CICLADI
(gr. ΚυϰλάδεϚ; lat. Cyclades)
Complesso insulare nell'area centro-occidentale del mare Egeo meridionale, che comprende le isole di Ceo, Citno, Serifo, Sifno, Cimolo, Melo, Andro, Giura, Tino, Micono, Delo, Sira, Paro, Antiparo, Nasso, Amorgo, Io, Sikinos, Folegandro, Tera, Nanfio e diverse altre più piccole.Rare sono le notizie storiche di epoca bizantina che riguardano le C.; originariamente appartenenti alla Provincia Insularum, furono annesse nel corso del sec. 9° al tema del mare Egeo e durante il 10° al tema delle Cicladi.La loro posizione, lungo le grandi rotte marittime, è stata determinante per lo sviluppo delle attività economiche, per la comunicazione con le coste della Grecia e dell'Asia Minore, con Costantinopoli e gli altri grandi centri di cultura dell'impero bizantino, nonché per la formazione delle loro caratteristiche culturali. A partire dal sec. 7° le C. subirono le incursioni degli Arabi e di altre popolazioni che costrinsero gli isolani ad abbandonare definitivamente gli insediamenti costieri e a rifugiarsi nell'entroterra. Alla fase recessiva del sec. 8° seguì nei secc. 11° e 12° un periodo di grande sviluppo; parallelamente sono da porsi in epoca mediobizantina l'annessione di Andro alla metropoli di Atene (900 ca.), il distacco della sede episcopale di Nasso da quella di Rodi e la sua promozione a metropoli comprendente anche Paro (1083). Dopo la presa di Costantinopoli (1204) da parte dei crociati le C. furono conquistate dai Veneziani e Marco Sanudo vi fondò il ducato del mare Egeo, con capitale Nasso. Il dominio veneziano si protrasse, con qualche interruzione, fino al sec. 16° e soltanto nel 1566 le C. furono definitivamente conquistate dai Turchi ottomani, sotto il cui potere rimasero fino alla rivoluzione ellenica del 1821.Le isole dell'Egeo aderirono presto al cristianesimo. Una testimonianza è offerta dalle catacombe di Trypiti di Melo che, in terra greca, costituiscono un monumento paleocristiano unico nel suo genere, con resti di pitture parietali. Il fervore religioso, la solidità economica e la sicurezza di cui godevano gli abitanti delle C. nel periodo del dominio bizantino dei mari sono documentati dalle grandi basiliche paleocristiane negli insediamenti costieri e dell'interno, sorte frequentemente sul sito di templi antichi caduti in disuso.L'aspetto dei monumenti paleocristiani delle C. non è ancora ben noto. La chiesa più importante, che costituisce uno dei principali monumenti dell'epoca giustinianea in Grecia, è quella della Panaghia Katapoliani (o Ekatotapyliani) a Paro, l'unica che si è conservata intatta. L'edificio, a pianta cruciforme con cupola, fu eretto per volontà del vescovo Hylasios e costruito sotto la direzione dell'architetto Ignatios, collaboratore, secondo la tradizione, di Antemio da Tralle e Isidoro da Mileto il Vecchio, gli architetti della Santa Sofia di Costantinopoli. Pregevoli esempi di scultura paleocristiana offrono gli amboni delle basiliche di Delo e di Paro, il ciborio della Panaghia Katapoliani, la trápeza circolare proveniente da Tera e un raro rilievo figurato rappresentante la Natività da Nasso (Atene, Byzantine Mus.).A Nasso, isola maggiore e centro amministrativo delle C., si conservano antichi e importanti dipinti nella chiesa della Panaghia Drosiani (sec. 7°), presso il villaggio di Moni, e nell'abside della Panaghia Protothroni a Chalki (Tragaia). Tali testimonianze pittoriche, di elevata qualità e vicine stilisticamente a coeve pitture di Roma, riflettono l'arte di Costantinopoli e forse sono da mettere in rapporto con il soggiorno nell'isola dell'esule papa Martino I nel 653. Notevole interesse rivestono alcune particolarità iconografiche come, per es., la doppia raffigurazione di Cristo, giovanile e imberbe e maturo e barbato, in due busti contrapposti sulla cupola della Panaghia Drosiani.L'eredità dell'architettura bizantina è riconoscibile in particolar modo nelle chiese, ma anche nei ruderi di castelli e di fortificazioni, in parte alterati dalle successive fasi edilizie del periodo della dominazione veneziana. L'architettura religiosa è costituita soprattutto da edifici di culto rurali sobri e funzionali, di dimensioni limitate, caratterizzati da semplici elementi strutturali; pochissime sono invece le chiese appartenenti a grandi complessi edilizi (per es. la Paraportiani di Micono).La tipologia architettonica più frequente è rappresentata dalla chiesa a terminazione monoabsidata con cupola o con copertura a volta unica o doppia. Si incontrano, inoltre, edifici con pianta a croce libera con cupola, a croce inscritta con due o quattro sostegni e più raramente la basilica a tre navate o il tipo transizionale con cupola (per es. la Protothroni di Nasso). Tali costruzioni utilizzano una semplice muratura in pietra e superfici solitamente spoglie con un numero limitato di aperture; la decorazione è principalmente costituita da materiali di recupero in marmo. Spesso, come di regola a Nasso, il tamburo della cupola e l'abside presentano all'esterno una forma curvilinea. Solo nelle aree influenzate dalle tipologie diffuse nella Grecia continentale, e più precisamente ad Andro in epoca mediobizantina, le chiese mostrano un'esecuzione più accurata e una forma architettonica composita, con tecnica costruttiva a cortina laterizia e ricca ornamentazione marmorea.Uno dei rari casi in cui si conservano la chiesa e le antiche celle di un monastero è quello del piccolo complesso abbandonato di S. Artemio, di epoca mediobizantina, posto nel territorio del villaggio di Kynidaro a Nasso. Nella stessa isola la torre di Danakos (sec. 15°), grandioso edificio di carattere difensivo, incorpora il precedente monastero di Cristo Photodotes, che presentava probabilmente un impianto basilicale sviluppantesi in alzato come chiesa con cupola. Questo genere di torre-monastero o di casa-torre, che riprendeva una tipologia occidentale, si diffuse a Nasso dagli ultimi anni della dominazione veneziana.L'influenza del movimento iconoclasta impronta le decorazioni pittoriche delle chiese di Amorgo, della Protothroni, di S. Ciriaco, di S. Giovanni Teologo di Adisaros, di S. Artemio di Nasso, databili alla prima metà del 9° secolo. Densità ed estensione delle pitture aniconiche di Nasso sono di eccezionale interesse per comprendere l'impatto delle correnti ideologiche e il grado di accettazione della politica iconoclastica nella periferia della Grecia continentale e in particolare in quella insulare. Una sicura volontà iconoclastica si manifesta, nella seconda fase della decorazione pittorica dell'abside della chiesa episcopale della Protothroni, nella sostituzione delle figure degli apostoli, databili al sec. 7°, con una serie di croci inscritte in archi, alle quali è stata sovrapposta nel sec. 10°-11° la raffigurazione delle gerarchie ecclesiastiche. I temi presenti - la croce nell'abside e, in altre parti dell'edificio, motivi geometrici e vegetali, raramente zoomorfi, tratti dal repertorio ornamentale paleocristiano e in parte dalla contemporanea arte islamica - mostrano un'interessante varietà in ciascun monumento, a testimoniare la vitalità del fenomeno aniconico a Nasso.La pittura monumentale segue nelle C. un percorso ininterrotto, dal sec. 7° al 15°, che si apprezza principalmente nelle ca. duecento decorazioni pittoriche murali a strati sovrapposti delle chiese di Nasso. Nella raffigurazione della Déesis nell'abside della Panaghia Drosiani (inizi sec. 11°), sovrapposta a una Ascensione di epoca paleocristiana, è ricordato il nome di Gheorghios, uno dei più antichi maestri della pittura monumentale bizantina di cui si conserva l'opera e il primo conosciuto nell'area insulare egea. In alcune pitture murali di Nasso, databili ai secc. 13°-14°, compaiono altri nomi di artisti. In diversi casi è possibile rintracciare opere della stessa bottega in vari edifici religiosi, per es. nelle pitture della chiesa rupestre della Panaghia di Kaloritsa sul monte del profeta Elia e in quella di S. Giovanni Teologo di Afikli presso Apeiranthos, della prima metà del 10° secolo.Accanto alle pitture murali di carattere provinciale emergono non di rado opere di maggior pregio che, anche dal punto di vista iconografico, mostrano di essere al passo con le contemporanee tendenze artistiche della capitale e di altri grandi centri. Importanti pitture murali del sec. 11° si conservano nella Protothroni di Nasso, articolata in diverse fasi, una delle quali può essere datata al 1052 sulla base di una epigrafe incisa su una lastra marmorea che si riferisce al rinnovamento della chiesa e che ricorda il protospatario e turmarca del distretto di Nasso, Niceta, il vescovo Leone e il conte Stephanos Kamilaris. Le pitture della seconda metà del sec. 11° nella chiesa di S. Giorgio Diasoritis presso Chalki costituiscono il più ricco complesso pittorico appartenente a una chiesa che si conservi per quest'epoca in tutta l'area egea. Nella parte inferiore dell'abside si segnala la rarissima raffigurazione, nel tipo dell'icona mobile a trittico - la più antica di questo ambito -, di S. Giorgio con i genitori, Geronzio e Polychronia. Al sec. 12° appartengono le pitture della chiesa dell'Arcangelo Michele di Mesaria ad Andro, contemporanee alla fondazione dell'edificio, che si data su base epigrafica al 1158.Per quanto riguarda l'epoca del dominio veneziano delle C., Nasso conserva significativi esempi di pitture databili alla seconda metà del sec. 13° e agli inizi del 14°, come i dipinti murali di S. Giovanni a Kerami, dei Ss. Giorgio e Nicola a Lathrino, della Protothroni e di S. Giorgio a Pera Chalki. Notevoli pitture del sec. 13° si conservano inoltre nelle chiese dei Ss. Apostoli e di S. Anna a Ceo. Proprio in quest'epoca si registra un sensibile aumento dell'attività artistica nelle isole dell'arcipelago controllate da Venezia, come pure a Creta, nell'Eubea e negli altri territori soggetti alla dominazione latina. Questa intensa attività costituisce un fenomeno interessante e complesso, caratterizzato principalmente dal persistere - come cosciente reazione all'imposizione straniera - della tradizione dell'arte ortodossa; pochissimi sono infatti gli elementi occidentali che appaiono nei dipinti murali. Tra le molte pitture di questo periodo vanno ricordate quelle di Nasso, Ceo, Paro, Serifo, Sikinos, Io e Nanfio. D'altro canto la secolare simbiosi nella popolazione di due elementi diversi dal punto di vista etnico e religioso, segno di un avvicinamento culturale proficuo per entrambi, trova un esempio significativo nell'icona a due facce della Vergine con il Bambino, con in basso l'immagine del vescovo Giovanni di Nicomedia in preghiera, con tiara di tipo occidentale, e sul retro la raffigurazione del Battista. Tale icona è conservata nella chiesa dei Cattolici nel castello dei Sanudo di Nasso, dove è collocato anche un altare, verosimilmente di bottega costantinopolitana del sec. 13°-14°, che costituisce uno dei capolavori dell'arte del periodo dei Paleologi.
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