CIPPO (lat. cippus)
Parola usata da Cesare col significato di semplice palo digrossato e appuntito, da infilare nel terreno per costituire l'ossatura di un trinceramento. Più spesso però il cippo è un cilindro o un parallelepipedo di pietra, eventualmente di marmo, destinato con l'estremità inferiore, grezza, a essere confitto nel suolo, e con la parte emergente a delimitare o a indicare l'uso e la proprietà di un terreno.
Si hanno così, ben distinte, le due principali categorie di cippi: a) cippi terminali, per indicazione e delimitazione di area di dominio pubblico o privato in genere; b) cippi monumentali, gli unici artisticamente importanti, per indicazione sia di un'area sepolcrale gentilizia, sia di una semplice sepoltura. Dentro queste due categorie trova posto una ricca differenziazione.
L'idea del cippo sepolcrale, esclusivamente di pietra, risale certo molto indietro nel tempo. Cippi-segnali sono proprî di necropoli villanoviane, della prima età del ferro, e consistono in parallelepipedi di pietra, affatto lisci. Non si può escludere che nella mente di popolazioni assai primitive il cippo fiscio, di aspetto "betilico", rivestisse simbolicamente valore di figura umana e come tale fosse oggetto di culto. Tale ad esempio il cippo in calcare rinvenuto al suo posto nel santuario betilico, preistorico, di Terlizzi (Bari).
Quanto all'Etruria, un cippo arcaicissimo, a busto umano, appena sbozzato, proviene dalla necropoli arcaica di Vetulonia. Nella cura particolare prestata alle tombe il mondo etrusco si distingue per l'abbondanza e la varietà dei cippi delle sue necropoli. Sin dal primo fiorire della loro civiltà in Italia gli Etruschi mostrano di riconoscere la speciale importanza dell'attributo o segnale esterno della tomba e ne arricchiscono e variano le forme. Col progredire e l'affinarsi del gusto e della tecnica artistica, tali cippi appariscono sempre più finemente lavorati. Si ricorda il cippo in nenfro, a testa di guerriero, e un altro a foglie dl acanto, provenienti dalla necropoli etrusca di Orvieto, e il cippo (fig.1), assai più monumentale di Settimello (Firenze), il quale si compone originalmente di quattro figure leonine in piedi, sorreggenti una pietra arrotondata e appuntita, simile a una pigna. Assai comune, nel mondo etrusco, è il tipo di cippo a sommità rotonda o rotondeggiante, liscia. Si può riconoscere in questo tipo di cippo un'allusione, come simbolo fallico, al sesso maschile dell'inumato, o anche al significato apotropaico del simbolo stesso. In unione a questi cippi maschili, indicano inumati di sesso femminile altri piccoli cippi prismatici a forma di cassetta, comuni nella necropoli etrusca di Cere. I cippi funerarî etruschi di forma più accurata, o anche soltanto di proporzioni modeste, si trovano spesso inseriti dentro apposito plinto. Cippi funerarî di forma decisamente antropoide si trovano in piena età imperiale in necropoli della Campania con indicata la sola sagoma della testa (fig. 2).
Non v'è distinzione rigorosa tra il cippo (funerario), che è una figura geometrica liscia o scolpita, a pieno tondo, e la stele (v.) funeraria di forma più o meno allungata, figurata o iscritta, come è pure comune nel mondo etrusco e comunissima nel mondo latino. Nel mondo greco la forma, se non il nome, dei monumenti sepolcrali è più nettamente definita. È un cippo, ad esempio, l'oggetto sul quale fissa lo sguardo Atena nella stele detta "di Atena pensierosa", al Museo dell'Acropoli in Atene (v. atene, V, tav. XXXIII). Cippi e segnali di forma assai semplice e di destinazione varia, per lo più di piccole dimensioni, si trovano dunque anche in territorio greco e italo-greco: dove l'iscrizione eventualmente incisa si riduce a un puro nome. Non sono propriamente cippi gli altari funerarî e le arulette funerarie od onorarie, iscritti e scolpiti su una o più facce, tipici dell'età imperiale.
Conviene invece il nome di cippi alle pietre funerarie rettangolari o trapezoidali, superiormente arrotondate. L'assenza di interesse artistico di codesti segnali è compensata dall'iscrizione, con la precisa indicazione del nome del defunto e della sua famiglia, e ancora spesso con la misurazione esatta dell'area dove sorge il sepolcro: misurazione presa in larghezza (in fronte) e in profondità (in agro). Per meglio definire i confini dell'area di terreno, a volte i cippi, identici nella forma, nelle dimensioni e nella dicitura, si collocavano a coppie.
Sono semplici termini o cippi terminali quelli posti a delimitazione di aree urbane di diritto demaniale, come a Ostia, dove quattro cippi di travertino lungo il decumano sanciscono la proprietà demaniale del terreno fra il decumano e il Tevere.
La medesima funzione di termini avevano i cippi che, collocati di regola a coppie e a uguali distanze lungo il percorso degli acquedotti, definivano l'area di terreno di pertinenza dell'acquedotto rispetto alle proprietà private confinanti; o quelli che delimitavano il pomerio della città di Roma, o le rive del Tevere.
Per il cosiddetto cippo del Foro romano, v. foro.
Bibl.: Q. Quagliati, Necropoli arcaica di Timmari (in Monum. antichi Lincei, XVI); Samter, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., s. v. Cippus; Daremberg e Saglio, Dictionn., s. v.; E. De Ruggiero, Dizion. epigr., s. v. Cippus e Aqua (Aquaeductus); L. A. Milani, Il R. Museo Archeol. di Firenze, Firenze 1912, passim; P. Ducati, Storia dell'arte etrusca, Firenze 1927, p. 281 segg., 353 segg.; id., Storia di Bologna, Bologna 1928, p. 432 segg.; Not. scavi, passim.