Cina. I primi imperi: l'archeologia delle dinastie Qin e Han
di Roberto Ciarla
Il fortuito rinvenimento nel 1974 dell'Esercito di Terracotta nella Comune Popolare di Yanzhai presso Lintong (Xi'an, Prov. di Shaanxi) ha reso famoso in tutto il mondo il Primo Augusto Imperatore della dinastia Qin (Qin Shihuangdi) che, nel 221 a.C., unificò gli Stati Combattenti e istituì un governo centralizzato, che convenzionalmente chiamiamo "impero", portando così a compimento il lungo processo di aggregazione politica e culturale da cui sarebbe scaturita la nazione cinese.
Qin Shihuangdi fondò la prima dinastia imperiale, che sarebbe però finita entro pochi anni; un oscuro coscritto, tale Chen She, nel settimo mese del 209 a.C. organizzò una banda di ribelli dando inizio alla rivolta. Dopo un anno Chen She, che aveva assunto il titolo di re di Chu, fu eliminato; altre rivolte divamparono, il Secondo Augusto Sovrano dei Qin fu ucciso in una congiura di palazzo e a nulla valse la nomina di Ziying, suo nipote, a re di Qin: il titolo imperiale non aveva più significato poiché i capi dei rivoltosi avevano ormai ricreato i sei Stati Combattenti sconfitti e annessi da Qin Shihuangdi. Dopo 46 giorni di regno, Ziying si arrendeva, affidando il sigillo e i simboli del Figlio del Cielo al duca di Pei, Liu Bang, luogotenente del capo delle forze di Chu; Liu Bang sconfisse e annetté a sua volta i nuovi Stati Combattenti e nel 206 a.C. fondò la dinastia Han, tanto determinante per la storia e la cultura cinese che i Cinesi ancora oggi chiamano Han la loro lingua, la loro cultura e sé stessi.
L'archeologia, particolarmente dal 1949, ha fornito dati di importanza e portata incalcolabili per la conoscenza delle compagini politiche e delle culture che videro l'ascesa del regno di Qin dalla congerie degli Stati Combattenti, la formazione del primo impero, la sua prima conflagrazione con la caduta della dinastia Han Orientali (220 d.C.) e la spartizione del suo territorio in Tre Regni (Wei, Shu e Wu) nel periodo che da essi prese nome (220-280). È questo uno dei capitoli più avvincenti dell'archeologia: i rapporti di interazione tra culture di tutta l'Asia Estrema, che fortemente percepiamo sin dalla media età neolitica, diventano finalmente evidenti; si definiscono e consolidano circuiti di scambio di beni e di idee con l'apertura di nuovi mercati a livello continentale, di vie di comunicazione e migratorie e, per imitazione o per reazione all'impero Qin-Han, nuove forme di aggregazione sociale in grado di competere o di convivere con esso vengono a svilupparsi al suo interno e ben oltre i suoi confini. Ma non solo questo: l'archeologia della seconda metà del I millennio a.C. ha documentato, e continua a scoprire, le testimonianze di innovazioni tecnologiche (quali la fusione del ferro-ghisa-acciaio, la lavorazione della lacca, la sericoltura, la protoporcellana) che, per la maggior parte condotte a livello industriale, non soltanto avrebbero caratterizzato da allora in poi le culture e le economie dell'Asia orientale, ma avrebbero fortemente contribuito, assieme alle politiche espansioniste dell'impero Han da una parte e di Roma dall'altra, ad avvicinare l'Oriente Estremo al mondo mediterraneo. Una parte di tale mondo, anzi, sarebbe inconsapevolmente arrivata fino alle sponde dell'Oceano Pacifico attraverso l'arte ispirata al messaggio religioso buddhista: l'arte del Gandhara, a volte definita, forse in modo semplicistico ma significativo, arte indo-greco-buddhista o indo-romana-buddhista.
Dopo quasi trent'anni di ricerche sul campo fortemente determinate da scoperte fortuite conseguenti alla realizzazione di grandi e piccole opere pubbliche e alla crescita dell'agricoltura meccanizzata, l'archeologia cinese, dai primi anni Ottanta del Novecento, affianca a interventi d'urgenza la conduzione di grandi progetti di ricerca con scavi estensivi e pluriennali di importanti aree archeologiche in ogni parte del Paese. Particolare attenzione si è prestata all'indagine dei siti palaziali e ai grandi complessi sepolcrali degli imperatori Qin e Han, alle necropoli dei principali lignaggi aristocratici di epoca Han e a quelle dei diversi popoli e culture che, allora come oggi, compongono il mosaico della nazione cinese. Tra i rinvenimenti più importanti vale la pena di segnalare i resti del palazzo fatto erigere da Qin Shihuangdi a Shibeidi (contea di Suizong, Prov. di Liaoning) sulle sponde del golfo di Bohai, che fu successivamente usato, forse come residenza estiva, anche dagli imperatori Han. Nel livello riferibile a epoca Qin sono stati rinvenuti i resti di un'area con ambienti articolati intorno a due vasti cortili pavimentati con ciottoli e tavole dipinte di rosso su un letto di sabbia. L'impianto del sistema di drenaggio e trasporto delle acque, rinvenuto in ottimo stato di conservazione in alcuni ambienti, suggerisce la presenza di impianti di tipo termale. Di non minore rilievo i risultati delle campagne di scavo a Xianyang (capitale Qin) e a Chang'an (capitale Han), ambedue nell'area dell'odierna Xi'an, che hanno riportato in luce gran parte dei complessi palaziali imperiali, mentre vicino Canton (Guangzhou) sono stati scoperti i resti del più antico e articolato giardino della Cina antica, appartenuto al re di Nan Yue dell'epoca degli Han Occidentali. Senza precedenti le scoperte effettuate nei lingyuan imperiali ("giardini funerari", o più comunemente, ma in modo improprio, "mausolei") di Qin Shihuangdi, degli imperatori Jing Di e Xuan Di degli Han Occidentali, tutti nella zona di Xi'an, presso i quali è anche avvenuta l'importante scoperta delle officine specializzate nella produzione di statuine funerarie destinate alle grandi fosse di accompagnamento ai tumuli imperiali Han. A Yongcheng (Prov. di Henan) sono state scavate le necropoli del lignaggio reale del regno di Liangxiao, a iniziare da Liu Wu infeudato nel 144 a.C. dall'imperatore Jing Di, fino all'ultimo re di Liangxiao, Liu Yin, morto nel 5 a.C. La struttura di tali sepolture, simili a dimore profondamente scavate nella roccia, è dello stesso tipo delle tombe del principe Liu Sheng di Zhongshan e della sua sposa, Dou Wan, scoperte nel 1968 a Mancheng (Prov. di Hebei), e della più grande tomba in roccia (851 m2) fino a oggi scavata in Cina, la tomba del re di Chu a Shizishan presso Xuzhou, dove in 12 camere sotterranee, scavate nella viva roccia tra il 175 e il 118 a.C., sono stati rinvenuti 2000 manufatti di un corredo già depredato.
Le indagini nelle zone "periferiche" dell'impero, per l'epoca di cui trattiamo, hanno interessato sia siti già noti dagli anni Cinquanta, sia siti di più recente scoperta. Nuove indagini sono state condotte negli anni Novanta nelle necropoli di Shizhaishan e Lijiashan (Prov. di Yunnan), la prima da riconoscere come il cimitero "reale", la seconda come un cimitero dell'aristocrazia di una formazione politica sviluppatasi intorno al lago omonimo che solo nel 109 a.C. fu inglobata nell'impero Han come regno di Dian; una terza necropoli dell'aristocrazia Dian è stata scavata a Yangfutou (presso Kunming), mentre a Kele (contea di Hezhang, Prov. di Guizhou) è stata scoperta e scavata una necropoli riferibile a Yelang, un'altra formazione politica regionale (forse una confederazione tribale) a ovest di Dian, descritta ‒ come anche Dian ‒ da Sima Qian nello Shiji. Lungo la Via della Seta sono state riprese, da un progetto congiunto sino-giapponese, le indagini a Niya (contea di Minfeng, Regione Autonoma dello Xinjiang Uygur) che nel 1995 hanno interessato l'area della necropoli databile dall'epoca degli Han Orientali (25-220) all'epoca delle Dinastie del Nord e del Sud. Presso Dunhuang (Corridoio di Hexi, Prov. di Gansu), dove è situato il tempio-monastero rupestre buddhista in cui all'inizio del secolo scorso fu scoperta una delle più importanti biblioteche del mondo antico, nuovi scavi sono stati condotti nella cittadella di Xuanquanzhi, avamposto cinese sulla Via della Seta dall'epoca della dinastia Han a quella Tang. Negli immondezzai della cittadella, formata da ambienti abitativi e di servizio, torri di segnalazione e stalle, su una superficie totale di 22.500 m2 sono stati rinvenuti, oltre a diversi manufatti di fattura cinese e centroasiatica, 30.000 documenti ufficiali e lettere private, per la maggior parte datati dal 111 a.C. al 107 d.C., scritti su tavolette di bambù e di legno, su carta di canapa e su seta.
Bibliografia
Xin zhongguo de kaogu faxian he yanjiu [Ricerche e scavi archeologici nella Nuova Cina], Beijing 1984, pp. 383-514; D. Twitch - M. Loewe, The Cambridge History of China. The Ch'in and Han Empires, 221 B.C. - A.D. 220, I, Cambridge 1986; R. Ciarla, La Cina nel periodo Qin e Han, in Atlante di Archeologia, Torino 1994, pp. 162-63; Zhongguo shinian bai da kaogu xin faxian 1990-1999 - Top 100 New Archaeological Discoveries of China 1990-1999, Beijing 2000, pp. 430-553.
di Victor H. Mair
Vasta necropoli ubicata 40 km a sud-est di Turfan, presso il villaggio di Qarakhoja, che costituisce uno dei più importanti siti del periodo medievale dello Xinjiang Uygur.
A. è un termine Uygur che significa "città capitale", definizione che la località deve avere acquisito come centro dell'antico regno di Gaochang (Qocho); la necropoli (8 km2), cimitero pubblico dal III al X secolo, si trova infatti nella periferia settentrionale di Gaochang (definita anche Ïdiqut Shähär, "città del governante"), appena oltre le mura e le rovine della vasta fortezza, di palazzi, templi, stūpa e altre strutture architettoniche della città. Essa è densamente occupata da tombe, quasi tutte ripetutamente sottoposte a saccheggi. All'inizio del XX secolo A. e i resti urbani di Gaochang furono oggetto delle ricerche condotte da diversi esploratori e archeologi, tra cui A. Stein, P.K. Kozloff, A. von le Coq e Tachibana Zuiho. Negli anni Trenta ricercatori cinesi vi condussero principalmente ricerche di carattere epigrafico, ma dopo la fondazione della Repubblica Popolare (1949) furono intraprese 12 campagne di scavo che portarono al rinvenimento di oltre 460 sepolture, divise, in base alla forma, in tre tipi, corrispondenti a tre periodi. Nonostante i passati saccheggi, tali scavi hanno consentito il recupero di una grandissima quantità di oggetti, tra cui una varietà sorprendente di tessuti in eccellente stato di conservazione, di documenti scritti in diverse lingue, sculture e manufatti. I tessuti di seta, realizzati con ogni genere di tecnica e di tinta, non trovano eguali in questo periodo, facendo di A. il principale deposito di materiali per lo studio dell'industria tessile del periodo medievale. Solo i documenti in lingua cinese ammontano a circa 3000 (molti di essi erano stati smembrati e riutilizzati per farne imbottiture per scarpe) e comprendono contratti, libri contabili, registri ufficiali e cataloghi; essi sono imprescindibili per lo studio della storia istituzionale, economica, militare e culturale delle Regioni Occidentali (come i Cinesi definivano l'Asia Centrale) durante il periodo medievale. Di importanza pari per la comprensione della storia sociale delle Regioni Occidentali nel corso dello stesso periodo sono i numerosi tipi di statuine di legno e argilla, in ottimo stato di conservazione, che illustrano molti aspetti della vita quotidiana (abbigliamento, ornamenti dei cavalli, giochi, alimentazione, cosmetici, aspetti religiosi, ecc.); altri importanti dati possono essere ricavati dagli alimenti conservatisi per disidratazione, tra cui pane, frutta, noci, granaglie, presenti come offerta nei corredi funerari.
A differenza delle più antiche necropoli di numerosi siti identificati in altre località dello Xinjiang Uygur, in cui i defunti presentano prevalentemente tratti caucasoidi, gli individui sepolti ad A. hanno rivelato tratti tipici dell'Asia orientale. La composizione etnica riscontrabile nella necropoli è un vivo riflesso dei consistenti spostamenti verificatisi nel bacino del Tarim dopo la dinastia Han, particolarmente nel settore orientale della regione, dove in questo periodo il numero degli immigranti provenienti dall'Asia orientale subì un fortissimo incremento. Un'altra grande differenza tra le necropoli dell'età del Bronzo e quelle dell'antica età del Ferro in altre località dello Xinjiang Uygur è che dalle iscrizioni tombali di A. si è potuto in moltissimi casi conoscere il nome dei defunti (spesso mummificati naturalmente), di cui a volte si hanno notizie dai testi storici. A causa delle condizioni di estrema aridità e delle rigide temperature invernali che si registrano nell'area, favorevoli alla conservazione dei materiali organici, i corpi conservati nella necropoli di A. dovevano essere migliaia: la maggior parte di essi ha subito però gravi danni durante i saccheggi, tanto che i ricercatori moderni hanno recuperato soltanto 305 corpi mummificati, dei quali solo 20 o 30 hanno potuto essere affidati a strutture conservative museali.
Bibliografia
Wang Binghua (ed.), Xinjiang gushi: gudai Xinjiang jumin ji qi wenhua [Gli antichi corpi dello Xinjiang: gli antichi popoli dello Xinjiang e la loro cultura], ürümqi 2001, pp. 166-94.
di Roberto Ciarla
Capitale dell'impero degli Han Occidentali i cui resti, localizzati circa 10 km a nord dell'odierno capoluogo della Provincia di Shaanxi, Xi'an, hanno iniziato a essere riportati alla luce negli anni Cinquanta del Novecento.
Caduta la dinastia Qin nel 207 a.C. e distrutta Xianyang nel 206, Liu Bang, fondatore della dinastia Han, iniziò da subito la costruzione della nuova capitale, Ch. ("lunga pace"), nella vasta piana sulla riva destra del Fiume Wei. L'impianto della città è quadrangolare, orientato secondo i punti cardinali; dati archeologici e storici testimoniano tre principali fasi di costruzione. All'epoca di Liu Bang-Gao Zu (206-195 a.C.) furono edificati i complessi palaziali ‒ scavati fin dall'inizio degli anni Sessanta ‒ detti Changle Gong (ca. 6 km2) e Weiyang Gong (ca. 5 km2), quest'ultimo comprendente la sala delle udienze, il Qian Dian (350 × 200 m); nello spazio tra i due complessi (ca. 950 m) fu poi costruita l'Armeria, scavata nel 1974, compresa entro un recinto murario di 320 × 800 m. La seconda fase fu iniziata dal secondo imperatore Han, Hui Li (194-188 a.C.), con la costruzione del muro perimetrale in strati di terra battuta, spesso alla base da 12 a 16 m e alto 12 m. Su ciascun lato del quadrilatero, ad andamento irregolare per la presenza dei palazzi di Gao Zu a sud e di un affluente del Fiume Wei a nord-ovest, si aprivano tre porte monumentali divise ciascuna in tre ingressi, di 6 m di larghezza, distanti 4 m l'uno dall'altro; soltanto la grande Porta Bacheng, sul lato est di fronte al Changle Gong, e la grande Porta Xi'an, sul lato sud di fronte al Weiyang Gong, avevano gli ingressi a una distanza di 14 m l'uno dall'altro. La terza fase costruttiva, all'epoca del sesto imperatore Han, Wu Di (140-87 a.C.), segnò il periodo di massima espansione della città: a nord del Changle Gong fu edificato il Mingguang Gong, mentre il Bei Gong e il Gui Gong (a pianta rettangolare allungata in senso nord-sud secondo i saggi stratigrafici del 1962) furono edificati a nord del Palazzo Weiyang. Sul lato occidentale, nella parte esterna della città, fu costruito il Jianzhang Gong, un complesso ricco di parchi e laghetti destinato agli svaghi della corte, mentre nella piana a sud-ovest della città fu realizzato un grande parco Shanglin che racchiudeva il lago artificiale Kunming Chi; per la sua realizzazione fu distrutta e sommersa gran parte dell'area ove presumibilmente erano i resti di Hao, la capitale dei Zhou Occidentali.
La griglia viaria di Ch. era regolata dai viali in asse con le porte cittadine; otto erano le vie principali e tra queste la più lunga era quella che partiva dalla Porta An Men attraversando tutta la città per una lunghezza di 5500 m. Mentre la lunghezza delle vie principali non era standardizzata, incrociandosi a croce o a T, lo era la larghezza (ca. 45 m), suddivisa in tre carreggiate da due canalette parallele (la carreggiata di mezzo, Chi Dao, era di esclusivo uso imperiale). Le canalette fungevano anche da sistema di raccolta delle acque, che erano convogliate in cisterne scavate sotto le mura e riversate nel fossato. Nell'angolo nord-occidentale della città erano nove mercati (tre a est e sei a ovest) serviti dalla Porta Heng Men, che si apriva di fronte al grande ponte Heng Qiao, unico attraversamento del Fiume Wei. Vicino ai mercati erano i quartieri artigianali e forse la zecca. Fuori della città, nella zona di aperta campagna a sud-est delle mura, sono stati rinvenuti i resti di strutture su piattaforme di terra battuta, sulle quali sorgevano edifici rituali per il culto del lignaggio imperiale e altari destinati alle cerimonie agricole stagionali officiate dall'imperatore; secondo alcuni, tuttavia, tali strutture sarebbero dell'epoca dell'effimera dinastia stabilita dall'usurpatore Wang Mang (dinastia Xin, 9-23 d.C.). Secondo le testimonianze storiche e i sondaggi effettuati, in ogni caso, non sembra che all'interno di Ch. sorgessero edifici rituali di grosse dimensioni. Nella stessa zona dei templi extraurbani sembra inoltre che sia stata localizzata l'area della Tai Xue, l'accademia imperiale per la formazione dei funzionari civili. A nord-ovest di Ch., lungo l'altipiano di löss che si affaccia sul Fiume Wei e oltre le macerie di Xianyang, sono allineati i giardini funerari (lingyuan) contenenti i tumuli sepolcrali degli imperatori, a eccezione di due: il Baling di Wen Di (179-157 a.C.) e il Duling di Xuan Di (73-49 a.C.), che furono eretti ai piedi dei Monti Qinling a sud-est di Ch.
In seguito ai torbidi verificatisi alla caduta di Wang Mang, Ch. subì danni gravissimi e la dinastia Han si trasferì a est, a Luoyang (dinastia Han Orientali: 25-220 d.C.). Ch., però, non fu abbandonata, ma continuò a essere una città di grande importanza strategica e commerciale, aperta come era verso la Via della Seta. Nel periodo di divisione iniziato all'epoca dei Tre Regni (220-280), stabilirono la loro capitale nei resti di Ch. molte delle Dinastie del Nord (386-581), quali i Jin Occidentali dal 314 d.C., i Zhao Anteriori, i Qin Anteriori, i Qin Posteriori, i Wei Occidentali, i Zhou Settentrionali e i Sui (581-618), che nel 581 riunificarono l'impero sotto un'unica dinastia.
Bibliografia
Xi'an Wenwu yu Guji [Antichi monumenti e resti culturali di Xi'an], Xi'an 1983; Han Chang'an cheng Weiyang Gong, 1980-1989 nian kaogu fajue baogao [Rapporto degli scavi 1980-1989 del Palazzo Weiyang nella Chang'an di epoca Han], Beijing 1996; R. Ciarla, Xi'an, in EAA, II Suppl. 1971-1994, V, 1997, pp. 1086-89; The Area B of N. 2 Building Ruins, Guigong Palace, Han Chang'an City, in Chinese Archaeology, 1 (2001), pp. 156-60.
di Marcello Orioli
Capoluogo dell'odierna Provincia di Sichuan al centro di una peculiare microregione, in termini fisiografici ed ecologici, che copre la parte nord-occidentale dell'ampia conca che costituisce il bacino del Sichuan, compresa tra le alte vette (ca. 2000-3000 m s.l.m.) dei Monti Daba e Longmen a nord, la catena degli Hengduan a ovest, i Dalou a sud e i Wushan a est.
Si tratta di un'ampia area pianeggiante (6000 km2) formata dall'azione di deposito del fiume Min, che dai 750 m s.l.m. nei pressi della città di Guanxian digrada ai 520 m s.l.m. di Ch. Il carattere fisiografico, lo spesso deposito di superficie ricco di sali minerali (fosforo e potassio) e il clima molto umido, con temperature comprese tra il minimo invernale di 4 °C e un massimo estivo di circa 35 °C, caratterizzano la piana di Ch. rendendola un'area con una naturale vocazione agricola, che almeno dal III millennio a.C. (Sanxingdui livelli 16-13: 2873-2502 a.C. e 2864-2475 a.C.) favorì l'insediamento umano. Importanti rinvenimenti dell'età del Bronzo, oltre a quelli effettuati a Sanxingdui (contea di Guanghan), sono rappresentati da una struttura palaziale rinvenuta a Shierqiao (periferia occidentale di Ch.), coeva al periodo II di Sanxingdui (datazioni radiometriche 1878-1641 a.C. e 2037-1787 a.C.). Tesoretti, diversi per composizione e quantità di manufatti, sono stati rinvenuti in vari siti della piana di Ch., tra cui a Zhongxing (contea di Guanghan) un complesso di manufatti rituali di giada solo in parte paragonabili, per varietà e tipologia, alle coeve giade rituali della Pianura Centrale. Un gruppo di carapaci e altre ossa oracolari sono stati rinvenuti a Qingyanggong (Ch.), simili a quelle Shang e Zhou. A Zhuwajie (contea di Pengxian) fu rinvenuto (1960) un gruppo di vasi e armi di bronzo che trovano confronti con manufatti Zhou della Pianura Centrale, anche se alcuni vi ravvisano una produzione locale di stile Zhou. Tra i manufatti di Zhuwajie di particolare rilievo è un vaso con coperchio che trova stretti confronti con un lei rinvenuto a Beidongcun (contea di Kezuo), nella lontana Provincia di Liaoning (Cina nord-orientale), a prova della circolazione dei beni tra regioni periferiche e tra loro molto distanti.
Ripostigli di varia composizione e ricchezza sono noti per l'epoca dei Zhou Orientali (770-221 a.C.), tra cui i cosiddetti Bronzi di Baimasi, provenienti da un contesto archeologico mai effettivamente definito, costituiscono una vera e propria pietra miliare della ricerca archeologica nella piana di Ch., in quanto per l'originalità dei temi decorativi (ad es., la tigre) rivelarono per la prima volta una locale e originale metallurgia del bronzo. L'originalità delle forme, particolarmente le alabarde (ge) con lama lanceolata, ampio tallone e immanicatura rettangolare, parrebbero caratterizzare tale produzione locale, assieme ad alcuni motivi decorativi (ad es., una tigre, una mano) che per alcuni studiosi sarebbero emblemi clanici, se non una forma originale di "protoscrittura". Del periodo Stati Combattenti rimangono numerose testimonianze: manufatti di uso rituale di pietra e giada sono stati rinvenuti in un ripostiglio votivo a Taipingchang (Ch.); sepolture con ricchi corredi sono state indagate a Baihuatan, Jingchuan e Yangzishan (Ch.), a Zengjiagou (Yingjing) e Wulongxiang (Dayi), a Mianzhu e a Jiuliandun (Xindu), dove tra i ritrovamenti di maggiore rilievo è una sepoltura con ampia camera funeraria di legno (10 × 9 m) al cui interno, in posizione centrale, era un sarcofago di lacca nera e rossa circondato dai vani per la deposizione del corredo. La sontuosità dei ritrovamenti di Jiuliandun appare ancora più evidente se comparata alle modeste sepolture di Dongbei (contea di Pujiang), di Jinniu, della scuola di elettronica e dell'ospedale di Ch. Alla stessa tradizione locale dei bronzi con emblemi clanici appartengono le sepolture "a barca" (ovvero in sarcofago monossile) quali quelle rinvenute a Baolunyuan (Guangyuan) o le 17, gigantesche, rinvenute nel 2000 nel centro di Ch. Numerosi studiosi ritengono che tali evidenze siano indicatrici di una società complessa verosimilmente continuatrice della cultura Sanxingdui, riferibile al regno di Shu, un locale potentato la cui esistenza nella piana di Ch. è riportata in testi Zhou della Pianura Centrale nella seconda metà del I millennio a.C. Nella necropoli di Ch., anzi, gli archeologi cinesi ipotizzano siano sepolti i membri del clan reale Kaiming di Shu.
Nel 318 a.C. l'invasione della piana di Ch. da parte delle forze del regno di Qin mise fine all'autonomia di Shu e determinò il definitivo ingresso della regione nell'impero centralizzato, prima Qin (221 a.C.) e poi Han (206 a.C. - 220 d.C.). Numerose sono le evidenze relative a tale periodo: sepolture di epoca Han sono state rinvenute a Yangzishan, Dongshan, Luojianian, Fenghuangshan (Chengdu), Mianyang, Qingdao (Mianzhu), Dayi, Rongjing, Ya'an e Xindu. Tra queste, la sepoltura indagata a Fenghuangshan ha rivelato un ricco corredo di manufatti di ceramica, legno e bronzo: particolarmente ricco il repertorio delle statuine zoomorfe di legno (44 pezzi) o degli oggetti d'uso quotidiano. A Ya'an e Xindu, di fronte alla tomba di Wang Zhi e a quella di Gao Yi (due personaggi storicamente noti) erano poste due strutture di mattoni (que), ciascuna recante un'iscrizione celebrativa del defunto secondo uno stile in voga in tale epoca e riscontrato anche in altre regioni. Il carattere originale della cultura della piana di Ch. sopravvisse però anche dopo la conquista Qin-Han, come dimostrano le singolari lastre di rivestimento di una tomba di epoca Han Orientali (25-220) rinvenute (1979) a Xinlongxian (contea di Xindu), decorate con espliciti motivi erotici, o, rinvenute in diverse necropoli intorno a Ch., le statuine funerarie, anch'esse di epoca Han Orientali, raffiguranti mastini con collare, cavalli dalle possenti e arrotondate forme, grotteschi guitti e cantastorie, venditrici ambulanti, soldati-contadini. A questi ultimi venivano assegnati nuovi appezzamenti di terreno resi disponibili dalla gigantesca opera di canalizzazione del fiume Min. Tra l'epoca della dinastia Qin e i primi anni di quella Han è datato lo scavo del sistema di dighe, chiuse e bracci artificiali per la diversione e canalizzazione del Minjiang presso Dujiayan, tuttora in uso, dove recentemente è stata rinvenuta una statua di pietra, verosimilmente usata come indicatore del livello delle acque, raffigurante Li Bing, il funzionario Qin responsabile di quel progetto che permise l'irrigazione di 600.000 ha della piana di Ch.
In epoca Han rilevante è l'affermazione della piana di Ch. quale centro manifatturiero della lacca. Sebbene a tutt'oggi non ne siano stati localizzati i laboratori, molti sono i ritrovamenti di manufatti, sia nel Sichuan sia in altre regioni della Cina, recanti marchi che testimoniano l'esistenza di due principali centri manifatturieri ("manifattura di Shu" e "manifattura di Guang"): il primo a Ch., il secondo a Zitong nella contea di Guanghan. Va segnalata infine la conferma archeologica della piana di Ch. come una delle principali culle del taoismo religioso e via di penetrazione del buddhismo: in sepolture di epoca Han Orientali sono stati rinvenuti mattoni di rivestimento, elementi architettonici di pietra, specchi di bronzo e singolari manufatti di bronzo, noti come "alberi dei soldi", infissi su basi figurate di ceramica, sui quali compaiono divinità e spiriti immortali taoisti talvolta associati a raffigurazioni del Buddha (chiaramente ispirate a modelli gandharici).
Li Xueqin, Eastern Zhou and Qin Civilization, New Haven - London 1985, pp. 204-16; R.W. Bagley, Sacrifical Pits of the Shang Period, in ArtsAs, 43 (1988), pp. 78-86; Sichuansheng Wenwu Kaogu Shinian 1979-1989 [Dieci anni di archeologia e beni culturali in Sichuan 1979-1989], in Wenwu Kaogu Gongzuo Shinian, Beijing 1990, pp. 251-62; J. Rawson (ed.), Mysteries of Ancient China, London 1996, pp. 201-203, 206-15; Wu Hung, Mapping Early Taoist Art: the Visual Culture of Wudoumi Dao, in S. Little (ed.), Taoism and the Arts of China, Chicago 2000, pp. 77-93; Chengdu shi Shangyejie chuanguan, dumuguan muzang fajue jianbao [Rapporto sullo scavo della necropoli con sarcofagi "a barca" e monossili nel Centro Commerciale di Chengdu], in Wenwu, 11 (2002), pp. 4-30; Sichuan Xuanhan Luojiaba yizhi 2003 nian fajue jianbao [Rapporto dello scavo 2003 a Luojiaba presso Xuanhan, Sichuan], ibid., 9 (2004), pp. 34-47.
di Roberto Ciarla
Termine con cui si indica una formazione politica complessa descritta nello Xinan Yi Liezhuan ("Capitolo sui Barbari del Sud-Ovest") dello Shiji di Sima Qian come facente parte della compagine (shu) dei Mino, sviluppatasi nel bacino del Lago Dianchi durante l'età del Bronzo e che ha trovato conferma storica con il rinvenimento nella sepoltura M6 di Shizhaishan di un sigillo d'oro con iscrizione di quattro ideogrammi: Dian Wang Zhi Yin ("sigillo del re di Dian").
Il territorio di D. fu inglobato nell'impero Han intorno al 109 a.C. dopo una serie di campagne militari volute dall'imperatore Han Wu Di per l'apertura di una direttrice commerciale verso la valle del Gange. Secondo la prassi politica degli Han Occidentali i capi dei territori conquistati, che dobbiamo presumere fossero perlopiù a livello di organizzazione prestatale, erano inglobati in un sistema di alleanza politico-militare attraverso l'elargizione di un sigillo d'oro la cui iscrizione vidimava e sanciva il potere del recipiente in qualche modo delegato dall'imperatore Han. Del "regno" di D. sono state scoperte diverse necropoli, oltre a quella presumibilmente reale di Shizhaishan, quali Lijiashan, Taijishan, Tianzimiao, Tuanshan, Yangfutou, riferibili a vari livelli dell'aristocrazia D. e databili dal medio periodo Stati Combattenti ai primi anni dell'epoca Han Orientali. Le evidenze archeologiche, iconografiche e testuali hanno permesso di chiarire che la cultura D. si sviluppò, dal punto di vista sociopolitico, nell'arco di quasi mezzo millennio, con una forte accelerazione nel periodo di contatto con l'espansione Qin-Han, e che la sua base economica era di tipo agropastorale. Rimane ancora da chiarire, però, anche alla luce della eccezionale quantità e qualità dei manufatti di bronzo rinvenuti nelle sue necropoli, se D. ebbe un ruolo, ed eventualmente di che tipo, nello sfruttamento e nel controllo delle ricche miniere di rame e stagno localizzate immediatamente a sud dei suoi territori; rimane ancora un problema aperto l'appartenenza linguistica di D.
Bibliografia
M. von Dewall, The Tien Culture of Southwest China, in Antiquity, 41 (1967), pp. 8-21; M. Pirazzoli t'Serstevens, La civilisation du royaume de Dian à l'époque Han d'après le matériel exhumé à Shizhaishan (Yunnan), Paris 1974; R. Ciarla, L'antagonista silenzioso: la cultura Dian tra il II ed il I secolo a.C., in RStOr, 60, 1-4 (1986), pp. 45-87; Id., "Dian" come problema storico-archeologico, in I bronzi del regno di Dian (Catalogo della mostra), Roma 1987, pp. 27-38.
di Xiaoneng Yang
Nome del giardino funerario, o mausoleo, ubicato nella periferia sud-orientale della città di Xi'an (Prov. di Shaanxi), contenente i tumuli funerari dell'imperatore Xuan Di (73-49 a.C.) della dinastia Han Occidentali e della sua consorte, l'imperatrice Wang, circondati da decine di fosse di accompagnamento.
Ricognizioni e scavi (1982-85) hanno consentito di rilevare che l'area del D. (12 km2) è occupata dai due tumuli imperiali, da un numero imprecisato di sepolture di accompagnamento, a sud-est e a nord-est, di cui 62 con tumulo di terra battuta, allineate in diversi gruppi e zone, e da 5 fosse contenenti i cortei e la scorta militare composti da centinaia di piccole statuine di terracotta. Il tumulo di Xuan Di è posto al centro di un'area cintata da un muro di terra battuta (453 × 433 m) dotato di quattro porte per ciascun lato. A sud-ovest del giardino funerario dell'imperatore si trova quello dell'imperatrice Wang, simile nella struttura ma di minori dimensioni (330 m per lato). Entro un'area cintata, o corte interna (qinyuan), addossata alla metà est del muro meridionale del recinto di Xuan Di (spess. 8-10 m), sono state rilevate le canoniche strutture legate al rituale del seppellimento e al culto funerario. Quest'area era divisa in un cortile principale, che occupava quasi tre quarti dell'intera superficie, a cui si accedeva attraverso una porta monumentale sul lato sud e una sul lato ovest; al centro del cortile, su una piattaforma di terra battuta con scalinate sui lati sud e nord, si ergeva il qindian ("sala del riposo"), la principale struttura rituale dell'intero complesso, dove erano officiati i quotidiani riti del culto funerario. Nel cortile più stretto sul lato est era il biandian ("sala laterale"), ove erano conservati gli oggetti liturgici per il culto funebre, e sei ambienti di servizio. Lo stesso tipo di qinyuan, ma di minori dimensioni e addossato alla metà ovest del muro sud, serviva il giardino funerario dell'imperatrice. A sud e a nord del D. sono state scavate due delle fosse contenenti i cortei di accompagnamento, con centinaia di figurine di terracotta raffiguranti personaggi di diverso tipo, privi di braccia e nudi al momento del rinvenimento (gli abiti che essi originariamente indossavano si sono infatti decomposti, come anche le braccia di legno) e, in dimensioni miniaturistiche, vasi e utensili di bronzo, manufatti d'oro, oggetti laccati, vasi fittili e armi di ferro. A nord-ovest di D. è stata inoltre individuata l'area in cui sorgeva l'insediamento di D., anche questo cinto da mura, in cui furono rilocate almeno 30.000-50.000 famiglie adibite al mantenimento delle strutture e alla conduzione dei culti funerari.
Liu Qingzhu - Li Yufang, Xihan zhuling diaocha yu yanjiu [Ricognizione e studio dei mausolei imperiali degli Han Occidentali], in Wenwu Ziliao Congkan, 6 (1982), pp. 1-15; Han Duling lingyuan yizhi [Il sito del Duling di epoca Han], Beijing 1993.
v. Lintong
di Roberto Ciarla
Sito ubicato nell'area della città di Tianshui (Prov. di Gansu) dove nel 1986, su un'area di circa 11.000 m2, furono individuate 100 sepolture databili dal periodo Stati Combattenti (475-221 a.C.) alle dinastie Qin (221-206 a.C.) e Han (206 a.C. - 220 d.C.).
Nella tomba M1, riferibile al regno di Qin del tardo periodo Stati Combattenti, è stata rinvenuta una sepoltura in cassa lignea entro una piccola camera sepolcrale anch'essa di legno; tra i beni del corredo (tra cui pennelli e astuccio da scrittura, un righello di legno e pendenti ad arco di bronzo di probabile fattura sichuanese), sono state rinvenute sette tavolette, di diversa misura, facenti parte di una tavola geografica in cui è riportato ‒ secondo una scala unitaria ‒ l'andamento di corsi d'acqua, la posizione di monti, passi montani, ponti e strade, accompagnati nella maggior parte dei casi dai relativi toponimi. La regione rappresentata nella mappa è stata facilmente individuata: si tratta della contea di Guixian, il cui territorio è compreso tra la riva meridionale del Fiume Wei e il versante nord della catena dei Monti Qingling, tra l'odierno confine occidentale delle province di Shaanxi-Gansu e il corso del fiume Qinshui, a nord della attuale città di Tianshui. L'area corrisponde all'incirca alla regione dove è stato effettuato il rinvenimento e che fu sede delle genti Qin sin dalla tarda epoca dei Zhou Occidentali. Le notizie biografiche dell'individuo sepolto nella tomba M1 sono riportate su sette strisce e mezzo di bambù (M1, 14.1-8) tra le 460 complessivamente rinvenute nella tomba. Il testo, che non presenta segni di interpunzione, tratta di un certo Dan il quale, essendo stato ferito e abbandonato sul luogo del mercato, morì e dopo un certo periodo resuscitò; inoltre, esso riporta alcune notizie biografiche sul personaggio Dan precedenti a tale episodio e le ragioni della sua resurrezione. Notizie curiose, ma importanti in quanto tra l'altro offrono informazioni di prima mano su diversi aspetti della vita quotidiana di un funzionario Qin. Non meno importante la sepoltura M5, di epoca Han Occidentali: all'interno della bara lignea sono stati infatti rinvenuti alcuni frammenti di una mappa topografica su carta databile tra la fine del II e l'inizio del I sec. a.C., da ritenere pertanto la più antica evidenza dell'uso della carta.
Bibliografia
Gansu Tianshui Fangmatan Zhangguo Qin Han muqun de fajue [Scavo di tombe di periodo Stati Combattenti, Qin e Han a Fangmatan presso Tianshui, Gansu], in Wenwu, 2 (1989), pp. 1-31.
di Yan Su
Sito ubicato a sud-ovest di Jiangling, antica capitale del regno di Chu (contea di Jiangling, Prov. di Hubei), adibito a necropoli dal 278 a.C. (tardo periodo Stati Combattenti), quando Qin conquistò il regno di Chu, e rimasto in uso fino al periodo iniziale della dinastia Han Occidentali (206 a.C. - 23 d.C.).
Le sepolture del periodo Stati Combattenti, in fosse rettangolari sigillate da strati di malta bianca, sono del tipo con più sarcofagi interni (o bare, guo) posti uno all'interno dell'altro, collocati entro un sarcofago esterno (guan) di maggiori dimensioni ripartito da pareti lignee in comparti per la deposizione del corredo: due nelle tombe di piccole dimensioni, tre in quelle più grandi. Le assi di legno tra ciascun comparto presentavano porte e finestre, forse a simboleggiare le stanze utilizzate in vita dal defunto. I defunti erano generalmente ufficiali di medio e basso rango, di cui i testi su strisce di bambù riportano l'identità e la carica ufficiale: ad esempio, i testi rinvenuti nelle sepolture M10 e M168 indicano che gli occupanti erano wudaifu, il nono grado della gerarchia ufficiale. Tra i beni funerari figurano vasi fittili, libri composti da decine di strisce di bambù legate tra loro da cordicelle, oggetti laccati, tessuti e figurine di legno. Di eccellente fattura è uno scudo laccato proveniente dalla sepoltura M8 del periodo degli Han Occidentali, decorato su entrambe le facce da esseri fantastici zoomorfi. Le statuine di legno raffigurano guerrieri e servitori che accompagnano il dignitario in parata. La sepoltura M168 (lungh. 6,2 m, largh. 4,8 m, prof. 9 m), del periodo degli Han Occidentali, era quella in migliore stato di conservazione; collocato in due sarcofagi interni, posti a loro volta in uno esterno, il defunto fu sepolto nel maggio del 167 a.C., come indicano i testi su bambù rinvenuti nel corredo che, oltre a vasi fittili, comprendeva più di 160 manufatti di legno laccati. Le sepolture di F. riferibili all'epoca Qin e Han Occidentali, assieme a quelle coeve della vicina necropoli di Yutaishan e a quelle Qin di Shuihudi, dimostrano come la cultura Chu non soltanto sopravvisse alla distruzione dello Stato e del suo clan reale, ma fu pressoché in toto assorbita dalla cultura Qin-Han, contribuendo in modo sostanziale all'amalgama della cultura cinese classica.
Bibliografia
Hubei Jiangling Fenghuanshan 168 hao Han mu fajue jianbao [Breve relazione sulla tomba Han 168 di Fenghuanshan, Jiangling, Hubei], in Wenwu, 9 (1975), pp. 1-7, 22.
di Roberto Ciarla
Villaggio ubicato in una piana dei Monti Niaomeng a 1800 m s.l.m. (contea di Hezhang, Prov. di Guizhou), nei cui pressi sono stati rinvenuti resti abitativi e una decina di necropoli databili tra circa il IV sec. a.C. e il I-II sec. d.C. Molti di tali resti, localizzati su basse collinette (50-100 m) lungo le rive del fiume K., sono riferibili a Yelang, che nello Shiji di Sima Qian è descritto come il più potente tra i junzhang ("principati") del Sud-Ovest, conquistato dagli Han nel 111 a.C.
Nell'autunno del 2000, su una superficie di 800 m2, sono state scavate 111 tombe, di cui 3 sono di tipo e di epoca Han Occidentali, mentre 108 sono sepolture a fossa rettangolare, in un solo caso (M264) con "muretto" perimetrale (alt. ca. 20 cm) di grosse pietre, attribuibili a una originale cultura locale; non è chiaro però se il corpo del defunto fosse contenuto in una bara lignea: l'acidità del terreno non ha infatti consentito la conservazione di materiali organici e scheletrici. Tali sepolture hanno rivelato rituali d'inumazione, precedentemente noti solo da sporadici ritrovamenti, non attestati in altre regioni della Cina sud-occidentale. In alcune sepolture di K. si riscontra, ad esempio, l'uso di coprire il capo del defunto con un grosso contenitore di bronzo: si tratta in alcuni casi di un calderone del tipo detto "a tamburo" (la forma ricorda infatti i tamburi di bronzo del Sud-Ovest, ad esempio, quelli di Wangjiaba), in altri di un grosso bacile. Il rituale tuttavia era piuttosto diversificato, poiché alcune volte il capo del defunto è contenuto e altre volte è coperto dal calderone o dal bacile; nel caso della tomba M274 i bacili erano quattro (uno conteneva la testa, uno i piedi, gli altri due coprivano le spalle); nella M342 accanto al bacile che copriva il volto era infissa una lama di alabarda (ge) di stile locale, ma tipologicamente confrontabile con l'ambito culturale Dian, mentre al fianco dell'inumato, che indossava una casacca (del tutto decomposta) coperta da borchie di bronzo, pendeva una spada di ferro con pomo a occhiello di tipo Han. La posizione del corredo nella tomba M341 lascia intuire quella dell'inumato, che al momento della sepoltura doveva avere un'elaborata acconciatura (probabilmente una treccia) tenuta su un lato del capo da lunghe forcine di bronzo e, in prossimità dell'orecchio, arricchita da un pendente od orecchino ad anello aperto (appartenente a una diversificata categoria diffusa da Taiwan allo Yunnan passando per il Vietnam settentrionale). Sul petto del defunto era posta una corta spada di bronzo con elsa decorata da spirali quadre e pomo con decoro a giorno (cd. "spada di tipo Yelang"); le mani, una delle quali teneva un'alabarda la cui lama incrocia la spada sul petto, erano giunte sopra il bacino, come chiaramente mostrano i bracciali di bronzo a fascia con castoni di turchese (una decina per braccio) appartenenti a una tipologia che trova confronti con manufatti Dian. Altre spade rinvenute nella necropoli attestano l'uso del bimetallismo (spade Yelang con elsa di bronzo e lama di ferro) e contatti su lunga distanza, come, ad esempio, le spade con lama foliata di bronzo di probabile fattura sichuanese (cultura di Ba-Shu).
I rinvenimenti di K. sono nel loro complesso di eccezionale rilevanza non solo perché riferibili con relativa sicurezza a un gruppo sociopolitico altrimenti noto solo dai riferimenti testuali (in particolare il Xinan Yi liezhuan, "Capitolo sui Barbari del Sud-Ovest", nello Shiji di Sima Qian), ma anche perché essi testimoniano la circolazione di numerosi elementi simbolici e materiali (tipologia dei monili, uso di armi bimetalliche, alcune forme ceramiche con orlo particolarmente ampio) nell'ambito di aristocrazie regionali più o meno gerarchizzate, entro una provincia culturale che deve aver interessato l'intera fascia settentrionale dell'Asia Sud-Orientale (comprensiva dell'intero Lingnan e del Sud-Ovest cinese) nella seconda metà del I millennio a.C.; tali rinvenimenti documentano inoltre il tempo e la portata dell'impatto della politica di conquista del Sud-Ovest varata dall'imperatore Han Wu Di (r. 140-87 a.C.).
Bibliografia
2000 Zhongguo zhongyao kaogu faxian [Principali scoperte archeologiche in Cina nel 2000], Beijing 2001, pp. 67-71; Guizhou Hezhang Kele Yelang shiqi muzang [Una necropoli di periodo Yelang a Kele presso Hezhang, Guizhou], in Kaogu, 7 (2002), pp. 15-17.
di Wang Dadao
Sito ubicato nella contea di Jiangchuan (Prov. di Yunnan), sulla sommità di un'erta collina sovrastante il Lago Xinyun, in cui dal 1972 al 1994 sono state condotte diverse campagne di scavo che hanno portato al rinvenimento di una delle più importanti aree cimiteriali riferibili alla cultura Dian tra il 600 a.C. e il 100 d.C.
Tutte le sepolture, orientate lungo l'asse est-ovest, sono tombe a pozzo rettangolare con i defunti in posizione supina; in alcuni casi si tratta di sepolture individuali, in altri di sepolture doppie. Delle 85 sepolture rinvenute, 14 con bara di legno laccato entro camera funeraria di legno, localizzate sulla sommità della collina, sono le più ampie (lungh. 3-6,8 m, largh. 2-5,6 m, prof. 2,7-5,9 m) e ricche: nelle sepolture femminili sono stati rinvenuti strumenti da tessitura, astucci per aghi e ornamenti di bronzo, mentre in quelle maschili sono prevalenti le armi. Questo gruppo di sepolture è circondato da 71 tombe, distribuite sui versanti ovest e sud, di dimensioni minori (lungh. ca. 2 m, prof. 0,5-1 m) e con corredi più modesti (pochi oggetti di bronzo, soprattutto armi e ornamenti). L'80% dei 4000 manufatti rinvenuti è rappresentato da utensili, armi, strumenti per la tessitura, vasi e ornamenti di bronzo, tra cui molti dei più spettacolari tra quelli riferibili alla produzione Dian. I vasi e i manufatti rituali sono costituiti da contenitori di cauri, da statuine raffiguranti personaggi inginocchiati che sostengono un parasole (in prossimità della testa del defunto), poggiatesta, tazze, tripodi, giare, placche e fibbie da cintura, monili e, tra i beni d'importazione, specchi di fattura Han e monete wuzhu (circolanti nell'impero Han). Sono stati rinvenuti anche alcuni finimenti e terminali di asta, mentre scarso è il numero degli oggetti bimetallici (ferro-bronzo) e d'oro. I manufatti di bronzo ‒ in lega stagno-rame o più raramente stagno-rame-piombo ‒ erano gettati in matrici bivalvi e in matrici multiple di ceramica, mentre per la realizzazione degli esemplari più complessi era utilizzata la tecnica della cera persa; erano impiegati anche la doratura, la placcatura e l'intarsio con oro. Di notevole rilevanza, in quanto evidenza di un costume funerario riscontrato in coevi contesti dell'Asia Sud-Orientale, è l'uso di vesti, secondo alcuni funebri, interamente ricoperte da perle di diversa forma e da bottoni e pendenti di pietre dure (agata, giada, turchese, ambra, quarzo, calcare e vetro). Sulla base dei rapporti stratigrafici e della tipologia dei manufatti, le sepolture sono state distinte in quattro periodi principali inquadrabili, per alcuni autori degli scavi, tra un periodo precedente il regno dell'imperatore Han Wu Di (r. 140-87 a.C.) e l'epoca della dinastia Han Orientali, per altri studiosi tra il 250 a.C. e il 50 d.C.
Bibliografia
Yunnan Jiangchuan Lijiashan gumuqun fajue baogao [Rapporto di scavo della necropoli di Lijiashan presso Jiangchuan, Yunnan], in Kaogu Xuebao, 2 (1975), pp. 97-156; M. Pirazzoli t'Serstevens, A Reassessment of the Dating of Two Important Cemeteries of the Tien Culture, in F.D. Bulbeck (ed.), Ancient Chinese and Southeast Asian Bronze Age Cultures, I, Taipei 1996, pp. 283-88; The Ancient Burials at Lijiashan in Jiangchuan, Yunnan, in Chinese Archaeology, 2 (2002), pp. 201-11.
di Roberto Ciarla
Circa 35 km a est dell'odierna Xi'an, intorno alla cittadina di Lintong, dove la catena dei Monti Qinling si allontana dal Fiume Wei per formare una fertile piana agricola, è uno dei comprensori archeologici più importanti dell'Asia orientale dove sono stati rinvenuti resti databili dal Neolitico antico (cultura Lingkou) alla piena età storica. Il sito è però noto per la presenza delle necropoli reali dello Stato di Qin che, emerso sulla scena storica nel 771 a.C., avrebbe unito gli Stati Combattenti per fondare, nel 221 a.C., il primo impero centralizzato dell'Estremo Oriente a opera di Qin Shihuangdi, il Primo Augusto Sovrano della dinastia Qin.
Presso il sito di Zhiyang, in una zona pianeggiante ai piedi del versante ovest del Monte Li, sono stati individuati quattro recinti funerari, la cosiddetta Area Funeraria Orientale, dove sono stati condotti (1986) ricognizioni e saggi di scavo che hanno stabilito sia l'estensione della necropoli (720.000 m2), sia la distribuzione delle sepolture, le loro dimensioni e la loro forma. Nel recinto funerario n. 1 ‒ circondate da fossati ‒ sono due tombe principali a pianta cruciforme (ca. 220 × 130 m); ciascuna consiste di una camera sepolcrale, a una profondità di circa 23-25 m, con una rampa per ciascuno dei quattro lati (lo stesso tipo di pianta delle più grandi tombe reali dei re Shang). Connesse a queste due sepolture erano due tombe di accompagnamento, due fosse sacrificali e i resti di quattro edifici di culto. Ciò che distingue le tombe reali dell'Area Funeraria Orientale da quelle più antiche dei duchi di Qin non è tanto la forma o le dimensioni delle fosse, ma la visibilità: queste tombe sono infatti coperte da grandi tumuli in terra battuta conservatisi per un'altezza di 5 m. Questo cambiamento dell'architettura funeraria e della concezione stessa della tomba, non più segnata dal solo edificio di culto ma da una collina alberata, si manifestò a partire dal V-IV sec. a.C. in diverse regioni della Cina forse per imitazione delle sepolture a tumulo (kurgan) che iniziarono a essere usate nella fascia delle steppe settentrionali intorno al VI sec. a.C. Il modello delle steppe, forse attraverso il regno di Yan, sarebbe stato adottato prima da alcuni dei duchi e re degli Stati Combattenti, poi dagli imperatori Qin; da allora l'uso delle tombe coperte da vere e proprie colline sarebbe rimasto distintivo dei mausolei imperiali nei secoli a venire. Altro elemento del tardo periodo Stati Combattenti, rimasto in uso fino all'epoca della dinastia Qing (1644-1911), è la pratica di designare con il termine ling (o lingyuan, giardino funerario) il complesso formato dalla tomba principale, dalle tombe-satellite, dalle fosse sacrificali e dagli edifici di culto, racchiuso entro un fossato o un terrapieno e abbellito da alberi e piante. Alle grandi tombe dei re Qin a Zhiyang si affiancano nel recinto n. 3 diverse sepolture di principi della casata dei Qin e di alti funzionari, fosse con carri e cavalli, fosse sacrificali, una "strada reale" acciottolata e le piattaforme in terra degli edifici di culto. Si può ipotizzare che nel recinto n. 1, forse il Zhi Lingyuan, le tombe cruciformi appartengano alla regina Tang e al re Zhaoxiang (r. 306-251 a.C.), che nel 256 a.C. attaccò il re Zhou conquistandone i territori e mettendo fine alla dinastia Zhou Orientali.
Il recinto n. 2 (una grande fossa con due rampe, tre fosse con rampa singola, due sepolture d'accompagnamento, una fossa sacrificale e i resti di una struttura di culto) potrebbe essere lo Shou Lingyuan con le tombe del re Xiaowen (r. 250 a.C.) e della regina Huayang, mentre il recinto n. 4 (una grande tomba a pianta cruciforme, due tombe con rampa d'accesso singola e le fondazioni di una struttura di culto) sarebbe lo Yang Lingyuan in cui furono sepolti i genitori di Qin Shihuangdi, il re Zhuangxiang (r. 249-247 a.C.) e la sua consorte. Le diverse strutture del mausoleo di Qin Shihuangdi, i cui lavori iniziarono al momento della sua ascesa al trono (246 a.C.) e furono chiusi nel 208 a.C., due anni dopo la sua morte, si sviluppano su una superficie di circa 56,25 km2 alle pendici del Lishan ("Monte del Cavallo Nero"). Tutte le strutture accessorie del lingyuan (sepolture di accompagnamento e fosse sacrificali) sembrano essere distribuite a nord e a est di esso. Il fulcro del giardino funerario è il tumulo sepolcrale in posizione eccentrica nel più interno di due grandi recinti, delimitati da muri in terra battuta e protetti sul versante sud-est da un argine di terra, la diga Wuling, costruita per 1600 m sull'asse sud-ovest/nord-est per deviare le piene del torrente Shahe. L'altezza del tumulo, che doveva presentarsi come una piramide a base quadrangolare (350 × 345 m), è di circa 55 m. A oggi non sembra che scavi siano stati effettuati al suo interno, sebbene sondaggi (1998-2000) abbiano portato al rinvenimento di un imponente sistema di drenaggio (lungh. 1303 m, prof. fino a 39,4 m), che corre lungo la base del tumulo a protezione della camera funeraria dalle acque sotterranee; il canale di raccolta, servito da pozzi e sfiatatoi, risulta collegato a un canale di spurgo lungo 525 m. Dei due recinti concentrici, il più esterno (2188 × 971 m) aveva tre porte monumentali in posizione assiale a est, ovest e sud e torri di guardia ai quattro angoli. Recenti indagini hanno confermato l'assenza della porta nord nel recinto esterno e chiarito l'ampiezza di alcune di quelle monumentali: la porta est del recinto interno, ad esempio, è larga 77 m e profonda, da est a ovest, 23 m. All'altezza delle porte est e ovest, nello spazio tra i due muri, sono stati inoltre rinvenuti i resti di due torri (que) a corpo tripartito. Indagini condotte nel 2000 hanno rivelato che lungo il muro del recinto interno (1355 × 580 m) correvano corridoi porticati con copertura a tegole decorate e muri di terra con intonaco dipinto a motivi policromi. L'intero quadrante nord-est del recinto interno era occupato da un terzo spazio (695 × 330 m) recintato, forse riservato a sepolture di accompagnamento. Le altre aree cintate, a nord del tumulo, erano occupate dai templi per il culto dell'Augusto Sovrano defunto e dai quartieri residenziali per gli addetti al culto. Un'opportuna rete fognaria per lo smaltimento delle acque, fatta di tubi di ceramica cordata a sezione pentagonale, serviva l'intero complesso funerario.
Circa 5,3 m a nord del tumulo, quasi in asse con il muro nord-sud del recinto che insiste sul quadrante nord-est, è stata rilevata la presenza di una struttura quadrangolare su una piattaforma in terra pressata (3534 m2), originariamente circondata da un porticato: è il qindian (sala anteriore, o "del riposo"). Le indagini hanno rilevato frammenti di grandi mattoni cavi con facce decorate a motivi geometrici, tegole di gronda semicilindriche con terminale tondo a decorazioni impresse, tegole di copertura piatte, resti di muro e frammenti di intonaco di argilla impastata con paglia e grossi pezzi di terreno bruciato misto a manufatti combusti, evidenza di un incendio, testimoniato in gran parte dei monumenti del complesso funerario. L'edificio può essere riconosciuto come il qindian, il principale "tempio" per il culto del defunto Augusto Sovrano, una delle prime strutture costruite presso il Lishan Lingyuan intorno al 246 a.C. Nel quadrante nord-occidentale del recinto interno è stata rilevata una piattaforma (520 × 220 m) dove indagini stratigrafiche (1973) misero in luce i piani di fondazione, tra cui uno ripartito in quattro blocchi da muri portanti di terra battuta (spess. 1,5-6,55 m); tra i manufatti rinvenuti la maggior parte era costituita da tegole di copertura, di colmo e di gronda, tra cui una con faccia semicircolare, del diametro di ben 61 cm, decorata con un motivo speculare "a drago" molto corsivizzato. Diverse evidenze suggeriscono che la struttura rituale, canonicamente situata di fronte al qindian, vada riconosciuta come il biandian ("sala laterale"), la cui funzione era quella di conservare gli oggetti liturgici per i culti officiati sia al suo interno sia nel qindian.
Sul lato ovest del giardino funerario, nello spazio compreso tra i muri occidentali dei due recinti, è stata indagata (1981-82) una struttura a pianta rettangolare (200 × 169,5 m) divisa in sei ampi basamenti di fondazione riferibili ad altrettanti ambienti a pianta rettangolare. Tra questi il n. 1 si sviluppa sull'asse sud-nord (25 × 8 m) scandito da cinque pilastri, con pavimento in terra pressata e livellata, e porticato frontale preceduto da un piano di cocci di tegole pressati. L'area indagata si rivelò stracolma di ceramiche architettoniche, assieme a numerosi utensili di ceramica invetriata, di ferro e di bronzo, sia frammentari che interi. Il rinvenimento di oggetti con iscrizioni permise di identificare il nome e la funzione della struttura: in particolare, una campana di bronzo a sezione ellittica, con decori d'oro e d'argento, recante i due caratteri Yue Fu, ovvero "Dipartimento della Musica", e pesi per stadera con inciso l'editto del 26° anno del re Zheng (quello di unificazione dell'impero, delle misure, ecc.) e quello di reiterazione dello stesso emanato dal Secondo Augusto Sovrano. Su questi e altri pesi erano anche incise brevi iscrizioni, ad esempio Lishan Shigong ("Sala dei Banchetti di Lishan") o Lishan Shigong Shi ("Pietra della Sala dei Banchetti di Lishan"), Lishan Shigong You ("Sala dei Banchetti di destra di Lishan"), Lishan Shigong Zuo ("Sala dei Banchetti di sinistra di Lishan"). I "banchetti" cui fanno riferimento sono le cerimonie sacrificali officiate quattro volte al giorno in cui erano offerti cibi e bevande allo spirito del defunto. Il Palazzo dei Banchetti, inoltre, forniva i pasti per i funzionari addetti all'amministrazione dell'intero complesso funerario. Il sito degli uffici e delle residenze degli addetti alla costruzione del mausoleo e ai culti del defunto è stato identificato immediatamente a nord del Palazzo dei Banchetti. Si tratta di un'ampia area (200 × 180 m) in cui sono state riconosciute una serie di piattaforme di fondazione di terra battuta ricoperte da resti di ceramiche architettoniche.
Tutte le strutture di cui abbiamo appena detto erano a vista e dovevano presentarsi come padiglioni a pianta rettangolare con colonne, capriate e architravi in legno, mura intonacate di terra battuta o di argilla impastata con paglia, coperte da tetti a quattro spioventi ornati da tegole di colmo e di gronda ad apici decorati da motivi impressi e, verosimilmente, dipinti. Purtroppo, in tutti i casi finora indagati si sono trovate le tracce dell'incendio che ne determinò il collasso. Questa monumentalità visibile, però, appare come piccola cosa in confronto all'universo nascosto alla vista che circonda, per un raggio di circa 15 km, il tumulo funebre del Primo Augusto Sovrano e di cui soltanto una piccola parte è quella fino a oggi nota: secondo la stima più recente (2002) le fosse individuate sinora nei soli due recinti sono circa 180. Il Palazzo Sotterraneo del Primo Augusto Sovrano si trova, verosimilmente a circa 50 m dal suolo, sul fondo di una fossa tronco-piramidale, con l'apice rivolto in basso, coperta dal tumulo funerario. La camera funeraria sembra sia delimitata da un muro perimetrale, spesso circa 4 m e altrettanto alto, costruito in terra battuta rinforzata da mattoni crudi di argilla; le dimensioni dell'intera struttura, a pianta rettangolare, sono di 460 m da nord a sud e 390 m da est a ovest. La tomba, come quelle dei precedenti re Qin, era fornita di grandi rampe d'accesso su ciascun lato (già oggetto di sondaggi preliminari). Sul lato ovest del tumulo, a circa 40 m dalla porta occidentale delle mura del recinto interno, fu indagata (1978) una fossa con una pianta inscrivibile entro un quadrato di circa 50 m di lato. La struttura ipogea è costituita da un corridoio proveniente dalla camera funeraria: la parte che è stata oggetto di prospezioni è larga da 12 a 23 m e ha una lunghezza di circa 50 m. Il corridoio sembra terminare in un vano rettangolare est-ovest comunicante, a nord, tramite uno stretto passaggio, con un secondo vano parallelo al primo. Verosimilmente questi due ambienti sono stanze di deposito di una parte del corredo funebre. Sul lato meridionale del corridoio, a circa metà della lunghezza indagata, una piccola apertura dava accesso a un vano rettangolare (ca. 15 × 20 m); nell'angolo sud-occidentale di quest'ambiente uno stretto passaggio o ripostiglio corre parallelo ai due vani più settentrionali. Qui fu effettuato (1980) uno scavo che portò al rinvenimento di due diversi modellini (50% del naturale) di carri di bronzo con tiro a quattro interamente frantumati. Il restauro dei due carri di bronzo, iniziato immediatamente dopo la scoperta, è stato concluso nel 1983 per il carro n. 2 e nel 1988 per il carro n. 1.
La fossa K0006 (410 m2), individuata quasi a metà strada tra l'angolo sud-ovest del tumulo e quello corrispondente del recinto interno, fu scavata tra luglio e dicembre del 2000. In questa fossa, con pianta irregolarmente rettangolare provvista di rampa d'accesso (15 × 3-7,2 m) sul lato ovest, lo spazio interno è diviso in due ambienti distinti. Nel vano posteriore sono stati rinvenuti gli scheletri di una ventina di cavalli (di cui 8 maschi adulti) privi di finimenti. Nella stanza anteriore sono stati invece messi in luce i resti di un carro di legno a stanga singola totalmente decomposto; poco distante erano 4 crani di cavallo e al centro della stanza un gruppo di 12 statue di ceramica raffiguranti alcuni personaggi stanti (alt. 185-193 cm), da riconoscere come funzionari civili. Delle 31 fosse disposte su 3 file per una lunghezza, da nord a sud, di 80 m, individuate tra il 1977 e il 1978 nello spazio compreso tra il recinto interno e quello esterno, solo alcune furono scavate. Ciascuna delle 14 fosse poste sulle 2 file esterne (8 a ovest, 6 a est) ospiterebbe una statuina raffigurante un servitore, inginocchiato e rivolto verso il tumulo sepolcrale. Ognuna delle 18 fosse della fila centrale, invece, sembra contenga lo scheletro di un animale selvatico, talvolta posto entro un sarcofago di ceramica, accompagnato da un anello di bronzo e da una mangiatoia fatta con un bacile di ceramica. Le prime analisi dei resti scheletrici hanno rivelato che si tratta di erbivori, con ogni probabilità cervi, e di uccelli di diverse specie. L'interpretazione più accettata è che le fosse simboleggino i terreni di caccia dell'Augusto Sovrano o il suo serraglio. Immediatamente a sud del "serraglio" sono state individuate due fosse che si ipotizza possano aver rappresentato stalle; la prima, di 580 m2, a pianta rettangolare con doppia rampa d'accesso, la seconda, a sud della prima, con pianta a L di 1700 m2 formata dalla fossa rettangolare e dalla rampa d'accesso. Ambedue contengono scheletri di cavallo; in quella a L si calcola che i cavalli siano un centinaio, divisi a gruppi di 3 entro recinti di legno; in associazione ai cavalli sono state rinvenute 11 statue di ceramica in posizione stante e di altezza variabile da 1,82 a 1,9 m. Alcune ritraggono individui con le mani conserte sul ventre entro le larghe maniche dell'abito, altre sembrano brandire armi lunghe; le prime raffigurano ufficiali di basso rango, le seconde le guardie delle stalle.
Nell'area compresa tra l'angolo sud-orientale del recinto interno e la cinta muraria esterna è stata indagata (1999) una fossa sacrificale (fossa K9901) a pianta rettangolare con rampa d'accesso sui lati corti, divisa da muri di terra battuta in tre corridoi paralleli con pavimento, pareti e soffitto di legno. Uno scavo esplorativo di circa 700 m2 (2001) ha messo in luce, nella parte più alta del riempimento, un grosso tripode rituale di bronzo (212 kg) che per lo stile è riconoscibile come un prodotto del regno di Jin o del regno dei Zhou Orientali realizzato tra la fine del IV e l'inizio del III sec. a.C., periodo in cui sia il regno di Jin che quanto restava del regno Zhou furono conquistati da Qin; è probabile che il tripode possa essere stato parte del bottino di guerra e possa aver prima trovato posto nei palazzi o nel tempio ancestrale Qin e poi nel corredo funebre dell'Augusto Sovrano. Nel corridoio n. 3, in un'area di appena 9 m2, sono state poi rinvenute 11 statue di terracotta che raffigurano personaggi maschili, stanti in diverse posizioni e a grandezza pari, o di poco superiore al naturale, frantumate dal crollo del tetto della fossa causato da un incendio. Gli archeologi cinesi hanno riconosciuto in tali personaggi degli "acrobati", tuttavia le loro vesti e posture ricordano quelle dipinte su un manuale illustrato di esercizi ginnici e respiratori rinvenuto nella tomba 3 di Mawangdui (Changsha, Prov. di Hunan) datata al 168 a.C. Nel 1998 sono state scavate cinque trincee nella fossa K9801, circa 40 m a nord della "fossa degli acrobati", la più grande tra le fosse rinvenute fino a oggi all'interno delle mura del giardino funerario: a pianta rettangolare, sull'asse est-ovest, con due brevi rampe d'accesso alle estremità di ciascuno dei due lati maggiori, la fossa copre una superficie di ben 13.689 m2; i cinque saggi stratigrafici (complessivamente 153 m2) hanno rivelato uno spazio suddiviso in corridoi interamente foderato con assi di legno distrutte da un incendio. In tre delle cinque trincee è stato messo in luce uno strato di migliaia di placchette di pietra calcarea combusta sparse sul pavimento; solo alla fine delle indagini si capì che quelle tessere di pietra appartenevano a 150 armature e a più di 50 elmi, tra cui l'unica armatura a grosse placche trapezoidali (14 × 7 cm) riconosciuta come bardatura di un cavallo catafratto, precedentemente nota nelle fonti scritte non prima dell'epoca Han Orientali (25-220 d.C.). Tra i più recenti rinvenimenti nel recinto esterno sono quelli della fossa a pianta rettangolare K0007 fornita di due rampe d'accesso su uno dei lati maggiori. La fossa ha una superficie di 925 m2, di cui solo 100 m2 sono stati oggetto di scavi scientifici (2001). La struttura interna della fossa è articolata in corridoi rivestiti di assi e travature di legno: in una delle trincee scavate (24 m2) sono stati messi in luce 10 grossi uccelli di bronzo. Durante lo scavo si rinvennero numerose impronte delle scarpe di chi aveva ultimato la costruzione della fossa. L'ambiente originario dell'intera struttura ipogea deve essere stato particolarmente umido, tanto che i frequentatori vi lasciarono impronte sul terreno molle; in effetti, i 10 uccelli erano allineati in 2 file ai lati di una canaletta in cui con ogni probabilità scorreva veramente acqua: l'ipotesi fatta dagli scavatori, per i quali in quella fossa era stato ricostruito un ambiente palustre o un corso d'acqua, sembra dunque plausibile. Anche all'esterno dei due recinti concentrici, a est e a nord di essi, sono state rinvenute e in parte scavate fosse sacrificali e sepolture di accompagnamento e le tre fosse dell'Esercito di Terracotta ne fanno parte.
Poco prima della scoperta dell'Esercito di Terracotta era iniziata l'indagine di un gruppo di 93 fosse sacrificali presso il villaggio di Shangjiao, circa 350 m a est del muro esterno del lingyuan. Tra il 1972 e il 1973 ne furono scavate 5, altre 46 dopo il 1976: si tratta di fosse a pianta trapezoidale in cui, o nella stessa fossa, o in fosse poste una di fronte all'altra, una statua raffigurante un personaggio, dello stesso tipo di quelli rinvenuti nelle "fosse del serraglio", era inginocchiata di fronte a uno scheletro di cavallo rivolto verso il tumulo sepolcrale, probabilmente deposto nella fossa dopo essere stato sacrificato in altro luogo. Diversi elementi di corredo furono rinvenuti in associazione con le statue (alt. 63-72 cm) e con gli scheletri di cavallo, tra cui iscrizioni incise su alcuni dei manufatti rinvenuti: ad esempio, Gong Gai ("Stalla di Palazzo"), Zuo Gai ("Stalla di Sinistra"), Xiao Gai ("Stalla Piccola"), Zhong Gai ("Stalla di Mezzo"); quelle fosse stavano a simboleggiare le stalle imperiali.
Come noto, la fossa n. 1 del grande Esercito di Terracotta fu fortuitamente scoperta dai contadini locali scavando un pozzo; le fosse n. 2, n. 3 e n. 4 furono invece scoperte da prospezioni archeologiche nell'estate del 1976. Il complesso delle quattro fosse è situato 1225 m a est del recinto esterno del tumulo sepolcrale, immediatamente a nord del viale che partiva dalla porta est. Le indagini condotte per più di dieci anni hanno permesso di delimitare la pianta di ciascuna fossa, di verificarne la struttura interna e di portare alla luce una parte dei manufatti in esse deposti. Complessivamente, l'area interessata dalle quattro strutture ipogee è di 24.780 m2, e al loro interno, con la sola eccezione della fossa n. 4 che è vuota, gli archeologi cinesi hanno stimato la presenza di almeno 7000 statue di terracotta raffiguranti guerrieri di diverso tipo, di più di 600 cavalli di terracotta e più di 100 carri da guerra di legno, insieme a un'innumerevole quantità di vere armi di bronzo; come noto, inoltre, le dimensioni dei guerrieri e dei cavalli delle tre fosse sono di diversi centimetri superiori a quelle naturali, espediente che fu evidentemente adottato per aumentare la monumentalità e il senso di potenza che quell'esercito schierato avrebbe dovuto dare all'osservatore: fosse esso un nemico fatto di carne o di spirito. La pianta della fossa n. 1, coperta da un gigantesco hangar poco dopo l'inizio dei lavori di scavo, è rettangolare, con il lato est-ovest di 230 m e quello nord-sud di 62 m; il piano di calpestio, formato da uno strato di mattoni pieni, era a 5 m di profondità rispetto al piano di campagna dell'epoca. Lo spazio interno è ripartito da 10 possenti tramezzi di terra battuta che, correndo paralleli per tutta la lunghezza della fossa, creano 9 corridoi centrali larghi 3,45 m, circondati da un più stretto corridoio perimetrale; 5 rampe sul lato est e 5 su quello ovest davano accesso alla struttura, mentre 5 rampe su ciascuno dei lati lunghi a distanze regolari fornivano accessi supplementari. Una volta disposti i guerrieri, i carri e i cavalli all'interno dei corridoi, l'intera struttura fu coperta da un soffitto di grossi tronchi poggianti sui tramezzi e sui bordi rinforzati da tavole di rivestimento e da pilastri lignei. Sullo strato di tronchi era steso uno spesso strato di stuoie a sua volta coperto di terra; l'intera fossa era infine sigillata da un potente livello di strati sovrapposti di terra battuta. Questo sistema costruttivo si è poi rivelato comune, con diverse varianti delle piante, a tutte le grandi fosse fino a oggi rinvenute. Sebbene lo scavo dell'intera struttura ipogea non sia terminato, le milizie sono strategicamente schierate secondo lo schema della "formazione a rettangolo": sul fronte, che è rivolto a est, sono schierati su tre file gli arcieri, alle cui spalle drappelli di fanteria leggera fanno da supporto alla testa delle formazioni della fanteria pesante. Il dispiegamento dell'esercito, difeso ai lati e alla retroguardia da arcieri e balestrieri, segue una tattica basata sulla flessibilità e sulla potenza; l'ala destra e l'ala sinistra sono disposte in modo speculare, pronte ad aprirsi a ventaglio o a stringere le ganasce di una morsa: carri di comando alternati a nutrite squadre di fanteria pesante, uno squadrone di fanti guidato da un solo carro di comando, a cui guardavano, probabilmente, anche i corazzati commilitoni del successivo corridoio. Al centro è la forza dirompente di due formazioni di carri serviti da drappelli di fanteria leggera e da uno di fanteria pesante.
Circa 20 m a nord della grande fossa rettangolare è la fossa n. 2, la cui pianta a L è formata da un ambiente rettangolare cui si attacca, sul lato sud, un corpo quadrangolare, con una superficie totale di 6000 m2. È evidente che la forma della fossa fu disegnata con lo scopo di ospitare un preciso schieramento tattico di una parte dell'armata divisa in 4 blocchi: nella parte avanzata del corpo rettangolare nord sono schierati a quadrato 332 uomini (arcieri, un nucleo di balestrieri con corazza e drappelli di fanti armati di lunghe lance). Alle spalle di questa formazione sono schierati 2 blocchi paralleli: a nord, una coppia di veloci carri leggeri, separata da un drappello di cavalieri per ciascuno dei 3 corridoi, precede uno squadrone di cavalleria; complessivamente 108 cavalieri, armati di balestra, attendono l'ordine di battaglia in piedi davanti al proprio cavallo sellato e tenuto per le briglie. A sud di questa formazione, in 3 corridoi, sono disposti 25 carri pesanti d'appoggio, seguiti da drappelli di fanteria pesante. Nell'ambiente quadrangolare sud (8 corridoi) è lo squadrone di 64 carri leggeri da battaglia disposti in file di 8 all'interno di altrettanti corridoi. Complessivamente circa 1000 guerrieri, 89 carri e 400 cavalli erano schierati in questa fossa secondo lo schema flessibile che, consentendo a ciascuna unità di combattere sia singolarmente sia come un corpo unico, era chiamato dagli strateghi dell'epoca "spiegamento concentrico". Tra le molte informazioni fornite dalle statue di questa fossa, una delle più importanti riguarda la fedele testimonianza sull'uso della cavalleria: infatti, a differenza dei fanti e dei "carristi" che portano una lunga tunica su grossi gambali, i cavalieri indossano un tunica corta sopra pantaloni stretti; anche l'armatura è più leggera. Il cavallo, inoltre, privo delle staffe non ancora inventate, ha una piccola sella, assicurata da cinghie e sottopancia, che nella realtà doveva essere di legno ricoperta da un'imbottitura di tessuto o cuoio. Diverse fonti cinesi suggeriscono che, intorno alla metà del I millennio a.C., il cavallo iniziò a essere usato dalle aristocrazie degli Stati Combattenti non solo come animale da trazione, ma anche come vera e propria cavalcatura, a imitazione dei popoli allevatori del Nord. Secondo la tradizione fu il re Wuling dello Stato di Zhao (metà settentrionale della Prov. di Shanxi e fascia meridionale della Prov. di Hebei) che nel 307 a.C. adottò per primo l'uso di arcieri a cavallo, che vestivano con casacca e pantaloni.
A est della fossa n. 2, e come questa a nord della fossa n. 1, è la fossa n. 3, una struttura ipogea con pianta a U rivolta verso ovest di appena 520 m2; è questa l'unica delle quattro fosse a essere stata scavata interamente. Al suo interno sono disposti 68 uomini e un solo grande carro di comando con i suoi 4 cavalli; lo scopo dello schieramento faccia a faccia dei guerrieri di questa fossa sembrerebbe tutto rivolto a creare una protezione per l'ufficiale di alto rango posto accanto al carro, che si trova in posizione centrale di fronte alla rampa d'accesso. Nel braccio nord della U, infatti, oltre ai resti di un cervo, forse un sacrificio propiziatorio prima della battaglia, sono stati messi in luce 22 guerrieri su 2 file parallele; nel braccio sud la disposizione è più articolata, anche se è evidente che lo scopo è quello di creare un corridoio che dal carro porta a un drappello di 24 ben serrati lancieri. Questa formazione corrisponde con ogni probabilità a quella che i testi di strategia militare dell'epoca chiamavano jin mu, "a cortina". È chiaro inoltre che i guerrieri, tutti graduati, dovevano essere una sorta di guardia scelta a protezione del carro sul quale sarebbe salito l'ufficiale di alto grado, come dimostrano i fiocchi sull'armatura e il copricapo (originariamente dipinti in sgargianti colori), forse il comandante dell'intero esercito. L'ultima delle fosse rinvenute in questa sezione del mausoleo, tra la fossa n. 2 e la fossa n. 3, è la fossa rettangolare n. 4, che è risultata del tutto vuota. È questa un'ulteriore evidenza che i lavori di allestimento delle fosse sacrificali ancora non erano stati terminati nel 208 a.C., quando il Secondo Augusto Sovrano, per aver accelerato i lavori del Palazzo A'fang e del giardino funerario del Monte Li, causò l'inizio delle rivolte che avrebbero posto fine alla dinastia.
L'opera di costruzione del mausoleo e delle statue fu opera immensa. Come in una catena di montaggio l'argilla mista a quarzo veniva pestata per l'impasto, che tagliato in lastre, sotto il controllo dei mastri modellatori, era pressato in stampi per costruire le parti che componevano la statua. La testa, rifinita a incisione in ogni suo dettaglio, era l'ultimo elemento a essere montato sul corpo. Maggiori erano le difficoltà nella costruzione dei cavalli, per via dei grandi volumi cavi del ventre e del collo, tenuti in forma da uno scheletro ligneo. Delle officine di lavorazione delle statue abbiamo ancora poche informazioni, come anche delle fornaci in cui le statue erano cotte a circa 900-1000 °C; né conosciamo con esattezza il sito in cui, dopo la cottura, ogni figura era assemblata e dipinta: baffi e capelli in nero, il volto in rosa, vesti, armature, fiocchi e copricapo in sgargianti colori. Il ciclopico lavoro di costruzione delle strutture del giardino funerario, comprese le tegole, i mattoni, le tubazioni, così come la realizzazione delle statue devono aver richiesto una quantità impressionante di argilla, che è difficile pensare fosse cavata in luoghi remoti. Circa 2,5 km a nord del giardino funerario, presso Yuchibao ("Villaggio del Laghetto del Pesce"), è localizzata una vasta depressione che ben potrebbe essere la cava di cui dicevamo, riempita dalle acque di un ruscello deviato dalla diga Wuling. Altre evidenze dei lavori per la costruzione del mausoleo sono state rinvenute nel 1973 presso il sito di Zhengzhuang, circa 1400 m a nord-ovest del recinto esterno del lingyuan. Nel sito furono messi in luce i resti di diverse strutture architettoniche e strumenti di ferro, quali martelli, scalpelli e ceselli associati a manette e collari di ferro, armi di bronzo, vasellame ceramico e frammenti, lavorati e grezzi, di pietra. Tali rinvenimenti permettono di asserire che si tratta di un sito per la lavorazione della pietra, di cui ben 750.000 m3 furono utilizzati nella costruzione del mausoleo, e che il lavoro fu fatto da coscritti, come dimostrano le manette e i collari, sotto la supervisione di funzionari residenti nelle strutture di cui si è trovata traccia. Mentre di questi ultimi, al momento, sembra essersi persa memoria, dei coscritti si è trovata concreta testimonianza in due vaste zone cimiteriali rinvenute a ovest del recinto esterno.
Dei settecentomila coscritti ricordati da Sima Qian, che dal 221 al 210 a.C. lavorarono alla costruzione del Lishan Lingyuan, a centinaia vi perirono, come dimostra una vasta area cimiteriale rinvenuta, tra il 1978 e il 1980, a ovest del tumulo, tra il villaggio di Zhaobeihu e quello di Yaochitou. Nella porzione del cimitero a Zhaobeihu, di 114 sepolture individuate, disposte in file parallele, ne furono scavate 32: di queste alcune erano tombe singole, altre fosse comuni, di grandezza e forma alquanto variabili. Complessivamente furono scavati 100 individui: a eccezione di 3 donne adulte e di 2 bambini, per la maggior parte gli scheletri rinvenuti sono uomini di età tra 20 e 30 anni; l'analisi dei resti scheletrici ha rivelato inoltre che non tutti morirono di morte naturale. Nella fossa M34, la più grande fino a oggi scavata (10,6 × 1,1 m), furono messi in luce 11 individui disposti su tre livelli: i 3 scheletri del secondo livello, secondo gli scavatori, avevano subito la mutilazione degli arti prima della sepoltura; tuttavia, poiché anche i crani erano separati dal torso e le ossa di ciascun individuo ordinatamente ammonticchiate, crediamo non si possa scartare l'ipotesi di una ricomposizione degli scheletri disarticolati, avvenuta al momento della sepoltura degli individui del livello soprastante. Sicuramente di morte violenta perì uno degli 8 individui della sepoltura M33, le cui ossa mostravano chiare tracce di arma da taglio, molto simili a quelle riscontrate sul cranio dell'individuo sepolto nella tomba M41. Gli specialisti attendono con grande interesse i risultati delle analisi paleopatologiche di tutti questi scheletri, poiché molto potranno rivelare sulle condizioni di vita e di lavoro di quella popolazione di coscritti, di cui in diversi casi abbiamo notevoli dati personali. In molte delle sepolture messe in luce, infatti, l'inumato era accompagnato da un grosso frammento di tegola sul quale erano graffiti il nome, il luogo di provenienza, la residenza e, in alcuni casi, il rango e il titolo. Di questi coscritti provenienti da molti dei paesi appena conquistati, sappiamo che essi erano giuridicamente juci, ovvero individui costretti ai lavori coatti per punizione di un crimine o per saldo di un debito nei confronti dello Stato. Non essendo veri e propri criminali, tali coatti conservavano non soltanto alcuni elementari diritti, come il mantenimento del nome e il possesso di denaro, testimoniato dal rinvenimento di monete di bronzo del tipo banliang in molte sepolture, ma anche rango e titolo; non possiamo inoltre escludere che le donne e i bambini messi in luce nel cimitero fossero familiari dei condannati, evidenza di quel principio della responsabilità solidale che ispirava il codice penale Qin.
Fino a oggi, nel giardino funerario di Lishan sono stati individuati tre principali gruppi di sepolture di accompagnamento, oltre ad alcune tombe isolate come quella nei pressi delle quattro fosse dell'Esercito di Terracotta. Nello spazio tra il recinto interno e quello esterno del tumulo funerario, a nord delle due porte occidentali, è stato individuato un gruppo di 61 tombe, con fossa a pianta rettangolare fornita di una o due rampe d'accesso, molte delle quali, secondo sondaggi preliminari, inspiegabilmente vuote. A questo gruppo ‒ detto "gruppo nord-occidentale" ‒ appartiene una delle più grandi tombe di accompagnamento fino a oggi sondate (15,5 × 14,5 m con una rampa di 15,8 m). Si tratta con ogni probabilità della tomba del principe Gao, uno dei tanti figli di Qin Shihuangdi. Gao, a cui fu offerto di salire al trono dopo Er Shihuangdi, si sarebbe rifiutato per rispetto al defunto padre e, soprattutto, per non perdere il diritto di essergli sepolto dappresso. Ventotto tombe, con fossa a pianta rettangolare con rampa d'accesso sul lato nord, sono state individuate all'interno dello spazio murato che occupa il quadrante nord-est del recinto esterno ("gruppo nord-orientale"). Nessuna di queste tombe, disposte su tre file con un'area di circa 166.400 m2, è stata fino a oggi scavata; tuttavia la loro prossimità al tumulo funerario ha fatto supporre che possa trattarsi delle sepolture delle giovani mogli e concubine imperiali che, come tramanda Sima Qian, il Secondo Augusto Sovrano ordinò che seguissero l'Augusto defunto al momento della sua sepoltura.
Circa 350 m a est del recinto esterno, presso il villaggio di Shangjiao, sono state localizzate 17 tombe con rampa d'accesso, di cui solo 8 scavate (1976/77), appartenenti a due tipi: il primo con profonda fossa tronco-piramidale a pianta rettangolare; una nicchia scavata sulla parete nord della fossa, frequente nelle tombe Qin dei precedenti periodi, o un ripostiglio, scavato alla fine della parete sud della rampa, servivano per la disposizione di una parte del corredo. Il secondo tipo è invece costituito da una fossa alla cui base, sul lato est, era scavato un ampio vano per la deposizione del sarcofago; in questo tipo, il ripostiglio per il corredo era scavato sul lato nord o all'interno della "camera funeraria" o alla base della fossa, immediatamente prima dell'entrata al vano del sarcofago, di norma chiusa da una porta o paratia a tavole di legno. Il rinvenimento di queste sepolture ha fornito dati di notevole interesse sui modelli funerari dell'epoca della dinastia Qin; la struttura di queste tombe testimonia infatti il mantenimento di alcuni elementi tipicamente Qin (come la nicchia laterale) e l'affermarsi del vano sepolcrale con ripostiglio ben distinto dalla camera funeraria, che diventa sempre più un ambiente di accesso alla tomba, associato o meno alla rampa. Questa struttura sarà ulteriormente sviluppata all'epoca della dinastia Han nelle strutture in mattoni, con pianta a T, costituite da una camera funeraria, più o meno ampia, associata a due ripostigli laterali. Le 8 tombe messe in luce sono state riconosciute tutte come sepolture singole, ma solo in 7 casi è stato possibile condurre un'analisi preliminare dei resti ossei: lo scheletro disarticolato di una giovane donna di 18-20 anni è stato rinvenuto nella tomba M17; a una donna, più anziana della prima di circa 10 anni e sepolta in posizione supina, appartenevano i resti della tomba M11, mentre nelle tombe M10, 12, 15 e 16 erano sepolti maschi di circa 30 anni; in tutti questi ultimi casi, però, lo scheletro non soltanto era disarticolato, ma spesso anche dislocato in zone diverse della tomba, sia all'interno che all'esterno dei sarcofagi. Per quanto riguarda gli elementi del corredo, alcuni sono comuni, anzi esclusivi, delle sepolture Qin sin dall'inizio del periodo Stati Combattenti, come, ad esempio, i modellini di granaio in ceramica con tetto a travi lignee e colmo spesso sormontato da un uccellino.
A. Cotterell, Ch'in Shih-Huang-Ti Primo Imperatore della Cina. L'emozionante scoperta della sua tomba, Milano 1981; Han Wei, Lüelun Shaanxi Chunqiu Zhangguo Qin mu [Sulle sepolture Qin di periodo Primavere Autunni e Stati Combattenti nella Prov. di Shaanxi], in Kaogu yu Wenwu, 1 (1981), pp. 83-93; Wang Xueli, Qin du Xianyang [Xianyang capitale di Qin], Xi'an 1985; R. Ciarla, La Cina nel periodo Qin e Han, in Atlante di Archeologia, Torino 1994, pp. 162-63; R. Ciarla (ed.), Cina 220 a.C. I guerrieri di Xi'an, Milano 1994; Wang Xueli (ed.), Qin yong zhuanti yanjiu - Special Studies on Qin Terracotta Figures, Xi'an 1994.
di Filippo Salviati
Località nei pressi di Xi'an (Prov. di Shaanxi) dove dalla fine degli anni Ottanta del Novecento a oggi sono state portate alla luce una decina di aree cimiteriali con circa 500 sepolture dell'epoca della dinastia Han Occidentali (206 a.C. - 23 d.C.), perlopiù riferibili ai periodi di regno degli imperatori Wen (180-157 a.C.) e Wu (141-187 a.C.).
L'importanza di questa vasta necropoli risiede nel fatto che le sepolture, concentrate a sud-est del sito, dove sorgeva la capitale Han, Chang'an (a nord dell'od. Xi'an), esemplificano i rituali di inumazione praticati nel principale centro metropolitano della Cina del tempo. Di particolare rilievo sono le tombe del periodo iniziale della dinastia Han (206-118 a.C.): sprovviste, tranne che in un caso, di tumulo funerario, esse possono essere suddivise in rettangolari a fossa e con camera funeraria provvista o meno di rampa di accesso. Il sarcofago è unico nelle tombe più piccole, mentre in quelle di maggiori dimensioni è protetto all'interno di due o tre sarcofagi esterni: il defunto era in posizione supina (ma in due casi gli scheletri sono flessi) con la testa verso l'entrata della tomba, chiusa con porte lignee. I corredi, piuttosto semplici nonostante gli inumati appartenessero a livelli sociali medio-alti, consistono prevalentemente di manufatti ceramici dipinti in vivaci colori che imitano in genere forme di recipienti di bronzo, soprattutto tripodi (ding). Numerosi i mingqi o statuette funerarie raffiguranti attendenti, animali e modellini di abitazioni di ceramica con decorazioni dipinte a crudo, a eccezione di quelle rinvenute nella sepoltura n. 170, presso il villaggio di Fanjia, che presentano il corpo coperto da vetrina. Gli oggetti di bronzo includono specchi, monete del tipo banliang, finimenti per carro, mentre tra i manufatti di giada prevalgono amuleti a forma di cicala (probabile simbolo di rinascita) posti nella bocca dei defunti, dischi (bi) e vaghi di collana.
Bibliografia
Xi'an Longshouyuan Han mu [Tombe del periodo Han a Longshouyuan, Xi'an], Xi'an 2000.
di Victor H. Mair
Termine (trascrizione cin. dell'antico toponimo Kroraina; in lingua Uygur Krorän o Kirurän) con cui si designano un mitico regno e una città fortificata delle Regioni Occidentali, i cui resti sono localizzati sulle rive nord-occidentali del Lago Lop Nor.
All'epoca della dinastia Han (206 a.C. - 220 d.C.) L. era la prima città-stato che un viaggiatore incontrava entrando nelle Regioni Occidentali; a sud-ovest la rotta che passa per L. conduceva a Qiemo, Jingjue (Niya) e Khotan, mentre a nord-ovest portava a Jushi, Yanqi, Wulei e Shule. L. era dunque un importante punto nodale che controllava i traffici sulla Via della Seta. Dopo che, nella seconda metà del II sec. a.C., l'imperatore Han Wu Di ebbe intrapreso relazioni con le Regioni Occidentali, ambasciate e mercanti che viaggiavano verso Occidente dovevano necessariamente passare per questa località. Della città è ancora apprezzabile la rete di strade ordinatamente tracciate, oltre a fortezze, monasteri e stūpa, luoghi di mercato, quartieri residenziali e uffici governativi. Tra i manufatti recuperati vi sono monete della dinastia Han, punte di freccia di bronzo, vasi fittili, utensili di legno e tessuti di lana; sono stati inoltre rinvenuti documenti scritti in pracrito kharoṣṭhī, sogdiano e cinese. Dal IV sec. d.C. la città cadde nell'oblio e ne fu riscattata solo agli inizi del XX secolo da esploratori europei, tra cui soprattutto S. Hedin. In anni recenti L. ha nuovamente richiamato l'attenzione mondiale per il rinvenimento, in una tomba poco profonda sulle rive del Töwän, dei resti di una donna dell'età del Bronzo vissuta circa due millenni prima, soprannominata "bella di L.". La donna, che all'epoca del decesso aveva circa 40-45 anni ed era alta circa 1,56 m, era coperta da un manto ad armatura di tela di lana e pelliccia; i capelli, di colore biondo-castano e lunghi circa 30 cm, erano avvolti in un cappello di feltro decorato da due piume d'oca. L'esame dei polmoni ha rilevato la presenza di fuliggine e silicato, certamente il risultato dell'esposizione al vento e ai focolari domestici. La defunta era accompagnata da un pettine di legno e da un cesto di paglia alto e stretto e il suo volto e la parte superiore del corpo erano coperti da un grande cesto intrecciato per la spulatura. Da questi elementi è chiaro che già agli inizi del II millennio a.C. gli abitanti di questa regione praticavano un'economia agropastorale. Nei dintorni di L. sono state identificate alcune necropoli datate dal 1800 a.C. al IV sec. d.C. circa; alcune sepolture hanno restituito mummie in eccellente stato di conservazione, insieme a un'ampia varietà di resti organici e inorganici. L'aspetto forse più interessante di questi manufatti è l'alto grado di continuità culturale che essi attestano nel corso di un periodo di 2000 anni: alcune mummie di epoca più tarda indossavano gli stessi tipi di cappello ed erano accompagnate dagli stessi tipi di piccoli canestri intrecciati associati alla "bella di L.".
Hou Can, The Rise and Fall of Loulan, in Social Sciences in China (1985), pp. 156-78; Nagasawa Kazutoshi - Wang Binghua (edd.), Roran okoku to yûkyû no bijo [Il regno di Kroraina e la bellezza eterna], Tokyo 1992; Wang Binghua (ed.), Xinjiang gushi: gudai Xinjiang jumin ji qi wenhua [Gli antichi corpi dello Xinjiang: gli antichi popoli dello Xinjiang e la loro cultura], ürümqi 2001, pp. 28-48.
di Filippo Salviati
Località della Regione Autonoma di Guangxi Zhuang in cui tra il 1976 e il 1979 è stata scavata una grande sepoltura risalente alla fase iniziale della dinastia Han Occidentali (206 a.C. - 23 d.C.).
La tomba, coperta da un tumulo artificiale, consiste in una grande fossa al cui interno fu costruita una struttura lignea articolata in più ambienti, ai quali si accedeva attraverso una ripida rampa. I sarcofagi, anch'essi di legno, che accoglievano le spoglie di un alto ufficiale governativo Han e della consorte, erano disposti in due ambienti separati della camera funeraria, sotto il cui piano pavimentale erano stati seppelliti, in sarcofagi separati, sette giovani individui: una pratica raramente attestata in sepolture del periodo Han. L'analisi degli scheletri ha permesso di stabilire che si tratta dei resti di 6 donne dai 19 ai 26 anni di età e di un fanciullo di 13 anni. Le vesti, di stoffe ricamate, e gli oggetti d'accompagnamento, quali strumenti musicali e contenitori per cosmetici, permettono di ipotizzare che esse fossero le danzatrici e le musiciste del corteggio dei due alti funzionari. Il ricco corredo funerario, comprendente numerosi manufatti di bronzo, oggetti laccati, recipienti di terracotta, ornamenti di giada e specchi di bronzo, era disposto negli altri ambienti della sepoltura. Di notevole interesse, dal punto di vista archeometallurgico, si è rivelato il rinvenimento di alcuni vasi, tra cui una situla, sette bacili (pen) e una giara (hu) di bronzo con decorazioni dipinte con pigmenti probabilmente misti a un legante organico (lacca?). Tipologicamente, parte dei recipienti di bronzo si richiama ai modelli diffusi nei centri metropolitani della Cina centrale, mentre altri, tra cui due tamburi di bronzo e contenitori cilindrici ornati con registri sovrapposti di motivi geometrici a debole rilievo, rappresentano tipologie diffuse nelle regioni della Cina meridionale e del Vietnam settentrionale.
Bibliografia
Guangxi Guixian Luobowan Han mu [Le tombe Han rinvenute a Luobowan, Guixian, Prov. di Guangxi], Beijing 1988; N. Barnard, Chinese Bronze Vessels with Copper Inlaid Decor and Pseudo-Copper Inlay of Ch'un-ch'iu and Chan-kuo Times, in F.D. Bulbeck (ed.), Ancient Chinese and Southeast Asian Bronze Age Cultures, Taipei 1996, pp. 259-61.
di Maria Carlotta Romano
Sito identificato nel 1968 a mezza costa di una collina calcarea a Pingshan, presso Mancheng (Prov. di Hebei), consistente in due tombe in grotta artificiale scavate sul fianco di una collina calcarea: quella di Liu Sheng, figlio dell'imperatore Jing Di (r. 156-141 a.C.) della dinastia Han Occidentali (206 a.C. - 23 d.C.) e, 120 m a nord, quella di sua moglie Dou Wan.
Liu Sheng, nominato principe di Zhongshan nel 154 a.C., morì intorno al 113 a.C. Entrambe le tombe, esposte a est e organizzate in ambienti successivi su un asse centrale, comprendono l'ingresso, con due depositi laterali, la sala centrale (o di "ricevimento") e, sul retro, la camera funeraria, suddivisa in un ambiente centrale per i banchetti, uno per il corpo del defunto e uno laterale (il "bagno") contenente figurine di pietra raffiguranti servitori. Sono stati rinvenuti oltre 10.000 manufatti, fra i quali due eccezionali sudari (o abiti) di giada. L'uso di abiti funerari di materiali preziosi (quali la giada e, secondo alcuni antichi testi, le perle) sembra iniziare alla fine del periodo Stati Combattenti (475-221 a.C.), sia come attestazione di rango, sia soprattutto per la credenza che tali "talismani" preservassero il corpo dalla decomposizione; tanto diffuso sembra fosse questo costume all'epoca della dinastia Han (206 a.C. - 220 d.C.) che subito dopo la sua caduta l'imperatore Wen di Wei ne proibì l'uso (222 d.C.). Il sudario di Liu Sheng ha un'altezza complessiva di 1,88 m ed è costituito da 2498 piastre di giada di varie misure, legate fra loro con 1100 g di filo d'oro. A parte quelle utilizzate per le suole, le piastre più grandi (spess. 0,2-0,35 cm) misurano da 4 a 5 cm di lunghezza. Il sudario è suddiviso in 12 sezioni: maschera facciale, copriorecchi, dorso, torace, maniche, pantaloni, guanti, scarpe e incorpora anche un cilindro di giada cong di età neolitica, riutilizzato per contenere i genitali.
La testa poggiava su un cuscino di bronzo dorato, incrostato con placche di giada raffiguranti draghi e felini e contenente spezie di origine esotica. Fra il vasellame di bronzo degno di nota è un vaso da vino (hu) in agemina d'oro con sinuosi motivi "a nuvola" che formano anche gli elaborati caratteri "a uccello" di un'iscrizione. Si segnalano inoltre, per il ricorso a composizioni zoomorfe che rivelano l'innesto di componenti centroasiatiche o siberiane, un tripode (ding) con piedi modellati in forma di orso e un bronzetto con un quadrupede (felino od orso) che ghermisce un uccello. Una tipologia tipicamente Han è rappresentata da un boshanlu (bruciaprofumi Boshan) di bronzo con decorazione a giorno e agemina. Dalla sepoltura di Dou Wan proviene una lampada antropomorfa di bronzo dorato la cui importanza risiede sia nella bellezza formale, sia nella presenza di un'iscrizione in cui sono ricorrenti i tre ideogrammi della famiglia imperiale Han, ovvero Yang Xin Jia; essa menziona inoltre la nonna di Liu Sheng, l'imperatrice vedova Dou, e la sua dimora, il Palazzo Changxin. L'iscrizione ha fatto supporre che la lampada potrebbe essere stata donata a Dou Wan dall'imperatrice vedova Dou, probabilmente sua stretta parente.
Bibliografia
Mancheng Hanmu Fajue Baogao [Rapporto di scavo delle tombe Han di Mancheng], Beijing 1980; R.L. Thorp, Son of Heaven. Imperial Arts of China, Seattle 1988, pp. 179-83; M. Pirazzoli t'Serstevens, La Cina, Torino 1996, pp. 178-79, 195, 231-32; J. Rawson (ed.), Mysteries of Ancient China, London 1996, pp. 169-74; Yang Xiaoneng (ed.), The Golden Age of Chinese Archaeology. Celebrated Discoveries from the People's Republic of China, Washington (D.C.) 1999, pp. 388-409; R. Bagley (ed.), Ancient Sichuan. Treasures from a Lost Civilization, Seattle 2001, pp. 258-59.
di Filippo Salviati
Sito (Changsha, Prov. di Hunan) scavato tra il 1972 e il 1974 e noto per tre sepolture, databili tra il 186 e il 160 a.C. (epoca della dinastia Han Occidentali), di tre membri della famiglia dei marchesi di Dai, infeudata nell'area di Changsha nel 193 a.C.
Le sepolture sono quelle di Li Cang (M2), cancelliere del principe del regno di Changsha e marchese di Dai, di sua moglie Xing Zhui (M1) e probabilmente del loro figlio (M3). Delle tre sepolture, la meglio preservata e più importante per quantità e tipologia dei reperti è la M1, conosciuta come la "tomba della marchesa di Dai". La camera funeraria di legno, alla quale si accedeva attraverso una rampa lunga circa 20 m, era perfettamente conservata grazie a un involucro isolante realizzato con uno strato di carbone coperto da una spessa coltre di argilla bianca. All'interno della camera erano quattro sarcofagi laccati posti uno dentro l'altro, l'ultimo dei quali contenente il corpo della defunta immerso in una soluzione acida che, come appurato dall'esame autoptico, ha permesso la conservazione dei tessuti molli, a eccezione del cervello. Il corredo, stipato entro vani ricavati tra i sarcofagi e le pareti della camera funeraria, conta oltre 1000 manufatti, dettagliatamente inventariati su 312 listarelle di bambù; esso comprende più di 150 oggetti laccati (vassoi, ciotole, contenitori per cosmetici e per cibo), centinaia di statuine funerarie di legno dipinto in abiti di seta raffiguranti il corteggio della marchesa, strumenti musicali, contenitori di bambù riempiti di cibarie e monete, numerosi manufatti di seta e capi di vestiario molti dei quali rinvenuti, in gran parte integri, indosso al corpo naturalmente mummificatosi della marchesa, morta in seguito a infarto. Per proteggere l'anima della defunta i tre sarcofagi che ne contenevano le spoglie erano decorati con motivi apotropaici, presenti anche su un grande drappo funerario di seta a forma di T posto sul sarcofago interno e riccamente decorato con scene raffiguranti il viaggio verso il mondo dei morti.
Un corredo funerario altrettanto ricco è stato rinvenuto nella sepoltura M3, dalla quale provengono anche numerosi manoscritti su seta che includono testi filosofici, storici e astronomici databili tra la fine del periodo Stati Combattenti e l'epoca della dinastia Han Occidentali. Due interessanti reperti sono costituiti da mappe, anch'esse su seta, della regione di Changsha e delle fortificazioni militari nell'area, create per difendere le frontiere meridionali del governatorato di Changsha dalle incursioni militari del regno meridionale di Nan Yue. In un recipiente laccato sono stati inoltre rinvenuti i frammenti di un dipinto su rotolo di seta (ca. 100 × 50 cm) sul quale sono raffigurati personaggi che compiono esercizi ginnico-respiratori simili a quelli dei moderni Qigong e Taiji quan.
Bibliografia
M. Loewe, Ways to Paradise. The Chinese Quest for Immortality, London 1979, pp. 17-59; Changsha Mawangdui Hanmu [Le tombe Han di Mawangdui, Changsha], Changsha 1987.
v. Lingnan, p. 672
di Victor H. Mair
Città ubicata lungo le rive dell'antico fiume Niya, oltre 100 km a nord dell'odierna città di Minfeng (Regione Autonoma dello Xinjiang Uygur).
La maggior parte degli studiosi identifica il sito con il regno della dinastia Han dell'Asia centro-orientale noto come Jingjue. Le sue vestigia si compongono di due settori: il settore meridionale, ubicato su entrambi i lati di una gola che taglia le dune, è relativamente piccolo e solo 10 strutture sono parzialmente visibili in superficie; il settore settentrionale è molto più vasto, con centinaia di abitazioni, raggruppate in nuclei di 3 o 4 unità. Sebbene non abbiano la stessa complessità di quelle di Loulan, tali abitazioni attestano un alto grado di perizia tecnica. Sono stati inoltre identificati una fonderia per il ferro, infrastrutture per la fusione del bronzo e resti di stūpa. Il settore settentrionale è di dimensioni vastissime (10 km da est a ovest, 4-5 km da nord a sud); la città non possedeva mura di cinta. I settori settentrionale e meridionale distano l'uno dall'altro 5-6 km circa. Nella prima metà del XX secolo A. Stein visitò N. numerose volte, ma solo dopo il 1949 vi sono stati ripetutamente intrapresi scavi, dal 1988 anche in collaborazione con istituzioni e studiosi giapponesi. Sono stati recuperati e classificati oltre 1000 manufatti, tra cui specchi di bronzo e broccati Han, tessuti di lana, pellicce, monete del tipo wuzhu, strumenti di legno, vasi fittili, utensili di pietra, bronzo e ferro, una grande varietà di perle di vetro, ornamenti di conchiglia e anelli d'argento. Da N. provengono anche grandi quantità di documenti in pracrito kharoṣṭhī, così come un pregevole sigillo di giaietto o lignite appartenente al deposito governativo di granaglie e il sigillo del capo del "regno" di Shanshan (od. contea di Pichan, a nord-est di N.), che per un certo periodo esercitò l'autorità militare su N. Due chilometri a nord delle rovine della città è stata recentemente scoperta una necropoli in cui sono stati recuperati numerosi corpi naturalmente mummificati, tra cui (1995) quelli di una coppia, deposta in un sarcofago nella tomba M8, abbigliata con raffinati indumenti di seta in ottimo stato di conservazione e accompagnata da moltissime offerte funerarie, tra cui un set completo di arco e frecce con custodia e faretra. Tra gli altri rinvenimenti effettuati in questa sepoltura, databile tra la fine del III e l'inizio del IV secolo e, secondo gli archeologi cinesi, appartenente a un sovrano di Jingjue e alla sua sposa, figura un bracciale di protezione di broccato decorato da animali fantastici tra nuvole e da un'iscrizione che recita wuxing chu dongfang li Zhong Guo, ovvero "cinque stelle sorgono da oriente a benedire il Paese di Mezzo" (la Cina). Sebbene l'esatta filiazione etnica degli abitanti di N. resti da determinare, essi appartenevano probabilmente al ceppo caucasoide; il fatto che utilizzassero il pracrito kharoṣṭhī per scopi amministrativi e legali e nella vita quotidiana è indizio di forti influssi dall'India, mentre specchi di bronzo, sete, ricami, oggetti laccati e altri beni attestano intense relazioni politiche e commerciali con la Cina.
Bibliografia
Wang Binghua (ed.), Xinjiang gushi: gudai Xinjiang jumin ji qi wenhua [Gli antichi corpi dello Xinjiang: gli antichi popoli dello Xinjiang e la loro cultura], ürümqi 2001, pp. 114-43; Tomb 95MNIM8 at the Niya Site in Minfeng County, Xinjiang, in Chinese Archaeology, 2 (2002), pp. 238-41.
di Zhang Zengqi
Vasta necropoli situata sul promontorio di Shizhaishan (contea di Jinning) affacciato sul Lago Dianchi (Prov. di Yunnan) dove furono condotte quattro campagne di scavo (1955-60) che misero in luce 50 sepolture e 4000 manufatti di bronzo. Particolarmente importante fu il ritrovamento, nella sepoltura M6, di un sigillo d'oro con la scritta Dian Wang Zhi Yin ("sigillo del re di Dian"); questa e altre evidenze inducono a ritenere che la necropoli appartenne al clan reale di Dian e che nelle sue vicinanze fosse il centro politico del regno.
Le sepolture di Sh. sono perlopiù costituite da profonde fosse a pianta quadrangolare con fodera in legno al cui interno il defunto, in posizione supina, era circondato e coperto da elementi di corredo eccezionalmente ricchi; i soli manufatti di bronzo (utensili da lavoro, vasi, armi, strumenti musicali, statuine, monili e accessori dell'abbigliamento) appartengono a 80 tipi diversi. Si tratta nella quasi totalità dei casi di manufatti che rivelano una eccezionale originalità stilistica, dove elementi innegabilmente autoctoni si fondono a suggestioni derivate dall'arte delle Steppe e, in minor misura, dall'arte di Chu. Con la sola eccezione delle armi e delle protezioni per il corpo (bracciali, pettorali e schinieri), la maggior parte dei manufatti sembrerebbe di uso rituale, sebbene in alcuni casi (come per gli utensili agricoli quali asce, zappe, vanghe, punte di vomere, falcetti) non si possa escludere un uso reale. Per quanto sia difficile isolare categorie diagnostiche dell'arte fusoria e della cultura materiale di Sh., alcuni tipi di contenitori possono essere considerati tra i più rappresentativi: ad esempio, le situle a corpo cilindrico fortemente rastremato al centro, usate per conservare tesoretti di conchiglie cauri, sono tra i vasi di bronzo più frequentemente rinvenuti.
Non meno frequenti sono i tamburi di bronzo spesso riutilizzati per contenere tesoretti di conchiglie cauri; in moltissimi casi il timpano del tamburo (a volte più tamburi saldati uno sull'altro) risulta sostituito da una piastra circolare su cui si svolgono scene cerimoniali o battaglie rappresentate da figurine a tutto tondo, tra le quali quella principale è di solito di dimensioni maggiori e d'oro o di bronzo dorato. I tamburi di bronzo ricorrono frequentemente nelle culture dello Yunnan e del Vietnam settentrionale (cultura Dong Son): i 17 esemplari, non riutilizzati come contenitori, rinvenuti a Sh. definiscono il "tipo Shizhaishan", caratterizzato dal timpano decorato al centro con un disco solare attorno al quale si librano uccelli in volo, mentre sulle spalle sono riprodotte imbarcazioni e sui fianchi immagini di bovini, uccelli e danzatori. Alcuni tipi di manufatti ‒ quali l'alabarda (ge) e le asce (yue e fu) ‒ sono caratteristici anche delle regioni della Cina metropolitana; altri tipi non si ritrovano nelle altre regioni cinesi (ad es., le armi parzialmente o totalmente zoomorfe), altre ancora sembrano essere importazioni (ad es., le spade con elsa a tridente dal Sichuan meridionale). Tra i manufatti di Sh. vi sono anche numerosi monili di bronzo fuso e tra di essi quelli maggiormente caratterizzanti sono le placche da cintura figurate. Si tratta di eccezionali manufatti che attraverso le scene raffigurate testimoniano moltissimi aspetti della ritualità e del mondo mitologico della cultura Dian. Oltre a scene di carattere rituale (quali tauromachie, sacrificio del bue, sacrifici umani, battute di caccia o razzie, spesso eloquentemente rappresentate da teste mozzate) sono raffigurate scene di accoppiamento o combattimento tra animali: di solito, un bovino o un cervo sono attaccati alle terga e alla gola da due o più fiere; l'elemento interessante di tali scene, e verosimilmente carico di significati simbolici, è dato dal fatto che gli animali poggiano sempre su un serpente che morde uno di essi.
La necropoli di Sh. ha fornito per la prima volta la testimonianza materiale della cultura di una società complessa locale ‒ puntualmente descritta nello Xinan Yi Liezhuan ("Capitolo sui Barbari del Sud-Ovest") dello Shiji di Sima Qian ‒ che solo sul finire del II sec. a.C. entrò definitivamente nell'orbita Han con il nome di Dian. Tale cultura, che ebbe con ogni probabilità origine intorno alla metà del I millennio a.C., condivise diversi elementi, ideologici e materiali, con le coeve culture dell'Asia Sud-Orientale, agendo da intermediario tra queste ultime e le culture del Sichuan, della valle dello Yangtze e del Lingnan fino alla definitiva inclusione nell'impero Han.
Bibliografia
Yunnan Jinning Shizhaishan gumuqun fajue baogao [Rapporto di scavo della necropoli di Shizhaishan presso Jinning, Yunnan], Beijing 1959; M. Pirazzoli t'Serstevens, La civilisation du royaume de Dian à l'époque Han d'après le matériel exhumé à Shizhaishan (Yunnan), Paris 1974; Id., A Reassessment of the Dating of Two Important Cemeteries of the Tien Culture, in F.D. Bulbeck (ed.), Ancient Chinese and Southeast Asian Bronze Age Cultures, I, Taipei 1996, pp. 283-88.
v. Lintong
di Roberto Ciarla
Vasto comprensorio archeologico circa 30 km a nord-ovest di Xi'an (Prov. di Shaanxi) riferibile ai resti delle strutture palaziali di Xianyang, capitale di Qin dal 350 a.C. alla caduta della dinastia (206 a.C.).
All'interno della città fortemente erosa dal Fiume Wei, su una superficie di circa 25 km2, le ricerche archeologiche degli anni Settanta del XX secolo hanno portato alla luce ‒ oltre ai resti di un'estesa zona di fornaci per elementi architettonici di ceramica ‒ i resti di tre edifici (palazzo n. 1, n. 2 e n. 3), due dei quali (n. 1 e n. 3) facenti parte di uno stesso complesso monumentale. I resti delle fondazioni di quest'ultima struttura, a nord del Fiume Wei, si sviluppano su una piattaforma (60 × 45 m) alta circa 6 m; il palazzo, a padiglioni terrazzati, sembra fosse originariamente formato da due ali simmetriche a cavallo di un torrente, ciascuna delle quali costituita da una piramide di terra battuta a tre gradoni. Nella parte a ridosso del nucleo in terra erano realizzate le stanze con travature decorate da elementi di bronzo e con pavimenti e muri intonacati e dipinti di rosso o di bianco; più di 440 frammenti d'intonaco decorati con pitture policrome sono stati rinvenuti tra i resti del palazzo n. 1, mentre in alcuni vani del palazzo n. 3 sono stati portati alla luce resti di muri decorati da pitture (corse di cocchi con tiro a quattro, processioni rituali, edifici, elementi vegetali e antropomorfi). I vani erano tra loro connessi da un complesso sistema di porte, corridoi, scale e passaggi coperti, tutti pavimentati con ciottoli di fiume e in alcuni casi con grossi mattoni vuoti, decorati a motivi geometrici, con fenici e draghi; sulla seconda e terza terrazza, il profilo dell'edificio era formato da corpi più avanzati a forma di padiglione, mentre al piano terreno correva un porticato a colonne con piano acciottolato.
L'intero edificio era servito da un sistema di drenaggio e scolo delle acque costituito da discendenti, pozzetti di raccolta, sifoni e tubature di ceramica di diverso diametro. La monumentalità dell'edificio a corpi simmetrici, scandito dai tre ordini di tetti in tegole di ceramica con antefisse tonde, ha fatto inizialmente pensare che esso si dovesse datare all'epoca di Qin Shihuangdi; successivamente si è notato che la struttura aveva subito interventi di riparazione e ampliamento e che il nucleo originario, integrato in una struttura di epoca imperiale, è del periodo Stati Combattenti. Secondo alcuni studiosi l'edificio sarebbe da riconoscere come il Palazzo Jique fatto costruire da Shang Yang (il filosofo legista primo ministro di Qin) come simbolo della regalità Qin e, in seguito, fatto proprio da Qin Shihuangdi come sede del potere imperiale. La riproduzione (se non lo spostamento) delle architetture tipiche dei sei Regni appena conquistati da Qin Shihuangdi nella capitale X. sembra effettivamente testimoniata da gruppi di tegole nello stile dei diversi Paesi.
Sima Qian riporta che nel 212 a.C. ebbero inizio i lavori per la costruzione di una nuova area palaziale a sud del Fiume Wei, nell'area del Parco Shanglin, per contenere una "sala del trono" di grandezza senza precedenti. La pianificazione dell'opera era forse già iniziata nel 246 a.C., ma è probabile che si trattasse della realizzazione della vastissima terrazza in strati di terra battuta sulla quale diversi anni dopo si sarebbe dato inizio alla costruzione delle strutture a vista. La scelta del luogo, di fronte ai palazzi di X., non fu casuale: non lontano da quell'area, infatti, erano sorte le prime due capitali della dinastia Zhou Occidentali: Feng e Hao. Le presunte dimensioni gigantesche del nuovo palazzo, che non ricevette mai un nome ufficiale e che conosciamo con la denominazione tradizionale A'fang, o E'pang ("accanto a"), è spiegata da Sima Qian con il fatto che esso doveva servire per il ricevimento di 10.000 persone. Si pensava che il palazzo fosse stato dato alle fiamme alla fine della dinastia Qin e che delle sue strutture non restassero che frammenti di elementi architettonici di bronzo, grappe e chiodi di ferro accartocciati dal calore, assieme a centinaia di frammenti di tegole. Le indagini stratigrafiche (2002-2004) hanno però corretto quanto tramandato dalle fonti storiche e desunto per confronto con i resti palaziali n. 1-3 di X.: dello A'fang, infatti, è stata rilevata l'estensione del qiandian (sala anteriore) pari a 350.000 m2, di cui appena 3000 sottoposti a saggi di scavo; sono stati rinvenuti piani pavimentali acciottolati, strati di tegole, condutture, sepolture di tarda epoca Qin, e, soprattutto, non è stata trovata traccia di strutture in alzato e di alcun tipo di combustione. Semplicemente, il cantiere della grande sala anteriore, non ancora terminato, fu abbandonato con il crollo della dinastia Qin.
Bibliografia
Qin da Xianyang gucheng yizhi de tiaocha he shijue [Indagini preliminari nel sito di Xianyang, antica capitale di Qin], in Kaogu, 6 (1962), pp. 281-89; Wang Xueli, Qin Du Xianyang [Xianyang, capitale dei Qin], Xi'an 1985; A'fang gong Qiandian yizhi de kaogu kantan yu fajue [Sondaggi e scavi nel sito della sala anteriore del palazzo A'fang], in Kaogu Xuebao, 2 (2005), pp. 207-38.
di Filippo Salviati
Sito (ca. 40.000 m2) nei pressi di Guangdu, tra la città di Kunming e il Lago Dianchi (Prov. di Yunnan), interessato da scavi (1998-2001) che hanno portato al rinvenimento di 810 tombe riferibili al periodo di fioritura della cultura Dian, di 29 risalenti al periodo della dinastia Han Orientali e di 7 datate al periodo delle dinastie Ming e Qing.
Il nucleo più importante è quello delle tombe di cultura Dian, il più ampio cimitero di questa cultura finora scoperto. Importanti manufatti sono comunque stati rinvenuti anche nelle tombe Han (disposte a ventaglio ai piedi dell'altura sulla quale sorge il cimitero), tra cui una fibbia per cintura di lamina d'oro raffigurante, a rilievo, un drago che combatte con un altro animale; fibbie di simile eccezionale qualità sono state raramente rinvenute in altri siti Han, ad esempio a Shizishan (Xuzhou, Prov. di Jiangsu). Le sepolture Dian possono essere suddivise in tre categorie in base alle dimensioni e al corredo: quelle di maggiori e medie dimensioni sono situate al centro del cimitero e separate le une dalle altre, mentre le tombe minori sono densamente distribuite attorno alle prime. La tipologia dei manufatti presenti nelle tombe minori indica una differenziazione tra sepolture maschili e femminili: le prime contengono armi di bronzo ‒ asce-pugnale (ge), lance, asce (yue), spade, punte di freccia e frammenti di armatura ‒ e strumenti agricoli (coltelli, zappe, falcetti, mazzuoli), le seconde manufatti di terracotta di uso quotidiano (utensili da cucina, coppette) e fusaiole. La sepoltura di grandi dimensioni M113, con il più ricco corredo funerario, ha restituito alcuni tra i manufatti di maggior interesse, tra cui una serie di oggetti laccati che attestano per la prima volta l'utilizzo di questa resina nell'ambito della cultura Dian: un contenitore a bottiglia panciuta (hu) decorato con motivi geometrici e zoomorfi in bruno su fondo rosso; terminali d'asta zoomorfi; armi innestate su lunghe impugnature laccate e decorate; un gruppo di oggetti rituali scolpiti nel legno con forme zoomorfe e antropomorfe e provvisti di una presa a forma di fallo. Le armi presentano la consueta tipologia Dian riscontrabile in altri siti (Shizhaishan, Lijiashan, Tianzimiao): alcune asce hanno innesto "a cannone" decorato con figure zoomorfe a tutto tondo. Motivi zoomorfi sono utilizzati anche nella decorazione dei frammenti di armatura rinvenuti nella sepoltura M113, da cui proviene un fodero di spada ornato a registri sovrapposti separati con motivi raffiguranti pavoni, scene di combattimento tra animali e di addomesticamento di un bufalo.
Bibliografia
1999 Zhongguo zhongyao kaogu faxian [Le maggiori scoperte archeologiche in Cina del 1999], Beijing 2001, pp. 91-96; The Yangfutou Cemetery in Kunming, Yunnan Province, in Chinese Archaeology, II, Beijing 2002, pp. 212-21.
di Filippo Salviati
Località nei pressi di Xi'an (Prov. di Shaanxi) in cui sorgono le monumentali tombe a tumulo dell'imperatore Han, Jingdi (r. 157-141 a.C.), e della consorte, Wang, deceduta nel 126 a.C.
Diversi saggi di scavo condotti dal 1990 hanno rivelato la presenza di grandi fosse di accompagnamento, disposte intorno al tumulo funerario, all'interno delle quali sono schierate centinaia di statuine funerarie di terracotta policroma (alt. media 50-60 cm) raffiguranti personaggi maschili nudi. Come evidenziato dai resti di armature di legno e di armi in miniatura (balestre, alabarde, spade, punte di lancia e di freccia), le statuine, in origine vestite di abiti di stoffa andati perduti, raffigurano soldati. La regolare disposizione all'interno delle fosse, protette da strutture lignee (un numero considerevole è stato anche rinvenuto all'interno di casse lignee lunghe 6 m), evoca un esercito in formazione. Dal punto di vista simbolico è evidente la continuità con il rituale esemplificato dall'Esercito di Terracotta posto a guardia della tomba del Primo Imperatore Qin (Qin Shihuangdi) a Lintong; le statuine di Y., però, come molta dell'arte Han, rivelano uno stile più naturalistico e una maggiore attenzione alla resa dei volumi e della tridimensionalità delle figure, anatomicamente caratterizzate da dettagli quali i genitali, il modellato del torso, il realismo dei volti, l'incarnato dei corpi. Fori all'altezza delle spalle indicano che in origine le statuine erano provviste di braccia, forse realizzate in legno ma delle quali non si è trovata traccia. Nelle fosse sono stati anche rinvenuti modellini di carri e animali da cortile e da stalla, recipienti di ceramica e utensili di legno laccato e di bronzo per la cottura e il consumo di pietanze. Diversamente dall'Esercito di Terracotta, lo stile delle statuine di Y. ebbe maggiore continuità, essendone stati rinvenuti esemplari anche nelle fosse di accompagnamento del giardino funerario Dulin dell'imperatore Han, Xuandi (r. 73-49 a.C.).
Bibliografia
Mou Lingsheng, Zhongguo Han Yangling caiyong [Le statuine policrome rinvenute presso il mausoleo Han di Yangling, Cina], Xi'an 1992.
di Xiaoneng Yang
Sito ubicato nella città di Linyi (Prov. di Shandong), in cui nel 1972 sono state rinvenute due tombe (M1 e M2) che hanno restituito alcuni dei più importanti testi scritti, precedentemente ritenuti per la maggior parte perduti, dell'epoca Han.
Le due tombe, a fossa rettangolare contenente sarcofago esterno e interno, sono databili tra il 140 e il 118 a.C.; tra i beni di corredo sono stati rinvenuti strisce di bambù con iscrizioni, vasi fittili, oggetti laccati, specchi di bronzo e monete. Sulla base delle iscrizioni alcuni studiosi hanno ipotizzato che il nome dell'occupante della tomba M1 fosse Sima e quello dell'occupante della tomba M2 Shao. Il rinvenimento più importante è costituito da circa 5000 strisce di bambù e da numerose migliaia di frammenti. Nella tomba M1 sono state recuperate 4942 strisce, collocate nell'estremità settentrionale del compartimento del sarcofago esterno, della lunghezza media di 27,6 cm (10 esemplari sono notevolmente più corti: 18 cm). La tomba M2 conteneva un calendario scritto su 32 strisce (lungh. 69 cm), che erano state poste nell'estremità meridionale del sarcofago esterno. Le iscrizioni a inchiostro nero sono nell'antico stile del lishu (scrittura clericale) e risalgono al primo e al medio quarto del II sec. a.C. Le strisce rinvenute nella tomba M1 comprendono testi classici pre-Qin e antichi testi Han Occidentali, quali il Sunzi Bingfa, il Sun Bin Bingfa, il Liu Tao, il Wei Liaozi e il Yanzi; alcuni sono gli stessi di edizioni già note, altri contengono varianti non documentate prima. Ad esempio, il celebre Sunzi Bingfa ("Sunzi sull'arte della guerra"), scritto su oltre 300 strisce, era composto da 17 capitoli pian, 4 dei quali mai documentati in edizioni note; per molto tempo si era ritenuto che il Sun Bin Bingfa ("Sun Bin sull'arte della guerra"), formato da 16 capitoli su 440 strisce, fosse andato perduto e di esso si possedevano solo riferimenti secondari o citazioni. La scoperta della tomba M1 conferma che i due testi sull'arte della guerra vennero scritti da due autori diversi che condividevano il cognome Sun (Sun Wu dello Stato dei Wu e Sun Bin dello Stato dei Qi). Un altro manoscritto per lungo tempo ritenuto perduto, il Yuanguang Yuannian Lipu ("Calendario del primo anno dell'era Yuanguang, del 134 a.C.") scoperto nella tomba M2, rappresenta il più completo e antico calendario a tutt'oggi rinvenuto in Cina; esso indica tra le altre cose che, sul finire del I millennio a.C., l'anno calendariale iniziava nel mese di ottobre.
Bibliografia
Shandong Linyi Xihanmu faxian "Sunzi bingfa" he "Sun Bin bingfa" deng zhujian de jianbao [Breve relazione sulla scoperta delle strisce del "Sunzi sull'arte della guerra" e del "Sun Bin sull'arte della guerra" delle tombe degli Han Occidentali di Linyi, Shangdong], in Wenwu, 2 (1974), pp. 15-26; Linyi Yinqueshan sizuo Xihan muzang [Quattro tombe degli Han Occidentali a Yinqueshang, Linyi], in Kaogu, 6 (1975), pp. 351, 363-72; Yinqueshan Hanmu zhujian Sunzi bingfa [Le strisce di bambù del Sunzi sull'arte della guerra dalla tomba Han di Yinqueshan], Beijing 1976.
di Filippo Salviati
Necropoli nei pressi della città di Mangshan (Prov. di Henan), appartenente ai sovrani del regno di Liang, uno dei grandi feudi assegnati a membri del clan imperiale dei Liu alla fondazione della dinastia Han; tali regni, ereditari su conferma imperiale, sarebbero stati progressivamente eliminati portando a compimento la realizzazione di un sistema amministrativo basato su funzionari reclutati per concorso pubblico.
Nel sito sono stati localizzati 14 mausolei che contengono le spoglie del principe Xiao Liu Wu (infeudato nel 168 a.C. dall'imperatore Wen) e degli altri sovrani Liang con le loro consorti, come suggerisce la disposizione in coppie di 10 dei mausolei. Quello del re Xiao (7 km2 ca.) si trova presso il Monte Baoan ed è circondato da una muraglia di terra (900 × 750 m) al cui interno, allineati sull'asse nord-sud, si trovano i tumuli funerari del sovrano e della consorte Lihou, con i resti delle abitazioni degli attendenti incaricati della manutenzione del mausoleo e dell'adiacente giardino funerario, dove si officiavano i riti in onore del defunto sovrano. Del parco, a nord-est della sepoltura e a pianta rettangolare (110 × 68 m), sono ancora visibili le fondamenta di terra pressata per gli edifici posti all'interno delle tre principali sezioni in cui si articola il complesso, la cui struttura echeggia quella degli ambienti palaziali. La tomba di Lihou si presenta anch'essa come un grande palazzo, ma sotterraneo e costruito in pietra (analogamente a quello dei principi Chu rinvenuto a Beidongshan, Xuzhou, Prov. di Shandong); esteso su una superficie di 1600 m2, misura 210 m di lunghezza e oltre 70 di larghezza ed è suddiviso in numerosi ambienti: a est e a ovest della camera funeraria si diramano due lunghi corridoi sui quali si aprono numerose stanze entro le quali era collocato parte del corredo funerario, comprendente anche un sigillo di cristallo di rocca con inciso il nome della regina. Sebbene largamente depredate, le sepolture dei principi Liang testimoniano con chiarezza la complessità delle strutture funerarie dei membri del lignaggio imperiale Han e giustificano il nome dato a tali strutture ("palazzi sotterranei").
Bibliografia
Yongcheng Xi Han Liangguo wang ling yu qin yuan [Il mausoleo dei principi Liang della dinastia Han Occidentali a Yongcheng], Zhongzhou 1996.