chikungunya
chikungùnya s. f. – Malattia tropicale febbrile acuta virale, epidemica, diffusa in Africa, nelle isole dell'Oceano Indiano e nel Sud Est asiatico. In un dialetto bantu il termine vuol dire «ciò che piega», riferito ai forti dolori ossei e articolari che possono durare anche per mesi dopo l’infezione. Oltre ai dolori, i sintomi della malattia sono febbre alta, brividi, cefalea, nausea, vomito; si manifestano dopo un periodo di incubazione che va da 3 a 12 giorni. Le complicanze più gravi sono rare e possono essere di natura emorragica entro 3-5 giorni, o neurologica, soprattutto nei bambini. È raro che la c. risulti fatale, ma può accadere soprattutto in soggetti anziani debilitati da patologie già in corso. Non esistono né vaccino né cura specifica. La c. è causata da un arbovirus, ossia un virus trasmesso dalla puntura di artropodi. A trasportare il virus sono le zanzare del genere Aedes, come Aedes Aegypti, che trasmette anche la dengue, o Aedes albopictus, ovvero la zanzara tigre. Fino agli anni Ottanta del 20° sec. la c. riguardava solo alcune zone dell’Africa subtropicale e dell’Asia, tra cui India, Vietnam, Giava. Negli ultimi anni una grande epidemia si è registrata in paesi che si affacciano sull’Oceano Indiano. Dopo di allora, alcuni casi sono stati segnalati in diversi paesi europei, Italia compresa, ma si trattava di persone che avevano contratto l’infezione nelle zone epidemiche e si erano ammalate dopo il rientro nel Paese di origine. Fino a che, nell'estate del 2007, tra Castiglione di Cervia e Castiglione di Ravenna, sulle sponde opposte dello stesso fiume romagnolo, è scoppiato un focolaio epidemico di c., con 197 casi sospetti e 166 confermati dall’inizio di luglio a tutto settembre. Inoltre, sempre a settembre, tre persone (che non avevano viaggiato all’estero né si erano recate nella zona del focolaio epidemico romagnolo) residenti nello stesso stabile a Bologna sono risultate positive all’infezione. Si è trattato quindi della prima catena di trasmissione in un Paese occidentale. Secondo la ricostruzione fatta dagli epidemiologi è possibile che una persona infettata dal virus, giunta dall’India, sia stata punta da una zanzara tigre che ha poi punto qualche altra persona trasmettendo il virus. Si sarebbe così creato il primo focolaio epidemico in Romagna. Successivamente, nello stesso modo, avrebbe avuto origine a Bologna il secondo piccolo focolaio. D'altra parte, non è nuovo il fatto che un virus trasmesso da artropodi inizi a diffondersi in una zona dove non è presente in origine, ma dove è presente un vettore capace di trasmetterlo.