CIPRIANO da Chieti (Cyprianus de Theate, Cyprianus Theatinus, Ciprianus de Thert)
Apparteneva presumibilmente a una nobile famiglia di Chieti. Con lui infatti si deve identificare con tutta probabilità quel dominus Ciprianus che nel 1238, a Chieti, si costituì garante e che aveva un figlio di nome Simone ricordato nel 1270, sempre a Chieti. Non è noto come e quando entrasse al i servizio dell'imperatore come iudex impertalis curie, ma è molto probabile che abbia fatto da tramite il conte Simone di Chieti che sin dal 1219 si trovava nell'entourage più stretto di Federico II.
C. è ricordato come giudice al servizio dell'imperatore per la prima volta nell'agosto del 1236. Allora fu mandato, assieme al giudice della Magna Curia Roffredo da San Germano. da Verona a Vicenza, con l'incarico di condurre trattative con il podestà Azzo d'Este. Riuscì ad entrare in contatto con alcuni ghibellini vicentini, ma non con Azzo d'Este, il quale dal canto suo bandì dalla città i ghibellini, facendo così fallire la missione di Cipriano. Quando il conte Simone di Chieti assunse nello Stesso 1236 l'ufficio di podestà di Cremona, nomino C. iudex etadvocatus potestatis.
Lo stesso ufficio di giudice gli venne affidato anche l'anno successivo, quando il conte Simone fu insediato podestà di Padova dal legato imperiale Gebhard vo Arnstein, il 26 febbr. 1237, Durante l'assenza di Simone, mandato a Ravenna da Ezzelino da Romano alla testa di duecento cavalieri, C. fu nominato vicario, e governò la città di Padova fino al ritorno del conte all'inizio del 1238 insieme al secondo giudice Pietrobono.
Mentre era in carica fu ricostruita la torre comunale che tuttavia crollò di nuovo già durante il terremoto del 1248. Il 10 giugno 1237, nella sua qualità, di vicario del podestà, C. comunicò al podestà e agli inviati del Comune di Conegliano l'ordine di restituire ai Padovani il bestiame e i beni delle località di Colfusco e di Susignana, riservando a sé e a Ezzelino da Romano la decisione nella vertenza fino al loro arrivo a Treviso o a Conegliano. Come suo notaio funse allora il cronista padovano Rolandino.
Nel 1238 C. fu il latore della lettera con la quale Federico II si.rivolse nuovamente ai Romani, annunciando loro la sua intenzione di restituire alla città di Roma la sua antica dignità e di conferire ai nobili e ai cittadini romani onorevoli incarichi nell'Impero. Altri particolari dovevano essere comunicati ai Romani da C. personalmente. Dopo questa missione C. tornò alla corte imperiale in Lombardia, dove si trovava ancora dopo la scomunica dell'imperatore: nel 1239 a nome dell'imperatore, esentò il chierico reggiano Filippo da Sesso dal divieto imperiale di valersi di bolle pontificie permettendogli in tal modo di accedete al beneficio tenuto in precedenza dall'arcidiacono di Reggio Emilia. È questa l'ultima notizia che lo riguardi.
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