ALDOBRANDINI (Passeri), Cinzio
Nacque nel 1551 a Senigallia da Aurelio Passeri e da Elisabetta Aldobrandini, figlia di Silvestro. Nel 1566 fu inviato a Roma. Unico nipote maschio degli Aldobrandini fino alla nascita di Pietro (1571), fu educato dagli zii Giovanni e (dopo la morte di questo avvenuta nel 1573) Ippolito, futuro Clemente VIII: essi gli trasmisero anche il nome degli Aldobrandini, in data che non è possibile precisare, ma certo antecedente all'elevazione di Ippolito al pontificato (1592).
L'A. studiò prima a Roma, al Collegio Germanico, poi, nel 1573 presso lo Studio di Perugia, infine a Padova, sotto la guida di G. Pancirolo. Qui si addottorò nel 1578.
Tornato a Roma, restò a fianco dello zio Ippolito, che accompagnò anche in Polonia, quando questi fu incaricato di condurre le trattative di pace tra Massimiliano d'Austria e Sigismondo III Vasa.
Quando Ippolito fu assunto al pontificato (30 genn. 1592) l'A. fu da lui nominato referendario delle Due Segnature, e prescelto come segretario di stato. Verso la fine dello stesso anno gli fu però affiancato in questo ufficio il cugino Pietro. All'A, furono affidati gli affari della Germania, Polonia, Transilvania, Svezia, Svizzera e degli stati italiani escluso il ducato di Savoia. Il 17 sett. 1593, contemporaneamente a Pietro egli fu promosso cardinale, con il titolo diaconale di S. Giorgio. Nello stesso anno gli venne affidato il governo di Spoleto.
In un primo tempo l'A. fu comunemente ritenuto il favorito di Clemente VIII. E se Pietro godette del potente appoggio di C. Baronio e, per breve periodo, del Montalto, l'A., considerato di sentimenti decisamente filospagnoli, fu appoggiato dai cardinali fedeli al re di Spagna, Caetani e Madruzzo, e dallo stesso ambasciatore spagnolo a Roma, il duca di Sessa. Ma ben presto Pietro riuscì a sottrargli ogni reale autorità, facendo anche leva sulla sua qualità di unico discendente diretto degli Aldobrandini, sulla mancanza di doti diplomatiche e sulle asperità di carattere del collerico A., che alienarono a quest'ultimo la simpatia di diversi ambasciatori, tra cui quello di Spagna. Nelle trattative per la riabilitazione di Enrico IV i due cugini formalmente furono sempre affiancati (e l'ambasciatore di Spagna li riteneva entrambi ugualmente responsabili nel 1595); ma in realtà l'A., incaricato nel 1593 di prendere contatto con il duca di Nevers, quando Clemente VIII rifiutò di riceverlo a Roma, fu poi lasciato in disparte nel corso delle trattative del 1594-95. Già nel 1594 molti nunzi dei paesi che rientravano nella sfera di competenza dell'A. si rivolgevano per ogni affare di reale importanza a Pietro, mantenendo con il primo solo i rapporti di normale amministrazione imposti dall'organizzazione della segreteria di stato. Perciò è difficile cogliere l'apporto personale dell'A. alla soluzione delle questioni che caddero sotto il suo esame, come quelle dell'assetto religioso della Germania e della preparazione della guerra contro i Turchi, dibattute alla dieta di Ratisbona del 1594, del conflitto tra protestanti e cattolici in Svezia (1593-94) e della restaurazione cattolica in Polonia.
La condizione di cardinale nipote decaduto, di segretario di stato privo di credito diventò per l'A. insostenibile quando, nella primavera del 1598, dovette accompagnare Clemente VIII in Ferrara, riannessa agli Stati pontifici, ed assistere al trionfo di Pietro, che per il buon esito dell'impresa aveva acquistato nuovo prestigio agli occhi di Clemente VIII e di tutta la Curia. L'A. improvvisamente fuggi: ragione occasionale era stata una lite tra il suo staffiere e quello di monsignor Centurione, vicelegato di Ferrara, lite che aveva suscitato commenti lesivi del suo onore. Si recò dapprima a Venezia, poi girovagò tra Vicenza e Chioggia. In seguito, in occasione del passaggio per Milano di Margherita d'Austria, sposa di Filippo III di Spagna, si recò là a riverirla. La sua fuga fu ragione di grande inquietudine per Clemente VIII e per tutta la famiglia Aldobrandini. Essi temevano non solo lo scandalo, se la notizia fosse stata risaputa, ma soprattutto che l'A. si legasse troppo strettamente agli Spagnoli (parve ad un certo punto che egli intendesse ritirarsi a Salerno, accettando la qualità di suddito e protetto del re di Spagna) e che ciò potesse portar pregiudizio alla libertà politica della S. Sede ed agli interessi personali degli Aldobrandini. Clemente VIII cercò di far apparire la fuga del nipote un'assenza giustificata, e si affrettò a scrivergli più volte personalmente, per convincerlo a tornare. Lo stesso fecero Pietro, il cognato Gianfrancesco Aldobrandini ed alcuni alti personaggi della Curia, tra i quali C. Baronio. Finalmente, nella primavera del 1599, l'A. si lasciò convincere: il suo segretario personale, L. Margotti, trattò le condizioni del suo ritorno, che ebbe luogo il 7 maggio 1599. A Roma riassunse le funzioni di segretario di stato e si riconciliò, almeno apparentemente, con Pietro, accettando ormai con rassegnazione la sua posizione subordinata. Clemente VIII gli affidò allora la prefettura della Segnatura di giustizia; poi, il 14 giugno 1604, lo nominò vicario generale e legato d'Avignone. L'A. riuscì a superare la diffidenza che i Francesi nutrivano verso di lui - considerato filospagnolo - nominando vicelegato il Montorio, vescovo di Nicastro, prelato di chiari sentimenti filofrancesi, che era sempre rimasto tra i suoi pochi fedeli.
Dopo la morte di Clemente VIII (marzo 1605) pare che gli Spagnoli cercassero, in conclave, di approfittare della rivalità tra Pietro e l'A., per attirare quest'ultimo nel loro partito. Ma egli restò fedele al gruppo dei cardinali creati da Clemente VIII, diretti dal cugino, e si schierò quindi a favore dell'elezione di Alessandro de' Medici. Questi, ima volta eletto papa (Leone XI), nominò l'A. penitenziere nìaggiore. Soltanto allora egli prese gli ordini maggiori e abbandonò il titolo diaconale di S. Giorgio per quello di S. Pietro in Vincoli.
L'A. morì a Roma l'1 genn. 1610 e fu sepolto nella chiesa di S. Pietro in Vincoli.
L'abitazione dell'A. fu centro di un'Accademia che si occupava di cose letterarie e politiche e rifugio di letterati e artisti. A partire dal 1592 vi trovò ospitalità il Tasso. L'A. si occupò personalmente della pubblicazione della Gerusalemme conquistata, assoldando A. Ingegneri, perché copiasse i manoscritti del poeta, e si addossò le spese dell'edizione, lasciando che il Tasso ne godesse gli utili. Il Tasso gli espresse la propria gratitudine dedicandogli il poema e, alcuni anni dopo, il Dialogo delle Imprese, e scrivendo una canzone in suo onore, in occasione della sua elevazione alla porpora. Fu l'A. il promotore del progetto di incoronazione in Campidoglio del Tasso - progetto che egli non poté attuare per la morte del suo protetto. Il Tasso designò l'A. suo erede: e questi si occupò con grande costanza a raccogliere i manoscritti del poeta, in vista di una pubblicazione completa delle sue opere, a cui però non fece mai porre mano da alcuno.
Ospiti dell'A. furono anche, tra gli altri, F. Patrizio, F. Chiabrera, G. B. Guarini, il compositore L. Marenzio. Una silloge di composizioni poetiche di diversi autori scritte in onore dell'A. fu pubblicata a Bologna nel 1600 da O. Segni, con il titolo Templum Cynthio Cardinali Aldobrandino erectum.
Fonti e Bibl.: P. Litta, Fam. cel. ital., Aldobrandini, tav. II; Lettres de l'illustrissime et reverendissime cardinal D'Ossat..., Paris 1641, passim; Le lettere di Torquato Tasso, a cura di C. Guasti, V, Firenze 1855, pp. 183-184 e passim; E. Alben, Le relazioni degli ambasciatori veneti al Senato durante il sec. XVI, s.2, IV, Firenze 1857, relazione di P. Paruta (1595), pp. 442-443, e relazione di G. Dolfin (1598), p. 455; Négociations diplomatiques de la France avec la Toscane, a cura di A. Desjardins, V, Paris 1875, passim; Briefe und Akten zur Geschichte des dreissigjährigen Krieges, IV-V, Die Politik Bayerns (1591-1607), Munchen 1878-83, passim; La legazione in Roma di Paolo Paruta [a cura di G. De Levai, Venezia 1887, 1-111, passim; Nuntiaturberichte aus Deutschland siebzehntes Jahrhunderts. Die Prager Nuntiatur des Giovanni Stefano Ferreri und die Wiener Nuntiatur des Giacomo Serra (1603-1606), a cura di A. O. Meyer, Berlin 1913, passim; Correspondance d'Ottavio Mirto Frangipani premier nonce de Flandre (1596-1606),I, a cura di L. van der Essen, Rome-Bruxelles-Paris 1924; II-III, a cura di A. Louant, ibid. 1932-42, passim; O.Bentivoglio, Memorie e lettere, a cura di C. Panigada, Bari 1934, passim; A. Personeni, Notizie genealogiche stor. critiche e letter. del cardinale Cinzio Personeni da Ca Passero Aldobrandini, Bergamo 1786; F. Parisi, Della epistolografia, I-III, Roma1787; A. Personeni, Osservazioni sopra la epistolografia di Francesco Parisi..., Bergamo 1788; A Solerti, Vita di T. Tasso, I-II, Torino 1895, passim; V. Prinzivalli, T. Tasso a Roma, Roma 1895, pp. 55 ss.; R. Couzard, Une ambassade à Rome sous Henri IV, Paris 1901, p. 300; L. v. Pastor, Storia dei Papi, XI-XII, Roma 1942-45, passim.