Cinémathèque française
Archivio di film, fondato a Parigi nel 1936 da Henri Langlois (1914-1977) e Georges Franju, grazie al sostegno finanziario di Paul-Auguste Harlé, allora direttore della rivista "La cinématographie française", e la complicità di Jean Mitry. Il percorso della C. f., singolare rispetto a quello delle altre cineteche mondiali, arroccate inizialmente su posizioni più caute e conservatrici nei confronti dei propri patrimoni, è stato caratterizzato da una straordinaria e audace diffusione. La filosofia di Langlois (al quale è indissolubilmente legata la storia della C. f., da lui diretta fino alla morte, nel 1977), molto criticato per l''eccesso di personalismo' all'interno della FIAF (Fédération Internationale des Archives du Film), era che i film vivessero attraverso la proiezione; la conseguenza fu che spesso le copie utilizzate da Langlois non erano in condizioni ottimali, ma ciononostante la sua opera ('il suo film'), che fu di massima diffusione del sapere cinematografico, ha nutrito più di una generazione, a partire da cineasti come Jean-Luc Godard, Jacques Rivette, François Truffaut, Eric Rohmer, Claude Chabrol. La 'missione' della C. f. era recuperare e conservare tutti i film, con lo scopo di mostrarli a un pubblico al quale la conoscenza della storia del cinema era negata da un'industria che, preoccupandosi soltanto del continuo rinnovamento tecnico, favoriva la perdita di gran parte delle opere non più sfruttabili commercialmente. Nell'ottobre 1936 la C. f. iniziò a proiettare i film della sua collezione (150 titoli che Franju e Langlois avevano iniziato a raccogliere, nemmeno ventenni, attraverso un cineclub che dirigevano, Le cercle du cinéma), in una piccola sala al primo piano sugli Champs-Élysées. Furono in seguito programmate retrospettive in varie città francesi e di altri Paesi. Oltre alla sua opera di raccolta, conservazione ed esposizione, contribuì alla produzione di un film audace e sperimentale come Un chant d'amour (1950) di Jean Genet. Nel 1953 aveva ormai relazioni di scambio con le cineteche di quasi tutto il mondo, dalla Iugoslavia al Giappone al Sudamerica, e partecipò quale ente legale alla costituzione del Museo del cinema di Torino, allora diretto da Maria Adriana Prolo. Merito della C. f. fu anche la riscoperta, con l'aiuto di James Card, di un'attrice divenuta una vera icona culturale come Louise Brooks, grazie a un'importante retrospettiva del 1955.Il desiderio di Langlois era di costituire un 'museo vivente del cinema', che nelle intenzioni doveva integrare la proiezione di film con la costruzione di un percorso che permettesse a ogni visitatore di 'attraversare' la storia del cinema nella materialità dei suoi oggetti. La mancanza di fondi rese l'impresa difficile, tanto che il museo venne chiuso e riaperto più volte. Un primo tentativo di apertura fu fatto nel 1948 in avenue de Messine, con il nome di Musée permanent du cinéma, in un edificio di tre piani in cui erano in mostra le preziose collezioni di oggetti e documenti sulla storia del cinema, le macchine del pre-cinema, le scenografie, i costumi, le donazioni personali dei registi alla C. f.; ma le difficoltà finanziarie ne imposero la quasi immediata chiusura. Nel 1972 venne riaperto nel Palais de Chaillot (dove ha oggi sede una delle sale di proiezione), con la denominazione definitiva di Musée du cinéma, di nuovo chiuso qualche anno più tardi.
Diversi fattori complicarono nel corso degli anni la vita della C. f.: la gestione fortemente personale di Langlois, frutto di una sottile strategia diplomatica con i diversi interlocutori internazionali (cineteche, archivi, cineasti); i complessi rapporti di potere tra la C. f. e la FIAF; la posizione difensiva assunta da Langlois nei confronti del governo francese, che dal dopoguerra ha finanziato, con non limpida continuità, la C. f. e che non poteva accettare la radicale indipendenza di un ente così importante sul piano mondiale, comunque legato finanziariamente allo Stato.
Il 10 luglio 1959 un incendio aveva colpito uno dei depositi in rue de Courcelles, e la perdita di copie in deposito di proprietà di altre cineteche inasprì i rapporti già molto tesi tra C. f. e FIAF (di cui Langlois era stato nel 1938 uno dei fondatori), provocando una rottura durata fino al 1982.La C. f., costituita come associazione privata in base alla legge francese del 1901, era stata posta dal 1944 sotto il patronato del Ministero del commercio e dell'industria incaricato delle attività cinematografiche, che nel 1953 designò un commissario con diritto di veto sulle decisioni del consiglio di amministrazione. Nel 1954 una modifica dello statuto diede allo Stato più rappresentanti nel consiglio, e pose la C. f. sotto la doppia tutela del ministro incaricato delle attività cinematografiche e del segretariato di Stato alle arti e alle lettere. Queste misure, giudicate necessarie a causa dei finanziamenti statali destinati alla C. f., con il passare degli anni provocarono la rottura con il governo, sempre più critico nei confronti della gestione di Langlois, che per proteggere la 'sua' Cinémathèque fece di tutto per sottrarla al controllo di altri al di fuori del proprio gruppo di lavoro; basti pensare alla reticenza con cui, nel dopoguerra, rivelò dove si trovassero i molti depositi, sparsi per tutta la Francia, in cui durante il periodo dell'occupazione erano state nascoste le copie dei film allo scopo di sottrarle ai saccheggi dei nazisti. Il 9 febbraio 1968 il consiglio di amministrazione, ritenendo che l'entità dei finanziamenti dello Stato rendesse necessario un intervento ministeriale diretto all'interno dell'istituzione, decise perciò di non rinnovare a Langlois l'incarico di direttore tecnico e artistico, nominando al suo posto Pierre Barbin, candidato del ministro della cultura (allora lo scrittore André Malraux) e di quello delle finanze. L'estromissione di Langlois e dei suoi collaboratori provocò una sorta di sommossa (con scontri di piazza in cui lo stesso Godard venne ferito dalla polizia), guidata inizialmente dai "Cahiers du cinéma". Rivette e Truffaut (che apre il suo Baisers volés, 1968, Baci rubati, girato in quel periodo, con una inquadratura della C. f. chiusa dai sigilli) si fecero promotori degli 'stati generali del cinema', proponendo sabotaggi e picchetti. Le manifestazioni di solidarietà e protesta ben presto si estesero al di fuori della Francia: i cineasti e i produttori amici di Langlois proibirono alla nuova direzione la proiezione delle copie dei loro film in deposito alla Cinémathèque. La vicenda si chiuse nell'aprile dello stesso anno con la reintegrazione di Langlois e del suo gruppo di collaboratori, ma con la sospensione temporanea dei fondi dello Stato.
Vanno ricordati inoltre coloro che insieme a Langlois condussero la C. f. nei suoi primi quarant'anni di attività. Figura fondamentale fu la tedesca Lotte Henriette Eisner (1896-1983); rifugiata a Parigi nel 1933, dal 1945 al 1975 fu conservatrice degli archivi della C. f., inizialmente curati da J. Mitry; collaborò a diverse riviste di cinema, dai "Cahiers du cinéma" a "Sight and sound". Tra le sue opere L'écran démoniaque (1952; trad. it. 1956), F.W. Murnau (1964), Fritz Lang (1976). Marie-Antonine Epstein (1899-1995) fu sceneggiatrice di Cœur fidèle (1923), L'affiche (1926) e Six et demi, onze (1927) diretti dal fratello Jean Epstein, e regista e sceneggiatrice con Jean Benoît-Lévy; entrata alla C. f. nel 1953 per dirigere il servizio tecnico e supervisionare il montaggio e la stampa delle copie, ne rimase fino alla morte vicepresidente d'onore. La bulgara Mary Popov Meerson (1900-1993), vedova dello scenografo Lazare Meerson, incontrò Langlois nel 1939 e collaborò con lui dall'anno successivo, divenendo una delle figure leggendarie della C. f., di cui fu fino alla sua morte presidente onorario. Va infine ricordata l'attrice francese Musidora, che dal 1946 alla morte (1957) fu segretaria della commissione per le ricerche storiche.
Dopo la morte di Langlois la C. f. è lentamente passata sotto un più stretto controllo da parte dello Stato, che dal 1981 ha aumentato i suoi finanziamenti, spingendo sempre più verso un'integrazione con il potente apparato statale del CNC (Centre Nationale de la Cinématographie). Tra i successori di Langlois vanno ricordati un cineasta come Jean Rouch, autore tra l'altro di un film sulla Cinémathèque e sul Museo ancora chiuso al pubblico (Faire-part: Musée Henri Langlois, 1997), e Dominique Païni, che hanno saputo affrontare con determinazione la difficile eredità di Langlois, tentando un percorso libero dalle forzature della burocrazia e delle convenzioni accademiche.
F. Truffaut, Entretien avec Georges Franju, in "Cahiers du cinéma", 1959, 101, pp. 24-30.
Y. Baby, E. De Brissac, La Cinémathèque française, notaire du cinéma, entretiens avec Henri Langlois, in "Le Monde", 21-24 août 1962.
L'affaire Henri Langlois, in "Cahiers du cinéma", 1968, 199, pp. 31-46 (con i testi della conferenza stampa del 16 febbraio 1968).
L'affaire Langlois, in "Cahiers du cinéma", 1968, 200-201, pp. 61-68 (in partic. H. Langlois, Vingt-cinq ans de Cinémathèque, pp. 63-68).
R. Borde, La Cinémathèque française, recherche de la vérité, in "Cahiers de la Ci-némathèque", 1977, 22-24.
H. Langlois, 300 ans de cinéma, Paris 1986.
"La Cinémathèque française", n° spécial consacré au cinquantenaire de la naissance de la Cinémathèque française, 1936-1986, 1986, 5.
Musée du cinéma Henri Langlois, éd. H. Marquand Ferreux, 3 voll., Paris 1991.
M.A. Prolo, H. Langlois, Le dragon et l'alouette ‒ Correspondance 1948-1979, a cura di S. Toffetti, Torino 1992.
D. Païni, Conserver, montrer, Liège 1992.
P. Olmeta, La Cinémathèque française de 1936 à nos jours, Paris 2000.