CIMATORI, Antonio, detto il Visaccio
Nacque ad Urbino nel 1550. Il padre Tommaso, tornitore, lo inviò giovanissimo presso la bottega del Barocci, del quale il C. fu nei decenni tra il sec. XVI e il XVII uno dei più fedeli seguaci.
Di qualche importanza per la conoscenza dell'educazione artistica del C. è la lettura di alcuni documenti pubblicati da Gronau (1936) relativi al suo soggiorno a Roma dove, nel 1582, egli frequentava la bottega del Cavalier d'Arpino. Le lettere che Baldo Falcucci, ministro a Roma del duca di Urbino, e ospite e protettore del C., scambiò durante il 1582 fino ai primi mesi dell'83 con Francesco Maria Il Della Rovere (cfr. Gronau), costituiscono un documento molto interessante riguardo al C., che secondo L. Spezzaferro (La cultura del Cardinal del Monte..., in Storia dell'arte, 1971, nn. 9-10, p. 69), fu il primo pittore col quale venne in contatto il cardinal Del Monte. Il Falcucci cita, infatti, alcune opere commissionate dal cardinale, tra cui una Madonna su tela da un mode)lo di analogo soggetto di Raffaello, e parla dell'incessante attività dì disegnatore dei C. intento allo studio dell'opera romana di Michelangelo e di Raffaello.
Nel 1587 l'artista è ricordato a Pesaro come pittore di corte, protetto e "famigliare" del duca Francesco Maria presso il quale si trattenne fino al 1589 (Scatassa): E. Calzini (Una piccola casa dell'arte, in Rassegna bibliogr. dell'arte ital., XII[1909], p. 64) attribuisce al C. un ritratto del duca nella, collezione Viviani di Urbino, mentre G. Vanzolini (Guida di Pesaro, Pesaro 1881, pp. 108 s.) ne ricorda uno dello stesso duca a cavallo firmato e datato 1572. Lanzi e Calzini (1909) attribuiscono al C. vari lavori nelle chiese di Pesaro, tra i quali di notevole interesse è il S. Girolamo conservato nella cattedrale, che mostra nel gusto del colore e nella tipologia del volto del santo l'influsso dei modi del pittore fiorentino Santi di Tito conosciuto e studiato durante il soggiorno a Roma.
In Urbino, nel 1599, il C. lavorò per tre mesi in quella che era stata la bottega di Federico Barocci (Scatassa); nelle tele conservate nel palazzo ducale (S. Filippo Neri che dispensa l'elemosina; La Nativitadel Battista e l'Assunta), èravvisabile la stretta dipendenza del C. dalla lezione del Barocci nella scelta dei colori aspri e cangianti e nella contrazione dello spazio nel quale le figure si addensano disordinatamente. Ancora in Urbino, nella chiesa di S. Agostino, èconservata la grande pala d'altare raffigurante la Madonna con ilBambino, s. Agostino e s. Monica dove il Visaccio "si mostra tra gli scolari che maggiormente alterarono la maniera del maestro, abusando dei cinabri e degli azzurri che Barocci aveva usati con maggiore parsimonia" (Calzini). Uno stretto legame con il dipinto di S.. Agostino mostra un gruppo di opere recentemente prese in considerazione dalla critica (Bizzotto Abdalla, 1973): la Madonna con il Bambinoe santi della parrocchiale di Frontino, dove il gruppo centrale appare copiato dalla Madonna di s. Simone del Barocci conservata nella Galleria nazionale di Urbino; il quadro romano raffigurante la Madonnacon il Bambino, santi e offerenti, conservato al Sodalizio dei Piceni, molto probabilmente iniziato dal Baldelli e completato dal C. (Olsen, 1962); il dipinto con analogo soggetto del palazzo comunale di Pergola.
Nel 1621, in occasione delle nozze di Federico Ubaldo della Rovere con Claudia de' Medici, il C. partecipò con altri pittori della cerchia baroccesca ai lavori di decorazione sia a Pesaro (P. F. Macci, Relazione d'apparati fatti in Pesaro..., Pesaro 1621, p. 22) sia ad Urbino dove lavorò con V. Mazzi, G. A. Urbani e L. Viviam all'arco trionfale eretto in prossimità del duomo (G. Benedetti, Breve narratione... nel ricevimento e passaggio delli... sposi..., Urbino 1621); ma di tutto questo nulla è rimasto (vedi G. Bernini Pezzini, L'apparato di Urbino nel 1621 [catal.], Urbino 1977, pp. 7, 37).
Il C. morì a Rimini il 19 ag. 1623 (Scatassa).
Bibl.: A. Becci, Catalogo delle pitture che si conservano in Pesaro, Pesaro 1783, pp. 60 (cita un S. Tommaso nella chiesa di S. Giov. Battista a Pesaro), 146; L. Lanzi, Storia Pittor. della Italia, a cura di M. Capucci, I, Firenze 1968, pp. 353 s.; C. Grossi, Degli ùomini illustri di Urbino. Commentario, Urbino 1819, p. 181; E. Scatassa, Artisti che lavorarono in Urbino nei sec. XVI e XVII, A. C., in Rass. bibliogr. dell'arte ital., VII(1904). pp. 201 s.; E. Calzini, La scuola baroccesca: A. C. detto il Visaccio, ibid., XII(1909), pp. 110-114; Id., Per A. C., ibid., XIII (1910), p. 27; Id., Ancora di A. C., ibid., p. 146; A. Venturi, Storia dell'arte ital., IX, 7, Milano 1934, p. 1035; G. Gronau, Docum. artistici urbinati, Firenze 1936, p. 257; H. Olsen, F. Barocci, Copenaghen 1962, p. 231; F. Bizzotto Abdalla, in Restauri nelle Marche (catal.), Urbino 1973, p. 711; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, p. 604.