e il mar di Levante, la zona più impervia dell'isola, attraversata da una catena che in certi punti si avvicina ai duemila metri di altezza (monte Troodos, Trogodus).
Travagliata dalla riv9lta giudaica nel 117 e poi, più tardi, nell'età di Costantino, dall'insurrezione di un dignitario locale, Calocero, la provincia cipriota restò, con i Tetrarchi, nella diøcesis Orientis, fino alla conquista islamica, avvenuta nel 648.
C. ebbe vivacissima vita religiosa sin dai primi tempi del Cristianesimo (con Barnaba, equiparato agli Apostoli cfr. Acta Apostol., ii, 19 ss.) sino all'inizio del VII secolo, con numero eccezionale di santi locali. Di questa condizione sono testimonianza, preziosa per la storia dell'arte bizantina e per la formazione della iconografia cristiana, i piatti in argento e oro con scene dell'Antico Testamento (particolarmente storie di David), trattate in uno stile toreutico ancora tutto aderente al naturalismo ellenistico, rinvenuti a Kerynia o Kyrenia), ora al Metropolitan Museum di New York. L'opinione degli studiosi, se concorda nella loro datazione tra 620 e 630, è divisa sulla loro attribuzione artistica ad Antiochia oppure a Costantinopoli.
Bibl.: V. Chapot, Les Romains à Chypre, in Mélanges Cagnat, Parigi 1912, pp. 59-83; A. H. M. Jones, The Cities of the Eastern Roman Provinces, Oxford 1937, pp. 371-375; G. Hill, The Roman Province, in A History of Cyprus, I, Cambridge, 1940, pp. 226-256. Per i piatti d'argento da Kerynia: O. M. Dalton, in Burlington Magaz., X, 1906-7, p. 355 ss.; A. S. Keck, in Art. Bullet., XXXII, 1950, p. 237 ss.
(G. C. Susini)