ciclosporina
Farmaco immunosoppressore, denominato anche c. A, isolato per la prima volta come prodotto del metabolismo del fungo Beauveria nivea.
La c. riduce l’attività dei linfociti T legando alcune proteine intracellulari denominate ciclofiline (in partic. la ciclofilina-A). Il complesso formato a seguito di tale legame intrappola e blocca la calcineurina (un enzima del gruppo delle fosfatasi) che non ha più la possibilità di attivare il fattore nucleare dei linfociti T attivati (NFAT, Nuclear Factor of Activated-T cells). Il NFAT non trasloca nel nucleo e non può promuovere, tra le altre cose, la produzione di interleuchina 2 (IL-2). Quest’ultima è responsabile della crescita e del differenziamento delle cellule T, e quindi favorisce l’immunità cellulare. Questo meccanismo rappresenta una spiegazione solo parziale dell’azione della ciclosporina.
La c. è utilizzata per prevenire il rigetto dei trapianti, ma anche nella dermatite atopica grave, nella sindrome nefrosica, nell’artrite reumatoide, nell’uveite e nella psoriasi, quando altri trattamenti non si sono dimostrati efficaci. Durante la terapia con c. è essenziale il controllo dei livelli plasmatici del farmaco. Normalmente, la c. viene somministrata per via orale, in quanto la via parenterale può facilmente scatenare una reazione allergica. Diversi farmaci, alimenti e bevande possono alterare i livelli plasmatici di c., favorendo l’insorgenza di effetti indesiderati o rendendo meno efficace l’azione del farmaco e, quindi, il controllo del quadro clinico.
Tra gli effetti più importanti si annoverano ipertensione (nel 50% dei casi), neurotossicità, ipomagnesia, epatotossicità, nefrotossicità talora anche irreversibile. Quest’ultimo è l’effetto più grave e frequente, specie in seguito a uso prolungato. Il meccanismo della nefrotossicità non è stato ancora spiegato completamente. Inibisce la produzione di ossido nitrico, composto endogeno ad azione vasodilatatrice, mentre favorisce l’azione dell’endotelina-1, che ha azione vasocostrittrice. La nefrotossicità potrebbe, quindi, dipendere anche da una forte vasocostrizione delle arteriole afferenti preglomerulari. Questo meccanismo sarebbe responsabile anche della comparsa di ipertensione sistemica. La c. sembrerebbe favorire l’insorgenza di alcune neoplasie, proprio a causa dei suoi effetti inibitori sui linfociti T.