CHIMICA DEI CARBOIDRATI
(v. carboidrati, VIII, p. 945; App. I, p. 358; II, I, p. 503)
Col termine carboidrati ci si riferisce attualmente a una vasta famiglia di composti organici naturali di massa molecolare variabile entro ampi limiti e caratterizzabili, in prima approssimazione, con la formula (CH2O)n.
Quadro d'insieme. - Terminologia elementare. - I carboidrati a più basso peso molecolare (n compreso tra 5 e 20, circa) sono composti più o meno dolci, solubili in acqua, incolori e con proprietà chimiche paragonabili: essi includono i monosaccaridi (le specie strutturalmente più semplici, i ''mattoni'' con cui in natura viene costruita la gran maggioranza di tutti gli altri carboidrati) e i di- e tri-saccaridi.
I carboidrati caratterizzati da valori di n compresi tra circa 20 e 60 sono convenzionalmente definiti oligosaccaridi (più tradizionalmente, per oligosaccaridi si intendono i carboidrati che contengono da due a dieci unità di monosaccaride). I polisaccaridi, infine, sono specie macromolecolari (cioè costituite da molecole a catena) con valori di n anche superiori al milione, le cui proprietà chimiche e fisiche variano profondamente al variare della natura e delle modalità di concatenamento dei monosaccaridi costituenti. Va precisato che numerosi importanti derivati dei monosaccaridi, e quindi degli oligo- e/o polisaccaridi da questi eventualmente risultanti, contengono anche azoto, di norma sotto forma di gruppi amminici liberi o acilati. I tre principali tipi di carboidrati sopra indicati si trovano sovente in combinazione chimica con altri importanti composti, p. es. proteine, lipidi, ecc., a formare specie ''complesse'' (glicoproteine, glicolipidi, ecc.) di particolare significato biologico.
Diffusione in natura e utilizzo industriale. - I carboidrati, sotto forma di monosaccaridi, oligosaccaridi e polisaccaridi, costituiscono circa il 90% della biomassa terrestre. Per esempio, la quantità di saccarosio prodotta annualmente dai vegetali è stimata aggirarsi sui 150 miliardi di t, mentre la quantità di cellulosa e di chitina (i due polisaccaridi più abbondanti) sintetizzata nel contempo è circa 6÷10 volte superiore. L'uomo concorre a consumare gran parte di tali biomateriali. Così, la produzione industriale complessiva e l'utilizzo del saccarosio per scopi alimentari ammontano rispettivamente a circa 120 e 88 milioni di t all'anno (media mondiale), mentre nel solo Brasile ne viene usata una quantità pari a circa 10 milioni di t per la produzione di ''bioetanolo''. Per quanto riguarda i materiali a base di cellulosa, a prescindere dagli enormi consumi per costruzioni/arredi, riscaldamento, ecc., per le sole fibre cellulosiche il consumo è ormai superiore a 3,2 milioni di t. Notevolissimo è naturalmente anche l'impiego dell'amido, soprattutto a scopo alimentare (circa 2 milioni di t, solo negli USA).Tra gli altri polisaccaridi di largo consumo e di interesse in disparati settori industriali (alimentare, farmaceutico, cosmetico, petrolifero, tessile), meritano particolare menzione gli alginati, i carraginani (di origine algale), le pectine, la gomma guar, la gomma arabica (di origine vegetale): tutti questi polisaccaridi sono ormai divenuti delle insostituibili commodities commerciali.
Altri polisaccaridi estratti da alghe, da tessuti animali e da microorganismi, rispettivamente, sono attualmente autentiche specialties ad altissimo valore, segnatamente nel settore biomedico (ad esempio, l'acido ialuronico per uso oftalmico).
Progresso delle conoscenze. - Negli ultimi venti anni si è assistito a un sempre più diffuso impiego industriale di svariati polisaccaridi, come anche di numerosi derivati chimici di polisaccaridi, e, più importante, sono stati realizzati progressi scientifici fondamentali. Tali progressi hanno riguardato in particolare la stereochimica, i meccanismi di reazione, la comprensione delle basi dei processi di biosintesi e, soprattutto, hanno portato a una migliore conoscenza dell'attività biologica di numerosi carboidrati sia monomerici che polimerici. Tale attività, infatti, va ben oltre le note funzioni svolte da numerosi polisaccaridi nell'accumulo e nella mobilizzazione di energia (per es., amido e glicogeno) e nel contribuire all'integrità delle cellule e dei tessuti (per esempio, nel caso di tessuti animali, glicosamminoglicani). Si allude qui al ruolo svolto da taluni carboidrati nel ''riconoscimento'' intra- e intercellulare, ruolo probabilmente ancor più diversificato e importante di quanto sia oggi noto. Nel contesto, va sottolineato che i carboidrati monomerici e/o polimerici oltre ad avere come tali un ruolo di grande rilievo in natura possono esplicare anche attività biologiche altamente specifiche quando sono legati ad altre specie molecolari, in particolare a proteine (glicoproteine). Un'altra classe di composti in cui residui di molecole di carboidrati giocano un ruolo determinante sull'attività in vivo è quella degli antibiotici prodotti per via fermentativa.
Non va infine dimenticato che nelle catene degli acidi nucleici, DNA e RNA, sono presenti due carboidrati, il 2-deossi-D-ribosio e il D-ribosio, rispettivamente, le cui caratteristiche chimiche e conformazionali contribuiscono a rendere tali biopolimeri adatti alle fondamentali funzioni cui sono preposti in natura.
Situazione attuale e prospettive. − Attualmente il mercato dei polisaccaridi è in espansione quantitativa e qualitativa: interessante sotto il profilo economico appare soprattutto il caso delle specialties polisaccaridiche per impieghi in alimentazione e nei settori farmaceutico e cosmetico. Ulteriori motivazioni per un sempre maggior interesse nei carboidrati scaturiscono inoltre: a) dallo sviluppo della biotecnologia industriale, forte consumatrice di carboidrati semplici e a sua volta fonte, tra l'altro, di carboidrati complessi e di polisaccaridi ad alto valore; b) dalla necessità di ricorrere a fonti alternative, rinnovabili, per ottenere materiali base, monomerici e polimerici, indispensabili per la chimica moderna; c) dall'esigenza di formulare vaccini umani basati su selezionati polisaccaridi batterici fortemente antigenici; d) dalla possibilità di impiegare specifici enzimi per operare modifiche strutturali ''mirate'' su una varietà di polisaccaridi.
Le biotecnologie avanzate possono altresì permettere di attuare operazioni di ingegneria genetica su batteri (e, naturalmente, non solo su questi) con il risultato di nuove strutture polisaccaridiche finalizzate a prefissati impieghi. Tutto ciò trae vantaggio dal continuo approfondimento delle conoscenze sulle correlazioni proprietà-struttura dei biopolimeri, che, in generale, si realizza grazie all'affinamento delle metodologie chimico-fisiche e biofisiche. Va infine accennato che nuove tecniche di sintesi permettono l'ottenimento di una varietà di polisaccaridi con strutture regolari anche molto diverse da quelle naturali: alcune di tali specie potranno avere interesse nella formulazione di preparati biomedici.
Monosaccaridi, disaccaridi e oligosaccaridi. - Monosaccaridi. − Le molecole dei monosaccaridi più comuni sintetizzati dalle piante (processo di fotosintesi) o dai microorganismi sono costituiti da 6 (esosi) o da 5 (pentosi) atomi di carbonio − ciascuno dei quali è individuato secondo una numerazione convenzionale, rappresentata dai simboli C(1), C(2), ecc. − e contengono oltre a gruppi -OH alcolici la funzione aldeidica (-CHO: aldoesosi e aldopentosi) oppure la funzione chetonica (-CO-: chetoesosi e chetopentosi).
I monosaccaridi esistono, sia allo stato solido che in soluzione, in forme cicliche. Nel caso degli aldoesosi tali strutture si formano per interazione tra la funzione aldeidica in C(1) e un gruppo -OH in C(5) oppure in C(4) con la creazione di un legame emiacetalico stabile. Nel primo caso (ciclo a 6 termini) si parla di strutture piranosiche (p), mentre nel secondo caso (cicli a 5 termini) di strutture furanosiche (f). Anche gli aldopentosi sono di norma in forma furanosica o piranosica.
Nel caso dei chetoesosi, la chiusura ad anello si ha per interazione tra la funzione carbonile in C(2) con un gruppo -OH in C(6) (forma piranosica, p) oppure in C(5) (forma furanosica, f).
Tutto ciò trova sintetica, approssimata, rappresentazione nelle proiezioni di Haworth. Una raffigurazione della realtà migliore di quella offerta da tali proiezioni si può realizzare tenendo conto della geometria tetraedrica dei legami che partono da ciascun atomo di carbonio di un monosaccaride (forme cicliche) e approssimando al meglio le associate conformazioni molecolari a minima energia.
Una tale rappresentazione (formula conformazionale) è illustrata in fig. 1 per il D-glucosio (forma piranosica: la forma prevalente per gli aldoesosi), il più abbondante aldoesoso naturale. L'appartenenza alla cosiddetta ''serie D'' per questo e altri monosaccaridi è definita dalla configurazione dell'atomo C(5), così come mostrato in fig. 1. Questa figura mostra inoltre che per il D-glucosio nella conformazione disegnata, detta 4C1 − forma a sedia, chair, con C(4) e C(1) rispettivamente sopra e sotto il piano definito da C(2), C(3), C(5) e dall'atomo di ossigeno −, tutti i sostituenti al ciclo sono ''equatoriali''. Tale conformazione comporta la minima energia d'interazione intramolecolare: in effetti, altre possibili conformazioni dell'anello del D-glucosio, ad esempio 1C4, comportano energie nettamente superiori.
Adottando la conformazione 4C1 di fig. 1, è facile disegnare le formule per tutti gli altri possibili aldoesosi della serie D. Infatti, lasciando inalterata la posizione equatoriale del sostituente C(6), che così disposto definisce appunto la serie D, si tratta di variare la configurazione dei carboni C(2), C(3), e C(4) ottenendo un totale di 8 formule (inclusa quella del D-glucosio), corrispondenti a 8 isomeri geometrici detti diastereoisomeri, relative agli aldoesosi: D-mannosio (2); D-gulosio (3, 4); D-galattosio (4); D-talosio (2, 4); D-idosio (2, 3, 4); D-allosio (3); D-altrosio (2, 3); D-glucosio. I numeri tra parentesi dopo il nome generico di ciascun aldoesoso indicano gli atomi di carbonio in cui, avendo mantenuta la conformazione 4C1 di fig. 1, la posizione del gruppo -OH è assiale.
Per quanto riguarda i chetoesosi, l'unico di origine naturale è il D-fruttosio (fig. 2), il quale allo stato monomerico libero esiste in forma piranosica mentre è in forma furanosica quando allo stato combinato (situazione comune).
Infine, per ottenere le formule conformazionali degli aldopentosi della serie D, si può partire da quella del D-ribosio (fig. 3 : forma furanosica) lasciando fissa la configurazione in C(4), che così come disegnato in fig. 3 definisce appunto la serie D, e variando la configurazione dei due rimanenti atomi di carbonio asimmetrici, C(2) e C(3). Gli aldopentosi sono denominati: D-ribosio (2); D-arabinosio; D-xilosio (2, 3); D-lixosio (3). I primi due, insieme al diffusissimo D-ribosio, sono prodotti naturali. Anche in questo caso i numeri tra parentesi indicano gli atomi di carbonio i cui sostituenti -OH sono assiali, ferma restando la forma dell'anello disegnata in fig. 3.
Altri importanti derivati naturali dei carboidrati sono i cosiddetti amminozuccheri e gli acidi uronici. Tra i primi i più comuni sono la D-glucosammina e la D-galattosammina in cui un gruppo -NH2 sostituisce il gruppo -OH in C(2). Tra i secondi, in cui una funzione carbossile -COOH sostituisce il gruppo alcolico primario, in C(6), hanno particolare diffusione in natura gli acidi D-glucuronico, D-galatturonico, e D-mannuronico: le formule di tali specie sono immediatamente ricavabili da quelle degli esosi aventi nome con radice comune e, ovviamente, appartenenti alla stessa serie.
È molto importante, in conclusione, sottolineare che ciascuno dei monosaccaridi sopra indicati può in realtà esistere in due forme diverse in dipendenza della configurazione in C(1), detto carbonio anomerico, una in cui il gruppo -OH risulta assiale (forma alfa) e una in cui tale gruppo è equatoriale (forma beta), per la serie D. Infine, prendendo le immagini speculari per ciascuno dei monosaccaridi della serie D avremo le formule dei corrispondenti monosaccaridi enantiomorfi, detti appartenere alla serie L (L-glucosio, L-fruttosio, ecc.). Taluni di questi composti sono prodotti naturali come ad esempio gli acidi L-guluronico ed L-iduronico.
In conclusione di questo paragrafo dedicato ai monosaccaridi, si fa cenno alle notazioni abbreviate più comuni:
a) i monosaccaridi sono identificati da sigle di tre lettere come esemplificato in tab. 1, e sono geometricamente definiti dai prefissi enantiomerici (D e L) e anomerici (alfa e beta);
b) le dimensioni degli anelli sono specificate con le lettere p (piranosio) oppure f (furanosio). Così, per es., si potrà scrivere α−D-glcp per indicare concisamente la forma anomerica alfa del D-glucosio in forma piranosica;
c) nel caso dei più comuni amminozuccheri, degli acidi uronici e dei carboidrati contenenti sia la funzione -NH2 che quella -COOH si usano particolari notazioni semplificate, ad esempio: D-galpA = acido galatturonico (piranosico); α−D-galpN = 2-ammino-2-deossi-alfa-D-gallattopiranosio; β−D-manpNAcA = acido 2-acetammido-2-deossi-beta-D-mannuronico. Il prefisso -2- è omesso nella notazione abbreviata quando si tratta di composti naturali che hanno appunto il gruppo -NH2 in posizione 2.
Disaccaridi e oligosaccaridi. − L'unione tra due molecole di monosaccaridi mediante legame glicosidico (come mostrato in fig. 4 per un disaccaride libero, naturale, il lattosio), che impegna sempre il carbonio anomerico di almeno uno dei due monomeri di partenza, può avvenire in linea di principio in numerosi modi. Nel caso del lattosio, il disaccaride presente nel latte dei mammiferi, il legame glicosidico unisce il carbonio C(1) del galattosio, nella forma beta, col C(4) del glucosio. La notazione semplificata del lattosio sarà quindi: β−D-galp (1,4)-D-glc. Un altro disaccaride molto diffuso in natura è il saccarosio, α−D-glcp(1,2)-β−D-fruf, presente in pressocché tutti i tessuti vegetali. Oligosaccaridi costituiti da tre a circa 10 residui di monosaccaridi si possono ottenere per idrolisi (chimica o enzimatica) di polisaccaridi. Nel caso dell'amido si arriva così alle destrine.
Vanno infine ricordate due particolari classi di oligosaccaridi ciclici. La prima comprende le cosiddette ciclodestrine prodotte per fermentazione dell'amido a opera di batteri e costituite da anelli molecolari di 6 o più residui di α−D-glcp legati (1,4). La seconda è quella prodotta da taluni batteri del suolo e comprendente cicli di 17 fino a 40 residui di β−D-glcp concatenati (1,2).
Reazioni caratteristiche. − La reattività dei carboidrati è un argomento vasto e complesso: si tratta infatti di specie chirali a carattere polifunzionale, che possono quindi dar luogo a disparati processi per reazione con una varietà di agenti chimici. È utile ricordare, anche se in modo estremamente schematico, i seguenti principali tipi di reazioni e i prodotti risultanti:
Riduzione: per azione di diversi, più o meno energici, agenti riducenti sia gli aldosi che i chetosi danno gli alditoli per trasformazione della funzione aldeidica o chetonica in funzione alcolica primaria o secondaria, rispettivamente (per es., dal D-mannosio si ha il D-mannitolo, detto anche ''mannite'', mentre dal D-glucosio si ha il D-glucitolo, detto anche ''sorbitolo'').
Ossidazione:
a) per azione di alogeni (pH ca. 5) la funzione aldeidica degli aldosi si trasforma in funzione carbossile (acidi aldonici: per es., dal glucosio si ha l'acido gluconico);
b) in acido nitrico diluito gli aldosi danno gli acidi aldarici (dal glucosio si ha l'acido glucarico in cui anche il gruppo alcolico primario in C(6) è divenuto gruppo -COOH). Nelle stesse condizioni anche i chetosi danno acidi aldarici ma con la perdita di un atomo di carbonio;
c) per azione dell'anione periodato, IO−4, in mezzo acquoso diluito si possono ottenere diversi caratteristici prodotti di ossidazione a seconda del carboidrato di partenza. Questo tipo di reazione è comunemente impiegato nell'analisi della struttura primaria di oligo- e polisaccaridi.
Disidratazione: per azione prolungata di acidi a caldo sia gli aldosi che i chetosi portano a derivati furanici (furfurolo, metilfurfurolo). Tali derivati possono a loro volta reagire con diversi fenoli, ammine e amminoacidi alifatici, dando caratteristiche colorazioni utili nell'analisi qualitativa dei carboidrati. Nel caso di disaccaridi, oligo- e polisaccaridi, per azione controllata di acidi forti a caldo si ha dapprima idrolisi totale nei monosaccaridi costituenti (il metodo è quasi sempre usato nell'analisi, quali- e quantitativa, della composizione di dette specie).
L'azione prolungata di alcali concentrati a caldo porta viceversa a frammentazione delle molecole dei monosaccaridi: per trattamenti drastici si può avere formazione di acido piruvico e acido lattico.
Reazioni coinvolgenti i soli gruppi -OH: le funzioni -OH dei carboidrati possono dar luogo a tutte le ben note, caratteristiche reazioni di tali funzioni, e cioè:
a) eterificazione parziale (con alcoli semplici in acidi diluiti, aldosi e chetosi danno per reazione in C(1) i glicosidi) o totale. Quest'ultima è realizzabile usando idruro di sodio in dimetilsolfossido e successiva aggiunta di ioduro di metile (permetilazione). Anche la permetilazione, seguita da idrolisi completa, è uno stadio essenziale nell'analisi strutturale dei polisaccaridi in quanto mette in evidenza quali particolari gruppi -OH (liberati dall'idrolisi) sono impegnati in legami glicosidici nelle catene polisaccaridiche (quindi non soggetti a metilazione);
b) esterificazione, per azione ad esempio di comuni cloruri di acidi organici;
c) formazione di acetali ciclici, per reazione con aldeidi e chetoni catalizzata da acidi.
Reazioni di addizione e condensazione:
a) per reazione tra un aldosio e acido cianidrico si ha addizione del tipo: R-CHO + HCN → R-CHOH-CN, con formazione di un aldononitrile;
b) per reazione con fenilidrazina (C6H5-NH-NH2) con aldosi e chetosi si ha formazione di osazoni, derivati un tempo impiegati nell'identificazione dei monosaccaridi;
c) per reazione tra un aldoso e un'ammina in presenza di un energico riducente si ha: R-CHO + R′-NH2→R-CH2-NH-R′.
Tale reazione è utilizzata, tra l'altro, nella sintesi di derivati del chitosano (in questo caso R′ sarà un residuo di glucosammina in catena mentre R potrà essere un gruppo alchilico).
Polisaccaridi. - Nomenclatura essenziale. − Il termine generico glicano è il nome sistematico dato ai polisaccaridi in cui un numero elevato di residui di ''glicosi'' (monosaccaridi) sono concatenati da legami glicosidici. I polisaccaridi costituiti da un solo tipo di monosaccaride sono detti omopolisaccaridi o omoglicani, ad esempio: glucani, arabinani, galatturonani, ecc. Per l'identificazione completa di un dato omoglicano è sufficiente quindi precisare i prefissi enantiomerici ed anomerici: così, la cellulosa è il (1,4)-β−D-glucopiranano, mentre l'inulina è il (1,2)-β−D-fruttofuranano (notare che tali nomi sistematici definiscono anche il tipo di anello, piranosico o furanosico, dei residui in catena).
I polisaccaridi costituiti da due o più residui di monosaccaridi diversi sono eteropolisaccaridi ovvero eteroglicani, ad esempio: arabinoxilani, galattomannani, ecc. Di norma, una tale scrittura implica anche che la catena principale del polisaccaride è costituita unicamente dal monosaccaride indicato per ultimo. Così, un tipico galattomannano è la gomma guar, che ha uno scheletro di (1,4)-D-manp a cui sono legati (1,6) i residui di β−D-galp (uno ogni due residui di manp in catena principale).
Polidispersione ed eterogeneità strutturale. − Le proteine costruite in vivo sotto diretto controllo genetico sono del tutto omodisperse, sono cioè costituite da catene identiche per struttura primaria e per lunghezza. Viceversa, la biosintesi dei polisaccaridi avviene in generale con meccanismi che non possono assicurare né la monodispersione delle catene (in termini cioè di lunghezza) né, talvolta, il regolare ripetersi di un'unica, esattamente definibile unità ripetitiva. Di conseguenza, i polisaccaridi sono polidispersi e spesso sono anche chimicamente eterogenei. Tale eterogeneità può rendere molto difficile, quando effettivamente realizzabile, una univoca caratterizzazione chimico-strutturale di catene polisaccaridiche.
Principali polisaccaridi. − È utile raggruppare, anche se in modo estremamente schematico, i polisaccaridi nelle categorie seguenti:
a) Polisaccaridi con funzione di riserva energetica: l'amido che ha funzione di riserva energetica nei vegetali è costituito unicamente da residui di α−D-glcp ed è una miscela di due componenti: amilosio e amilopectina. Le catene del primo sono lineari: i residui di glcp sono concatenati (1,4), mentre quelle dell'amilopectina presentano ramificazioni legate (1,6). Funzione analoga a quella dell'amido nei vegetali è svolta per gli animali dal glicogeno (accumulato principalmente nel fegato e nei muscoli) costituito anch'esso esclusivamente da residui di α−D-glcp ma con struttura più densamente ramificata rispetto a quella dell'amilopectina.
b) Polisaccaridi con funzioni strutturali: la cellulosa è il principale componente delle piante di superficie e di alcuni vegetali marini, in cui costituisce di norma il reticolo di supporto delle pareti cellulari. La cellulosa (fig. 5A) è un glicano perfettamente lineare costituito da residui di β−D-glcp concatenati (1,4): in conseguenza di tale regolarità e di ottimali interazioni intra- ed intercatene, la cellulosa è un polimero altamente cristallino, insolubile in acqua. Nella fig. 5B è schematizzata la struttura della cellulosa II (cellulosa rigenerata) con le catene a orientamento antiparallelo e i legami idrogeno (linee tratteggiate) anche tra piani molecolari diversi (ciascuno contraddistinto da un diverso colore); la ''finestrella'' indica la cella elementare.
Le pectine rappresentano una notevole frazione in peso delle pareti cellulari delle piante superiori (sono ricavate industrialmente dalle mele e dalle bucce di limone). Le catene di pectine tipiche sono costituite principalmente da tratti di residui di α−D-galAp legati (1,4), in parte sotto forma di esteri metilici, interrotti da residui di altri monosaccaridi che portano delle ramificazioni. Una proprietà caratteristica delle pectine è quella di formare facilmente gel acquosi stabili, in particolare in presenza di ioni calcio: ciò può contribuire in vivo alla stabilità meccanica dei vegetali. Simili proprietà e funzioni sono ascrivibili anche agli alginati, i principali componenti polisaccaridici delle alghe brune, che sono dei copolimeri risultanti dal concatenamento (1,4) di residui di β−D-manAp e di α−L-gulAp (v. per le notazioni, tab. 1).
Dalle alghe rosse si ottengono viceversa altri polisaccaridi, denominati carraginani, anch'essi polielettroliti (gruppi -SO−3−) ma di struttura più complessa, taluni dei quali hanno spiccate capacità a formare gel acquosi. Da certe specie di alghe rosse sono altresì estraibili miscele di polisaccaridi, agar, il cui componente più importante, per lo meno in termini di valore commerciale, è l'agarosio. Quest'ultimo è un polisaccaride non-ionico costituito da galattosio con eccellenti proprietà gelogeniche.
Infine, nel caso degli artropodi, molluschi e insetti il polisaccaride strutturale più importante è la chitina. Le catene di chitina, costituite da residui di N-acetilglucosammina concatenati β (1,4), sono in grado di formare strutture molto stabili, paragonabili in tal senso a quelle della cellulosa, che determinano la rimarchevole rigidità e resistenza dell'esoscheletro dei crostacei. Per deacetilazione della chitina si ottiene il chitosano.
c) Polisaccaridi dei tessuti connettivi: i polisaccaridi che sono caratteristici componenti dei tessuti connettivi dei vertebrati sono attualmente indicati col termine collettivo glicosamminoglicani (denominazione precedente: mucopolisaccaridi). Con la probabile eccezione dell'acido ialuronico, essi si trovano in vivo legati covalentemente a proteine formando strutture complesse (proteoglicani). I glicosamminoglicani giocano un ruolo essenziale nelle matrici dei tessuti in virtù delle loro proprietà lubrificanti, protettive e connettive: sulla superficie delle cellule animali essi possono altresì contribuire al controllo della crescita cellulare e alla ''comunicazione'' tra cellule.
I più importanti glicosamminoglicani sono: l'acido ialuronico, le condroitine e l'eparina. L'acido ialuronico, un eteroglicano ad altissimo peso molecolare, lineare e regolare, caratterizzato dall'unità ripetitiva (fig. 6) {−3)-β−D-glcNAcp -(1,4)-β -D-glcAp (1-}, si trova nel liquido sinoviale, nell'umor vitreo dell'occhio, nelle creste di gallo (da cui è estratto a livello industriale) e funge da templato per l'aggregazione specifica dei proteoglicani nelle cartilagini. L'acido ialuronico è sintetizzato anche da diversi batteri che rappresentano fonti alternative, competitive, di tale prezioso biopolimero.
Le condroitine hanno struttura primaria base del tipo: {−3)-β -D-galNAcp- (1,4)-β -D-glcAp-(1-}: la condroitina della cornea, delle cartilagini e delle ossa degli adulti ha un gruppo -SO3− in posizione 4 del residuo di galNAcp, mentre la condroitina delle cartilagini (ove è associata con il collagene) e dei tendini ha tale residuo carico in posizione 6.
Infine, il dermatansolfato (condroitina-B) localizzato nella pelle, nei tendini e nelle valvole cardiache, ha anch'esso un gruppo solfato in posizione 4 del residuo di galNAcp che è legato (1,4) ad un residuo di acido β−L-iduronico (β−L-idAp) anziché di glucuronico.
Anche l'eparina si trova nei tessuti (ad esempio: fegato, trachea, milza) ma il suo ruolo biologico è essenzialmente quello di potente e specifico agente anticoagulante. La struttura dell'eparina può rappresentarsi come: {−4)-α−D-glcN-2,6-solfato-(1,4)-α−L-iduAp-2-solfato-(1-}, in cui va notato l'elevato grado di solfatazione e il concatenamento esclusivamente di tipo (1,4).
d) Polisaccaridi da fonti microbiche: i polisaccaridi microbici costituiscono un gruppo di biopolimeri in cui la variabilità strutturale parrebbe pressoché illimitata e in cui compaiono monosaccaridi non comuni. Tali polisaccaridi sono comunemente suddivisi in ''esocellulari'' e ''capsulari'': i primi, quasi tutti a carattere ionico, si ritrovano in soluzione nel mezzo di coltura cellulare e possono quindi essere facilmente separati dalla biomassa, mentre i secondi formano uno strato aderente alle cellule.
Alcuni polisaccaridi batterici sono importanti commercialmente e vengono prodotti su scala industriale, taluni anche per impieghi in alimentazione. Un elenco incompleto di tali biopolimeri tecnologici è riportato nella tab. 2. Molti altri polisaccaridi da microorganismi sono antigenici e sono o potranno essere impiegati nella formulazione di vaccini.
In aggiunta ai veri e propri polisaccaridi, i batteri producono anche altri polimeri in cui residui di monosaccaridi sono abbondanti. Un tipo, i lipopolisaccaridi, è presente nella parete cellulare di batteri Gram-negativi. Un altro tipo è quello dei peptidoglicani, situati nella parete cellulare batterica e costituiti da catene polisaccaridiche reticolate da corte catene peptidiche. Un terzo tipo, infine, è quello degli acidi teicoicici cellulari e di membrana nei batteri Gram-positivi e caratterizzati da una struttura regolare in cui residui monoed oligosaccaridici sono concatenati tramite legami fosfodiestere. A parte i polisaccaridi antigenici pei quali l'interesse è ovvio in vista delle loro possibili, importanti applicazioni biomediche, il vivo interesse scientifico e commerciale (per es., lo xanthano, v. fig. 7 e tab. 2, è prodotto industrialmente a livello di ca. 20.000 t/anno) nei confronti dei polisaccaridi da fonti microbiche scaturisce da una serie di considerazioni:
a) i polisaccaridi microbici possono essere ottenuti con processi relativamente semplici e sovente economicamente interessanti a partire da colture di ceppi attentamente selezionati;
b) tali processi portano a specie con caratteristiche strutturalimacromolecolari altamente riproducibili: ciò non trova riscontro nei polisaccaridi da vegetali o da alghe pei quali, viceversa, per motivi legati a processi biologici e/o per cause climatiche si ha sovente una ''evoluzione'' o fluttuazione in struttura;
c) la versatilità chimica espressa dai microorganismi nel sintetizzare polisaccaridi è sorprendente e lascia prevedere la scoperta di numerose, nuove specialità polimeriche;
d) le catene dei polisaccaridi microbici sono strutturalmente altamente regolari; ciò comporta che esse possono assumere conformazioni regolari sia allo stato solido che in soluzione, con importanti e favorevoli conseguenze sulle proprietà meccaniche (fibre), sulle proprietà reologiche come anche sulla capacità a formare gel acquosi;
e) l'applicazione dell'ingegneria genetica alla produzione di nuovi polisaccaridi con strutture, e quindi con proprietà, prefissate appare oggi una concreta possibilità.
Analisi strutturale. − Come per la maggior parte dei biopolimeri, l'analisi strutturale completa dei polisaccaridi può coinvolgere la determinazione della struttura primaria (natura e modalità di concatenamento di residui monosaccaridici), secondaria (conformazione assunta dalle catene) e terziaria (modalità d'impacchettamento delle catene). Limitando l'attenzione al caso della struttura primaria, va detto che il problema può presentare notevoli difficoltà. Al riguardo, è utile tener presente che i diversi tipi di strutture covalenti dei polisaccaridi possono essere suddivisi in tre gruppi:
a) Sequenze periodiche: in questo gruppo i residui monosaccaridici sono concatenati in modo del tutto regolare a formare catene lineari o ramificate rappresentabili con una singola, data unità ripetitiva (per es., cellulosa, acido ialuronico, xanthano).
b) Sequenze interrotte: in questo caso sono individuabili lungo le catene unità ripetitive la cui sequenza risulta tuttavia interrotta da occasionali residui monosaccaridici diversi (carraginani) o da locali irregolarità in sequenza (alginati).
c) Sequenze essenzialmente aperiodiche: tali strutture si hanno quando, pur esistendo lungo le catene blocchi più o meno lunghi di residui monosaccaridici concatenati regolarmente, le interruzioni chimiche sono sostanziali e possono interessare sia la catena principale che le ramificazioni (pectine). Di conseguenza, solo nel caso dei polisaccaridi appartenenti al primo gruppo si potrà arrivare a una struttura primaria concisamente rappresentabile con una unità ripetitiva esattamente definita. Considerando per semplicità unicamente questo caso, l'esame strutturale di una nuova specie polisaccaridica si articola in due stadi:
a) idrolisi totale del polimero e determinazione qualitativa e quantitativa dei monosaccaridi costituenti;
b) determinazione della sequenza dei residui monosaccaridici e dei legami glicosidici che li uniscono.
Il primo stadio è relativamente semplice in quanto attualmente sono stati messi a punto diversi metodi di analisi cromatografica dei monosaccaridi e di loro derivati. Il secondo stadio è più complesso e coinvolge sia operazioni chimiche e indagini chimico-fisiche (come per es., la permetilazione del polisaccaride e successiva idrolisi ed analisi mediante tecniche spettroscopiche differenti dei prodotti risultanti), sia l'impiego di particolari enzimi. L'uso di enzimi ricavati da batteriofagi nell'analisi strutturale dei polisaccaridi prodotti da batteri (quei batteri con cui il fago specifico può interagire) si sta attualmente rivelando di notevole successo. Tali enzimi, infatti, sono in grado di scindere le catene in modo altamente selettivo fornendo, di norma, direttamente ed unicamente l'unità ripetitiva. L'analisi di quest'ultima viene quindi fatta come sopra accennato, in particolare con l'ausilio delle moderne tecniche di risonanza magnetica nucleare (NMR).
Bibl.: J. F. Kennedy, C. A. White, Bioactive carbohydrates, New York 1983; The polysaccharides, a cura di G. O. Aspinall, 3 voll., ivi 1983-84.