CHIERICATI, Chierighino
Nacque a Vicenza nei primi anni del sec. XV da Domizio o Domenico e da Maddalena di Niccolò Facini.
Dei suoi primi anni sappiamo solo che studiò legge e fu iscritto nella matricola del Collegio dei notai vicentini; in seguito, unendo alle sue capacità professionali di amministratore e di giurista le tradizioni militari della sua famiglia, riuscì a farsi una posizione, unica nel sec. XV, di amministratore militare, servendo in tale qualità prima Venezia e poi Paolo II per quarant'anni.
Il C. fece la sua prima apparizione nella vita pubblica nel 1425 come cancelliere di Vettore Bragadin, podestà veneziano di Verona. Allora era collaterale a Verona un nobile vicentino, Belpetro de' Manelmi, che intorno al 1430 era già collaterale generale dell'esercito veneziano e aveva cominciato ad impiantare un ufficio per l'amministrazione militare. Manelmi e i suoi collaboratori sopraintendevano alla formazione e all'esecuzione delle "condotte", provvedevano alle ispezioni e a mantenere la disciplina tra le truppe. Intorno al 1434 il C. era segretario del Manelmi, e ne ricevette come salario le rendite di alcune terre. Nel 1437 era vicecollaterale a Verona, dove gli fu conferita la cittadinanza. Nei seguenti diciassette anni fu il braccio destro del Manelmi, che a sua volta fu probabilmente il più importante, e certamente il più permanente, personaggio dell'organizzazione militare di Venezia.
Fu il C. che sovraintese alla paga della compagnia di Micheletto Attendolo, capitano generale di Venezia tra il 1441 e il 1448; in seguito prese parte nel 1451 a un tentativo di colpo di mano contro la compagnia del Colleoni ad Isola della Scala, e nel dicembre dell'anno seguente guidò un disastroso attacco di quattromila soldati veronesi contro le forze dei Gonzaga a Castel d'Ario. Poche altre notizie abbiamo sul C. in questi anni: fu molto amico, di Pietro Barbo, allora vescovo di Vicenza; nel 1448 comprò una casa in Verona da Marco Donato per 1.240 ducati; nel 1451 ricevette dal Manelmi alcune terre in Montegaldella; il 2 giugno 1452 insieme col figlio Ludovico, fu creato conte palatino da Federico III durante il suo passaggio a Vicenza.
Nel febbraio del 1455 morì il Manelmi, e il Senato di Venezia disperse tutta la macchina amministrativa ch'egli aveva costruito: i vicecollaterali rimasti furono licenziati e sostituiti con nobili veneziani, responsabili direttamente di fronte al Senato. Tuttavia è probabile che prima di questi fatti, forse tra la fine delle ostilità nella primavera del 1454 e la morte del Manelmi, il C. avesse lasciato il servizio di Venezia per quello di Francesco Sforza.
Nel 1454 il C. restituì i possedimenti in Montegaldella ricevuti dal Manelmi: essi furono subito trasferiti a suo figlio Ludovico, che restò col Manelmi e ne divenne erede. Intorno a quell'anno, fungeva da commissario dello Sforza presso Federico III. In seguito, per alcuni anni non abbiamo più sue notizie: Venezia non aveva più bisogno di lui, e non ci sono notizie di una sua prolungata permanenza al servizio di Milano. Può darsi ch'egli sia vissuto quasi in ritiro a Vicenza, da dove nel 1464 scrisse una lettera di congratulazione al vecchio amico Pietro Barbo, divenuto pontefice col nome di Paolo II.
Nel maggio del 1465 il C. andò a Mantova come podestà; di lì fu convocato a Roma per assumere l'incarico di revisore generale dell'esercito pontificio. Il 5 giugno 1465 giunse a Roma e fu insediato nell'ufficio con la provvisione di 1.400 ducati papali l'anno. Dopo pochi giorni aveva posto il suo quartier generale a Nepi e stava coordinando ed amministrando le truppe arruolate per stroncare la potenza degli Anguillara; fu presente alla caduta di Capranica (7 luglio) e alla rapida sottomissione del resto dei castelli anguillaresi. Nel corso del 1466 il C. girò in lungo e in largo gli Stati pontifici per ispezionarne fortificazioni e guarnigioni; talvolta aveva come compagno l'architetto Matteo Nuti da Fano. Nel gennaio visitò la Campagna e Marittima; nella primavera ispezionò Viterbo, Civitavecchia ed Orte; in giugno era a Cesena. Simile fu la sua vita nei cinque anni seguenti, che passò muovendosi in continuazione per ispezionare truppe e castelli. Nel 1467 ebbe l'incarico di reprimere una rivolta a Norcia; solitamente passava notevole parte di ogni anno con l'esercito di Romagna, ma non fu presente nel 1469 al fallito assedio di Rimini. Il C. era allora nel territorio di Roma per raccogliere truppe da inviare a quell'impresa, e si scusò di fronte al papa della sua assenza affermando che l'incremento dell'esercito dai 3.500 soldati del 1465 ai 10.500 del 1470 gli rendeva difficile trovarsi immediatamente dovunque. Ma un tale argomento era destinato a rivolgersi contro di lui: dopo una lunga assenza da Roma, durante la quale visitò Vicenza e Venezia, dove nel dicembre del 1470 fu tra i testimoni del rinnovo della lega italica, al suo ritorno (1471) trovò che avrebbe dovuto spartire la sua carica con un collega. Ma il C. non era uomo da accettare riduzione alcuna della sua autorità, e poiché Paolo II restò rigido, nonostante le sue proteste, sulla nuova nomina, preferì dimettersi.
Pier Leone da Spoleto scrisse un'elegia sulla sua sfortuna (Zorzi, pp. 419 s.). È però probabile che la carriera del C. a Roma non sarebbe durata comunque molto più a lungo: pochi giorni dopo che le sue dimissioni erano state accettate, Paolo II morì, e il C. fu nominato commissario del Collegio cardinalizio e guardiano dei Sacri Palazzi per tutta la durata del conclave. Appena fu eletto Sisto IV, tentò di essere reintegrato nella sua carica di revisore, cercando l'appoggio del cardinal Orsini, cui dedicò il suo Trattatello della milizia. Ma il papa affermò di avere intenzione di ridurre l'esercito e di non avere quindi bisogno dei servigi del Chiericati.
Il Trattatello della milizia del C. (edito da G. Zorzi nel 1915, pp. 425-434) risulta un documento di considerevole interesse, in cui i problemi dell'amministrazione e della disciplina militari sono visti nell'ottica di un amministratore: per lui il modo di mantenere un esercito effettivo e disciplinato consiste in frequenti ispezioni e buone paghe. L'esempio cui si rifà costantemente è l'esercito veneziano degli anni Quaranta del secolo, benché il C. insinui che la sua efficienza fosse molto diminuita dopo quel periodo.
Lasciata Roma verso la fine del 1471, il C. tornò a Vicenza, dove visse ritirato; unica notizia che abbiamo su di lui è che nel 1476 fu intermediario nel matrimonio tra Paola di Ludovico Gonzaga e Leonardo conte di Gorizia. Il C. morì a Vicenza l'anno successivo.
In questo periodo la sua famiglia aveva riconquistato un posto centrale negli affari militari di Venezia. L'esperimento dei collaterali nobili era fallito e dopo il 1475 un fratello del C., Valerio, era collaterale a Ravenna, mentre il figlio del C., Ludovico, aveva buone probabilità di divenire collaterale generale di Venezia nella guerra di Ferrara, nel corso della quale però restò ucciso. Il C. si era sposato due volte: la prima con una Lucrezia da cui ebbe i due figli, Ludovico e Mainardo, e poi, nel 1464, con la trevigiana Elisabetta de' conti di Polcenigo.
Fonti e Bibl.: Il manoscritto del Trattatello della milizia, insieme con almeno un importante epist. risalente al periodo veneziano e con numerose lettere di quello romano, era all'inizio del sec. XX in possesso del conte Gabriele Chiericati-Salvioni, ma ora se ne ignora la sorte. L'Arch. Chiericati della Bibl. Bertoliana di Vicenza contiene solo poco materiale sul C. (nn. 26, 45, 47, 54, 68); uno dei suoi libri di conti del periodo veneziano è conservato nell'archivio della Confraternita dei laici di Arezzo tra le carte di Francesco di Viviano d'Arezzo (n. 156). La più completa document. biografica del C., particolarmente accentrata sull'ultimo periodo, è nel saggio di G. Zorzi, Un vicentino alla corte di Paolo II:C. C. e il suo "Trattatello della milizia", in Nuovo Arch. ven., n. s., XXX (1915), pp. 369-434. Si vedano inoltre: Cronaca di anon. veronese, a cura di G. Soranzo, Venezia 1663, pp. 44, 319; B. Pagliarino, Croniche di Vicenza, Vicenza 1663, p. 264; F. Tomasini, Teatro genealogico delle famiglie nobili di Vicenza, Venezia 1677, pp. 70 ss.; S. Rumor, I conti Chiericati,nobili vicentini, in Boll. araldico storico geneal. del Veneto, V(1906), p. 28; Angiolgabriello di Santa Maria [P. Calvi], Bibl. e storia di quei scrittori... di Vicenza..., II, Vicenza 1772, pp. CCXX-CCXXIII; P. Paschini, Leonello Chierigato,nunzio di Innocenzo III e di Alessandro VI, in Lateranum, n. s., I (1935), 3, p. 19; M. E. Mallett, Mercenaries and their Masters. Warfare in Renaissance Italy, London 1974, pp. 127 s.