CICLISMO (fr. cyclisme; sp. ciclismo; ted. Radfahren; ingl. cycling)
È lo sport della bicicletta (v.), ancora ai tempi nostri uno dei più importanti, dopo essere stato per parecchi anni, specie in Italia, quello più favorito e coltivato dalle masse. Verso la fine del sec. XIX e sul principio di questo le maggiori manifestazioni sportive erano ciclistiche. Si può veramente dire che il ciclismo fu il nucleo originario attorno al quale andò sviluppandosi l'attività sportiva, e ciò è confermato tra l'altro dal fatto che alcuni tra i più diffusi periodici sportivi (citiamo soltanto, per l'Italia, la Gazzetta dello sport) sorsero come organi specializzati del ciclismo.
Cenni storici. - In Italia la prima società ciclistica fu fondata nel 1870, col nome di Veloce Club di Milano. I velocipedisti erano pochissimi in quel tempo nella penisola, e usavano il biciclo soltanto per diporto. In Inghilterra invece (ricordiamo la fondazione, nel 1870, del Pickwick Bicycle Club di Londra), e in altri paesi, già si svolgevano vere e proprie corse con bicicli. Si può dire però che la prima vera prova sportiva fu il record dell'ora su biciclo, stabilito il 25 marzo 1876 dall'inglese Dodds a Cambridge con km. 25.598. In Inghilterra fu pure fondato, nel 1878, il Bicycle Touring Club, divenuto poi il Cyclists Touring Club, e affiancato dalla National Cyclists Union; negli Stati Uniti fu organizzata nel 1880 la League of American Wheelmen; in Germania, nel 1884, il Deutscher Radifahrerbund, e nel 1886 la Allgemeine Radfahrer-Union; in Francia il Touring Club de France, fondato nel 1895, ebbe dapprima il ciclismo come suo principale obbietto; ma già dal 1881 esisteva e funzionava l'Union Vélocipédique de France. Particolare interesse ebbe, nel 1889, il primo campionato dei 100 chilometri, che vide la vittoria di Charles Terront, su bicicletta, contro Jules Dubois su biciclo. Di qui data l'adozione universale della bicicletta nelle competizioni sportive, e l'abbandono del biciclo.
Quanto all'Italia, bisogna giungere al 1882 per trovare qualche segno di vera attività. Si costituì in quell'anno con 22 soci il Veloce Club torinese, che nel 1884, in occasione dell'Esposizione di Torino, organizzò le prime corse internazionali su bicicli, con l'intervento dei campioni francesi dell'epoca, e il primo campionato italiano che si svolse il 24 agosto su 5000 metri e fu vinto da Loretz. In quel tempo il Veloce Club torinese indisse anche un congresso per la fondazione di una federazione tra le società cultrici del velocipedismo. La federazione fu costituita, ma visse pochi mesi soltanto. Nel settembre 1885 fu promosso un congresso per fondare una nuova federazione. Il congresso, tenutosi a Como, non sortì alcun risultato. In un altro congresso invece, che ebbe luogo a Pavia, e in cui erano rappresentate 18 società, la proposta avanzata dal conte Agostino Bigliare di Viarigi, presidente del Veloce Club Torinese e della prima federazione, per la costituzione di una nuova federazione, fu accolta, e nacque così l'Unione Velocipedistica Italiana, che esiste ancor oggi. La sua sede fu portata successivamente da Como a Torino, ad Alessandria, a Genova, a Milano e a Roma, dov'è attualmente. L'U.V.I. ha regolarmente indetto ogni anno, eccettuato il periodo della guerra, i campionati italiani. Cominciando dal 1885 si ebbero un campionato di velocità e uno di resistenza e dal 1895 campionati per professionisti e dilettanti. Delle primissime corse su strada e su pista, sia italiane sia estere, nessuna ha sopravvissuto fino ad oggi. La Svizzera vanta la più antica tra le corse su strada europee: il giro del Lago Lemano, che si è disputato nel 1930 per la 42ª volta. La più antica corsa per la Francia è la Bordeaux-Parigi (1891), per l'Italia la Coppa del Re (1897). La più antica corsa su pista è il Gran premio di Parigi (1894).
Il 14 aprile 1900 le federazioni della Francia, del Belgio, degli Stati Uniti, dell'Italia e della Svizzera si staccarono dall'International Cyclist Association, che aveva organizzato le prime serie di campionati del mondo (1883-1889), e diedero vita all'Unione Ciclistica Internazionale, che tuttora regge il ciclismo mondiale. Il primo congresso dell'U.C.I. fu tenuto a Parigi l'11 agosto 1900. Furono allora indetti i primi campionati del mondo che ebbero luogo a Parigi, ove è la sede dell'U.C.I. L'U.C.I. conta oggi 33 federazioni sparse in tutto il mondo. Le più anziane sono: Gran Bretagua (1878), Francia e Danimarca (1881), Belgio (1882).
L'attività dell'U.C.I. nel 1929 è sintetizzata da queste cifre che possono dare un'idea, incompleta però perché non tutte le federazioni fornirono i dati, dello sviluppo dello sport ciclistico, diremo così, ufficiale, in tutto il mondo: società affiliate, 4582; velodromi riconosciuti, 646; corridori licenziati, 111.014; corse organizzate: su strada, 28.868; su pista, 9083.
Lo sport ciclistico in Italia e fuori. - Il ciclismo italiano, come si è detto, è disciplinato dall'Unione Velocipedistica Italiana, che riunisce tutte le società praticanti il ciclismo e a sua volta è inquadrata nel Comitato Olimpico Nazionale Italiano (C.O.N.I.). L'U.V.I. dirige e controlla il movimento ciclistico nazionale attraverso organi periferici, i comitati regionali, retti da commissarî residenti nei capoluoghi di regione e completati da vice-commissarî per ogni capoluogo di provincia e centro principale. Tutte le corse che si svolgono sulle strade e sulle piste d'Italia sono approvate dalla U.V.I., così come tutti i corridori che vi prendono parte sono licenziati dall'U.V.I., da cui dipendono pure i connazionali che risiedono all'estero.
I corridori sono divisi in categorie: le due principali sono quelle dei professionisti e dei dilettanti: i professionisti esercitano il ciclismo per lucro e ricevono premî in denaro, mentre i dilettanti non possono avere come premî che medaglie o altri oggetti, e sono indennizzati per pure spese di viaggio e di soggiorno.
Le case costruttrici di biciclette hanno al loro servizio corridori professionisti, che costituiscono le squadre in difesa dei varî colori industriali. Questi corridori percepiscono regolari stipendî mensili e inoltre compensi in caso di vittoria, detti "chilometraggi", perché corrisposti in base ad un tanto per chilometro di corsa.
Gli stipendî, come i chilometraggi, variano sensibilmente a seconda del valore e della rinomanza del corridore. I massimi stipendî finora registrati sono stati di 100.000 e anche di 125.000 lire all'anno. I chilometraggi sono in relazione con l'importanza della corsa e vanno da trenta a dieci lire per chilometro. Per le maggiori gare vengono stabiliti compensi fissi speciali e in misura più alta. È anche in uso il cosiddetto premio di partenza, ossia una data somma che viene corrisposta prima della gara e indipendentemente dal suo esito. I chilometraggi vengono uniti ai premî della corsa stabiliti dagli organizzatori e la somma che ne risulta viene suddivisa tra i componenti la squadra in parti proporzionali, ossia in modo che la quota maggiore tocchi al capo e siano poi compensati i gregarî più meritevoli. Da ciò si può arguire come sia forte la differenza di guadagno tra gli uomini della stessa squadra, secondo che uno sia capo o gregario. E si noti che in corsa è al gregario che tocca il maggior lavoro. Ma l'ingiustizia è solo apparente, ché effettivamente il capo è superiore ai suoi compagni, i quali, anche se non fossero legati dai vincoli della disciplina, non potrebbero sperare di batterlo. Non è poi escluso che il gregario possa affermarsi e diventare a sua volta il capo di una o di un'altra squadra. Questo però non può avvenire che nei primi anni della carriera di un corridore, quando egli è in piena efficienza. Più tardi è raro che muti la sua posizione. È perciò molto comune il fatto che un "anziano" resti a capo di una squadra pur essendo in decadenza e anche se qualcuno dei suoi compagni è più forte, in virtù del suo passato e della popolarità di cui continua a godere.
Le corse ciclistiche si dividono in due grandi categorie: corse su strada e corse su pista.
Corse su strada. - Molte sono le formule per le corse ciclistiche su strada. Anzitutto si devono distinguere due generi di corse: in linea e a cronometro. Nelle prime la partenza viene data in gruppo e il risultato è fornito dall'ordine d'arrivo. Nelle seconde le partenze sono date con distacchi uniformi, e il risultato è fornito dal computo del tempo impiegato. La grande maggioranza delle corse si disputano in linea. La formula della gara a cronometro, che è certo la più razionale ma è la meno spettacolare, è adottata nelle Olimpiadi e in poche altre occasioni. Fu adottata per le prime dispute del campionato del mondo dilettanti (1921-1922) e sarà ripristinata per gli stessi campionati professionisti e dilettanti a partire dal 1931. Qualche federazione fa svolgere i campionati nazionali con questa formula, che è usatissima nei paesi nordici (Inghilterra, Svezia, Norvegia, Danimarca, ecc.), dove le corse ciclistiche su strada sono vietate o limitate dai regolamenti di polizia, e perciò bisogna ricorrere a questi sistemi. Negli altri paesi invece (Italia, Francia, Belgio, Svizzera, Germania, Spagna), dove lo sport ciclistico è più sviluppato e potente, si svolgono comunemente corse in linea.
Le gare a cronometro possono essere individuali, per coppie, e per squadre di tre o quattro corridori. Si hanno pochi esempî di corse staffette, nelle quali ogni componente la squadra deve compiere un dato tratto di percorso col vantaggio o lo svantaggio che gli lascia il compagno precedente (sistema adottato per gare della Milizia e per gare militari all'estero). Si fann0 anche corse handicap, in cui i concorrenti partono in due o più gruppi, e infine corse a traguardi, generalmente su circuiti, con un traguardo a ogni giro e classifica a punti in base ai risultati di questi traguardi. Quanto alla distanza si nota una prima differenza tra le corse per dilettanti e quelle per professionisti. Le prime non superano generalmente i 150 km.; per le seconde i percorsi vanno dai 250 ai 350 km. Questa distanza viene però sorpassata con le corse di gran fondo che arrivano ai 500 e anche ai 600 km., come la Bordeaux-Parigi, che è la più lunga corsa su strada e si disputa con allenatori nell'ultimo tratto.
Tutto ciò per le corse d'un giorno. Vi sono poi le corse a tappe. Tra le molte che si disputano nei varî paesi, le più importanti sono i Giri di Francia e d'Italia, che si effettuano rispettivamente dal 1903 e dal 1909, mentre le altre gare a tappe, del resto di mole assai minore, hanno avuto e hanno svolgimenti saltuarî. Due sono i sistemi di classifica per le gare a tappe: quello a punti, con cui si disputarono per molti anni queste corse, è stato poi sostituito con quello a tempi, e il primo non viene ora adottato che eccezionalmente.
La stagione delle corse su strada s'inizia in Italia in marzo e si chiude in novembre. Nell'inverno non si disputano che corse campestri su percorsi brevi, ma accidentati, da compiersi in parte a piedi (cross-countries ciclistici). Il grosso dell'attività è formato dalle corse dilettantistiche. Ogni giorno di festa se ne disputano in gran numero, parecchie anche nella stessa regione e città. Le gare più importariti in questo campo sono quelle valevoli per i campionati nazionali delle varie categorie, e la Coppa del re che è la decana di tutte le corse italiane. Queste gare soltanto mettono di fronte elementi di tutta l'Italia, mentre le solite corse domenicali sono disputate da giovani della regione, o, al più, di regioni limitrofe.
Il Giro d'Italia ha subito in venti anni trasformazioni tradottesi in una indubbia evoluzione. È variato il sistema di disputa ed è variato il percorso. Queste ultime riforme sono state volte a comprendere il maggior numero di regioni nell'itinerario. La configurazione del nostro paese offre difficoltà grandissime per la scelta di un percorso che concilî le due opposte e stridentissime esigenze di far toccare le regioni più lontane e di restare in dati limiti di durata. L'arduo problema è stato risolto nelle ultime corse che hanno visto il Giro partire non da Milano, dove esso ha termine, ma da Roma e da Messina. Così è stato possibile dare il massimo sviluppo nel percorso alla parte meridionale che per molti anni era stata un po' sacrificata. Si è pertanto accentuato il carattere propagandistico che in questa manifestazione è essenziale e preminente. I benefici che il Giro ha prodotto sotto questi aspetti sono veramente grandiosi. Svolgendosi per circa tre settimane in maggio-giugno, esso mobilita legioni di appassionati . e accresce sempre le file degli sportivi con nuove reclute. Il governo italiano ha riconosciuto quest'importante funzione del Giro d'Italia dando agli organizzatori il suo appoggio e destinando premî in denaro e medaglie agli atleti. Organizzano il Giro d'Italia e il Giro di Francia i massimi giornali sportivi dei rispettivi paesi, Gazzetta dello sport e Auto. Prendendo come base le ultime corse si osservano queste caratteristiche salienti:
Giro d'Italia. - I concorrenti sono divisi in aggruppati (ai servizî di case costruttrici) e isolati. Agli uni e agli altri gli organizzatori provvedono i rifornimenti in corsa e corrispondono una diaria. Gl'isolati concorrono a premî speciali e vengono assistiti in varie forme. Gli aggruppati vengono compensati dalle case secondo i noti patti. Le tappe nel Giro del 1930 sono state 15 per un totale di 3097 km. e si sono effettuate con o senza giorno di riposo tra l'una e l'altra. Le distanze variavano da 120 a 293 km., mentre fino a pochi anni fa dominava il criterio opposto e si avevano tappe anche di 400-450 km. Il percorso del Giro d'Italia varia di anno in anno. La classifica viene fatta per somma di tempi. Il vincitore di tappa riceve un "premio" di due minuti se arriva solo e di un minuto se il gruppo è composto da meno di 10 uomini. Nelle tappe di meno di 150 km. non v'è stato, nel 1930, rifornimento; uno ve n'era nelle tappe da 150 a 250 km., due nelle tappe di oltre 250 km. La corsa era a invito e con un massimo di 120 partecipanti. Ecco la tabella con i dati principali relativi al Giro d'Italia, 1909-1930:
Le altre gare più importanti per professionisti sono: la MilanoSanremo, denominata la classicissima per antonomasia, che, essendo la prima della stagione, è attesa col massimo interesse; e il Giro della Lombardia, anch'esso organizzato dalla Gazzetta dello Sport, che chiude invece la stagione. Altre classiche sono la XX settembre, la più anziana tra le corse per professionisti, la Predappio-Roma, i Giri della Toscana, del Piemonte, dell'Emilia, della Romagna e del Veneto, la Milano-Modena. Non tutte queste corse si effettuano ogni anno.
Giro di Francia. - I corridori sono divisi in due categorie: assi e turisti-routiers. Essendo esclusa ogni ingerenza dell'industria gli organizzatori (1930) davano agli assi le biciclette, li spesavano completamente, li rifornivano in corsa e assicuravano premî tali da supplire al mancato compenso delle case. Gli assi scritturati dagli organizzatori costituivano cinque squadre nazionali, ognuna di otto uomini in rappresentanza della Francia, dell'Italia, del Belgio, della Germania e della Spagna. I turisti-routiers potevano iscriversi liberamente, ma soltanto sessanta erano ammessi alla corsa a fianco dei quaranta assi. La classifica era unica e a tempi con premî assai più forti per gli assi che non per i turisti-routiers. Le tappe erano ventuna, con un totale di 4800 km. Il giro durò ventisei giorni, cosicché se ne ebbero solo cinque di riposo contro ventuno di corsa. Il percorso non viene cambiato che lievissimamente di anno in anno. Le distanze delle tappe variano da 140 a 330 km. Il vincitore di tappa aveva un "premio" di tre minuti solo se arrivava con vantaggio di oltre cinque minuti. Le tappe erano senza rifornimento fino a 200 km., con uno da 200 a 300 km., con due oltre i 300 chilometri.
Disposizione comune a tutte le corse su strada è il divieto di farsi trainare o allenare. Variano invece di gara in gara le regole circa i rifornimenti che possono essere fatti soltanto ai posti stabiliti (controlli) oppure su tutto il percorso e con qualunque mezzo (vetture, motociclette, tra i concorrenti), circa il cambio della macchina e di date parti che può essere autorizzato o vietato, circa l'aiuto tra concorrenti rigorosamente vietato o permesso in certi casi, ecc.
L'Unione ciclistica internazionale fa disputare ogni anno un campionato del mondo su strada. Fu istituito nel 1921, trasformando il campionato di resistenza dietro motori per dilettanti in gara su strada e riservandolo dapprima ai dilettanti. Dal 1927 fu aggiunto il campionato dei professionisti. Le gare di campionato si disputano su un percorso di circa 200 km., lo stesso per i professionisti e per i dilettanti, ma con partenza e classifiche distinte. Dal 1930 le gare vengono regolate a cronometro.
Corse su pista. - Innumerevoli sono i generi di corse su pista, e cioè quanti ne può escogitare la fantasia degli organizzatori, sempre in cerca di miglioramenti o soltanto di novità allo scopo di soddisfare i gusti e le esigenze del pubblico.
Anzitutto le corse si distinguono in corse di velocità, di semiresistenza e di resistenza, senza e con allenatori. Le corse di velocità si disputano comunemente su una distanza di 1000 metri. Gli ultimi 200 metri nei quali i corridori s'impegnano a fondo e compiono la vera e propria volata vengono cronometrati, e ai tempi si attribuisce un grande valore tecnico poiché stabiliscono la velocità della corsa. Organizzazione tipica delle gare di velocità è da considerarsi quella prescelta per i campionati mondiali e adottata anche per i campionati nazionali e i principali Gran Premî. La gara è costituita da una serie di prove, che attraverso una successiva eliminazione forniscono il vincitore. Queste prove si dividono in due grandi fasi. Quanto alla prima, è ammesso che possano gareggiare in una eliminatoria più di due corridori; nella seconda si hanno solamente circuiti a due. Il numero delle eliminatorie della prima fase dipende dal numero dei concorrenti, i quali vengono divisi in modo da equilibrare la fase. I vincitori restano qualificati senz'altro per le prove successive. Ai battuti viene fatto disputare un repêchage (prova unica a eliminatorie e finale a seconda del numero dei concorrenti), che qualifica un altro o altri uomini da aggiungere ai vincitori. delle eliminatorie per costituire il lotto ammesso alla seconda serie. Si hanno così, generalmente, sedici uomini che vengono accoppiati, ancora col sistema di non mettere di fronte i migliori, per disputare gli otto ottavi di finale. Gli otto vincitori corrono a coppie i quattro quarti di finale; i quattro disputano le due semifinali e i due vincitori la finale per il terzo e il quarto posto. La finale può essere fatta svolgere in due e, se occorre, in tre prove. Naturalmente se il numero dei corridori è scarso, il meccanismo delle eliminatorie viene semplificato e si giunge più presto alle prove decisive. Talvolta anzi non si fanno eliminatorie, bensì una serie di circuiti a due in cui ogni concorrente si batte via via con tutti gli avversarî. Sono ancora in uso le finali a tre uomini che fino a pochi anni fa erano la regola.
Oltre le gare in linea si hanno poi gli handicaps, in cui un concorrente (scratchman) dà agli altri avversarî vantaggi calcolati in base ai supposti rispettivi valori. Le gare per tandems, un tempo in auge, sono ora quasi completamente abbandonate.
Nelle corse di semiresistenza (distanze da 3 a 10 km.) si hanno gare individuali in linea e a inseguimento e gare per coppie, per squadre di tre, quattro e anche più uomini a inseguimento. Le corse in linea si possono disputare con una sola classifica finale o a traguardi (la classifica si fa sommando i punti riportati nella disputa dei varî traguardi) e per eliminazione (a ogni giro si elimina l'ultimo corridore). Nelle gare a inseguimento vince chi ha, al termine della distanza stabilita, annullato o ridotto il distacco.
Le corse di resistenza si disputano in linea e possono essere individuali e per coppie. Generalmente a traguardi, rarissimamente con la sola classifica finale. Nelle gare a coppie il rilevamento è libero: ossia i due concorrenti si possono dare il cambio quando vogliono. Le corse sono a distanza (tanti giri, tanti chilometri) o a tempo. Le più lunghe sono quelle dei Sei giorni. Di regola esse durano ininterrottamente per 144 ore, ma se ne disputano anche con neutralizzazione per un dato periodo d'ogni giornata. La prima Sei giorni ebbe luogo nel 1893 a New York sulla pista di Madison Square. Essa fu individuale e con la sola classifica finale. Il vincitore, Schock, coprì la distanza di 2575 km. Successivamente furono compiute distanze maggiori fino a quella di 3368 km. che è il record, non riconosciuto dall'U.C.I., per le corse dei Sei giorni a disputa individuale. Lo spettacolo inumano della terribile fatica a cui erano sottoposti i corridori provocò una campagna di stampa in seguito alla quale fu adottato, a cominciare dal 1899, il sistema delle corse per coppie con rilevamento libero, quale fu poi sempre seguito per le Sei giorni. La prima gara del genere in Europa si disputò a Berlino nel 1909. Fino a oggi si sono svolte circa centocinquanta corse dei Sei giorni nelle principali città dell'America, dell'Europa e dell'Australia. In Italia se ne sono disputate solamente due, entrambe al Palazzo dello Sport di Milano nel dicembre del 1927 e nel dicembre del 1928. Le Sei giorni si svolgono durante la stagione invernale in grandi locali coperti e su piste in legno di piccolo sviluppo (da 200 a 120 m.), permanenti o installate per l'occasione. Si sono fatte anche gare dei Sei giorni in piste all'aperto, d'estate, a Marsiglia. Si ricorda un tentativo d'inverno a Nizza che però non andò a compimento a causa della neve. La più importante Sei giorni è sempre quella di New York, che si organizza due volte all'anno, in dicembre e in marzo. Grande successo hanno anche quelle di Parigi e di Berlino, che come quelle di New York costituiscono verî e proprî spettacoli mondani con jazz-band e largo intervento della società gaudente e nottambula. Lo sport passa dunque in seconda linea o è addirittura assente, e perciò le Sei giorni sono considerate come manifestazioni a sé, ai margini dello sport, essendo spettacoli piuttosto che gare. Vince la Sei giorni la coppia che al termine è in vantaggio d'uno o più giri sulle avversarie o ha ottenuto il maggior punteggio totale nei traguardi, che si disputano in serie di dieci e più, tre o quattro volte per ogni giornata nelle ore del tardo pomeriggio o della sera in cui vi è maggiore affluenza di pubblico, mentre si svolgono anche battaglie per guadagnare i giri e contendersi i premî speciali offerti da spettatori, ditte, ecc., consistenti spesso in grosse somme di denaro e oggetti di valore. Nelle altre ore invece regna la calma, e specialmente in quelle del mattino, quando il locale viene sfollato dal pubblico per la pulizia e i corridori, alternandosi o anche contemporaneamente, possono concedersi un riposo regolare e prolungato nelle cabine che vengono installate lungo i bordi interni della pista e che sono la piccola casa dei concorrenti per la durata della gara. Attorno a queste cabine è raccolto tutto il materiale (biciclette e parti di ricambio) e si muove la schiera dei massaggiatori, meccanici, ecc., mentre in altri locali hanno sede le cucine, riposa il personale e sono medicati i concorrenti che hanno bisogno di cure.
Le corse di resistenza possono essere fatte con allenatori umani (biciclette, tandems, triplettes) e meccanici (piccole e grosse motociclette). Esse vengono disputate in linea e a inseguimemto, a distanza e a tempo.
Questi sono i generi principali di corse su pista, dai quali se ne possono ottenere infiniti altri, e ai quali è da aggiungere la gara così detta Omnium, consistente in una serie di prove di natura diversa; ad esempio: una corsa di velocità in linea, a cronometro, una individuale a traguardi, una gara a inseguimento, una con allenatori umani o meccanici. La classifica finale di queste corse, che possono essere individuali, per coppia o per squadre, risulta dal totale dei punteggi riportati in ogni prova.
Le gare di campionato mondiale sono tre: 1. corsa di velocità professionisti; 2. corsa di velocità dilettanti; 3. corsa di resistenza con allenatori meccanici km. 100 professionisti. Il campionato di resistenza dilettanti dietro motociclette è stato abolito nel dopoguerra. Si disputò dal 1900 al 1914.
Prove ciclistiche olimpioniche. - Il ciclismo fu compreso nel programma olimpionico sin dalla prima olimpiade (Atene 1896) ed ebbe parte in tutte le successive. Dall'una all'altra olimpiade il programma ciclistico, come del resto quello di tutti gli sport, subì varie modifiche. Nell'ultima olimpiade (Amsterdam 1928) le gare furono: In pista: 1. corsa di velocità individuale; 2. corsa a cronometro individuale m. 1000 con partenza da fermo; 3. corsa per tandems velocità; 4. corsa a inseguimento per squadre di quattro corridori, m. 4000. Su strada: corsa individuale a cronometro km. 165. Il programma si predispone di regola nel congresso olimpionico dell'annata che precede quella di disputa dei giochi.
L'Unione ciclistica internazionale ha principalmente la funzione di organizzare i campionati del mondo su pista e su strada. La sede varia ogni anno e anche il percorso presenta variazioni.
Le affermazioni italiane. - Le vittorie italiane in questi campionati sono state a tutto il 1930 assai più numerose su strada che non su pista. Qui infatti si contano due sole vittorie con i dilettanti Verri (1906) e Martinetti (1926). Su strada invece gli atleti hanno ottenuto i successi più lusinghieri. La prima partecipazione italiana al campionato dilettanti, nel 1923, fu vittoriosa per merito di Libero Ferrario. Nel 1927 fu istituito il campionato dei professionisti e si ebbe un trionfo clamoroso dei nostri atleti: Binda, Girardengo, Piemontesi e Belloni occuparono nell'ordine i primi quattro posti. Poi il titolo professionistico sfuggì all'Italia, ma nel campo dei dilettanti gl'Italiani vinsero con Grandi (1928) e Bertolazzi (1929), conquistando tutte e due le volte anche il secondo posto. Alle olimpiadi l'Italia ha vinto nelle tre ultime dispute (Anversa 1920, Parigi 1924, Amsterdam 1928) la gara in pista a inseguimento per squadre. Su strada il miglior risultato fu ottenuto da Grandi che nel 1928 si classificò terzo. I corridori italiani hanno partecipato poi attivamente alle varie corse su strada e su pista all'estero raccogliendo numerosi successi. Ottavio Bottecchia, perito nel 1927 in seguito a un incidente di allenamento, diede le maggiori vittorie al ciclismo italiano. Quasi sconosciuto, andò nel 1923 a cimentarsi nel Giro di Francia, la più lunga e dura corsa su strada del mondo. Arrivò secondo, risultato ćhe in vent'anni da che si disputava il Giro di Francia, nessun italiano era riuscito a realizzare. Tornò in Francia l'anno seguente e vinse brillantemente. Anche il Giro del 1925 fu da lui vinto. Queste vittorie, quella strepitosa riportata nel campionato mondiale del 1927 e le altre ottenute da Girardengo, Binda, Linari, Belloni, Piemontesi, Grandi, ecc., consacrano il primato internazionale dei nostri corridori su strada, confermato dal titolo di campione mondiale, conquistato da Binda nel 1930.
Anche nel ciclismo su pista l'Italia vanta elementi di valore internazionale. Quest'attività è ora da noi in crisi e perciò i nostri migliori specialisti passano all'estero, specialmente in America, dove vivono stabilmente o per molti mesi dell'anno. Prospera invece sempre più il ciclismo su strada, che viene ufficialmente praticato da non meno di 10.000 giovani: cifra che si riferisce ai dipendenti dell'U. V. I., ai quali sono da aggiungersi i molti e molti che corrono liberamente. Accanto all'attività delle gare si deve poi ricordare quella turistica, svolta dalle sezioni dell'Opera Nazionale Dopolavoro e dai Gruppi Escursionistici.
V. tavv. XLIII e XLIV.
Bibl.: L. Baudry de Saunier, Histoire générale de la vélocipédie, Parigi 1891; id., Le cyclisme théorique et pratique, Parigi 1892; H. de Graffigny, Traité pratique et manuel de poche du cycliste, Parigi 1892; Ph. Tissié, Guide du vélocipédiste pour l'entraînement, la course et le tourisme, Parigi 1893; A. Galante, Manuale del ciclista, Milano 1894; T. Testa, Manuale del velocipedista, Roma 1894; A. Roster e A. Orlandini, La pratica del velocipede e la tecnica dell'allenamento, Firenze 1895; K. O. Duncan, Vingt ans de cyclisme pratique, Parigi 1898; P. Schiefferdecker, Das Radfahren und seine Hygiene, Stoccarda 1900; N. Viollette, L. Petit-Breton e altri, Le cyclisme, Parigi 1912; J. T. Lightwood, The romance of fifty years' cycling, Londra 1928.