Chirone
Appare a D. non solo come il capo dei centauri che sono a guardia dei violenti, ma un capo diverso dai suoi soggetti. La tradizione che lo distacca dagli altri centauri, facendone un saggio educatore, era certo nota a D., che la trovava illustrata ad esempio nei Fasti di Ovidio (dove C. è chiamato iustum... senem, V 384), ma, soprattutto, nell'Achilleide di Stazio, da lui ben conosciuta (cfr. Pg IX 34-39); sì che Virgilio, per caratterizzare a D. la figura di lui, gli ricorda la funzione di educatore che ebbe nei confronti di Achille: (il gran Chirón, il qual nodrì Achille, If XII 71); e nel verso è evidente il ricordo dell'Achilleide, dove C. è appunto chiamato " ingens Centaurus ", " nutritor... ingens " di Achille, che a sua volta è " magni Chironis alumnus " (I 195-196, 276, 526). Sottolineato è poi nell'Achilleide il distacco tra C. e gli altri centauri, il costume di vita più umano e meno sanguinario del primo: " Centauri stabula alta patent, non aequa nefandis / fratribus. Hic hominum nullos experta cruores / spicula nec truncae bellis genialibus orni / aut consaguineos fracti crateres in hostis, / sed pharetrae insontes et inania terga ferarum " (I 111-115).
In D., C. non appare certo così " placido, bucolico, dedito alla medicina e alla musica " (Bosco, Dante vicino, Caltanissetta-Roma 1966, 244) come in Stazio: ma quella descrizione e altre parti del I libro dell'Achilleide gli permettevano di attribuire al Centauro, oltre alla forza poderosa delle membra, quel carattere meditativo che ne fa un capo saggio e accorto, e che isola la sua figura tra quello degli altri centauri: facendola divenire " una delle grandi figure monumentali della Commedia alla cui vita bastano un atteggiamento, una mossa " (Momigliano).