Cina. Le dinastie Sui e Tang
di Maria Luisa Giorgi
Dopo la fondazione della Repubblica Popolare, e particolarmente negli ultimi decenni del XX secolo, l'intensificarsi delle ricerche di campo in tutte le province della Cina, anche con l'utilizzo di più sofisticate tecnologie scientifiche (in particolare telerilevamento e prospezioni geofisiche), ha portato a importanti scoperte sull'archeologia delle dinastie Sui (581-618) e Tang (618-907); ricerche pianificate e di lungo periodo hanno interessato soprattutto i resti di grandi centri urbani, come, ad esempio, Yangzhou, Luoyang e Chang'an.
Dal 1986 estesi scavi a Yangzhou (Prov. di Jiangsu) hanno chiarito la struttura e lo sviluppo della città antica (6030 × 3120 m), suddivisa in due parti tra loro collegate: una (zicheng) a nord, costruita sotto i Sui, ampliata e utilizzata anche dai Tang, e l'altra (luocheng), più a sud e più grande della prima, di epoca Tang. La città era servita da un efficientissimo sistema di drenaggio e di canali di distribuzione delle acque, che erano anche sfruttati a scopi commerciali, come dimostrano resti di banchine d'attracco, piloni e barconi databili tra i Song Meridionali (1127-1279) e gli Yuan (1279-1368), scoperti nell'antico canale per il trasporto delle merci. All'interno delle mura sono stati rinvenuti molti manufatti, tra cui porcellane per l'esportazione e vetri di manifattura straniera. Il fatto che la cinta muraria sia stata costruita posteriormente allo sviluppo della città fornisce importanti dati sull'evoluzione della città cinese, che da centro esclusivamente politico (come, ad es., Chang'an) si trasforma, dopo il periodo di piena fioritura dei Tang, in centro economico e commerciale, come nel caso di Yangzhou, favorita dalla posizione alla confluenza tra il Grande Canale e lo Yangtze. Gli scavi a Luoyang (Prov. di Henan), iniziati negli anni Settanta, hanno portato alla luce vari complessi che hanno permesso di definirne l'impianto urbanistico: i magazzini per le derrate, il mingtang dell'imperatrice Wu Zetian, le porte Qianyuanmen e Yongtongmen, i quartieri commerciali sulla riva meridionale del Luo, la residenza del poeta Bai Juyi, il giardino del Palazzo Shangyanggong, la Porta Yingtianmen e gli uffici amministrativi della città imperiale, oltre ad alcune fornaci per la produzione di laterizi. Per quanto riguarda Chang'an (Prov. di Shaanxi), le scoperte più importanti hanno interessato l'altare per i sacrifici al Cielo, situato fuori Min De Men, la porta principale della cinta meridionale della città, dove 17 imperatori officiarono sacrifici al Cielo; sono state inoltre individuate varie residenze imperiali extraurbane, come il Palazzo Renshougong, luogo di villeggiatura estiva della corte, costruito sotto i Sui e distrutto verso l'836. Numerosi ritrovamenti hanno permesso lo studio sistematico sull'impianto a cortile delle strutture palaziali, portando alla conclusione che ogni cortile costituisce un insieme a sé stante, ma soggetto gerarchicamente alla struttura principale del complesso. Per quanto riguarda le vie di comunicazione, su entrambe le rive del Huanghe si sono trovate tracce degli antichi sentieri lignei usati per il traino delle imbarcazioni e come via di comunicazione, mentre nella Provincia di Anhui è stato scoperto il corso del Grande Canale, con approdi per le imbarcazioni e resti di navi riferibili alle dinastie Tang e Song (960-1279). Nel 1994, nel villaggio di Liuxiangcun, nelle vicinanze di Xi'an, è stato scavato il ponte Baqiao, costruito sotto la dinastia Sui (583) e distrutto in epoca Yuan (1279-1368): di grandi dimensioni, ad arcate, e conservatosi per alcune centinaia di metri, di esso sono state portate alla luce tre arcate (largh. 5 m ca.) e quattro piloni di pietra poggianti su elementi lignei. Nella contea di Yongji (Prov. di Shanxi) sono stati riportati alla luce (1989) i pilastri di ancoraggio del ponte su catene presso il guado Pujindu sul Huanghe: otto gigantesche masse di ghisa (quattro buoi e quattro vaccari) del peso tra 10 e 75 t, realizzate nel 12° anno dell'era Kaiyuan (724) della dinastia Tang.
Molte tombe di epoca Sui-Tang contenenti oggetti di eccellente fattura sono state scoperte soprattutto nelle province di Shaanxi e Henan. Recentissima (2004) è la scoperta a Xining (Prov. di Qinghai) di una tomba di mattoni a pianta circolare, con soffitto a cupola (diam. 2,7 m, prof. 1,7 m), al cui interno è presente la piattaforma per il sarcofago. Questa tipologia e il rinvenimento di una coppa di porcellana bianca proveniente dai forni di Dingyao o Xingyao (Prov. di Hebei) hanno fatto ritenere agli archeologi cinesi che si tratti della prima sepoltura di epoca Sui-Tang scoperta nel Qinghai. Dagli anni Settanta alcuni ritrovamenti di oggetti di metalli preziosi hanno ampliato la conoscenza dell'arte orafa di questo periodo: a Xi'an, nell'odierno villaggio di Hejiacun, è stato rinvenuto un deposito contenente più di 200 oggetti d'oro, argento, giada e vetro della metà dell'VIII secolo; nel 1982 un migliaio di oggetti d'argento attribuibili al IX secolo sono stati trovati tra i resti di un'abitazione di epoca Tang a Dingmaoqiao (distr. di Dantu, Prov. di Jiangsu), ma il ritrovamento di maggiore importanza è stato quello del 1987 nel vano reliquiario della pagoda del tempio Famensi a Fufeng (Prov. di Shaanxi), dove sono stati scoperti oggetti d'oro, argento, giada e porcellana, oltre a tessuti di vario genere, gioielli, monete e vetri dell'Asia Media e Centrale.
Nel campo delle ricerche sulla ceramica si è giunti a una migliore comprensione dello sviluppo della produzione nelle singole zone di produzione, rappresentate a nord dalla ceramica bianca delle fornaci di Xingyao (Prov. di Hebei), a sud dai vasi céladon di Yue (Prov. di Zhejiang), cui si aggiungono le produzioni di ceramica dipinta sotto coperta di Changsha (Prov. di Hunan) e quella "a tre colori" (sancai) di Huangbao. Uno scavo importante ha interessato nel 1979 le fornaci di Hongzhou nella zona di Luohu (Prov. di Jiangxi); la produzione di queste fornaci è citata nel Chajing ("Il Classico del tè") di Lu Yu e nelle cronache Tang (Jiu Tang Shu, 150° fascicolo, Wei Jian zhuang). Gli scavi di queste fornaci e dei laboratori di produzione hanno attestato l'introduzione in epoca Sui dell'uso di ingobbio bianco sotto coperta, l'uso di scatole da forno (o "muffole"), la cui introduzione si data all'epoca dei Jin Orientali (317-420), associate al caricamento "a pile" nel caso di piatti e coppe e alla cottura a una temperatura intorno a 1200 °C. L'argilla usata nella fornace di Hongzhou conteneva il 5,93% di ferro e ciò influenzava il colore della coperta, che tendeva a essere tanto più scuro quanto maggiore era il contenuto di ferro; l'uso di coprire il corpo del vaso con un ingobbio bianco aveva quindi il duplice effetto di schiarire e uniformare la superficie rendendo la coperta più liscia e di colore più chiaro; inoltre, l'uso delle muffole preveniva danni di cottura. Tali accorgimenti determinarono il successo delle ceramiche di Hongzhou, non a caso rinvenute in sepolture di epoca Sui nelle province meridionali di Jiangxi, Guangxi Zhuang, Guangdong, Hubei, Zhejiang.
Particolarmente importanti si sono rivelate le scoperte relative allo Stato di Bohai, fondato da tribù tunguse di etnia Mukri alla fine del VII secolo nelle regioni nord-orientali della Cina. I primi ritrovamenti avvennero nel 1949 con la scoperta a Liudingshan (Prov. di Jilin) della tomba della principessa Zhenhui; seguì lo scavo (1963-64) di 20 sepolture, ma fu solo negli anni Ottanta che a Longtoushan (Prov. di Jilin), sotto una pagoda, fu scoperta la tomba della principessa Zhenxiao: per la prima volta vennero alla luce dipinti murali dello Stato di Bohai, raffiguranti soldati armati, servitori e musici. Negli anni Novanta sono seguiti i ritrovamenti di due necropoli, entrambe nel distretto di Ning'an, una nella zona di Sanling e l'altra a Hongzun. Nella prima sono sepolti i re Mukri e qui è stata scavata una tomba di grandi dimensioni, con rampa di accesso, corridoio di ingresso e camera funeraria di pietra e soffitto a Laternendecke, decorata da dipinti murali raffiguranti figure femminili e motivi floreali. La necropoli di Hongzun è la più grande ed è stata interamente scavata: sono venuti alla luce 323 sepolture, 7 altari per le offerte, un'abitazione e oltre 2000 manufatti.
Bibliografia
Fufeng Famensi ta Tangdai digong fajue jianbao [Breve relazione della scoperta del reliquiario di epoca Tang della pagoda del tempio Famensi a Fufeng], in Wenwu, 10 (1988), pp. 1-28; Sui Tang wenhua [La cultura delle dinastie Sui e Tang], Shanghai 1990; Yangzhoucheng kaogu gongzuo jianbao [Breve relazione del lavoro archeologico nella città di Yangzhou], in Kaogu, 1 (1990), pp. 36-44; Jiangsu Yangzhoushi maofangchang Caohe yizhi diaocha [Indagine sui resti del canale presso la fabbrica di tessuti di lana della città di Yangzhou, Jiangsu], ibid., 1 (1992), pp. 55-61; Yan Wenru - Yan Wanjun, Tang liangjing chengfang kaopu [Studio integrativo sui quartieri delle due capitali Tang], Zhengzhou 1992; Heilongjiang Ning'an Hongzun yuchang mudi de fajue [Scoperta di una necropoli nella peschiera a Hongzun, Ning'an, Prov. di Heilongjian], in Kaogu, 2 (1997), pp. 1-16; Zhang Qingjie, Huanghe gu zhandao de xin faxian yu chubu yanjiu [Nuove scoperte e studi preliminari degli antichi sentieri lignei lungo il Huanghe], in Wenwu, 8 (1998), pp. 48-58; Yang Hongnian, Sui Tang liangjing fanglipu [La disposizione a scacchiera dei quartieri delle due capitali Sui e Tang], Shanghai 1999; Qi Dongfang, Sui Tang kaogu shinian zhongda faxian [Importanti scoperte di dieci anni di archeologia Sui e Tang], in Zhongguo shinian bai da kaogu xin faxian 1990-1999 - Top 100 New Archaeological Discoveries of China, Beijing 2000, pp. 616-23; Zhao Pingchun, Bohaishi yanjiu de zhengui ziliao - Bohai guowang lingqu daxing shishi bihua mu [Materiale prezioso per lo studio della storia dello Stato di Bohai - Una grande tomba con camera di pietra e dipinti murali nella zona delle tombe dei re dello Stato di Bohai], ibid., pp. 630-34.
di Roberto Ciarla
Dopo la fase di declino successiva alla caduta della dinastia Han, Ch. fu riconcepita, con il nome di Daxing, secondo una nuova grandiosa pianificazione voluta dal primo sovrano della dinastia Sui (581-618); il nuovo piano urbano, appena iniziato alla caduta della dinastia, fu ripreso e messo in atto dai sovrani della dinastia Tang (618-907), che restituirono alla capitale il nome di Ch.
Della cinta urbana in terra battuta, che definiva una pianta rettangolare di 8,6 × 9,7 km, restano solo alcuni tronconi, che tuttavia confermano l'impianto descritto nelle fonti dell'epoca: su ciascuno dei lati sud, est e ovest si aprivano tre porte, mentre ben nove erano quelle sul lato nord della cinta muraria, verso il Fiume Wei e le vie di collegamento con l'Ovest (verso la Via della Seta) e con l'Est (verso la Pianura Centrale). Nel 1994 è stato messo in luce uno dei principali nodi di tali vie di comunicazione: si tratta dei resti del ponte Baqiao, con piloni di pietra (9,5 × 2,5 m) decorati da frangiflutti a testa di drago, che costituiva l'attraversamento del fiume Ba, uno dei principali affluenti del Fiume Wei circa 10 km a ovest della città. Il ponte, uno dei più grandi dell'epoca, fu tra le prime opere realizzate dai Sui nel 582 e rimase in uso per più di 300 anni. L'ingresso monumentale di Ch. era la Ming De Men, sul lato sud, anche detta Porta dell'Uccello Scarlatto poiché probabilmente su di essa era rappresentato l'animale simbolo del Sud. All'interno delle mura la pianta si articolava, da nord a sud, in tre comprensori principali: la "città palazzo", la "città amministrativa" (che insieme definivano la "città imperiale") e la "città esterna". Il tessuto urbano era scandito dal sistema viario costituito da un viale principale nord-sud, che partiva dalla Ming De Men, a cui si affiancavano altri 10 viali sullo stesso asse che andavano a incrociarsi ortogonalmente con 14 viali sull'asse est-ovest. La griglia formata dai viali (largh. da 70 a 150 m), perlopiù fiancheggiati da canali, nell'area sud della città inquadrava la grande città esterna così divisa in 109 blocchi residenziali; lungo il perimetro di ogni blocco erano le abitazioni delle famiglie abbienti, mentre all'interno erano quelle dei più poveri. Nella città esterna le principali aree di servizio erano costituite dai due mercati, il Dong Shi (mercato est) e il Xi Shi (mercato ovest), serviti da una rete di canali che, unendo i due mercati tra loro e con diversi punti della città, sboccavano poi a nord delle mura verso il Fiume Zao e il Fiume Wei, facilitando così il trasporto delle merci e l'approvvigionamento idrico.
La città esterna circondava su tre lati la città amministrativa (4,5 km2) cinta da una muraglia, in cui avevano sede i quattro principali organismi amministrativi dello Stato. Due porte principali e tre secondarie sul lato nord della città amministrativa davano accesso alla zona dei palazzi imperiali distribuiti su una superficie di 4,5 km2, come la città amministrativa, e protetti a nord da mura a doppio corso. All'interno della Huang Cheng erano distribuiti diversi complessi palaziali, tra cui il Tai Ji Gong era il più vasto e importante. Nel secondo anno dell'era Longshou (662) dell'imperatore Gao Zong (r. 650-683) fu iniziata la costruzione di una nuova serie di palazzi, detti Da Ming Guang ("palazzi della grande luce"), che per mancanza di spazi all'interno della città furono edificati all'interno di un recinto, a pianta trapezoidale e circondato da un muro che a nord diveniva a doppio corso, addossato alle mura del lato nord-orientale della città. I palazzi si articolavano intorno a tre padiglioni principali, di cui recentemente sono state messe in luce le piattaforme su cui essi erano eretti, posti sull'asse centrale e che, nel Da Ming Guang, vennero a costituire la sede del potere statale dopo che Gao Zong vi si trasferì abbandonando il Tai Ji Gong. A circa 600 m dalla porta principale nell'area palaziale si ergeva il primo dei padiglioni del Da Ming Guang, lo Han Yuan Dian, a cui si accedeva attraverso una lunga scalinata fiancheggiata da due padiglioni del tipo ge (edifici a pianta rettangolare o quadrata con uno o più ordini di tetti sporgenti) costruiti su alte piattaforme in terra battuta. Circa 300 m a nord dello Han Yuan Dian, dove l'imperatore dava udienza ad ambasciatori e principi vassalli, era il padiglione Xuan Zheng Dian, dove erano trattati gli affari di Stato, emanati gli editti e dove, talvolta, era sostenuto il grado più alto degli esami di Stato. L'ultimo dei tre padiglioni era lo Zi Chen Dian destinato alle attività quotidiane dell'imperatore e delle sue concubine e dove erano ricevuti i dignitari dell'impero. Nella zona prospiciente il Da Ming Guang sono stati recentemente rinvenuti i resti di un quartiere residenziale organizzato in 3 grossi isolati, ciascuno di 11 vani divisi da stretti vicoli mentre, alle spalle dello Zi Chen Dian, è ancora chiaramente distinguibile il perimetro del Lago Dai Ye Chi che, circondato da padiglioni, chioschi, torri e gallerie, costituiva, oltre che una delle maggiori riserve d'acqua dei palazzi, un vasto parco per il diporto della corte. Un altro, e forse più famoso, parco era quello conosciuto come "giardino dell'ibisco" sulle sponde del Lago Qujiang, a ridosso dell'angolo sud-orientale delle mura.
Al centro della città esterna era il complesso del tempio Qian Fo, il maggiore tra i complessi buddhisti di Ch., fondato dall'imperatrice Wu (684-704) nell'anno della sua ascesa al trono; è di questo complesso che fa parte la Xiao Yan Ta ("Pagoda della Piccola Anatra") in mattoni su pianta quadrata. Costruita all'inizio dell'VIII secolo, la Xiao Yan Ta, alta 38 m con 13 piani (15 in origine) sottolineati da altrettanti cornicioni aggettanti, si rastrema dolcemente verso l'alto: uno dei più perfetti esempi tra le pagode Tang caratterizzate dalla curva degli spigoli che convergono verso l'alto grazie ai piani orizzontali rientranti. Nei quartieri sud-orientali sorge invece il monumento forse più noto di Ch.: il monastero del tempio Zi En di cui fu abate il famoso monaco-pellegrino Xuan Zang. A quest'ultimo ‒ tornato dall'India nel 645 ‒ si deve la costruzione (651-652) all'interno del monastero della Da Yan Ta ("Pagoda della Grande Anatra"): inizialmente a cinque piani, essa raggiunse gli attuali sette (64 m) con i lavori eseguiti tra il 701 e il 705. All'esterno della cinta urbana recenti indagini (1999) hanno riportato alla luce, circa 1 km a est della Ming De Men, una delle più importanti strutture riservate alle cerimonie di stato che gli imperatori stagionalmente officiavano per rendere omaggio al Cielo e alla Terra. Si tratta di un altare di terra battuta, di forma troncoconica, a quattro terrazze circolari di grandezza decrescente (diam. da 50 m a 20 m), ciascuna scandita da 12 rampe a raggiera (come le ore in un orologio), iniziato dai Sui e terminato dai Tang. Sulle colline a nord-ovest della città sorgevano i grandi complessi monumentali delle necropoli imperiali sparse in 18 diverse località. Alla metà dell'VIII secolo iniziò il declino della dinastia e di Ch., che cedette prima all'altra capitale dell'impero, Luoyang, e più tardi alle città del Sud il primato politico-culturale.
Ma Dezhi, 1959-1960 nian Tang Damingong fajue jianbao [Rapporto sugli scavi del 1959-60 nel Daminggong di epoca Tang], in Kaogu, 7 (1961), pp. 341-44; Tang dai Chang'an cheng Kaogu jilue [Note archeologiche sulla città di Chang'an in epoca Tang], ibid., 11 (1963), pp. 595-611; Tang Chang'an cheng Mingdemen yizhi fajue jianbao [Rapporto sugli scavi nel sito della Ming De Men nella Chang'an dei Tang], ibid., 1 (1974), pp. 33-39; R. Ciarla, s.v. Xi'an, in EAA, II Suppl. 1971-1994, V, 1997, pp. 1086-1089; The Ruined Round Altar in Tang Chang'an City in Xi'an, Shaanxi, in Chinese Archaeology, 1 (2000), pp. 171-75.
v. Chang'an
di Maria Luisa Giorgi
Necropoli, il cui nome deriva da quello del distretto di Tsaidam (Prov. di Qinghai), in cui tra il 1982 e il 1999 sono state scavate più di 80 tombe a tumulo, alcune delle quali raggiungevano un'altezza di 5-6 m e un diametro di circa 20 m.
Databili all'epoca della monarchia tibetana (o epoca Tubo, VII-IX sec. d.C.), le sepolture apparterrebbero alle popolazioni protomongole (forse connesse con i Xianbei) che stabilirono una compagine politica nota come Tuyuhun (o 'A-zha) incentrata dal 400 d.C. intorno al Lago Kokonor/Qinghai e che, dopo la sconfitta subita a opera dei Tibetani nel 663, sarebbero rimaste nella zona di D. mantenendovi il proprio centro politico. Negli anni Ottanta a Xuewei, nella zona di Reshui, le indagini condotte per lo scavo di una grande tomba portarono al rinvenimento, a sud di essa, di 27 fosse circolari e di 5 strette fosse rettangolari contenenti i resti di 87 cavalli, 8 cani e di offerte di teste e zoccoli di bovini. Il sacrificio del cane è di particolare rilevanza in quanto potrebbe essere collegato a prescrizioni rituali note nei testi Bon (religione autoctona del Tibet prebuddhista). Alla fine degli anni Novanta, presso la località di Reshui, su un altopiano a 3400 m s.l.m., sono state scavate numerose tombe tra le quali quattro, di medie e grandi dimensioni, con tumuli di terra a piramide tronca e camera funeraria coperta da uno a tre strati di tronchi di cipresso (lungh. 6 m ca.). La prima delle quattro, costruita di pietra, mattoni e legno, ha pianta rettangolare con due stanze disposte una dietro l'altra; la seconda, di legno e a pianta rettangolare, consta di tre stanze; la terza è come la seconda costruita solo di pietra e presenta tre stanze; l'ultima, di pietra, mattoni e legno, è composta da quattro stanze che circondano un vano centrale. Spesso, attorno alle sepolture di grandi dimensioni, erano presenti decine di piccole tombe, verosimilmente appartenenti a membri di uno stesso clan; in due di esse, nelle zone di Xiariha e Zhigari, sono state inoltre rinvenute evidenze di sacrifici umani.
Sebbene alcune sepolture siano state depredate, la quantità dei beni di corredo in esse rinvenuti è notevole: tra gli oggetti di legno figurano bastoni, tavole e selle dipinti in policromia con personaggi e cavalli; su una cassa sono raffigurati alcuni personaggi (non cinesi) che cacciano cervi e suonano strumenti musicali. Tra i manufatti di metallo è da citare una placca di argento dorato con castoni di turchesi su cui sono raffigurati tre leoni. Si tratta nel complesso di elementi iconografici e di temi che trovano confronti e ispirazione nell'arte animalistica delle steppe. I tessuti di seta, più di 350, coprono un periodo dal VI al IX secolo e sono in gran parte prodotti cinesi; su una pezza di broccato, infatti, è rappresentato un edificio in stile cinese con tre personaggi, mentre su altre stoffe sono raffigurati immagini del Buddha e di Bodhisattva o simboli taoisti. Anche il vasellame di lacca (piatti, ciotole e bicchieri) è di fattura cinese, come provenienti dalla Cina sono gli specchi di bronzo e le monete databili alla dinastia Tang (618-907). Sono invece prodotti provenienti dall'Asia Centrale e occidentale le numerose perle di vetro e agata, gli oggetti d'oro e d'argento, i piatti e le bottiglie da profumo di bronzo, i broccati minuziosamente decorati e un tessuto con un'iscrizione in persiano. Particolare rilevanza hanno inoltre le tavolette di legno, i tessuti e le stele con iscrizioni in lingua tibetana antica.
Bibliografia
Qinghai Dulan Tubo damu [Le grandi tombe Tubo a Dulan, Qinghai], in Zhongguo zhongyao kaogu faxian 1999 [Le principali scoperte archeologiche in Cina nel 1999], Beijing 2000, pp. 113-15; Xu Xinguo, Qinghai silu shang de shili faxian - Dulan Tubo muqunde fajue [Cento anni di scoperte sulla Via della Seta nel Qinghai: lo scavo della necropoli Tubo a Dulan], in Zhongguo shinian bai da kaogu xin faxian 1990-1999 - Top 100 New Archaeological Discoveries of China, 1990-1999, Beijing 2000, pp. 667-72.
di Maria Carlotta Romano
Tempio-monastero buddhista ("Tempio della Porta della Legge") nella cittadina di Fufeng (Prov. di Shaanxi), 122 km a est di Xi'an. Edificato nel 532 d.C., F. era uno dei quattro templi cinesi che, secondo la tradizione, avrebbero custodito vere reliquie del Buddha storico, Gautama Shakyamuni.
All'epoca della dinastia Tang, sotto le fondamenta della pagoda lignea del tempio fu costruita una struttura ipogea di pietra articolata in tre vani destinati alla custodia delle sacre reliquie. Rimasto intatto nonostante il crollo della pagoda originale sostituita nel 1609, all'epoca della dinastia Ming (1368-1644), con una ottagonale di mattoni, il deposito venne alla luce nel 1987 nel corso di lavori per il ripristino della pagoda Ming crollata nell'agosto 1981 a seguito di un terremoto. Tra le fonti per lo studio dei manufatti un inventario (874 d.C.) su tavoletta di legno fornisce dettagli sui 122 oggetti d'oro e argento donati a F. nell'873 e nell'874 dall'imperatore Tang Yizong e dal figlio Xizong. Fra i più importanti rinvenimenti è una statuina di argento dorato tempestato di perle che raffigura il Bodhisattva Avalokitesvara; l'importanza della statuina deriva dal fatto che su di essa è impresso il titolo di regno dell'imperatore, a testimonianza del favore concesso dalla famiglia imperiale al tempio. Eccezionali sono inoltre i manufatti per la custodia delle reliquie, la prima delle quali, un osso, si rinvenne nell'anticamera entro un reliquiario d'argento dorato contenuto in un modellino di pagoda di bronzo che, avvolto nella seta, giaceva a sua volta dentro uno stūpa di pietra, cosiddetto "di Ashoka"; la seconda reliquia, una giada, era alloggiata in un cofanetto d'argento all'interno di un altro piccolo stūpa di pietra, rinvenuto nella sala centrale, mentre per la terza, un osso, fu realizzato un insieme composto da otto scrigni (in materiali diversi, ma tutti preziosi) inseribili l'uno dentro l'altro, materializzazione di un maṇḍala tridimensionale. Infine, in un recesso nascosto del vano più interno del deposito era custodita la quarta reliquia, ancora un osso, entro un'altra serie di reliquiari: quello esterno di ferro, gli altri quattro di argento dorato, legno di sandalo, cristallo e giada. A un ambito prettamente religioso appartengono anche un khakkhara ("bastone da monaco") di bronzo dorato e cesellato, datato da un'iscrizione all'873 d.C., e un incensiere d'argento parzialmente dorato datato all'869. Fra i manufatti che avevano al contempo funzioni religiose e secolari si segnalano due sfere, d'argento parzialmente dorato e decorato a giorno, al cui interno era sospeso, tramite un nodo cardanico, un "fornello" per bruciare essenze profumate. Oggetti di questo tipo erano usati sia per scopi rituali, sia per profumare gli abiti. Non meno importante una serie di utensili destinati alla preparazione e degustazione del tè che trovano riscontro in quanto descritto nel Chajing ("Il Classico del Tè") di Liu Yu (758 d.C. ca.): fra questi, un cestino per foglie di tè d'argento parzialmente dorato e decorato a giorno con un reticolo "a monete cinesi" contro cui si stagliano coppie di anatre in volo. Fra le sete, ricamate in filo d'oro e d'argento, si segnala un gruppo di abiti in miniatura, probabile tributo dell'imperatrice Wu Zetian per la piccola immagine del Bodhisattva Avalokitesvara. Delle 16 porcellane portate alla luce nel vano centrale, almeno 13 sono di porcellana invetriata del rarissimo tipo noto come mise (colore segreto). Due ciotole con il bordo rivestito d'argento sono ricoperte all'esterno con lacca nera intarsiata d'oro e argento, le altre sono prive di decori con vetrina verde-azzurra, del tipo huqing.
Infine, uno dei ritrovamenti più importanti è rappresentato dal vasellame di vetro. In Cina la produzione di vetri è attestata già nel periodo Stati Combattenti (476-221 a.C.), ma ancora in epoca Tang i vetri importati dal Vicino Oriente erano particolarmente apprezzati soprattutto per la loro traslucenza, di cui in Cina si ignorava la tecnica di realizzazione; il loro ritrovamento nell'ambito dei corredi funerari dell'aristocrazia e degli apparati buddhisti sembra confermarne il ruolo di oggetti di rango e simbolici. Tra i 20 pezzi recuperati nel vano più interno di F. (19 dei quali intatti), una tazza di vetro giallo-verde, fornita di base d'appoggio, è di probabile manifattura cinese, mentre gli altri (che includono 10 piatti di vetro blu, di cui 4 decorati a incisione con nastri e motivi floreali intarsiati d'oro) sono importati, probabilmente da Nishapur (Iran), dove erano prodotti piatti confrontabili con quelli di F., o da altri centri islamici come, ad esempio, Samarra (Iraq).
Bibliografia
Fufeng Famensi Tangdai Digong Fajue Jianbao [Breve rapporto sullo scavo del deposito sotterraneo della pagoda Tang di Famensi, Fufeng], in Kaogu Yu Wenwu, 2 (1988), pp. 94-106; Fufeng Famensi Ta Tangdai Digong Fajue Jianbao [Breve relazione della scoperta del reliquiario della pagoda Tang di Famensi, Fufeng], in Wenwu, 10 (1988), pp. 1-28; R. Whitfield, The Significance of the Famensi Deposit, in Orientations, 1990, pp. 84-85; Zhu Qixin, Buddhist Treasures from Famensi. The Recent Excavation of a Tang Underground Palace, ibid., pp. 77-83; C. Michaelson, Gilded Dragon. Buried Treasures from China's Golden Ages, London 1999, pp. 148-62; Yang Xiaoneng (ed.), The Golden Age of Chinese Archaeology. Celebrated Discoveries from the People's Republic of China, Washington (D.C.) 1999, pp. 462-85.
di Maria Luisa Giorgi
Portato a termine durante il regno di Yang Di, imperatore della dinastia Sui, il G.C. congiungeva lo Yangtze, nella Cina meridionale, al Huanghe nella Pianura Centrale. I primi tentativi di unire i due grandi fiumi, anche per evitare la navigazione costiera, sembrano essere iniziati alla fine del periodo Stati Combattenti, per continuare ininterrotti fino al compimento dell'epoca Sui; successivamente il G.C. fu esteso fino a raggiungere la zona di Pechino.
Negli anni Cinquanta del XX secolo, a Liuzi (distr. di Suixi, Prov. di Anhui) furono messi in luce i resti del G.C. di epoca Sui (581-618) e Tang (618-907), che permisero di definire il suo percorso in questa regione naturalmente ricca di corsi d'acqua e acquitrini. Nel 1999 nella stessa zona fu riportato alla luce un molo dell'epoca della dinastia Song (960-1279) che dimostra come questa tratta sia stata continuativamente in uso dal VI al XII secolo. Il ritrovamento di otto imbarcazioni di epoca Tang, affondate con il loro carico, rese la scoperta di importanza ancora maggiore; in particolare, il fatto che le porcellane rinvenute nei relitti provenivano da fornaci dislocate in tutto il Paese attestava l'importanza dei commerci tra il Nord e il Sud, che garantivano un continuo rifornimento di beni alle capitali settentrionali. Il molo di carico delle merci (14,3 × 9 m, alt. attuale 5,5 m) risultò addossato all'argine meridionale, costruito con lastre di pietra di grandezza differente e con il riutilizzo di mattoni figurati di epoca Han (206 a.C. - 220 d.C.); l'intera struttura poggiava su una base costituita da strati alternati di frammenti di tegole e löss, inframmezzati da terra battuta. A più di 6 m di profondità sul fondo del canale sono state individuate le imbarcazioni, delle quali solo tre poterono essere estratte e disidratate per la conservazione. Di una sono rimaste integre la parte destra dello scafo e la poppa rettangolare (lungh. conservatasi 12,6 m). La seconda (mal conservata, lungh. attuale 23,6 m) aveva lo scafo a fondo piatto e i fianchi leggermente arcuati in tavole di legno, mentre la terza aveva lo scafo monossilo (lungh. 10,6 m) e trasportava, tra le altre merci, giare per la conservazione di verdure. Una notevole quantità di manufatti è stata rinvenuta all'interno e all'esterno degli scafi: asce di ferro, ancore di pietra, tegole fittili, monete di bronzo delle dinastie Tang e Song Settentrionali (960-1127), giare e ciotole di ceramica e, soprattutto, porcellane provenienti da fornaci sia meridionali che settentrionali (Dingyao, Xingyao e Cizhou). Notevole è stato inoltre il rinvenimento di porcellane dell'epoca della dinastia Liao (907-1125), che attesta il perdurare dei commerci e l'uso del G.C. anche nei periodi di divisione del Paese.
Kan Xuhang, Yunhe kaogude zhongda tupo - Huaibei Liuzi Sui Tang da yunhe yizhi [Decisiva scoperta archeologica relativa al Grande Canale - I resti del Grande Canale di epoca Sui e Tang a Liuzi, Huaibei], in Zhongguo shinian bai da kaogu xin faxian - Top 100 New Archaeological Discoveries of China, 1990-1999, Beijing 2000, pp. 681-87.
di Filippo Salviati
Località situata nei sobborghi di Xi'an (Prov. di Shaanxi), dove è stato rinvenuto (1970) un tesoretto dell'epoca della dinastia Tang (618-907), composto da oltre 1000 manufatti, per lo più di metalli preziosi, stipati entro due recipienti d'argilla e uno d'argento.
Il luogo del rinvenimento è stato identificato come la residenza di Li Shouli, principe di Bin, deceduto nel 741 e cugino dell'imperatore Xuanzong: il tesoretto sarebbe stato interrato da qualche membro della famiglia di Li Shouli al momento di lasciare Chang'an, qualche tempo prima che il generale ribelle An Lushan attaccasse la capitale Tang, nel 755. Un'altra interpretazione avanzata di recente suggerisce che gli oggetti siano invece appartenuti a Liu Zhen, alto funzionario statale delle imposte, come indicherebbero le iscrizioni su 22 piccoli lingotti d'argento raccolti come pagamento di tasse. L'eterogeneo tesoretto di H., la cui esatta datazione è oggetto di dibattito, costituisce uno dei più importanti ritrovamenti per lo studio dell'oreficeria Tang: nella mutuazione di iconografie e tipologie straniere sposate a motivi della tradizione cinese si riflette la fitta rete di rapporti che i Tang intrattennero con altri Paesi e gli influssi culturali da questi derivanti. Forme ispirate a prototipi tardoantichi e del mondo iranico, quali bacili e coppette con prese ad anello, riuniscono infatti iconografie sogdiane e scene di vita domestica cinese; manufatti di derivazione classica ‒ quali un piccolo rhytòn di agata ‒ si affiancano a forme squisitamente cinesi, come le coppette di giada, mentre un gruppo di zaffiri, topazi e rubini celati in un contenitore d'argento è sicura testimonianza di importazioni.
Bibliografia
Xi'an nan jiao Hejiacun faxian Tang dai zhizang wenwu [Il rinvenimento di un tesoretto Tang a Hejiacun, Xi'an], in Wenwu, 1 (1972), pp. 30-42; Qi Dongfang, The Burial Location and Dating of the Hejia Village Treasures, in Orientations, 34 (2003), pp. 20-24; V. Hansen, The Hejia Village Hoard. A Snapshot of China's Silk Road Trade, ibid., pp. 14-19.
di Sabrina Rastelli
Gruppo di fornaci ceramiche dislocate in 31 località presso la città di Fengcheng (Prov. di Jiangxi), elencate nel Chajing ("Il Classico del Tè") di Liu Yu (758 d.C. ca.) al quinto (e ultimo) posto tra i produttori di invetriature ferruginose (céladon) ispirate alle rinomate manifatture di Yue. Le campagne di scavo hanno dimostrato che le fornaci di H. iniziarono la loro produzione alla fine dell'epoca della dinastia Han Orientali (25-220) e cessarono di essere utilizzate all'epoca delle Cinque Dinastie (907-960).
Durante otto secoli di attività esse produssero esclusivamente ceramica con invetriatura verde cotta in forni del tipo "a drago", caratteristici della Cina meridionale, consistenti in lunghe camere di cottura (ca. 1200-1300 °C) sviluppate lungo il fianco di colline. Il periodo più importante per le manifatture di H. sembra essere quello che va dall'inizio della dinastia Jin Orientali (317-420) alla fine del periodo delle Dinastie del Sud (420-589), quando esse produssero vasellame a impasto fine, grigio chiaro, rivestito con invetriatura trasparente, brillante, ma ricca di dense incrinature e per questo poco aderente, di colore verdastro (céladon) a forti sfumature gialle. Quando era presente, la decorazione si limitava a petali di loto intagliati a rilievo sulla superficie esterna, o a fiori di loto incisi o intagliati sul fondo di forme aperte. Oltre ai sostegni a pilastro, usati per sollevare le pile di manufatti dal pavimento della camera di cottura, i vasai di H. usavano separare i singoli pezzi con distanziatori cilindrici a bordo dentellato e rivolto verso il basso (la cui traccia rimaneva, quindi, sul fondo del contenitore inferiore). Nel corso del VI secolo gli artigiani di H. introdussero un'innovazione di eccezionale portata nella storia della porcellana: l'uso di scatole da cottura (muffole), che permettevano di proteggere i manufatti di migliore qualità da danni meccanici o derivanti dalle alte temperature. Nell'epoca delle dinastie Sui (581-618) e Tang (618-907) a H. per celare le impurità del corpo ceramico si ricorse all'applicazione di uno strato di ingobbio bianco sotto la vetrina trasparente dalle sfumature paglierine; contemporaneamente gli accessori da forno si ridussero a semplici distanziatori ad anello e a muffole cilindriche.
Bibliografia
Yu Jiadong, Hongzhou yao [I forni di Hongzhou], in Zhongguo kaogu xuehui di san ci nianhui lunwenji, Beijing 1981; Jiangxi Fengcheng Hongzhou yao yizhi diaocha baogao [Rapporto sulla ricognizione dei forni di Hongzhou, Fengcheng, Jiangxi], in Nanfang Wenwu, 2 (1995), pp. 1-29; Qin Dashu, Lun Hongzhou yao de zhuangshao gongyi [Tecniche di cottura nei forni di Hongzhou], in Kaoguxue Yanjiu, 4 (2000), pp. 300-20; Zhang Wenjiang, Hongzhou yao [I forni di Hongzhou], Shanghai 2002.
di Maria Luisa Giorgi
Necropoli ubicata nei pressi della città di Ning'an (Prov. di Heilongjiang), dove sono state rinvenute (1995) tombe riferibili all'etnia Mojie (o Mohe); a essa si deve la fondazione nel 688 del regno di Bohai, esteso dalla Manciuria centro-meridionale alla Corea settentrionale, che fu per quasi due secoli (688-926 d.C.) la principale potenza e ponte culturale tra la Cina e la Corea.
La necropoli, situata a circa 6,5 km dalla "capitale superiore" di Bohai, Longxianfu, sebbene abbia subito seri danni su tre lati del comprensorio è attualmente la più grande tra le oltre 20 necropoli Bohai fino a oggi note e appartiene al periodo immediatamente successivo alla fondazione dello Stato. Vi sono state portate alla luce 323 tombe e, attestati per la prima volta, 7 altari sacrificali, per complessivi 10.000 m2. Le tombe sono costituite generalmente da fosse poco profonde a pianta rettangolare (talvolta con un piccolo vano d'accesso sul lato corto in posizione eccentrica) o trapezoidale, sia a camera singola che doppia; le fosse sono rivestite da lastre e blocchi di pietra che spesso incorniciano anche il bordo della fossa, lasciando però libero uno stretto passaggio d'ingresso, per lo più rivolto a sud; relativamente poche sono invece le tombe con rivestimento di mattoni (di colore rosso o grigio, rettangolari, triangolari o trapezoidali) o di mattoni e pietra. Le tombe (ampiezza tra 3,5 × 4 m e 0,5 × 1 m ca.) contengono, per la maggior parte dei casi, sepolture secondarie con più individui, mentre rare sono le sepolture di un solo inumato o quelle contenenti ceneri, forse da cremazione. I corredi, relativamente scarsi, sono caratterizzati da utensili di bronzo, armi ed elementi di corazza di ferro, gioielli e ornamenti d'agata, di bronzo dorato, oro e argento e specchi di bronzo di fattura cinese riferibili all'epoca Tang. La maggior parte del corredo è costituita da varie tipologie di vasi di ceramica per liquidi e granaglie; in alcuni casi i vasi recano iscrizioni in caratteri cinesi che forniscono dati sul sistema amministrativo di Bohai. Di grande rilievo è stato il rinvenimento di sette altari a pianta rettangolare, con un piano pavimentale di acciottolato o terra battuta e il muro esterno composto da lastre di pietra lisciate solo sulla faccia a vista; al loro interno, oltre a diversi vasi fittili, sono stati rinvenuti ornamenti di bronzo dorato e d'argento, perle di agata e denti di cavallo, questi ultimi forse da mettere in relazione con cerimonie sacrificali in onore del defunto.
Bibliografia
Heilongjiang Ning'an Hongzun yuchang mudi de fajiue [Lo scavo di una necropoli presso la peschiera di Hongzun a Ning'an, Heilongjiang], in Kaogu, 2 (1997), pp. 1-16; Jin Taishun, Bohai muzang yanjiu zhong de jige wenti [Alcune questioni nello studio delle necropoli Bohai], ibid., pp. 17-27; Jin Taishun - Zhao Zhefu, Qian suoweijiande Bohaiguo muzan - Ning'an Hongzun yuchang Bohai muqun [Tombe senza precedenti del regno di Bohai: le tombe Bohai di Hongzun, Ning'an], in Zhongguo shinian bai da kaogu xin faxian - Top 100 New Archaeological Discoveries of China, 1990-1999, Beijing 2000, pp. 661-66.
di Victor H. Mair
Sito, noto anche come Yarkhoto, ubicato circa 10 km a ovest dell'odierna Turfan (Regione Autonoma dello Xinjiang Uygur), corrispondente a un'antica città costruita sulla sommità (1650 m s.l.m.) di un altopiano di löss indurito (largh. ca. 30 m).
Quest'ultimo si erge a picco sulla valle formata da due fiumi che scorrono alle sue spalle e lungo i suoi lati per poi congiungersi (da cui il nome del sito, "alla confluenza") sul fronte fortemente scosceso dell'altopiano. Nella valle i campi erano irrigati con l'abbondante acqua fluviale, ma il sito sulla sommità dell'altopiano è privo di vegetazione e le risorse idriche dovevano esservi trasportate dai fiumi sottostanti oppure essere estratte scavando profondi pozzi. In ragione della sua posizione isolata, la città era priva di mura difensive; al suo interno la maggior parte degli edifici e delle strade era scavata direttamente nel löss: in alcuni casi i vani erano scavati orizzontalmente, in altri erano a pozzo ricoperto da un tetto. Scarsamente attestata è la presenza di muri in alzato, presenti solo in alcune delle abitazioni a pozzo per ricavare un secondo piano. L'abitato copre circa due terzi del pianoro (settore sud-est), mentre circa un terzo (settore nord-ovest) è occupato da una necropoli datata almeno dal VI secolo. L'accesso alla città era consentito solo da due varchi, uno a est e l'altro sul lato sud-occidentale; essa era suddivisa in tre settori: la strada principale, in direzione nord-sud, separava le aree residenziali situate nei settori orientale e occidentale. All'estremità settentrionale di tale strada è ubicato un vasto tempio che assolveva le funzioni di centro di un quartiere monastico. Nella parte meridionale del settore est è localizzato un grande cortile residenziale (più di 3000 m2) che comprende, tra gli altri, i resti degli uffici governativi e una prigione. J. si sviluppò verosimilmente a partire dal III sec. a.C. circa; all'epoca dei primi contatti della dinastia Han Occidentali con le Regioni Occidentali (come erano chiamate le terre a ovest del Gansu) essa fu il principale centro della compagine statale dei Cheshi Meridionali fino al 450 d.C.; la massima fioritura della città, che assunse l'aspetto e l'estensione attuale, avvenne durante il regno di Gaochang (Qocho), retto dal clan dei Qu, e poi in epoca Tang, quando la regione di Turfan divenne la "commanderia" di Xizhou: in questo periodo J. fu seconda solo a Gaochang (Karakhoja). L'abbandono della città avvenne lentamente dopo la "guerra santa" portata da Kizir Kwara negli anni Novanta del 1300 contro le città della regione di Qocho; intorno al 1413-15 solo un centinaio di famiglie, come riportato da un testimone di epoca Ming, abitava tra i resti di J.
Bibliografia
Jiaohe gucheng - 1993, 1994 niandu kaogu fajue baogao [L'antica città di Jiaohe - Relazione di scavo, campagne 1993 e 1994], Beijing 1998; Xie Yaohua et al. (edd.), Jiaohe gucheng: baohu yu yanjiu [Conservazione e ricerche nelle antiche rovine di Jiaohe], Ürümqi 1999; Jiaohe Gouxi - 1994-1996 niandu kaogu fajue baogao [La gola occidentale di Jiaohe. Relazione degli scavi archeologici, campagne 1994-1996], Ürümqi 2001; Meng Fanren, A Study of the Layout of Ancient City of Jiaohe (Yarkhoto), in Chinese Archaeology, 2 (2002), pp. 66-72.
di Oscar Nalesini
Principale centro abitato (tib. lHa.sa, "terra degli dei") del Tibet, situato nella Piana di Latte, una fertile porzione della valle del Kyichu (sKyid.chu), al crocevia delle principali vie di comunicazione che collegano quest'area con le Province Settentrionali, la Cina e l'India.
Per l'assenza di scavi non si possiedono dati fino al VII sec. d.C. Il nome più antico di L. attestato dall'epigrafia è Ra.sa ("terra recintata"); il toponimo si riferisce probabilmente a un importante luogo fortificato. Il re Songtsen Gampo (Sroṅ.btsan sgam.po, 610-649), al quale le fonti attribuiscono il ruolo di civilizzatore del Tibet, elevò L. al rango di capitale. Al centro della città è lo Tsuglag Khang (gTsug.lag.khang), complesso monumentale costruito attorno al tempio Jo.khaṅ. L'edificio, la cui fondazione è attribuita a Songtsen Gampo, è particolarmente importante per il culto; la sua pianta ricorda i monasteri indiani di epoca Gupta. I pesanti capitelli lignei dei pilastri, decorati con geni volanti (gandharva), tradiscono la stessa ispirazione. Altri elementi scultorei, come l'architrave ligneo con scene narrative in bassorilievo iscritte in metope intercalate da colonne, ricordano le opere nepalesi del VII-VIII secolo. Il Jokhang (Jo.khang) fu restaurato una prima volta nell'XI secolo: Ripumalla, re del Tibet occidentale, vi fece aggiungere alla fine del XIII secolo un uthog (dbu.thog, tetto o sopraelevazione) dorato di concezione nepalese. Il tempio ospita una placca di rame dorato con una rappresentazione della tonsura di Shakyamuni, affiancato da Brahma e Indra, del XII secolo. Sempre a Songtsen Gampo si fanno risalire la fondazione del tempio Marpori (dMar.po.ri) e di altre strutture religiose menzionate dall'editto di Thide Songtsen (K'ri.lde sroṅ.btsan, 799-815) e dall'iscrizione di sKar.chuṅ, mentre alla sua consorte cinese Wen Cheng viene attribuita la fondazione del tempio Ramoche (Ramo.che), eretto sul modello indiano di Vikramashila; i rimaneggiamenti posteriori non permettono di distinguere le parti originarie. Al IX secolo risalgono alcuni importanti pilastri di pietra (rdo.ring): quello con il trattato tra Cina e Tibet dell'821-822, collocato presso la porta occidentale dello Tsulag Khang, e il Pilastro di Shol (Zhol rdo.ring), situato ai piedi del colle del Potala, con altre tre iscrizioni. A Shangdab, circa 8 km a ovest di L., P. Aufschnaiter ha scavato alcune piccole necropoli con tumuli e tombe in pessimo stato di conservazione; egli ha riconosciuto tre fasi, di cui la prima caratterizzata da ceramica modellata a mano e le successive al tornio. La tomba XII, della fase B, aveva la camera mortuaria chiusa da lastre di pietra e un pozzetto di accesso; il corredo comprendeva oggetti di ceramica e legno. Per questa tomba è ipotizzabile una datazione al IX-X secolo in base a confronti con le tombe del Tianshan, dato che mancano confronti in Tibet. Non si hanno notizie di particolare interesse su L. tra la presunta persecuzione del buddhismo del re Langdarma (gLang.dar.ma, m. 842) e il XIV secolo. Con l'ascesa al potere della setta dGe.lugs.pa il territorio della periferia di L. venne organizzato attorno a due dei tre principali monasteri della setta: Drepung ('bras.pungs, 1416) e Sera (Se.ra, 1419). I lavori più importanti risalgono però al XVII secolo, quando durante l'istituzione dello Stato ecclesiastico l'aspetto di molti monumenti mutò profondamente: vennero aggiunti cortili e altri corpi di fabbrica Jokhang e si eresse il Potala, imponente residenza del Dalai Lama, sul luogo indicato dalla tradizione come la residenza di Wen Cheng.
S. Chandra Das, A Journey to Lhasa and Central Tibet, London 1902; P. Landon, Lhasa. An Account of the Country and People of Central Tibet, London 1905; G. Tucci, A Lhasa e oltre, Roma 1950; H. Richardson, Ancient Historical Edicts at Lhasa, London 1952; P. Aufschnaiter, Prehistoric Sites Discovered in Inhabited Regions of Tibet, in EastWest, 7 (1956-57), pp. 74-88; Liu Yisi, Arte buddhista tibetana (in cinese), Beijing 1957; A. Ferrari, mK'yen brtse's Guide to the Holy Places of Central Tibet, Rome 1958; S. Hummel, Die Kathedrale von Lhasa, in Antaios, 7 (1965), pp. 280-90; G. Tucci, Tibet, Ginevra 1975; H. Richardson, The Jo-khang "Cathedral" of Lhasa, in A. MacDonald - Y. Imaeda (edd.), Essais sur l'art du Tibet, Paris 1977; G. Béguin, Les arts du Népal et du Tibet, Paris 1987; Tu Shungeng, Architettura in Tibet nel periodo dell'Antico Regime (in cinese), in Wenwu, 5 (1994), pp. 24-53.
di Maria Luisa Giorgi
Anche i resti della L. di epoca Sui-Tang sono localizzati, come quelli della città Wei, a 15 km a est della L. odierna (Prov. di Henan); le indagini sul sito iniziate alla metà degli anni Cinquanta del XX secolo sono ancora sostanzialmente in corso, sebbene siano già state effettuate molte importanti scoperte relative sia ai resti di strutture palaziali, che templari e funerarie.
Nel 605 d.C. l'imperatore Yang Di, fondatore della dinastia Sui, fece ricostruire la città a ovest del Tempio del Cavallo Bianco (Baimasi) prendendo a modello la pianta di Chang'an e ne fece la capitale della dinastia. Gli imperatori Tang vi apportarono modifiche, ma l'impianto rimase sostanzialmente immutato e L. divenne la "capitale orientale" (dongdu) della dinastia, sebbene sia stata Chang'an la residenza della maggior parte dei sovrani Tang. Le indagini e gli scavi degli ultimi cinquant'anni hanno chiarito che la città imperiale è situata nell'angolo nord-ovest della cinta muraria esterna e il palazzo imperiale, a pianta rettangolare, ne occupa la porzione settentrionale. Nella zona sud-est della "città orientale", di periodo Sui e Tang, è stato portato alla luce un complesso amministrativo il cui nucleo principale sorgeva nella porzione ovest, fortemente danneggiata. Nella metà orientale, meglio conservata, sono stati individuati i resti della parte a giardino.
All'interno dell'area palaziale sono state identificate infatti strutture di diverso tipo, tra cui il mingtang, e, a nord-ovest, il Lago Jiuzhouchi con le sue isole artificiali, i corridoi porticati e i padiglioni aperti. Sono state individuate inoltre le cinte murarie di terra battuta rivestita di mattoni e le porte; nel 1990 è stata scavata la torre di guardia (que) orientale della Porta Yingtianmen (Porta Zetianmen sotto i Sui), scoperta nel 1988. Questa porta, costruita nel 605 sotto i Sui e utilizzata per oltre 300 anni, costituiva l'ingresso principale al palazzo: essa ha tre fornici ed è formata da bastioni laterali aggettanti, torrette laterali a pianta quadrata e torri di guardia collegate da corridoi; al suo interno sono stati rinvenuti alcuni testi scritti su giada risalenti all'imperatore Yuan Di (905-907). Sul lato orientale del palazzo è stata scoperta un'area a pianta rettangolare (430.000 m2) circondata da mura, la cui costruzione risale al periodo Sui; qui, disposti in file ordinate, sono più di 200 granai ipogei (diam. 8-18 m, prof. 6-12 m) per l'immagazzinamento dei cereali, le cui pareti interne e il fondo di terra battuta erano stati foderati con erba, legno e stuoie in modo da resistere all'umidità. Dentro i granai sono stati trovati mattoni con iscrizioni in cui sono annotati la quantità e il tipo di cereali conservati, la loro provenienza, la data di stoccaggio e altri importanti dati per la ricostruzione del sistema di gestione dei cereali sotto i Tang. A est della città imperiale sono state scoperte (1991) due fornaci per la produzione di tegole di vario tipo e mattoni decorati utilizzati per la costruzione del palazzo imperiale; un'altra fornace, in cui sono state rinvenute più di 120 porcellane, è stata identificata (2003) nell'area del palazzo. Nel 1992 è stato intrapreso lo scavo dell'abitazione di uno dei più famosi e amati poeti della dinastia Tang, Bai Juyi (o Po Chuyi), alla periferia meridionale della città; qui sono stati portati alla luce strade, canali, pilastri con iscrizioni, alcuni edifici e il giardino della casa del poeta. Nel 2003 sono iniziate le indagini nel mercato meridionale, situato all'interno della cinta muraria esterna della città, nella zona commerciale suddivisa in 109 quartieri (lifang), 64 dei quali già sottoposti a sondaggi. Sono iniziati nel 2004 gli scavi per portare alla luce quello che era il mercato più grande della Cina: gli archeologi cinesi si propongono di dimostrare che era L., e non Chang'an, il termine orientale della Via della Seta.
Più di 100 tombe di epoca Tang sono state rinvenute intorno alla città, in particolare sui rilievi dei Monti Mangshan, un'area di sepoltura usata dall'epoca della dinastia Zhou Occidentali (1045-771 a.C.) a quella della dinastia Qing (1644-1911). Tra le sepolture di epoca Tang, la M64, di grandi dimensioni, esemplifica la struttura condivisa da molte delle altre tombe: essa presenta una lunga rampa d'accesso, un corridoio e un'unica camera funeraria ipogea a pianta quadrangolare, con la piattaforma di mattoni per il sarcofago sul lato ovest. Secondo l'iscrizione, la tomba apparteneva a un tale Qutu Jizha, morto nel 681, figlio di un funzionario della regione nord-orientale del Liaodong; all'interno il ricco corredo comprendeva 92 manufatti fittili, tra cui statuine di ceramica "a tre colori" (sancai) raffiguranti guardiani di tomba teriomorfi (zhemushou), servitori, funzionari, cavalieri, palafrenieri. Nel 1981 è stata scavata la tomba di An Pu e della sua consorte, dell'inizio della dinastia Tang; il defunto, come si deduce dall'iscrizione, era un capo sogdiano, nominato dai Tang "generale pacificatore delle regioni lontane" (dingyuan jiangjun) quando la zona occidentale dello Xinjiang passò sotto il controllo cinese con la sconfitta dei Tujue (Turchi) orientali nel 630. Nella tomba è stata rinvenuta una moneta d'oro dell'imperatore bizantino Foca (602-610), insieme a porcellane, oggetti d'agata, specchi di bronzo e un centinaio tra ceramiche monocrome e "a tre colori"; tra queste ultime, molte statuine, di eccezionale valore artistico, raffiguranti personaggi stranieri, cammelli e cammellieri.
Bibliografia
Luoyang Sui Tang dongducheng 1982-1986 nian kaogu gongzuo jiyao [Sommario del lavoro archeologico a Luoyang, capitale orientale Sui e Tang, 1982-1986], in Kaogu, 3 (1989), pp. 234-50; Luoyang Hanjiacang 1988 nian fajue jianbao [Breve relazione dello scavo del 1988 dei magazzini Hanjia a Luoyang], in Wenwu, 3 (1992), pp. 9-14; Henan kaogu sishi nian 1952-1992 [Quarant'anni di archeologia nella Prov. di Henan, 1952-1992], Zhengzhou 1994; Luoyangshi zhi [Annali della città di Luoyang], XIV, Zhengzhou 1995; Tang Rui Zong guifei Doulu shi mu fajue jianbao [Rapporto di scavo della tomba della concubina di Tang Rui Zong, della famiglia Doulu], in Wenwu, 8 (1995), pp. 37-51; R. Ciarla, s.v. Luoyang, EAA, II Suppl. 1971-1994, III, 1995, pp. 481-86; Chengque gao bai chi - Sui Tang Luoyang Yingtianmen dongque yizhi [Torri di guardia alte 100 chi - I resti della torre orientale della Porta Yingtianmen nella Luoyang Sui e Tang], in Zhongguo shinian bai da kaogu xin faxian 1990-1999 - Top 100 New Archaeological Discoveries of China 1990-1999, Beijing 2000, pp. 624-29.
di Filippo Salviati
Località a circa 80 km a ovest di Xi'an (Prov. di Shaanxi), dove sorge il giardino funerario (yuanling) del terzo imperatore Tang, Gaozong (649-683) e della consorte, Wu Zetian (624-705). Il fulcro del complesso, in origine esteso su circa 40 km2, è la tomba imperiale scavata nel fianco del Monte Ling, in modo tale che, dominando i circostanti terrazzi di löss affacciati sulla valle del Fiume Wei, desse l'impressione di un grande tumulo.
Concepito come una vera e propria cittadella funeraria, con struttura analoga a quella di Chang'an, il complesso era protetto da una doppia cinta muraria con una porta di accesso su ciascun lato e da numerose strutture distribuite attorno al mausoleo e nel vasto recinto. Diversi sondaggi condotti negli ultimi tre decenni hanno messo in luce resti della cerchia muraria più interna, delle quattro porte monumentali e il basamento di alcuni edifici. Dell'immensa struttura è oggi visibile la shendao o "via degli spiriti", il lungo viale di accesso alla tomba, non ancora scavata, fiancheggiato da statue di pietra raffiguranti animali, dignitari, funzionari di corte e la guardia privata dell'imperatore. Un gruppo di circa 60 statue, quasi tutte acefale, collocate all'inizio della shendao rappresenta ambasciatori e sovrani di altri paesi che rendono omaggio al defunto imperatore. La costruzione del complesso ebbe termine nel 684, ma la sepoltura venne riaperta nel 705 per fare posto alle spoglie di Wu Zetian: unico caso, in Cina, di una coppia imperiale seppellita entro la stessa tomba. All'interno del complesso si trovano molte tombe-satellite, alcune delle quali scavate a partire dagli anni Cinquanta del Novecento: importanti, per la qualità eccezionale delle pitture murali in esse rinvenute, sono quelle dei membri della casa imperiale, i principi Yide (682-701), Zhanghuai (653-684) e la principessa Yongtai (684-701). Le tombe, a tumulo circondato da cinta muraria di terra battuta, presentano tutte la stessa tipologia: camere ipogee (solitamente camera funeraria e anticamera), alle quali si accedeva mediante una ripida rampa seguita da un corridoio con ripostigli laterali, ognuno dei quali simboleggiava una parte dell'abitazione o del contesto sociale del defunto in funzione della tipologia degli elementi del corredo che vi erano disposti. Questi ultimi erano formati prevalentemente da statuine funerarie di ceramica con vetrina "a tre colori" (sancai), raffiguranti cavalli del Ferghana, arcieri, attendenti e "re celesti", i guardiani delle quattro direzioni. Le pareti delle tombe, inclusi i camminamenti, sono decorate con pitture a secco su intonaco, con soggetti ispirati alla vita quotidiana della corte Tang. I defunti erano collocati all'interno di sarcofagi di pietra a forma di padiglione, decorati esternamente a bassorilievo con soggetti affini a quelli delle pitture murali.
Bibliografia
Tang Qianling kancha ji [Note sulle ricognizioni nel Qianling dei Tang], in Wenwu, 4 (1960), pp. 53-60; Xi'an jiaoqu Sui Tang mu [Tombe Sui e Tang nel territorio di Xi'an], Beijing 1966; Xi'an Wenwu yu Guji [Le antichità di Xi'an], Beijing 1983, pp. 43-46; Highlights of the Tang Dynasty Tomb Frescoes, Xi'an 1991.
di Sabrina Rastelli
Fornace ubicata nel territorio della città di Cixi (Prov. di Zhejiang) appartenente al vasto sistema dei forni di Yue, dal nome di un antico regno fiorito nella regione del basso Yangtze, che a partire dal IV-III sec. a.C. produssero, assieme a quelli di Shanglinhu (Yuyao, Zhejiang), da cui S. dista 4 km, ceramiche a corpo grigio con invetriatura ferruginosa di colore variabile dal verde oliva al grigio (cd. céladon meridionali).
Nella seconda metà del I millennio d.C. tale vasellame fu non solo apprezzato tributo presso la corte Tang, ma anche oggetto di una vasta esportazione verso i mercati asiatici. Gli scavi (1998-99) hanno rivelato che i forni di S., del tipo longyao ("a drago"; lungh. ca. 48-49 m), furono impiantati alla fine dell'epoca della dinastia Tang (618-907) e chiusi sotto la dinastia Song Meridionali (1127-1279); durante tre secoli di attività (in cui gli archeologi cinesi distinguono almeno sei fasi) fabbricarono unicamente ceramica con invetriatura céladon. Inizialmente la produzione sembra limitata a ciotole e a piatti con orlo polilobato (o "a corolla") su basso piede ad anello; l'invetriatura verde paglierino copriva il corpo grigio, spesso, pesante e privo di decorazione. Nel periodo dei Dieci Regni (902-979), quando la zona fu parte del regno di Wu-Yue, la varietà delle forme aumentò: le sagome si fecero eleganti e slanciate grazie a piedi più alti e sottili, mentre lo spessore del corpo ceramico fu ridotto e coperto da vetrina liscia e lucente di colore verde scuro o paglierino. La maggior parte dei manufatti era priva di decorazione, ma alcuni erano ornati da motivi raffiguranti coppie di pappagalli, di anatre mandarine o di farfalle in volo, da tartarughe, fiori (per lo più di loto) o draghi finemente incisi. Durante la dinastia Song Settentrionali (960-1127) si aggiunsero nuove forme, l'invetriatura verde assunse tonalità grigie o gialle di varia intensità; la decorazione, forse per influsso dei forni di Yaozhou, prediligeva motivi floreali complessi con i contorni intagliati e le aree interne trattate a pettine. All'inizio dell'epoca dei Song Meridionali (1127-1279) i forni produssero anche una piccola quantità di oggetti con caratteristiche stilistiche simili alla ceramica con invetriatura del tipo ru dei forni di Qingliangsi (Baofeng, Prov. di Henan): è possibile che tale cambiamento sia da mettere in relazione con lo spostamento della corte Song nel Meridione. La fornace di S., infatti, sembra avere prodotto ceramiche per uso rituale e di corte su commissione della casa imperiale nel periodo antecedente all'attivazione delle manifatture di Laohudong a Hangzhou, che divennero le "fornaci ufficiali" produttrici del vasellame per l'esclusivo uso quotidiano e liturgico della corte Song.
Bibliografia
Zhejiangsheng Yue yao Silongkou yao zhi fajue baogao [Rapporto di scavo dei forni Yue a Silongkou, Zhejiang], in Wenwu, 11 (2001), pp. 23-42, 65; Silongkou Yue yao zhi [I forni Yue a Silongkou], Beijing 2002.
di Filippo Salviati
Complesso palaziale, probabile residenza estiva, fatto edificare dall'imperatore Wen Di (r. 581-604) della dinastia Sui in prossimità di un'area montuosa nel distretto di Linyou (Prov. di Shaanxi), 163 km a nord-ovest di Xi'an. Conosciuto come "palazzo di Renshou", venne distrutto nell'836, verso la fine della dinastia Tang, allorché era anche noto come Jiuchenggong ("Palazzo delle Nove Perfezioni").
Il sito è stato oggetto di scavi (1994), concentrati in uno degli ambienti principali del complesso (largh. 1010 m, prof. 300 m) identificato come sala n. 37. La sala, di cui è stato riportato alla luce il basamento di pietra, è situata a est del nucleo centrale del complesso palaziale, orientata sull'asse nord-sud; come si evince dalla disposizione dei plinti, sui quali in origine poggiavano le colonne lignee, essa era suddivisa in più ambienti o stanze, nove sul lato anteriore, sei su quello posteriore. Ulteriori elementi architettonici recuperati dallo scavo includono tegole, alcune recanti nome e luogo di provenienza degli artigiani, e formelle rettangolari di pietra scolpite a bassorilievo. Tale fu la grandiosità e la fama del complesso che il palazzo venne idealmente celebrato anche nella pittura delle epoche successive, come, ad esempio, nel dipinto del 1691 realizzato da Yuan Jiang, pittore della dinastia Qing (attivo dal 1690 al 1746) conservato presso il Metropolitan Museum di New York.
Bibliografia
Sui Renshou gong Tang Jiucheng gong 37 hao dian zhi de fajue [Lo scavo dell'area 37 del palazzo di Renshou della dinastia Sui noto, sotto i Tang, come Jiucheng], in Kaogu, 12 (1995), pp. 1083-1099; An Jiayao, Sui Tang 'Xia Gong', in Zhongguo shinian bai da kaogu xin faxian 1990-1999 - Top 100 New Archaeological Discoveries of China 1990-1999, Beijing 2000, pp. 654-60.
di Maria Luisa Giorgi
Sito (Pref. Autonoma di Yanbian, Prov. di Jilin) identificato con Xiandefu, capitale dello Stato di Bohai fiorito tra il VII e il X secolo a opera delle tribù tunguse dei Mukri. Qin Mao, terzo sovrano di Bohai, vi trasferì la capitale e quando questa fu spostata a Longxianfu, X. rimase una delle cinque maggiori città del regno, la capitale centrale.
L'Istituto di Ricerca per i Beni Culturali e l'Archeologia della Provincia di Jilin ha intrapreso scavi (2000-2001) su un'area di 4400 m2. Nel 2000 sono state portate alla luce la porta meridionale della cinta muraria esterna e porzioni di mura a essa collegate; la porta aveva un solo fornice ed era di dimensioni piuttosto piccole (largh. ca. 4 m): ciò sembrerebbe indicare che non era questa l'entrata principale della città. Gli scavi nella parte centro-meridionale nella cinta muraria interna (2001) hanno portato alla luce un'area palaziale con i resti di un edificio a pianta rettangolare, costruito su una piattaforma di terra battuta e ciottoli di fiume, con una porta sul lato settentrionale, due porte sul lato sud e due ali laterali simmetriche a est e a ovest. A circa 15 m a sud, sono stati trovati i resti di un secondo edificio a pianta rettangolare; dagli scavi sono emersi numerosi elementi architettonici, come acroteri a coda di civetta, tegole di varie forme, antefisse con motivi fitomorfi, mattoni, elementi ornamentali a protome zoomorfa, molti dei quali mostrano influenze della Cina centrale; su alcune tegole sono impressi ideogrammi, verosimilmente sigilli di manifattura. I manufatti sembrano cronologicamente precedenti ai rinvenimenti a Longxianfu ed evidenziano la presenza di strutture palaziali ispirate a modelli architettonici e simbolici cinesi, sebbene con forte impronta locale.
Bibliografia
Jilin Helong Xigucheng chengzhi [Le rovine della città di Xigucheng a Helong, Jilin], in Zhongguo zhongyao kaogu faxian 2001 - Major Archaeological Discoveries in China in 2001, Beijing 2002, pp. 114-17.
di Sabrina Rastelli
Termine comprendente diversi siti, tra cui Huangbaozhen, Lidibo, Shandiancun, nel comprensorio della città di Tongchuan (Prov. di Shaanxi), circa 100 km a nord di Xi'an, che all'epoca della dinastia Tang (618-907) era amministrato con il nome di Y. I primi scavi a Huangbaozhen sono del 1958-59; le indagini ripresero nel 1973, ma scavi estensivi si condussero nel periodo 1984-98.
I forni di Y., attivi dalla metà dell'VIII sec. d.C. alla fine della dinastia Yuan (1279-1368), sono del tipo a camera singola mantou ("a pagnottella"); in epoca Tang essi produssero prevalentemente ceramica con invetriatura "a tre colori" (sancai), nera, bianca e, in piccola quantità, verde, mentre nel periodo delle Cinque Dinastie (907-960) si specializzarono nella produzione di ceramica con coperta azzurro traslucido applicata su uno strato di ingobbio bianco che mascherava il corpo ceramico grigio scuro ricco d'impurità. Il vasellame invetriato era posto su un letto di granelli di quarzo per impedire che in cottura la vetrina aderisse alla muffola; il quarzo, però, aderendo al bordo del piede, lo rendeva ruvido. Tale inconveniente fu risolto con l'adozione di distanziatori a tre braccia sistemati con gli speroni rivolti prima verso il piede e poi, per eliminare i segni ivi lasciati, verso la base. Questa tecnica fu ulteriormente raffinata dai ceramisti di Qingliangsi (Prov. di Henan) alla fine dell'XI secolo, nella produzione della pregiata invetriatura ru. Fino al X secolo la decorazione dei manufatti di Y., quando presente, era limitata a motivi floreali incisi, intagliati o applicati. Nell'XI secolo, parallelamente alla specializzazione nella produzione di vasellame a vetrina di colore verde (céladon), si verificò una radicale innovazione tecnico-stilistica: da una parte si riuscì a rendere la vetrina trasparentissima e di colore verde oliva (grazie alla presenza di ossidi di ferro e titanio), dall'altra la sintassi decorativa si fece molto più complessa e basata principalmente sulla tecnica dell'intaglio (inizialmente solo sull'esterno del vaso, poi su entrambi i lati e, infine, solo all'interno). Per soddisfare il mercato fu adottato, per le forme aperte, l'uso di stampi già decorati a intaglio sui quali l'intero manufatto era plasmato; il diverso spessore assunto dall'invetriatura, nei recessi della decorazione e in superficie, produceva un effetto "a bassorilievo" di eccezionale successo. Avendo elaborato migliori tecniche di lavaggio dell'argilla, il corpo ceramico grigio divenne inoltre più compatto e levigato, non richiedendo più lo strato di rivestimento bianco a copertura delle impurità. Oltre ai céladon, in epoca Song si produsse anche ceramica con vetrina di colore nero brillante e ruggine di altissima qualità. La conquista della Cina settentrionale da parte della dinastia Jin nel 1127 non danneggiò la produzione di Y., dove anzi si sperimentò un nuovo tipo di vetrina di colore verde molto tenue e traslucida, nota come "chiaro di luna".
Bibliografia
Shaanxi Tongchuan Yaozhou yao [Le fornaci di Yaozhou a Tongchuan, Shaanxi], Beijing 1965; Tangdai Huangbao yao zhi [I forni di Huangbao in epoca Tang], Beijing 1992; Wudai Huangbao yao zhi [I forni di Huangbao durante le Cinque Dinastie], Beijing 1997; Songdai Yaozhou yao zhi [I forni di Yaozhou in epoca Song], Beijing 1998; S. Rastelli - N. Wood - C. Doherty, Technological Development at the Huangbao Kiln Site, Yaozhou, in the 9th to 11th Centuries AD. Some Analytical and Microstructural Examination, in Guo Jingkun (ed.), Gu taoci kexue jishu 5. Guoji taolunhui lunwenji (ISAC '02), Shanghai 2002, pp. 179-93; S. Rastelli, The Technology of the Yaozhou Potter: Workshops, in East Asia Journal, 1 (2003); Ead., The Technology of the Yaozhou Potter: Kilns, ibid., in c.s.
YARGHUL
v. Jiaohe