PLASTICA, CHIRURGIA
(XXVII, p. 489; App. II, II, p. 554)
La c.p., nata dapprima come chirurgia riparativa, in quanto riportava alla normalità strutture variamente lese, deformate o mal cicatrizzate, si è successivamente evoluta in chirurgia ricostruttiva di tegumenti e organi in parte o totalmente distrutti da traumi, da malattie o da interventi demolitivi; completandosi infine, in tempi recenti, nella chirurgia correttiva ed estetica che rimedia ai difetti congeniti o gravi dal punto di vista funzionale come le malformazioni o altrettanto gravi dal punto di vista psicologico come i difetti estetici.
La moderna c.p. ha acquisito un enorme campo d'azione, in quanto assorbe in sé interventi di quasi tutte le specialità chirurgiche. A scopo di sintesi cercheremo di raggruppare alcune patologie particolari che sono oggetto d'intervento della c.p., prendendo in considerazione la loro localizzazione topografica.
Patologie oggetto della chirurgia plastica. Malformazioni congenite. - Per molti decenni le malformazioni congenite, che si manifestano già durante la vita intrauterina, hanno costituito una vasta casistica di pertinenza della c. plastica. Assai frequenti sono quelle a livello dell'estremo cefalico, come il labbro leporino, mono o bilaterale, la schisi palatina e le varie fessure in corrispondenza della faccia, dovute a un difetto di fusioni dei processi embrionali. Le labiopalatoschisi danno sempre luogo a notevoli disturbi della fonazione e della deglutizione, e la loro correzione fin dal 19° secolo ha costituito un grosso problema, non solo per i chirurghi plastici, ma anche per ortodontisti e fonoiatri.
Numerose altre malformazioni a livello della testa vanno da quelle più lievi, come le orecchie ad ansa (dovute all'assenza delle pieghe della conca) o le deformità di vario grado del padiglione auricolare, a quelle gravissime, come le grosse deformità cranio-facciali che le moderne tecniche chirurgiche portano a soluzioni molto soddisfacenti. Quasi sempre tutte queste malformazioni, oltre le parti molli (cute, mucose o muscoli), compromettono anche le strutture cartilaginee e ossee. Il collo è raramente sede di malformazioni congenite, eccezione fatta per le pliche abnormi che possono risultare sulla regione posteriore (pterigio), o per alcune fistole congenite sulla faccia anteriore. Meno rare invece sono le alterazioni malformative a livello del torace, che risultano a carico della gabbia ossea. Il torace a imbuto, vale a dire l'infossamento congenito dello sterno, conferisce al torace un aspetto esteticamente poco gradevole che, con le tecniche attuali, può essere assai facilmente corretto.
Assai frequenti nelle donne sono le asimmetrie e l'iposviluppo delle ghiandole mammarie, come non sono rari i casi di grosse ipertrofie congenite nelle giovani. Sia le ipertrofie che le ptosi mammarie possono diventare alterazioni acquisite anche in seguito a gravidanze e allattamento. Nell'uomo la presenza sin dalla nascita di un abnorme sviluppo delle ghiandole mammarie (ginecomastia) può essere viceversa causa di un certo disagio estetico. La correzione di queste alterazioni occupa, come avremo occasione di dire, un posto di notevole importanza nella moderna c. plastica.
Assai frequenti, particolarmente nel maschio, sono le malformazioni congenite che interessano l'apparato urogenitale, in specie malformazioni quali l'ipospadia e l'epispadia.
L'ipospadia, ossia la dislocazione del meato uretrale dall'estremità del pene a qualunque livello sulla faccia ventrale del pene stesso o, a volte, in corrispondenza dello scroto o in sede perineale, è dovuta alla mancata chiusura del canale uretrale durante la vita intrauterina. Ciò comporta la fuoriuscita dell'urina, e nell'età adulta quella dello sperma, in sede impropria, con notevoli disturbi fisiologici e psichici. Molto spesso, purtroppo, all'ipospadia si associa un incurvamento del pene che nell'adulto rende difficile o a volte impossibile un normale rapporto sessuale. Viceversa, nell'epispadia la dislocazione del meato uretrale è sul dorso del pene, ma frequentemente è accompagnata da estrofia vescicale, ossia apertura della vescica urinaria in corrispondenza della regione pubica.
Nella femmina le alterazioni a carico dell'apparato genitale si manifestano in molti casi con atresia della vagina, che richiede l'intervento del chirurgo plastico per la ricostruzione del canale vaginale.
Relativamente frequenti e varie sono le alterazioni congenite degli arti superiori e inferiori, che vanno da un insufficiente sviluppo delle strutture ossee alle formazioni di pliche cutanee che uniscono le dita delle mani o dei piedi (sindattilie). Molte di queste deformità possono essere soddisfacentemente corrette da interventi di c.p., ma osservando la precauzione di non intervenire sulle strutture ossee fino a che il paziente non abbia raggiunto l'età del completo sviluppo per non comprometterne lo spontaneo accrescimento.
Tra le malformazioni congenite sono da ricordare gli angiomi cutanei, dovuti ad alterazioni dei vasi sanguigni nel rispettivo distretto della cute. Si tratta di macchie di color violaceo di varia estensione e aspetto: gli angiomi piani (le cosiddette ''macchie di vino'') il più delle volte hanno tendenza alla regressione spontanea, mentre quelli cavernosi con notevoli dilatazioni vasali (''aspetto fragola'') tendono ad allargarsi, e richiedono perciò il più delle volte interventi o di asportazione o di obliterazione dei vasi alterati. Gli angiomi, anche se di poca rilevanza dal punto di vista funzionale, hanno lo svantaggio di causare seri problemi psicologici, specialmente quando sono presenti su superfici visibili del corpo, quali il volto.
Traumi e lesioni tumorali. - Un vastissimo campo d'intervento della c.p. è costituito dai traumi. La tendenza sempre più prevalente è quella d'intervenire, in caso di lesioni traumatiche di particolare estensione e gravità, il più precocemente possibile e ripetute volte, già in sede di pronto soccorso, con la messa a punto di una collaudata collaborazione tra chirurgo plastico e specialisti di altri settori. Le ferite suturate od opportunamente e immediatamente corrette, guariscono infatti con cicatrici decisamente migliori che non quelle guarite spontaneamente. Molte volte i gravi esiti cicatriziali costituiscono grossi problemi di natura non soltanto estetica ma anche funzionale, finendo col richiedere interventi ricostruttivi sempre più complessi. Questo concetto vale in modo particolare per lesioni traumatiche che interessano la faccia, dato che la presenza di vari e importanti organi di senso, il connesso passaggio di numerosi nervi e la ricchezza dei vasi sanguigni rendono necessaria una riparazione precoce e oculata per evitare conseguenze che potrebbero risultare molto gravi.
Un settore in cui attualmente la c.p. è in grado di esprimersi molto validamente è quello della ricostruzione delle perdite di sostanza residuate dopo asportazioni di tumori. In questo campo la collaborazione tra chirurghi plastici e oncologi sta diventando tanto stretta che, molto frequentemente, nella stessa seduta operatoria si procede sia all'exeresi del tumore che alla ricostruzione della zona lesa. Nel caso delle grandi demolizioni conseguenti all'asportazione di tumori a livello della testa e del collo, negli ultimi tempi si è reso possibile eseguire interventi ricostruttivi tali da ridurre al minimo i disturbi funzionali e con risultati estetici molto soddisfacenti.
Le lesioni tumorali che risultano di particolare pertinenza per il chirurgo plastico sono quelle che colpiscono la cute e i suoi annessi. I nei (o nevi) sono sicuramente, insieme agli angiomi, le lesioni più diffuse. Queste lesioni, in parte congenite e in parte acquisite, possono andare incontro a trasformazione maligna, come nel caso del melanoma, che è uno dei tumori più aggressivi e tra quelli che provocano più precocemente metastasi a distanza.
Negli anni Settanta e Ottanta l'amputazione della mammella, resa necessaria dalla presenza di un tumore maligno nella donna, a cui residua sempre una notevole ed esteticamente sgradevole deformità del torace, ha trovato frequenti e più che soddisfacenti soluzioni, grazie alle numerose nuove tecniche chirurgiche.
Naturalmente molto dipende dal tempo trascorso tra l'intervento ricostruttivo e quello demolitivo o a seconda del tipo di demolizione operata. Per tale ragione, oggi si tende sempre più diffusamente, anche in questo caso, a eseguire contemporaneamente la demolizione e la ricostruzione, abbozzando almeno la salienza dei seni, ossia creando le condizioni per l'alloggiamento di una protesi mammaria. Dopo aver ricreato il profilo mammario di forma e di volume desiderato, in un secondo tempo si ricostruisce il complesso areola-capezzolo. Secondo una più recente tendenza può essere eseguita la mastectomia sottocutanea, cioè l'asportazione della sola ghiandola mammaria, anche come intervento preventivo nei seni a rischio di tumore.
Ustioni. - Un campo nel quale la c.p. ha consentito enormi progressi è nel trattamento delle ustioni. Oggi è diffusamente accettato il principio che la cura delle lesioni termiche dev'essere prevalentemente chirurgica, sia nella fase precoce subito dopo il trauma (quando la rianimazione è di primaria importanza) sia nella fase tardiva, quando residuano cicatrici più o meno importanti. Il primo organo colpito nelle ustioni è sempre la cute, che può risultare in varia misura distrutta sia in estensione che in profondità. Quindi già nella fase acuta (nei primi giorni dopo il trauma) la superficie cutanea danneggiata dev'essere sostituita con cute sana. Nelle ustioni di limitata estensione ciò si ottiene con innesti cutanei autoplastici (sottili lembi di cute integra prelevati dalla stessa persona) che attecchiscono definitivamente, mentre nelle ustioni più estese sarà necessario usufruire anche di innesti alloplastici (cute proveniente da altre persone o da animali) che offrono soltanto una copertura temporanea, garantendo un'ottima protezione immediata contro le infezioni e le perdite di liquidi vitali attraverso le superfici ustionate.
In questi ultimi anni, con sempre maggior frequenza, si fa uso di cute coltivata autoplastica, consistente in una vasta superficie cutanea ottenuta, in laboratori adeguati, mediante un notevole allargamento di un piccolissimo prelievo. Tale cute consente di ottenere la copertura di ustioni molto estese. Un'importante condizione da rispettare in vista del miglioramento sia dello stato generale, e quindi dell'andamento della malattia da ustione, sia della situazione locale, cioè dell'evoluzione dei processi di guarigione, è l'allontanamento dei tessuti lesi. Per questa ragione è di capitale importanza intervenire con un appropriato trattamento chirurgico in fase molto precoce dopo il trauma termico, onde evitare quei gravi esiti cicatriziali e i connessi notevoli effetti deturpanti e a volte invalidanti, che in un passato anche recente erano quasi all'ordine del giorno.
Proprio questi esiti cicatriziali hanno creato, da sempre, i problemi più gravi per il chirurgo plastico, in quanto la correzione e l'eliminazione delle cicatrici da ustione richiedono quasi sempre numerosi interventi, distribuiti in un non breve spazio di tempo, con risultati finali non sempre soddisfacenti. Nel caso di ustioni da corrente elettrica o da folgorazioni sovente è da sconsigliare un intervento precoce, specialmente quando i soggetti ustionati sono bambini piccoli, che presentino lesioni del labbro e della lingua, provocate generalmente dal contatto con una spina elettrica sotto corrente. In questi casi infatti conviene attendere una guarigione spontanea che lascerà una cicatrice più piccola della lesione iniziale e quindi più facilmente correggibile.
Oggi molte cicatrici da ustione, anche assai estese, trovano un'ottima soluzione con la tecnica della ''espansione cutanea''. Essa consiste nell'inserire sotto la cute sana, in vicinanza della cicatrice, un espansore (una protesi con involucro di silicone) che può essere rifornito per via transcutanea in tempi successivi con soluzione fisiologica, fino a ottenere gradualmente un allargamento della cute normale sufficiente per sostituire il tessuto cicatriziale che viene asportato. Gli espansori possono essere combinati tra loro in modo da apportare in loco da varie direzioni la cute sana necessaria. La riparazione della cicatrice da ustioni rimane comunque un compito tuttora non facile per il chirurgo plastico e richiede sempre una programmazione molto oculata.
Tecniche chirurgiche. - Innesti cutanei e lembi. − La tecnica di c.p. più antica è l'innesto cutaneo dermo-epidermico: un lembo di cute di vario spessore (a seconda delle esigenze) viene prelevato da una diversa regione corporea (area donatrice) e trasferito, interrompendo quindi tutte le connessioni vascolo-nervose, nella regione da ricostruire (area ricevente). In questa regione sviluppa nuove connessioni vascolari e nervose, che ne consentono la sopravvivenza, mentre l'area donatrice guarisce spontaneamente, grazie alla proliferazione delle cellule epiteliali dei dotti ghiandolari e dei follicoli piliferi. Gli innesti di cute non mantengono tuttavia tutte le caratteristiche tipiche della cute normale. La loro elasticità risulta ridotta, e anzi tendono spesso a contrarsi, mentre il loro colorito risulta alterato.
Quando la ricostruzione interessa zone cutanee mobili ed estese (eventualmente a copertura di formazioni anatomiche più profonde come ossa, grossi vasi, tendini o nervi) si ricorre a un lembo, cioè a una porzione di cute che mantiene costantemente il suo legame vascolare con l'organismo per mezzo di un peduncolo. Ciò consente di trasferire non la sola epidermide, ma la cute con tutte le sue componenti (derma, grasso, fascia e spesso muscolo sottostante). L'individuazione e lo spostamento di tali lembi, naturalmente, devono essere valutati e progettati con molta cura, per garantire la loro buona nutrizione, la giusta direzione e le opportune dimensioni e, specialmente, l'assenza di ogni stiramento che potrebbe danneggiare la loro vitalità. Con l'adozione di questo metodo si possono attualmente trasferire, o direttamente o attraverso stazioni intermedie, ampi tratti di cute alle zone viciniori o anche a quelle lontane della superficie corporea.
Il ricorso ai lembi liberi o microchirurgici rappresenta invece un capitolo a sé stante in cui la connessione vascolare viene ristabilita anastomizzando (suturando) i vasi del lembo stesso con quelli dell'area ricevente. Questa tecnica rappresenta gran parte del futuro della c.p. insieme all'impiego degli espansori cutanei, cioè di protesi gonfiabili di varia forma che, inserite sotto la cute sana, consentono una dilatazione della stessa in tale misura da poter sostituire anche ampie zone di cute alterata. La chirurgia ricostruttiva fa ricorso agli innesti e ai lembi cutanei in varie combinazioni, a volte integrati da innesti ossei o da lembi muscolari e fasciali. Date le complesse tecniche e le svariate combinazioni di questo tipo d'intervento, è possibile in questa sede affermare solo che si tratta di un settore dalle immense possibilità.
Chirurgia estetica. - Accenneremo qui alle tecniche più comunemente usate nella c.p. estetica, sempre più diffusa nel mondo moderno, e oggetto d'interesse per un vasto pubblico.
Il concetto che la chirurgia può anche migliorare la qualità della vita è un'idea relativamente recente ed è andata crescendo notevolmente negli anni dopo la seconda guerra mondiale. L'enorme sviluppo della chirurgia, e l'approntamento di tecniche sempre più sofisticate, ha fatto sorgere in persone, anche se non affette da patologie organiche, il desiderio di avvalersi di queste tecniche per migliorare il proprio aspetto fisico, correggendo difetti che, pur non pregiudizievoli sul piano organico, risulterebbero pregiudizievoli nella propria immagine estetica e nella vita di relazione.
Per raggiungere questi obiettivi, nel corso degli anni sempre più sono andate raffinandosi le tecniche nel campo della chirurgia estetica, dei cui interventi più diffusi daremo qui una breve rassegna.
Blefaroplastica: la regione palpebrale rappresenta uno dei punti cardine dell'espressione, e quindi della valutazione di sé presso gli altri. Per questo la blefaroplastica è uno degli interventi più richiesti.
Può essere eseguita sia sulla palpebra superiore sia su quella inferiore: il suo obiettivo è quello di rendere l'aspetto meno ''stanco'' e quindi più giovanile, rimuovendo la cute rilassata e in eccesso e il grasso peribulbare, che spesso si evidenzia nella regione inferiore e che è comunemente definito ''borsa''. L'intervento residua cicatrici pressoché invisibili.
Ritidectomia o lifting facciale: questa tecnica tende a correggere lo stato di rilassamento, di assottigliamento e di gravitazione verso il basso della cute del viso, che provocano l'insorgere di caratteristici ''solchi'' e ''rughe''. La tecnica ha subito di recente molti miglioramenti, tutti tendenti a ridurne i rischi e a preservare i risultati in termini di durata e di naturalezza.
È un intervento delicato, che richiede esperienza e sensibilità estetica, e dev'essere sempre preceduto da uno studio attento per individuare le regioni anatomiche da trattare con priorità. Per questo è auspicabile un lungo colloquio pre-operatorio col paziente, che miri a comprenderne l'atteggiamento psicologico. Le incisioni cutanee vengono localizzate nella regione anteriore del padiglione auricolare (assai poco visibile) e nel cuoio capelluto superiormente in alto e posteriormente in basso. Per raggiungere i risultati migliori e più duraturi non sempre è sufficiente modellare la cute, ma il più delle volte è necessario intervenire a livello della muscolatura e delle superfici aponeurotiche superficiali. In generale l'intervento riguarda la regione frontale, quella del terzo medio del viso e il collo, separatamente o congiuntamente.
Otoplastica: questo intervento mira a correggere le orecchie ad ansa o più comunemente dette ''a sventola'', che rappresentano una malformazione molto frequente e che possono far insorgere grossi problemi psicologici. Gli adolescenti che ne sono affetti, spesso ridicolizzati dai coetanei, sono infatti indotti ad assumere un complesso psicologico di timidezza e di scarsa socievolezza. Per questa ragione l'intervento di correzione viene di preferenza eseguito in età scolare o quando si affacciano i sintomi di un disagio psicologico.
Si tratta di un intervento semplice che può essere eseguito anche in anestesia locale, con esito il più delle volte assai soddisfacente. Non si evidenziano esiti cicatriziali in quanto l'incisione cutanea viene eseguita nel solco retroauricolare; il rimodellamento si ottiene intervenendo a livello cartilagineo e cutaneo e il decorso post-operatorio è sempre favorevole.
Rinoplastica: è senz'altro uno degli interventi di c.p. più richiesti. Esso verte a modificare gli inestetismi più comuni a livello della piramide nasale: il ''gibbo'' o ''gobba'', la iperplasia della punta o ''punta globosa'', la lunghezza del naso stesso. A tali alterazioni possono associarsi patologie di natura post-traumatica o funzionale; quindi deviazioni del setto, con conseguenti ostruzioni delle vie aeree superiori.
La correzione riguarda la struttura sia ossea che cartilaginea, e a volte anche quella cutanea. Non si evidenziano cicatrici all'esterno in quanto l'intervento viene eseguito quasi sempre per via mucosa e solo raramente per via cutanea (nei casi particolarmente complessi o negli esiti di labioschisi, con grave deformità congenita della struttura osteo-cartilaginea). In quest'ultima evenienza l'incisione cutanea rimane comunque invisibile a livello della columella. Molto importante è che il chirurgo sappia fondere la propria sensibilità estetica con l'abilità manuale e la buona conoscenza dell'anatomia della regione. Il decorso post-operatorio è di circa quindici giorni.
Mastoplastica: con questo termine si definiscono gli interventi atti a modificare la forma e il volume del seno, di regola in soggetti femminili. Si parla di mastoplastica additiva nel caso in cui l'obiettivo è di ottenere l'aumento del volume del seno. Si parla di mastoplastica riduttiva quando invece l'intervento mira a diminuire le dimensioni delle ghiandole mammarie. Si parla infine di mastopessi quando l'operazione mira a rialzare e rimodellare il seno nei casi di rilassamento (ptosi ghiandolare o cutanea), spesso conseguente a gravidanze, a dimagrimento o più semplicemente all'età.
Nella mastoplastica additiva è indispensabile utilizzare protesi di materiale eterologo come il silicone o contenenti soluzione fisiologica. In rari casi possono insorgere complicanze dovute alla presenza del corpo estraneo (indurimento della protesi o intolleranza alla sostanza eterologa). Per quanto riguarda la mastoplastica riduttiva e la mastopessi, l'unico inconveniente può essere determinato dalla presenza di cicatrici cutanee, che comunque con il tempo tendono a diventare meno visibili. In questi ultimi anni molte nuove tecniche sono state proposte nel tentativo di ridurre al minimo tale evenienza.
Un cenno particolare merita, come abbiamo già riferito, la ricostruzione mammaria a seguito di una mastectomia. Negli ultimi vent'anni tale branca della c.p. ha fatto enormi progressi, grazie anche al forte desiderio delle pazienti di riacquistare una qualità della vita accettabile anche dal punto di vista psicologico. La ricostruzione non deve assolutamente interferire col problema oncologico che rimane quello fondamentale; infatti è indispensabile una collaborazione attiva fra l'oncologo, il chirurgo plastico e lo psicologo.
Nelle ricostruzioni mammarie, per ristabilire forma e dimensioni del seno, si utilizzano, nel limite del possibile, le parti anatomiche proprie (cute, muscoli e grasso) alle quali si aggiungono materiali eterologhi, per es. le protesi mammarie. Oggi si tende a usufruire di materiali autologhi, ossia propri, laddove ve ne sia la possibilità. In caso contrario, si può preparare la cute esistente (di solito insufficiente) a ricevere la protesi, pre-espandendola con materiali sintetici quali gli espansori cutanei. Questi, come già detto, vengono posti sotto lo strato cutaneo o muscolare, sede del deficit, e si espandono progressivamente fino a ottenere le dimensioni desiderate. In questa fase gli espansori verranno rimossi e sostituiti con vere e proprie protesi mammarie. Il tempo successivo sarà dedicato alla ricostruzione chirurgica del complesso areola-capezzolo e all'eventuale rimodellamento della mammella controlaterale.
Addominoplastica: è l'intervento atto a modificare le alterazioni morfologiche a carico della regione addominale. Esse sono comunemente l'effetto o di un aumento ponderale o degli esiti di una gravidanza oppure di uno o più interventi chirurgici.
Gli obiettivi da raggiungere sono: il rimodellamento della regione con l'eventuale asportazione del tessuto cutaneo e adiposo in eccesso, e il ripristino, in caso di diastasi degli stessi, della continenza muscolare dei muscoli retti. Questi obiettivi devono essere raggiunti limitando al massimo le cicatrici. Attualmente è pratica comune associare le lipectomie alla liposuzione, ottenendo in questo modo una migliore omogeneità della superficie e soprattutto un effetto ''scultura''.
Liposuzione: è il termine con cui attualmente s'intende l'intervento chirurgico atto a rimodellare il corpo mediante l'aspirazione del grasso in eccesso dalle sedi dove risulta indesiderato. Ha quasi completamente sostituito il lifting delle cosce e, in qualche caso, quello dei glutei.
Si esegue con una tecnica chirurgica assai semplice, ma delicata. Infatti il risultato è legato essenzialmente all'esperienza e al buon senso del chirurgo. La liposuzione è trattamento indispensabile in un soggetto obeso; ha la sua indicazione più corretta nel caso di pazienti giovani, con adiposità localizzate ed esenti da problemi circolatori gravi. Il grasso asportato non ha tendenza a riformarsi. La liposuzione si esegue con l'utilizzo di cannule di diverse dimensioni, attraverso la pressione negativa esercitata da una pompa aspirante. L'obiettivo da raggiungere non è senz'altro quello di far dimagrire, bensì quello di ottenere un rimodellamento dei contorni, che si avvicini il più possibile ai canoni correnti di bellezza.
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