Vedi CHIUSI dell'anno: 1959 - 1994
CHIUSI (etr. Clevsin-, con altra denominazione Camars; lat. Clusium)
Cittadina che sorge sopra un'altura fra il Chiana e il torrente Astrone, in Toscana, nella odierna provincia di Siena, ai margini del perugino e dell'orvietano. Fu una delle più importanti città della dodecapoli etrusca e successivamente notevole centro romano. L'aggregato urbano risale all'VIII-VII sec. a. C.; ma nel suo territorio (Monte Cetona, v. cetona) esistevano già nuclei abitati della Età del Bronzo e del principio del periodo del Ferro, ed anche in tempi storici continuarono a fiorire villaggi in località circostanti (Città della Pieve, Cetona, Sarteano, Chianciano, Montepulciano, Castiglion del Lago) culturalmente ed artisticamente collegate con la città. La necropòli più antica (Poggio Renzo) è di tipo villanoviano, a N-E della città attuale; ad essa seguono, senza soluzione, gruppi di tombe "a ziro" (deposizioni di cinerarî e suppellettili entro dolii di terracotta) spesso con ossuarî del tipo a canòpo (v. più avanti) che giungono sino alla fine del VI sec. a. C. Succedono tombe a camera, dapprima piccole, contenenti cinerari fittili a canòpo o in lamina bronzea posti su sedie in bronzo (Pania, Dolciano). Mentre per i centri etruschi costieri (Tarquinia, Vetulonia, Populonia, Caere), si ha già una complessa fioritura artistica nel VII secolo, il periodo di massima fioritura di Ch. etrusca può essere collocato tra la fine del VI sec. a. C., l'età del leggendario re Porsenna, ed il IV. Fra il IV ed il III sec. a. C. la città entrò pacificamente nell'orbita dell'egemònia romana, conservando per altro ordinamenti e cultura autonomi fino all'ultimo secolo della Repubblica.
I resti antichi dell'abitato sono assai scarsi, per la continuità di vita sul luogo fino ai tempi moderni. Si riducono quasi esclusivamente a poche tracce della cortina muraria etrusca, a qualche avanzo di edifici romani e all'impronta della planimetria urbana a vie incrociate nella fisionomia della città medievale. Considerevoli appaiono invece le testimonianze dei sepolcreti etruschi che circondano l'abitato, specialmente nelle zone del Colle Casuccini, di Poggio Renzo, di Fonte Rotella dove fu trovato il famoso vaso François (v.), della Pania, di Dolciano e di Poggio Gaiella. In quest'ultima località esiste un complesso di camere sepolcrali e di passaggi sotterranei che si è voluto identificare con il "labirinto" della tomba di Porsenna descritta da Plinio, secondo Varrone (Nar. hist., xxxvi, 19, 4): forse un grandioso monumento funerario o sacro di età ellenistica, costruito con cinque elementi architettonici piramidali sormontati da un disco con campane, secondo un modello che trova riscontri nella cosiddetta "Tomba degli Orazi e Curiazi" di Albano e in figurazioni di urne etrusche e di pitture romano-campane. La grande maggioranza dei sepolcri chiusini è ricavata nel banco tufaceo con elementi di imitazione degli interni delle case, come in altre città etrusche (cfr. Cerveteri, Tarquinia, Vulci): notevoli i soffitti a cassettonato. Le Tombe di Vigna Grande e del Granduca, di età ellenistica, hanno invece la forma di camere costruite di blocchi squadrati e coperte a vòlta. Modelli di edifici civili, probabilmente abitazioni, si vedono riprodotti in alcune urnette cinerarie di pietra, di forma architettonica (v. casa).
Si ha notizia di una diecina di tombe dipinte scoperte attorno a Ch., per la massima parte distrutte o perdute. Due di esse, la Tomba della Pania e quella di Poggio Renzo, presentavano motivi orientalizzanti con figure di animali esotici o fantastici e possono considerarsi, in base alle descrizioni, fra i documenti più antichi della pittura etrusca (fine del VII-principio del VI sec. a. C.). Il gruppo più notevole dei dipinti funerarî appartiene alla prima metà del V sec. a. C.: presenta soprattutto scene di ludi agonistici, ma anche di spettacoli popolari, di musica, di banchetti, con soggetti analoghi a quelli delle tombe dipinte arcaiche di Tarquinia; la tecnica (composizione, colori) è generalmente più semplice e modesta rispetto a quella delle pitture tarquiniesi; lo stile rivela influssi del disegno attico del tardo arcaismo. Si conservano, tuttora visibili, le Tombe della Scimmia e del Colle Casuccini, databili, a lieve distanza di tempo l'una dall'altra, fra il 480 e il 460 circa a. C. Agli ultimi decennî del V sec. a. C. va riferita la Tomba Paolozzi, perduta, con scene di combattimenti. Di età ellenistica sono i rozzi affreschi della Tomba della Tassinaia, con ghirlande e sarcofago in terracotta della famiglia Tius (Chiusi, museo).
La plastica funeraria, con particolare riguardo alla scultura in pietra, costituisce la manifestazione più saliente della produzione figurata chiusina per tutta la durata della fase etrusca. I primitivi ossuarî di terracotta tendono ad assumere forma antropoide, talvolta con l'applicazione di maschere di bronzo ai coperchi, e danno luogo, nel VII-VI sec. a. C., alla caratteristica serie dei canòpi (v.), alcuni dei quali appaiono plasmati con singolare intensità espressiva e deliberati intenti di caratterizzazione individuale; mentre altri 0ssuari si arricchiscono di una decorazione plastica con protomi di grifi e figurine umane. In età arcaica fiorisce anche una produzione di statue funerarie raffiguranti personaggi umani e sfingi, per lo più rudemente scolpite nella pietra locale con reminiscenze di motivi orientali e sotto l'influsso dell'arte greca dedalica e peloponnesiaca. L'influenza ionica si afferma invece, tra la fine del VI sec. a. C. e i primi decennî del V, nei bassorilievi, a volte estremamente delicati, dei cippi, delle urne e dei sarcofagi, con scene di banchetti, di giuochi, di funerali, ecc., concepite nell'ambito delle consuetudini iconografiche dominanti in questo periodo in Etruria e note soprattutto dalla pittura funeraria. La tradizione dei canòpi continua nelle statue-ossuarî di pietra prodotte tra la fine del VI sec. a. C. (cosiddetto Plutone del museo di Palermo) e il principio dell'età ellenistica le quali, insieme con alcuni gruppi-ossuari in forma di sarcofagi recanti la figura del defunto sul letto conviviale e geni funerari recumbenti (specialmente notevoli quello da Chianciano al museo di Firenze, e quello del Museo del Louvre), documentano
il fiorire di una scuola scultorea chiusina nella quale si avverte il riflesso provinciale della scultura greca classica del V secolo. Ma soltanto in età ellenistica questo genere di attività figurativa, intensificandosi nella produzione di statuette, di sarcofagi e di urne di pietra e di terracotta, tocca, almeno in singoli esemplari, un considerevole livello di originalità, di raffinatezza tecnica e di felicità espressiva: come nella Fanciulla seduta del Museo Gregoriano al Vaticano, nel sarcofago di Laris Sentinate, dell'obesus Etruscus, in un coperchio di urna fittile con defunta ammantata del Museo Civico di Chiusi, ecc. Riconosciamo peraltro, accanto alle opere di maggior rilievo, o comunque dotate di un qualche interessante spunto di improvvisazione artigianale, tutta una larga e deteriore produzione in serie di urnette di terracotta con la figura del defunto e rilievo di soggetto mitologico sulla cassa, spesso lavorate a stampo e frettolosamente colorate con tinte chiassose provenienti per lo più, in gruppi omogenei, da piccole necropoli rurali della zona fra il lago di Chiusi e il lago Trasimeno.
Per ciò che concerne la suppellettile decorata o figurata, Ch. e il suo territorio si distinguono specialmente per i vasi di bucchero (v.), di forme svariate e con una pesante ornamentazione anche di elementi figurati in tutto tondo e scene rappresentate in rilievo: dalla fine del VII sec. a. C. questo artigianato locale si prolunga sino alla prima metà del V. Altri prodotti lavorati, avorî, bronzi, oreficerie, rientrano nel quadro generale e normale della cultura etrusca. Notevoli, in età arcaica, la importazione di vasi greci, specialmente attici, e le situle di avorio e di argento (Museo Archeologico, Firenze).
Bibl.: R. Bianchi Bandinelli, Clusium, in Mon. Ant. Linc., XXX, 1925, cc. 210-578 (con tutta la bibl. precedente); id., Caratteri della scultura etr. a C., in Dedalo, VI 1925, p. 511 ss.; F. Messerschmidt, Chiusiner Studien, in Röm. Mitt., XLIII, 1928, p. 90 e ss.; P. Ducati, Osservazioni su sculture chiusine, in Historia, VI, 1932, p. 22 ss.; D. Levi, La tomba della Pellegrina a C., in Riv. Ist. Archaeologia e St. dell'Arte, IV, 1933, p. 40 ss.; id., I Canopi di C., in La Critica d'Arte, I, 1935-36, pp. 18 ss., 82 ss.; id., Il Museo Civico di C., Roma 1935; E. Paribeni, Rilievi chiusini arcaici, in Studi Etr., XII, 1938, p. 57 ss. e XIII, 1939, p. 179 ss.; R. Bianchi Bandinelli, Clusium. Le pitture delle tombe arcaiche, in Monumenti della pittura antica in Italia, I, i, Roma 1939; F. Messerschmidt, Das Grabmal des Porsenna, in Das neue Bild der Antike, II, 1942, pp. 53-63. Per singoli monumenti citati nel testo e loro bibl., v. G. Q. Giglioli, L'arte etrusca, Milano 1935; Mostra dell'Arte e della Civiltà Etrusca (Catalogo), Milano 1955.
(M. Pallottino)
Museo civico. - Durante la prima metà del sec. XIX scavi occasionali misero a sacco le necropoli di Chiusi e formarono collezioni private locali, in parte pubblicate nell'Etrusco Musco Chiusino, 2 voll., Firenze 1833-34. La più cospicua delle collezioni, quella Casuccini, passò (1863) al Museo Nazionale di Palermo; le altre furono disperse. Nel 1870 si costituiva a Chiusi una "Commissione Archeologica" con lo scopo di impedire l'ulteriore dispersione. Con un primo gruppo di oggetti provenienti da alcune tombe scavate sotto la direzione di tale commissione fu formato il nucleo iniziale del futuro Museo Civico. La piccola collezione fu sistemata nei locali dove prima si trovava l'antica raccolta Casuccini. Ai primi di questo secolo, resisi insufficienti i locali, fu fondato l'edificio dell'attuale museo a cura del Comune, opera dell'architetto Partini di Siena, inaugurata nell'agosto 1901. Un'altra ala fu aggiunta nel 1932.
Al museo fu donata la collezione del Conte Giovanni Paolozzi comprendente materiale vario scoperto nel territorio chiusino, di cui generalmente si ignora la provenienza precisa. Nel 1934 fu donata la Collezione Mieli-Servadio proveniente, per la maggior parte del suo materiale, dal territorio di Castelluccio di Pienza; notevole per la collezione di vasi connzi ed italo-corinzî e, soprattutto, per la raccolta di ceramiche preistoriche.
Il museo subì danni per il passaggio della guerra: il cannoneggiamento del 1944 provocò il crollo del tetto nella parte centrale dell'edificio; le macerie distrussero quel materiale che non era stato posto al riparo. Altro materiale: ossuari, canopi, buccheri e ceramiche greche, riparato nel sotterraneo, fu danneggiato dalla invasione delle acque per la rottura di un tubo dovuta ad una granata.
Tra il 1948 ed il 1949, anno di riapertura del museo, si è provveduto al restauro del materiale e dell'edificio. Tale restauro, condotto secondo moderni criteri scientifici, ha permesso la ricostruzione di molti vasi greci ed etruschi, deturpati ed alterati da antichi restauri arbitrari.
Il museo di Chiusi, composto tutto di suppellettili locali, è assai importante per lo studio della civiltà etrusca nel territorio chiusino. Importantissima la raccolta dei cippi a rilievo, dei buccheri, delle urne cinerarie, delle iscrizioni etrusche e bilingui e soprattutto quella dei canopi (canopo da Dolciano) e dei vasi cinerari con statuette stanti (Cinerario Gualandi), produzioni tipiche di quel territorio. Altro materiale chiusino si trova nel Museo Archeologico di Siena.
Bibl.: D. Levi, Il Museo Civico di Chiusi, Roma 1935; G. Maetzke, Il Museo di Chiusi, in Studi Etruschi, XX, 1948-49, p. 229 ss.; G. Maetzke, Il Museo di Chiusi, in Boll. d'Arte, XXXV, 1950, pp. 331 ss.; id., Bronzetti, in Studi Etruschi, XXV, 1957, pp. 489 ss.
(S. Meschini)