WIELAND, Christoph Martin
Letterato, nato ad Oberholzheim nei dintorni di Biberach (Svevia) il 5 settembre 1733, morto a Weimar il 20 gennaio 1813. Natura sensibile, trascorse la sua infanzia e la giovinezza in un ambiente di rigidi principî pietistici; e anche più tardi, in Svizzera, dove visse dal 1752 al 1760, prima in casa Bodmer, poi come precettore, non uscì fondamentalmente dalla cerchia del Bodmer, del Klopstock, di Platone interpretato in senso moralistico e trascendente. Soltanto dopo il suo ritorno a Biberach (dove divenne senatore e direttore della cancelleria) il W., fatto più esperto della vita e anche sotto l'influenza di un aristocratico illuminato, pratico della politica e del mondo, il conte Stadion, volse le spalle, come a fantasticherie, ai fervori della pietà e allo zelo moralistico per riconoscere serenamente il mondo e dichiarare guerra "in primo luogo all'amor platonico, poi ad ogni filosofia dogmatizzante e in particolare ai due estremi, la stoica e la pitagorica. Senza tregua s'oppose inoltre al fanatismo religioso e a tutto ciò che pare eccentrico all'intelletto" (Goethe). L'aiutò in questo trapasso principalmente lo studio dello Shaftesburv.
Per avere maggior agio, vivere in un ambiente meno ristretto e agire più direttamente sulla vita, il W. (il quale, dopo varie esperienze d'amore, una delle quali piuttosto tempestosa, aveva sposato nel 1765 una ragazza tranquilla, Dorothea von Hillenbrand, che gli procurò tredici figli) accettò nel 1769 una cattedra di filosofia nell'università di Erfurt, alla quale però rinunciò volentieri quando, nel 1772, la duchessa Anna Amalia di Weimar gli affidò l'educazione letteraria del figlio Carlo Augusto. A Weimar il W. passò il resto della sua vita, con una sola breve interruzione, costituita dal soggiorno campagnolo di Osmannstedt, dove s'era comprato un podere che poi rivendette e dove volle essere, e fu, sepolto fra la moglie e Sophie Brentano. Fu così il W. il primo dei nuovi letterati e poeti tedeschi i quali presero soggiorno nella città di Weimar ch'essi dovevano in breve rendere celebre.
Il suo spirito liberale, la moderazione del carattere "naturellement bienveillant" (M. me de Staël) favorirono la sua influenza, alla quale però presto vennero a contrastare tanto la poesia della nuova epoca sturmdrangeriana e romantica quanto la nuova filosofia critica. Le riviste letterarie che il W. diresse con molta liberalità, il Teutscher Merkur (1773 segg.), fondato sul modello del Mercure de France, e poi l'Attisches Museum (1796 segg., continuato dal Neues Attisches Museum), contribuirono assai all'educazione letteraria della Germania. "A W. - disse Goethe (a Eckermann, 18 gennaio 1825) - tutta la Germania superiore deve il suo stile. Essa ha molto imparato da lui, e la capacità d'esprimersi convenientemente non è cosa di poco pregio".
"La sua opera poetica e letteraria fu rivolta immediatamente alla vita, e sebbene egli non cercasse sempre proprio uno scopo pratico, a un fine pratico, prossimo o remoto, ebbe pure ognora la mira. I suoi pensieri erano perciò costantemente chiari, la sua espressione evidente, facilmente intelligibile" (Goethe). Oratoria e didattica (anche senza tenere conto degli scritti di critica e di polemica vera e propria) è quindi la massima parte dell'opera del W., d'ispirazione moralistica, cristiana e biblica (ma non senza "allusioni profane" e ricerca del dilettevole effetto, come osservò subito il Lessing) e letterariamente ancora immatura nella prima parte della sua vita (citiamo un poema diretto contro Lucrezio, Die Natur der Dinge, 1751; l'altro poema, patriottico, Hermann, 1751; i Zwölf moralische Briefe, in versi, 1751-52; i due canti dell'Anti-Ovid, 1752 e i quattro del Geprüfter Abraham, i nove Brieje von Verstorbenen, I753; le Empfindungen eines Christen, 1756; i due drammi Lady Johanna Gray, 1758, e Clementina von Porretta, 1760); conversevole ed elegante negli scritti della virilità e della vegeta vecchiaia, diretti contro il fanatismo religioso, l'intolleranza dogmatica, le innumerevoli forme del filisteismo.
Il nuovo punto di vista raggiunto dal W. è polemicamente annunciato, già nel titolo, dal romanzo Der Sieg der Natur über die Schwärmerei oder die Abenteuer des don Sylvio von Rosalva (1764, che è anche la prima opera tedesca nella quale si avvertano spiriti shakespeariani); ma le opere nelle quali il W. lo espresse con maggiore felicità sono il poemetto Musarion (1764-67) e i romanzi Agathon (1767-94), Abderiten (1776-80), Aristipp (1798-1800). Musarion, oder die Philosophie der Grazien, rappresenta la vittoria di una bella donna, Musarion, sull'improvviso furore ascetico del giovane Fanias e la confusione di uno stoico e di un pitagorico, ossia il trionfo della "piacente filosofia", della tesi dell'aurea mediocritas, del giusto mezzo e di un bene inteso edonismo sulle diverse forme di negazione della vita. L'Agathon e il tardo Aristipp (W. elesse il cirenaico Aristippo a impersonare il suo sentire) uniscono alla tesi illuministica ed eudemonistica la rappresentazione del mondo greco, per la quale il W. si giovò anche delle esperienze del romanzo inglese di costume, in particolare del Tom Jones di Fielding. Sebbene la considerazione morale prevalga sulla rievocazione storica, la discettazione sulla rappresentazione vera e propria, pure, grazie alla congiunzione di quei due diversi interessi, questi libri s'accostano in qualche maniera alla forma, che ebbe in seguito tanta fortuna, del romanzo storico. Un "contributo alla storia dell'intelletto umano" volevano essere gli Abderiten, perché Abdera è eterna: essi sono in effetti una satira e celia piacevolissima delle varie forme dell'umana stoltezza realisticamente colte nella Germania del tempo, ma letterariamente stilizzate grazie al trasferimento nella Grecia di Democrito.
Fra gli altri numerosi scritti che hanno ispirazione e fine morale ricorderemo il Nachlass des Diogenes von Sinope (1769), i Gespräche im Elysium (1780) e i Göttergespräche (1789-93),. dai modi lucianei; e poi, di nuovo, romanzi storici quali la Geheime Geschichte des Philosophen Peregrinus Proteus (1789-91), la riabilitazione del quale non persuase Goethe, e, superiore a essa, l'Agathodämon (1796-99), il quale narra i casi di Apollonio di Tiana; racconti in forma epistolare e di colorito greco che hanno a oggetto l'amore, quali Menander und Glycerion (1802) e Krates und Hipparchia, e, infine, i tre dialoghi sull'Euthanasia (1804), nei quali il W. respinse l'idea che la virtù riceva una ricompensa oltremondana. Un posto a parte spetta agli scritti d'argomento propriamente politico: oltre al giovanile Cyrus (1757-59), il romanzo dai colori orientali allora di moda (l'autore, pensando in realtà a Giuseppe II, lo fingeva destinato a un principe della Cina: Voltaire aveva giudicato la costituzione cinese "la meilleure qui soit au monde") Der goldene Spiegel oder die Könige von Scheschian (1772), ch'è un ritratto in stile illuministico dell'ottimo principe, promotore di felicità e di pace: ne è una continuazione la Geschichte des weisen Danischmend (1774), che ha carattere più narrativo. A essi seguirono quindi il dialogo Stilpon (1774), Schach Lolo (1778), che prende le mosse da una fiaba delle Mille e una notte, i Gespräche unter vier Augen (1798 segg.).
Da questi scritti a tesi, di così varia forma e valore, si distinguono abbastanza nettamente, e costituiscono l'altra grande parte dell'opera del W., poemetti, fiabe, melodrammi, leggende e poemi nei quali la rappresentaziene dell'amore si propone solo d'intrattenere e piacere. "Sono proprio queste poesie quelle che soprattutto diffusero e affermarono la fama del W. La loro vivacità piacque generalmente e perfino i Tedeschi più austeri fecero loro buon viso", ebbe a scrivere il Goethe. "Non ho mai poetato cosa alcuna la cui materia non avessi trovato già pronta in qualche vecchio romanzo, leggenda o favolello", confessò il W. Oltre che al mondo classico (Die Grazien, 1770; il melodramma Alceste, 1773, che provocò la farsa di Goethe Götter, Helden und W., è tratto da Euripide, per non parlare di molti altri scritti, parecchi dei quali abbiamo citato), egli attinse ad autori italiani (il melodramma Die Wahl des Herkules, 1773, è derivato dal Metastasio; più di un particolare di Aurora und Cephalus, dell'Idris e dell'Oberon è imitato dall'Ariosto) e inglesi (allo Shakespeare e al Chaucer per l'Oberon), ma soprattutto alla Bibliothèque universelle des Romans diretta (1775 segg.) dal marchese di Paulmy, la quale gli fornì abbondantissima materia romanzesca cavalleresca e arturiana e anche novellistica e fiabesca, italiana (è nella Bibliothèque che W. lesse la fiaba di Peruonto del Basile ch'egli rielaborò in Pervonte, 1778-1796) e orientale (da una storia turca dei Quaranta Visiri prende le mosse il racconto Hann und Gulpenheh, 1778). Rielaborazione poetica di una leggenda tedesca è invece Sixt und Klärchen, 1775. Per lo stile il W. si riattaccò da una parte a modelli francesi, dall'altra alla poesia italiana del Rinascimento (il W. introdusse in Germania, e usò largamente, la stanza), al Tasso e, soprattutto, all'Ariosto, dei quali può dirsi l'ultimo scolaro.
Sono questi racconti e fiabe in versi (Das Wintermärchen, 1777; Das Sommermärchen, 1776; Hann und Gulpenheh; Der Vogelsang, 1778, tratto dal Lais de l'Oiselet; Pervonte), ai quali si aggiungono i due poemetti di amore cortese Gandalin oder Liebe um Liebe e Gero der Adelige (1777), insieme con i poemi più vasti Idris und Zenide (1766-67), e soprattutto all'Oberon (1780), quel che di più riuscito e piacente è uscito dalla penna del W. In essi alle storie cavalleresche e dell'amore cortese s'alterna il fiabesco e meraviglioso; e il colore orientale o medievale ne accresce, in virtù dell'esotico, l'attrattiva. Il loro respiro è breve (il Goethe notò la debolezza dello schema dell'Oberon) e l'ispirazione tenue, proprio perché essi sono opera del capriccio e del giuoco, di un' immaginazione fiabesca e superficialmente sensuale. Ma proprio questa grazia giocosa, questa levità di fiaba ne costituiscono l'attrattiva e, talvolta, l'incanto.
Il gusto e l'animo del W. si rispecchiano chiaramente anche nella sua opera di traduttore. Per un caso felice s'imbatté da giovane in Shakespeare, che in gran parte tradusse (1762-66), rendendone assai felicemente le parti fantastico-fiabesche, fraintendendone la parte tragica. Ma molto più vicine a sé sentì, in armonia col suo secolo, opere di autori antichi che anche, in tutto o in parte, tradusse: le Epistole e le Satire di Orazio (1781-86), Luciano (1786-89), le Lettere di Cicerone, scritti di Senofonte e di Isocrate, di Aristofane e di Euripide.
Ediz.: Samtl. Werke, voll. 43, Lipsia 1794-1805 (edizione definitiva curata da W.); altre edizioni complete curarono J.G. Gruber, Lipsia 1818-28, in voll. 53, e H. Düntzer, Berlino 1867-79, in voll. 40. Promossa dall'Accademia Prussiana è in corso, Berlino 1909 segg., una grande ediz. critica W.s Gesamm. Schriften. Su essa v. B. Seuffert: Prolegomena zu einer W.-Ausgabe, nelle Abhandlungen di Berlino, 1904-09. Traduzioni in italiano: Aristippo ed alcuni suoi contemporanei, trad. M. Arcontini, voll. 2, Padova 1809; I costumi della Grecia, ossia Agatone, voll. 7, 2ª ed., 1826; Alceste, G.U. Pagani-Cesa, Venezia 1830; Menandro e Glicera, trad. G. Agapito, Venezia 1834; Le Grazie, saggi di trad. di C.A. Gambara, Brescia 1822-34; Le Grazie, trad. D. Gazzadi, Firenze 1835.
Bibl.: Le pagine più profonde restano quelle Zu brüderlichem Andenken W.s che il Goethe lesse nella loggia Amalia di Weimar il 17 febbraio 1813. Per la biografia: J. G. Gruber, W.s Leben, voll. 4, Lipsia 1827-28; L. Haller, Julie Bondelli, ivi 1924; F. Schulze-Maizier, W. in Erfurt, 1769-72, Münster 1919; H. Wahl, Gesch. des Teutschen Merkur, Berlino 1914. - Sul letterato in generale: F. Schluter, Studien über die Reimtechnik W.s, Marburgo 1900; W. Bock, Die ästhet. Anschauungen W.s, Berlino 1921. Sull'opera letteraria giovanile, v. anzitutto i giudizî del Lessing nei Briefe, die neueste Litteratur betreffend, 1759; E. Ermatinger, Die Weltanschauung des jungen W., Frauenfeld 1907. Su W. imitatore della lirica giovanile del Klopstock: E. Schmidt, Beiträge z. Kenntniss der Klopstockschen Jugendlyrik, 1880, p. 87 segg. Su W., il pietismo e l'espressione "schöne Seele": E. Schmidt, Richardson, Rousseau u. Goethe, 1875, p. 318 segg.; F. Budde, W. u. Bodmer, Berlino 1910; E. Ermatinger, W. u. die Schweiz, Lipsia 1924; Ch. Elson, W. and Shaftesbury, New York 1913; H. Grudzinski, Shaftesburys Einfluss auf W., Stoccarda 1913; A. Martens, Untersuchungen über Don Sylvio, Halle 1901; J. R. Asmus, Die Quellen von W.s Musarion, in Euphorion, V; O. Freise, Die drei Fassungen von W.s Agathon, Gottinga 1910; P. Groschwald, Das Bild des klassischen Altertums in W.s Agathon, Giessen 1914; B. Seuffert, W.s Abderiten, Berlino 1878; J. Steinberger, Lukians Einfluss auf W., Gottinga 1902; O. Vogt, Der golderen Spiegel u. W.s politische Ansichten, Berlino 1904. Sul giudizio tranquillo e intelligente, del W. rispetto alla rivoluzione francese: A. Stern, W. u. die französische Revolution, in Reden, Vorträge u. Abhandlungen, Stoccarda-Berlino 1914, pp. 134-67; id., Der Einfluss der französ. Revolution auf das deutsche Geistesleben, Stoccarda-Berlino 1928, pp. 4 seg., 108 segg.; G. Manacorda, "Le Grazie" di C. W. W., in Studi di filol. moderna, II (1909), pp. 259-319; E. Marx, W. u. das Drama, 1914; A. Fuchs, c. et l'esthétique de l'opéra, in Revue de littérature comparée, X (1930), pp. 608-33; L. Marinig, Der Einfluss von Ariost's Orlando Furioso auf W., in Studi di filol. mod., V-VI (1912-13); H. Tribolet, W.s Verhältnis zu Ariost u. Tasso, Berna 1919; E. M. Harn, W.s Neuer Amadis, Gottinga 1928; R. Hermann, W.s Gandalin, Lipsia 1914. Sul Geron: L. Singer, nella Zeitsch. f. vergl. Literaturgesch., III; B. Seuffert, Der Dichter des Oberon, Praga 1900 e Euphorion, XXIV; E. Stadler, W.s Shakespeare, Strasburgo 1910; Fr. Gundolf, Shakespeare u. der deutsche GEist, 4ª ed., Berlino 1920, pp. 160-81.