CHIMERA (Χίμαιρα, letteralm. "capra", Chimaera)
Mostro dell'antica mitologia greca, col corpo e la testa di leone, talvolta alato, la coda a forma di serpente e nel mezzo della schiena una testa di capra. Omero (Il., vi, 181-2) ed Esiodo (Theog., 321-2) narrano che Tifonne fu il padre e che Bellerofonte, sul cavallo alato Pegaso, l'affrontò e l'uccise. Alla forma solita del mostro, sopra descritta, si hanno alcune varianti: la testa di capra si trova sulla cima delle ali; invece della testa di capra, dalla schiena del leone esce mezzo corpo di capra. A volte nell'arte greca (ceramica protocorinzia) questo mostro ha anteriormente invece della testa leonina una testa umana. L'origine della Ch., in tutte le sue varanti, si è cercata in Asia, e confronti convincenti si sono trovati nell'arte del Luristan (v.). Nell'arte dell'Asia Anteriore antica sono infatti molto frequenti gli animali mostruosi, specialmente alati.
Assai numerose sono le rappresentazioni della Ch., sola o in lotta con Bellerofonte (v.), ma spesso l'iconografia non concorda con la tradizione poetica. In Etruria la prima forma della Ch. ha la testa di capra sulle ali del leone. Secondo la tradizione letteraria la Ch. "vomitava fuoco ardente", ma la statuaria a tutto tondo esclude la rappresentazione delle fiamme, mentre i rilievi in pietra e in terracotta, le pitture sui vasi e le monete vi si prestano perfettamente. In quanto al fuoco, la cerarnica rodia raffigura la Ch. con le fiamme uscenti da tutte e tre le teste; in quella corinzia, le fiamme escono dalla bocca del leone, mentre nelle ceramiche di Atene, Vulci, Ruvo, le fiamme escono dalla capra.
La storia di Bellerofonte in lotta con la Ch. risale, nelle rappresentazioni su vasi, a poco prima della metà del VII sec. a. C., con un iconografia già fissata. La più famosa rappresentazione del mostro è il bronzo con iscrizione dedicatoria a Tinia (tinscvil), il Giove etrusco, proveniente da Arezzo, menzionata dal 1553 nelle Collezioni Medicee, ora nel Museo Arch. di Firenze. Tutta la potenza è concentrata nella figura del leone; la coda e la testa di serpente sono un restauro neo-classico (la testa serpentina doveva minacciare l'assalitore, non mordere le corna caprine). Su una fascia d'argento da Praisos è ancora un leone che affronta Bellerofonte, montato su Pegaso (Ann. Brit. School Athens, lx, p. 58, tav. xxx, 51 b).
Bibl.: R. Engelmann, in Roscher, s. v.; E. Bethe, in Pauly-Wissowa, s. v.; Am. Jour. Arch., 1908, tavv. 8-18; G. v. Lücken, Greek Vase Painting, L'Aia 1921, tav. 61; Festschrift Gompers, p. 483, fig. 5; L. Malten, in Jahrbuch, 1925, p. 149, fig. 60; K. F. Johansen, Les Vases Sicyoniens, Parigi 1923, tav. XXVII, 16; H. Payne, Necrocorithia, Oxford 1931, n. 1040, tav. 30, 8, n. 892; A. Roes, the Representation of the Chimaera, in Journ. Hell. Stud., LIV, 1934, p. 21 ss.; Arch. Anz., 1936, col. 356, figg. 6-12; G. Q. Giglioli, L'arte etrusca, Milano 1935, tavv. CCXVIII, CCXIX; P. Amandry, in Mélanges d'archéologie et d'histoire Ch. Picard, I, Parigi 1949, p. i ss.; A. Roes, The Origin of Chimaera, in Studies Presented to D. M. Robinson, XII, II, Saint Louis 1953, pp. 1155 ss.; J. J. Dunbabin, Bellerophon, Herakles, Chimaera, ibidem, p. 1164 ss.; Fr. Brommer, Vasenlisten zur griechischen Heldensagen, Marburg Lahn 1956, pp. 168-171.