CINÈSI
. In etologia si designa con tale termine una classe di reazioni motorie di organismi non sessili (animali, vegetali unicellulari, batteri), che sono dovute soltanto a variazioni dell'intensità di certi stimoli (foto- igro- chemo- termocinèsi, ecc.) e che sono, in teoria, indipendenti dalla loro eventuale direzione.
Vengono descritte come variazioni della velocità lineare di locomozione o della durata e frequenza dei periodi di movimento (ortocinèsi) oppure come variazioni della velocità angolare, cioè della frequenza dei mutamenti di direzione o torsioni durante il moto (clinocinèsi). Al prefisso orto- o clino- si premette quello caratterizzante lo stimolo (es. fotoclinocinèsi).
Caratteristica essenziale della c. (D. L. Gunn, J. S. Kennedy, D. P. Pielou, 1937) è che, anche quando il campo di stimolazione è provvisto di un gradiente (per es. gradiente chimico di diffusione) o di direzionalità (per es. sorgente di luce), movimento e torsione (a differenza di quanto accade nelle tassie, v. la voce in questa App.) hanno direzione casuale sia rispetto al gradiente sia rispetto alla sorgente dello stimolo: cioè non sono orientate. Ciononostante, anche mediante pure c., l'organismo sarebbe in grado di raggiungere una posizione determinata nel campo di stimolazione. Appare intuitivo, per es., che se un organismo accelera o aumenta la frequenza dei propri movimenti casuali (ortocinèsi) ogni qual volta incontra condizioni ambientali "sfavorevoli" e rallenta fino a fermarsi del tutto nel caso opposto, finirà per trovarsi nell'area che in quel momento offre condizioni ambientali più adatte (preferendum). Analogamente si comporterà un organismo che cambia più spesso direzione ogni volta che s'imbatte in stimolazioni più sfavorevoli di quelle in cui sino ad allora si trovava (clinocinèsi). Le c., perciò, possono avere un effetto d'orientamento finale pur essendo in sé reazioni non orientate e, se più organismi della stessa specie reagiscono nel medesimo modo, un effetto di aggregazione in aree particolarmente favorevoli alla specie, che può essere indipendente da ogni interattrazione, cioè da ogni fenomeno protosociale.
Le c. vengono considerate fra i meccanismi più elementari e primitivi dell'orientamento, anche dal punto di vista dell'organizzazione sensoriale, poiché esse presuppongono unicamente una capacità di percezione delle variazioni d'intensità degli stimoli che può essere ascritta anche a sensibilità generalizzata, non necessariamente mediata da speciali recettori. La trattazione matematica degli effetti cinetici di orientamento e di accumulo è stata fornita da C. S. Patlak (1953); sono stati pure eseguiti esperimenti di simulazione col calcolatore che confermerebbero la teoria (F. J. Rohlf, D. Davenport, 1969).
L'analisi degli esempi concreti di possibili comportamenti cinètici (in natura e in laboratorio) rivela spesso consistenti difficoltà d'inquadramento nello schema teorico, che non sempre si adatta a rendere conto di una varietà assai ampia di fenomeni. vale di certo in generale, anche in questo caso, l'osservazione di S. O. Mast in Light and behavior of organisms (1911), il quale, a proposito di classificazioni dei meccanismi di orientamento, asseriva essere "assai più saggio accertare ciò che accade all'organismo... durante il processo di orientamento in varie condizioni accuratamente controllate, piuttosto che cercare di sapere se il meccanismo di orientamento deve essere designato con questo o quel termine". Orto e clinocinèsi sono d'altronde quasi sempre combinate tra loro: non solo ma è spesso difficile escludere in una risposta apparentemente casuale, cioè cinetica, la partecipazione di minime reazioni orientate dell'animale intero o di sue parti rispetto alla direzione dello stimolo, quindi di tassie. Ancora, lo stesso animale può passare con continuità da un comportamento classificabile come cinètico a uno apertamente tattico o alternarli, a seconda delle condizioni stimolanti: valga a questo proposito l'esempio assai probante delle planarie, vermi piatti (Platelminti) della classe dei Turbellari, carnivori, comuni nelle acque dolci. Ponendo una planaria (es. Dugesia lugubris) in un gradiente di diffusione chimico emesso da un'esca, si osserva che non appena i chemiorecettori localizzati nelle auricole dell'estremità anteriore vengono raggiunti dallo stimolo, l'animale manifesta una reazione di "allarme" che viene descritta come cinètica ("inizio" di movimento, "ricerca" a caso in direzioni diverse). Ma a mano a mano che la concentrazione aumenta, la planaria passa a un'esplorazione dell'ambiente con regolari pendolazioni dell'estremità cefalica che, per comparazione successiva delle intensità di stimolazione, permettono un movimento diretto verso l'esca (clinotassia). In vicinanza dell'esca, poi, dove la concentrazione è massima, la planaria si orienta addirittura per tropotassia (orientamento per simultaneo confronto dell'intensità di stimolazione fra recettori simmetrici).
Molto discusso è il problema se l'adattamento sensoriale (nelle c., il ritorrno alla velocità o frequenza originaria di locomozioni e torsioni dopo la variazione prodotta dallo stimolo) sia essenziale o meno per il raggiungimento dell'effetto orientante finale di stasi e accumulo in certe regioni del campo stimolante: qui le opinioni sono contrastanti e nemmeno gli esperimenti di simulazione forniscono una risposta sicura. Per molti autori l'adattamento sensoriale non sarebbe componente necessaria per l'effetto finale, ma unicamente una condizione accessoria che accresce l'efficienza ecologica della cinèsi.
Esempio classico di fotoclinocinèsi è quello della planaria Dendrocoelum lacteum, studiata da P. Ullyott (1930). In luce d'intensità costante o decrescente, il numero medio di mutamenti di direzione dell'animale nel tempo non varia, ma aumenta improvvisamente (alta clinocinèsi) se l'intensità cresce, per ritornare solo dopo un certo tempo al valore di prima. In un acquario rettangolare in cui viene creato, illuminando solo dall'alto, mediante un filtro di opacità graduata, un gradiente d'intensità luminosa crescente, l'effetto combinato dell'alta clinocinèsi e dell'adattamento condurrebbero all'aggregazione nella regione più oscura. Questi risultati, tuttavia, teoricamente importanti poiché su di essi si basa proprio l'originale definizione della clinocinèsi, non sono mai stati confermati in seguito. Del resto, la condizione sperimentale non escludeva che gli animali non potessero orientarsi rispetto a stimoli direzionali: in essa sussistono infatti sicuramente componenti orizzontali e direzionali. Un gradiente d'intensità luminosa senza direzionalità è una contraddizione in termini (F. J. Verheyen, 1975): la stessa porzione più luminosa del gradiente può agire da sorgente orientante.
Casi di vera fotoclinocinèsi sono in realtà dubbi. Meglio documentate le risposte fotoortocinètiche, con misurazioni effettive della velocità e/o frequenza dei movimenti in Anellidi, negli stessi Turbellari, per vari Crostacei e anche in Vertebrati. Gli ammoceti (stadio larvale) della lampreda Lampetra planeri, tolti dal fondo fangoso in cui vivono affondati ed esposti alla luce, diventano attivi nuotando a capo in basso e tanto più intensamente per quanto la luce è più viva. In condizioni naturali questa ortocinèsi porta gli animali a riaffondarsi finché il fotorecettore (caudale) non viene sottratto alla luce. Illuminando lateralmente il solo recettore si dimostra che la direzione del movimento successivo è indipendente dalla direzione dello stimolo.
Per gli organismi planctonici, in generale, per le cui migrazioni verticali è fuor di dubbio l'importanza delle variazioni d'intensità luminosa, meccanismi di aggregazione veramente cinètici non sono stati mai dimostrati (F. C. Creutzberg, 1975). Una componente fotocinètica può fare parte, in questi e in altri organismi (negli Insetti, per es.), delle reazioni orientate o tassie, nel senso che la locomozione nella tassia viene iniziata, accelerata o ritardata dall'intensità della luce. Negl'Insetti tale effetto appare mediato dalla stimolazione degli ocelli.
Varie specie di Isopodi terrestri (i comuni porcellini di terra) più o meno fortemente igrofili, come Armadillidium vulgare, Porcellio scaber e Oniscus asellus offrono esempi classici di igrocinèsi. Si tratta di forme ad attività notturna, capaci di aggregarsi durante il giorno in microambienti umidi (sotto le pietre, le cortecce) essenzialmente per ortocinèsi e clinocinèsi. Tali reazioni sarebbero peraltro associate a tigmocinèsi (cessazione di attività solo quando l'animale ha massimo contatto superficiale con altri corpi) e fototassia negativa. Sembra del pari dimostrata, in questo caso, anche la cooperazione di un'interattrazione dovuta a feromoni degl'individui della stessa specie (v. feromoni, in questa App.). I comportamenti di aggregazione sono d'altronde variabili a seconda di molti altri fattori interni ed esterni: essi sono per es. dipendenti da un ciclo circadiano, per cui gli animali si disperdono di notte quando minore è il pericolo del disseccamento e si riaggregano prima dell'alba. Gl'igrorecettori sono forse identificabili nelle "fossette laterali" sulla faccia inferiore degli epimeri.
Molti altri casi d'igrocinèsi sono stati descritti in Crostacei Anfipodi, Miriapodi, Chelicerati (Acari per es.), e numerosi Insetti, tanto in forme igrofile (come per es. le blatte) che igrofobe (es. le larve di Tenebrio, il comune verme della farina), con ampia variabilità delle reazioni a seconda dell'età, del ritmo diurno, dello stadio di sviluppo, ecc. (V. Perttunen). In vari casi i recettori sono stati identificati anche con indagini elettrofisiologiche: essi hanno di regola localizzazione antennale e sono rappresentati soprattutto da sensilli basi- e celoconici, di morfologia non diversa da quelli considerati olfattivi. Nelle mosche tse-tse i recettori sarebbero localizzati in vicinanza degli spiracoli tracheali. Anche per le igrocinèsi viene costantemente rilevata, oltre alla combinazione di orto- e clinocinèsi, l'impossibilità di una netta separazione dalle tassie, particolarmente dalla clinotassia, o il passaggio dello stesso animale dalla c. alla tassia, non appena le condizioni del campo stimolante rendono possibile quest'ultimo meccanismo, certo più efficiente.
Analoghe considerazioni valgono per i molti esempi segnalati di chemocinèsi nella ricerca del nutrimento (v. l'esempio delle planarie già riportato, e quello di molti Insetti: stercorari, mosche della carne, Drosophila, ecc.), nella ricerca del partner sessuale, nella ricerca di particolari condizioni ambientali o nella fuga da esse. Un esempio di chemoclinocinèsi, assai calzante con la definizione, è stato recentemente dimostrato in Escherichia coli, valendosi di un microscopio che segue automaticamente nelle tre dimensioni i movimenti di singoli individui in un gradiente di diffusione con serina. Aumentando la frequenza dei movimenti casuali solo quando la concentrazione dell'aminoacido diminuisce rispetto a quello a cui sono adattati, i batteri si accumulano dove vi è più alta concentrazione (H. C. Berg, D. A. Brown, 1972). Analogamente si comporta Salmonella typhimurium evitando clinocineticamente alte concentrazioni di fenolo (N. Tsang e altri, 1973).
Un esempio molto noto di termoclinocinèsi (nonché di igro- e chemoclinocinèsi) è quello del pidocchio (Pediculus humani corporis), nella ricerca delle condizioni ottimali nell'ospite (A. Wigglesworth, 1941). Il pidocchio reagisce clinocineticamente anche alla natura del substrato rifuggendo un substrato liscio rispetto a uno più rugoso (tigmoclinocinèsi).
Una classe di reazioni che vengono spesso incluse fra le c. sono quelle che si verificano quando l'animale si arresta e muta improvvisamente direzione di fronte a una brusca variazione d'intensità dello stimolo, cioè quando incontra un confine (avoiding reaction, shock-reaction, Schreckreaktion, ecc.). Esempio classico è la reazione di evitamento dei Parameci (Protozi Ciliati) che, incontrando un ostacolo o un confine chimico o termico, rinculano rapidamente, ruotano facendo perno sull'estremità posteriore, riprendono il nuoto in avanti in direzione diversa. È certo che ripetute manovre di questo tipo ("tentativo e errore" di H. S. Jennings) mantengono una popolazione entro il proprio preferendum. Per lungo tempo si è ritenuto che ogni risposta agli stimoli dei Parameci o, addirittura, dei Ciliati, fosse riconducibile a tale schema. Ma ricerche ulteriori hanno dimostrato una notevole varietà di comportamenti nella medesima situazione per gli stessi Parameci. Il problema fondamentale è poi quello di stabilire se, nelle reazioni di questo tipo descritte anche per vari Metazoi (per es. Insetti), la nuova direzione assunta è veramente casuale rispetto allo stimolo, secondo la definizione della cinèsi. Lo è forse in certi casi, ma non lo è probabilmente quando - nella zona di confine - l'animale si arresta ed esplora l'ambiente con oscillazioni del corpo o degli arti: in questi casi è presumibile una clinotassia. Reazioni di evitamento e da schock e clinotassie corrispondono alla fobotassia di A. Kühn, un termine generalmente abbandonato.
Bibl.: C. S. Patlak, A mathematical contribution to the study of orientation of organisms, in Bull. math. biophisics, 15 (1953), pp. 431-76; G. S. Fraenkel, D. G. Gunn, The orientation of animals. Kineses, taxies and compass reactions, New York 1961; H. Schöne, Raumorrientierung, Begriffe und Mechanismen, in Fortschritte der Zoologie, 21 (1973), pp. 1-19; F. C. Creutzeer, Orientation in space. Invertebrates, in Marine ecology (a cura di O. Kinne), II: Physiological mechanisms, Pt. 2, Londra 1975, pp. 555-653; D. L. Gunn, The meaning of the term "klinokinesis", in Animal behavior, 23 (1975), pp. 409-12.