CIOMPI
. Con questo nome d'incerta origine si designavano nel '300 a Firenze i salariati sottoposti alle varie Arti o i professanti le più umili mansioni al di fuori di qualunque Arte, ma soprattutto i lavoratori dipendenti dall'Arte della lana e ascendenti per numero a molte migliaia.
Questi ultimi - unici forse nella gran massa della plebe fiorentina - si trovavano in condizione di semplici salariati alla mercè degl'intraprenditori, che concedevano il lavoro, senza riconoscere all'operaio il diritto di stabilire il prezzo della mano d'opera. Pagati giorno per giorno ad arbitrio delle Arti con salarî di fame, chiusi come condannati, durante tutta la giornata, in locali malsani, vivevano in stato di vera servitù. Molto difficilmente potevano abbandonare la bottega cui erano addetti e cercarsi altro padrone, sia perché l'Arte impediva a tutti i consociati di assumerli come operai, sia perché indebitati quasi sempre con i padroni erano tenuti a servirli, finché col loro lavoro non avessero saldato il debito. In caso di mancanze o di controversie non erano giudicati dal tribunale dell'Arte, ma da un ufficiale forestiero, specie di bargello, eletto e pagato dall'Arte, che poteva sottoporli alla tortura o a pene corporali. Non godevano dei diritti di cittadinanza e quindi non partecipavano alla cosa pubblica; era loro impedito di riunirsi in leghe che potessero renderli pericolosi per la forza del numero.
In odio all'alta borghesia, il duca d'Atene ne aveva fatto una specie di corpo militare a propria difesa, dando loro un palvese con l'arma dell'Angelo. Ma, caduto il duca, essi avevano perduto questo vantaggio. Ed ecco che due anni dopo, nel 1345, un Ciuto Brandini eccitò i Ciompi di Lana a formare un'associazione, con consoli e capi, per resistere alle angherie padronali. È il primo tentativo di un vero e proprio sindacato di lavoratori in odio ai datori di lavoro, che la storia ricordi; e l'arresto di Ciuto portò a uno dei primissimi scioperi di protesta. Ciuto fu decapitato e i Ciompi nulla ottennero. Ma nel 1378, durante il tumulto che da loro prende il nome, si proposero nuovamente di formare una vera e propria Arte operaia, che avesse riconoscimento giuridico anche agli effetti della partecipazione al governo, e conseguirono una momentanea vittoria.
Nel giugno di quell'anno, per resistere alle prepotenze di una consorteria di cittadini desiderosi di restringere nelle loro mani il reggimento del comune, molti della borghesia chiamarono a raccolta i Ciompi per incendiare le case degli avversarî. Spaventati i consorti cedettero. Ma la calma non ritornò in città. Alcuni ambiziosi fomentarono nuove agitazioni, spargendo fra i minuti la voce che sarebbero stati puniti per i saccheggi commessi; e fecero eleggere certi sindaci per predisporre un sollevamento generale che si verificò il 20 luglio: la massa dei minuti invase la Piazza della Signoria, s'impadronì del gonfalone della Giustizia e il dì seguente presentò ai priori tre proposte di legge, una delle quali stabiliva l'abolizione dell'ufficiale forestiero e la riunione dei minuti in un'Arte a sé, cui sarebbe stato concesso un quarto degli uffici del comune. Il 21 luglio le petizioni furono approvate nel Consiglio del popolo; ma il giorno dopo mentre il Consiglio del comune stava per confermarle, la folla insediò nel palazzo uno de' sindaci dei minuti, un fattore di lana di un opificio di Alessandro degli Albizzi, Michele di Lando, che con gli altri sindaci, e insieme con quei cittadini autorevoli che avevano promosso il tumulto, dopo aver ottenuto piena autorità, provvide a un assetto dello stato. Per quello scorcio di luglio e per l'agosto gli otto priori furono scelti fra tutte le classi sociali; gonfaloniere di giustizia fu lo stesso Michele. Per il futuro si stabilì che alle 7 Arti maggiori e alla 14 minori, si aggiungessero 3 nuove Arti, dette del popolo minuto o del popolo di Dio, con diritto ad occupare un terzo delle magistrature.
Delle tre nuove Arti, una sola comprendeva i veri e proprî salariati, i Ciompi; le altre due riunivano artigiani, sia pur modesti, ma con botteghe proprie che gestivano opifici sussidiarî delle Arti della Lana, della Seta, di Calimala e che fino ad allora erano stati costretti a consociarsi con esse in condizioni d'inferiorità. I Ciompi per ottenere il vantaggio di un'Arte riconosciuta anche agli effetti politici, dovettero perciò condividere la vittoria con due nuove Arti di veri e proprî datori di lavoro, i cui interessi non collimavano davvero con i loro.
I Ciompi non tardarono ad essere delusi: nessun provvedimento era stato difatti deliberato che migliorasse la loro condizione materiale o li garantisse dai loro padroni. Si sparsero tra il popolo voci di tradimento da parte di Michele di Lando, dei sindaci, dei promotori del movimento, e il 25 agosto ben duecento appartenenti all'Arte dei Ciompi si riunirono in Camaldoli ed elessero otto loro rappresentanti, che fecero accettare ai priori una petizione per togliere i pieni poteri, concessi il 22 luglio, ai sindaci delle Arti, e per alleviare i debiti degl'infimi lavoratori. Ma il popolo voleva qualche altro vantaggio e due giorni dopo la massa si riversò in Piazza della Signoria a disturbare l'estrazione a sorte dei nuovi priori; anzi una commissione si presentava a Michele di Lando e ai suoi compagni, intimando loro di giurare che avrebbero approvato tutte le proposte, che fossero loro presentate dai Ciompi.
La misura era giunta al colmo. Le Arti maggiori, le Arti minori e le due Arti nuove composte di artigiani indipendenti si accordarono tra loro; lo stesso Michele di Lando, sia indignato dagli eccessi dei suoi antichi compagni, sia corrotto per denaro, si pose a capo della reazione; il 31 agosto i Ciompi furono assaliti in Piazza della Signoria e costretti a fuggire. Per timore di un loro ritorno, la notte i cittadini armati li assalirono nelle loro contrade, sì che i più fuggirono di città. L'indomani mattina i cittadini convocati a parlamento, dichiaravano sciolta l'Arte degli operai della Lana, confermando le altre due nuove Arti; cinque giorni dopo, due degli Otto di Santa Maria Novella erano decapitati. Il tentativo dei Ciompi di costituire un'associazione a sé, era caduto per sempre.
Il loro tentativo di sindacarsi non ebbe fortuna soprattutto perché costituiva un non senso storico rispetto alle condizioni dei tempi. L'Arte medievale era un'associazione di quanti esercitavano per conto proprio un'attività economica, stretta per salvaguardare nel suo insieme tale attività; essa tutelava gl'interessi dei singoli solo attraverso un interesse collettivo. Ora per i Ciompi mancava appunto il contenuto essenziale dell'Arte, un interesse economico collettivo superiore a quello dei singoli, giacché non concepivano in realtà se non miglioramenti individuali.
Dopo la loro caduta, tra il 1378 e il 1382, mentre prevalsero le Arti minori, alcuni Ciompi dai loro esilî del contado, di Siena, di Bologna, congiurarono insieme con gli sbanditi appartenenti alle classi più alte della cittadinanza per un ritorno in città con l'appoggio dei loro compagni rimasti a Firenze, ma sempre invano; per quei tre anni è un continuo susseguirsi di processi e di condanne capitali. Stabilitosi poi, incontrastato, nel 1382 il governo oligarchico dei plutocrati, dopo i primissimi mesi, nei quali in occasione di tumulti ricomparve due volte per le vie di Firenze il vessillo dei Ciompi con l'insegna dell'Angelo, la storia non fa più menzione di essi. Ciò poté verificarsi, perché, ammessi sia pur come semplici suppositi nella matricola dell'Arte, furono meglio trattati; ma più probabilmente perché, col declinare dell'industria della lana verificatosi a Firenze tra la fine del sec. XIV e il XV, cessano d'aver vita quelle numerosissime maestranze peculiari alle fabbriche fiorentine del '300, che per la loro imponenza numerica avevano dato luogo - esempio unico nel Medioevo - a fenomeni sindacali specifici della grande industria moderna.
Bibl.: P. C. Falletti, Il tumulto dei Ciompi, Torino 1882; N. Rodolico, Il popolo minuto, Bologna 1899; id., La democrazia fiorentina nel suo tramonto, Bologna 1905; G. Scaramella, Firenze allo scoppio del tumulto dei Ciompi, Pisa 1914; A. Doren, Ein sozialer Aufstand in Florenz, ecc., in Beilage zur Allgem. Zeitung, Monaco 1904; id., Entwicklung und Organisation der florentiner Zünfte, Lipsia 1897; id., Die florentiner Wollentuchindustrie, Stoccarda 1901; id., Das florentiner Zunftwesen, Stoccarda 1908; G. Renard, Histoire du travail à Florence, Parigi 1913-14; G. Scaramella, Cronache e memorie sul tumulto dei Ciompi, in Rer. Ital. Scrip., nuova ed., XVIII, p. iii; G. Corazzini, I Ciompi, Firenze 1887; A. Gherardi, Diario d. Anonimo, in Cronache dei secoli XIII e XIV (Documenti di storia italiana ecc.), Firenze 1876.