FRANGIPANE, Cintio
Nacque a Udine il 9 marzo 1765, dal conte Nicolò e da Laura dei conti Maniago. La famiglia paterna, da secoli investita dei feudi di Castel Porpetto e di Tarcento, era ramo collaterale dei marchesi Frangipane di Roma. Compiuti in casa i primi studi, entrò nel collegio di Cividale del Friuli tenuto dai somaschi e si appassionò all'antichistica; quindi in qualità di primogenito prese presto a occuparsi dell'amministrazione dei beni di famiglia e dal 1788 fu formalmente incaricato della gestione della tenuta di Castel Porpetto. Infine, alla tradizionale presenza della famiglia nelle istituzioni friulane (i Frangipane sedevano di diritto tra i castellani nel Parlamento della Patria), il F. assommò anche l'incarico di giudice della feudalità.
Con la caduta del governo veneziano e la conseguente istituzione a Udine di una Municipalità centrale (composta da deputati e sindaci) controllata dai Francesi (16 maggio 1797) il F. assunse una posizione politica di rilievo e, consapevole dell'inutilità di una rigida difesa degli istituti tradizionali e dei privilegi di ceto, cercò di far leva sul proprio prestigio per tentare di limitare i traumi prodotti dall'emergenza politica. Rimasto dapprima ai margini della Municipalità centrale, quando questa, a seguito della distrettuazione del territorio friulano, il 23 giugno 1797 venne sostituita da un governo centrale provvisorio di 23 membri e fu costituita la nuova Municipalità locale di Udine, il F. fu scelto dal generale J.-B.-J. Bernadotte quale membro di quest'ultima; nelle elezioni interne del 27 giugno fu quindi innalzato a presidente della stessa Municipalità. Posto poi alla testa del governo centrale, lo resse fino alla fine di luglio perseguendo un indirizzo moderato grazie al quale poté da un lato smussare la pressione delle richieste provenienti dall'esercito francese, dall'altro temperare la strategia volta all'accentramento e all'imposizione di vincoli alle municipalità locali avanzata dalla componente democratica (Udine, Arch. comunale, Atti della Municipalità locale, parte antica, b. 115).
L'allontanamento del Bernadotte favorì lo schieramento democratico e indebolì di riflesso la posizione del F. che, in qualità di assessore, si batté, unitamente all'amico G.B. Flamia, unico esponente della parte conservatrice all'interno della presidenza di governo, per contenere le spese, ottenendo che in luogo dell'attivazione di una guardia nazionale, si procedesse a un più modesto arruolamento volontario. Venne poi un ulteriore rimpasto di governo che emarginò il F. e determinò una svolta antiaristocratica di breve durata: quando infatti, in coincidenza col trattato di Campoformio (17 ott. 1797), il generale Bernadotte tornò in Friuli, la componente moderata riprese fiato e il F. con altri aristocratici rientrò nel Governo, conferendo maggior equilibrio al confronto tra radicali e moderati, soprattutto in materia di riparto del carico fiscale.
Col passaggio del territorio agli Austriaci, il 9 febbr. 1798 il governo centrale fu sciolto. Fallito il tentativo di stabilire un nuovo governo friulano, di cui il 13 febbr. 1798 era stato già predisposto l'organigramma col F. inserito alle Finanze (Udine, Archivio comunale, Parte antica, b. 313), si ripristinarono le vecchie forme di rappresentanza cetuale, cosa che indusse il F. a farsi da parte e a non accettare neppure, nel 1804, la nomina a deputato dei castellani nelle Deputazioni unite.
La vita pubblica del F. riprese solo dopo la pace di Presburgo (26 dic. 1805) e l'aggregazione del Friuli al Regno d'Italia come dipartimento di Passariano. Escluso dalle prime nomine decise dal generale A. Massena, fu, forse su segnalazione del Bernadotte, ben presto chiamato a presiedere il nuovo governo (22 dic. 1805), e si trovò ancora a fronteggiare problemi inerenti alle necessità dell'esercito, ma in un contesto di regolarità amministrativa ben diverso da quello del 1797. Per pianificare i tempi delle forniture e dell'unione del Friuli al Regno si incontrò poi a Verona e Padova col viceré Eugenio di Beauharnais e con i ministri italici, facendosi apprezzare per equilibrio e concretezza. Allorché nei dipartimenti ex-veneti si crearono i magistrati civili, funzionari in tutto simili ai prefetti, incaricati di gestire l'attivazione nei nuovi territori degli apparati amministrativi italici, il F. fu prescelto il 20 febbr. 1806 per tale compito. La sua attività fu giudicata così positivamente che, quando a Milano si dovettero nominare i prefetti per i nuovi dipartimenti veneti e si tenne conto di chi si era ben disimpegnato nella carica di magistrato civile, il F., che non era stato nemmeno consultato, si vide recapitare un decreto che in data 25 luglio 1806 lo nominava prefetto per il dipartimento bergamasco del Serio. Dopo alcune resistenze iniziali, dettate dalla preoccupazione di non poter seguire i propri affari, ma presto domate da un energico intervento del ministro dell'Interno, raggiunse la sede di Bergamo il 23 sett. 1806. Nella nuova carica il F. profuse impegno e capacità dando prova delle sue qualità umane e professionali.
Il 19 febbr. 1809 giunse la nomina all'appena istituito Senato, cosa che consacrò il suo ingresso definitivo nella sfera più alta del notabilato napoleonico e gli aprì la strada per altre cariche di contorno, come l'ammissione a corte quale ciambellano e l'innalzamento, il 2 ag. 1811, a cavaliere d'onore della viceregina Augusta Amalia, la presidenza nella riunione dipartimentale del Collegio elettorale dei possidenti del dipartimento di Passariano (24 sett. 1810), il riconoscimento del titolo di conte dell'Impero (11 nov. 1811) e il cavalierato dell'Ordine della Corona di ferro (1° maggio 1806).
Il F. ebbe sempre fama di acceso sostenitore dei Francesi e delle idee di cui questi erano portatori, nonostante il suo carattere alieno da ogni rigidità ideologica e i contatti che aveva sempre mantenuto con persone di sicuri sentimenti antifrancesi, come Michele della Torre o G.B. Flamia.
A fine marzo 1814 il F. accompagnò la viceregina a Mantova, dove era attestato l'esercito italico di Eugenio di Beauharnais, e per questo non ebbe parte nelle vicende che segnarono il ritorno del Friuli alla dominazione austriaca: vicende che, proprio per lui assente, il fratello Doimo, sindaco di Castel Porpetto, descrisse in un diario (poi utilizzato da V. Marchesi). Analogamente non prese parte alle sedute del Senato dell'aprile 1814, in particolare a quella del 17 nella quale naufragò il progetto di fare di Eugenio il sovrano di un Regno d'Italia indipendente. Dopo il tumulto milanese del 20 aprile, il F. scortò Augusta Amalia in Baviera, mostrando così sino all'ultimo la sua fedeltà al regime napoleonico. Rientrò quindi nella villa di Castel Porpetto, ove spese gli ultimi anni lontano da qualsiasi incarico ufficiale. Si ricorda ancora di lui che nel 1822 fu insignito da Luigi XVIII dell'Ordine della Legion d'onore quale cavaliere; poi si dedicò alla cura dei suoi possedimenti e soprattutto agli studi. Fu in corrispondenza con intellettuali quali il linguista Jacopo Pirona o l'archeologo Michele della Torre, ma soprattutto si occupò della sistemazione di un notevole archivio, fatto di memorie patrie e familiari. Morì ultranovantenne a Castel Porpetto (oggi Porpetto, presso Palmanova nel Basso Friuli) il 25 marzo 1857, senza essersi mai sposato.
Opere: non si conoscono opere edite del F., del quale ad Aiello del Friuli, nell'Archivio Doimo Frangipane, sono conservate le Memorie manoscritte, relative soprattutto alle vicende politiche del 1797-98, unitamente ad alcuni volumi di corrispondenza e a molto altro materiale raccolto dallo stesso F., che testimonia della sua attività pubblica, ma di cui non è attualmente consentita la consultazione.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Milano, Uffici regi, p.m., b. 530; Araldica, p.m., bb. 115 e 227; Presidenza di governo, b. 2; Aldini, b. 16; Arch. di Stato di Bologna, Carte Aldini, VI, n. 42; Udine, Biblioteca comunale, ms. 927, Atti del Parlamento, XIII; ms. 493, Fondo principale (lettere all'abate Jacopo Pirona); Cividale del Friuli, Biblioteca ex-capitolare: lettere al canonico Michele della Torre; G. Baldissera, Cittadini illustri e benemeriti di Tarcento, Gemona 1934, pp. 86 s.; A. Pateani, Necrologia di C. F., Venezia, 1857 (già in Gazzetta uffiziale di Venezia, n. 71, 30 marzo 1857); F. Schröder, Repertorio genealogico delle famiglie confermate nobili e dei titolati nobili esistenti nelle provincie venete, Venezia 1830-31, I, pp. 346 s.; T. Casini, Di alcuni cooperatori italiani di Napoleone I, in Ritratti e studi moderni, Milano-Roma-Napoli 1914, p. 452; Id., I candidati al Senato del Regno italico, in Rass. stor. del Risorgimento, III (1916), 1, p. 38; E. Veggetti, Note ined. di E. di Beauharnais sui candidati al Senato del Regno italico, ibid., XX (1933), p. 120; V. Marchesi, Gli Austriaci in Udine negli anni 1813 e 1814. Notizie tratte dal diario di Doimo Frangipane, Udine 1896, pp. 9-11; G. Marchetti, Il Friuli. Uomini e tempi, Udine 1959, p. 395; F. Di Manzano, Cenni biografici dei letterati ed artisti friulani, Udine 1885, p. 101; G. Pieri, Napoleone e il dominio napoleonico nel Friuli, Udine 1942, pp. 266 s., 308; L. Antonielli, I prefetti dell'Italia napoleonica, Bologna 1983, ad Indicem; L. Stefanelli, Il Friuli provincia austro-veneta (1798-1805), in La provincia imperfetta. Il Friuli dal 1798 al 1848, Udine 1992, p. 22; R. Corbellini, Il dipartimento di Passariano (1805-1813), ibid., pp. 80, 113, 120-125 (essenziale per la ricostruzione dell'attività del F. quale magistrato civile); Id. - L. Cargnelutti, Udine napoleonica. Da metropoli della Patria a capitale della provincia del Friuli, Udine 1997, ad Indicem.