chiostro
Propriamente, vale " c. di monastero o di convento "). L'uso proprio è presente in Pd XXI 118, ove quel chiostro è il c. fatto aggiungere da s. Pier Damiano all'antica costruzione degli Avellanti (cfr. la nota del Fallani), e in XXII 50 (li frati miei che dentro ai chiostri / fermar li piedi e tennero il cor saldo), commentato da Benvenuto: " sicut enim moritur piscis extra aquam, ita monachus extra cellam ".
Usi traslati ci si offrono in altri luoghi della Commedia, e sempre c. vale " Paradiso "; per esempio Pg XXVI 128 andare al chiostro / nel quale è Cristo abate del collegio: " con immagine ricercata, in somiglianza alla vita terrena dei monaci, il cielo è il chiostro... dove i beati sono adunati (collegio) sotto l'unica guida del Cristo (abate) ": così il Fallani; e Pd XXV 127 Con le due stole nel beato chiostro / son le due luci sole che saliro. Ancora più appropriato è l'uso metaforico di c. in Pg XV 57 più di caritate arde in quel chiostro, perché il termine, questa volta, non indica semplicemente il Paradiso, ma più precisamente l' " Empireo ", dove i beati hanno la loro sede eterna.
In Fiore LXXXVIII 6, c. significa, per sineddoche, " monastero ", " convento ": dentro a' chiostri fuggo in salvitate (parla Falsembiante).