chiave
Il termine, che pure compare molto spesso nell'opera dantesca, non è mai usato in senso proprio, bensì in metafora, nel senso di " strumento per aprire ", e quindi " mezzo per raggiungere uno scopo ", oppure per indicare le ‛ chiavi ' di s. Pietro.
C. vale " mezzo per raggiungere uno scopo ", " strumento necessario per un'impresa, per compiere una certa opera, per ottenere un certo risultato ", in Pg X 42, dove la Vergine Maria è chiamata quella / ch'ad aprir l'alto amor volse la chiave (" che aprì agli uomini l'amore di Dio... ‛ chiuso ' ad essi dopo il peccato originale ", Grabher). In Vn XII 14 35, Amore è detto colui ch'è d'ogni pietà chiave, ossia colui che è l'unico " mezzo " per ottenere pietà dalla donna amata. E così, in Pd II 54 erra / l'oppinïon... d'i mortali / dove chiave di senso non diserra, varrà: " l'opinione degli uomini non può fare a meno di errare nelle cose che non si possono afferrare per mezzo dei sensi ", ossia " se i sensi non ci si offrono come ‛ chiave ', come ‛ mezzo ' di conoscenza ". Leggermente diverso è il valore semantico di c. in Vn VII 3 6 io son d'ogni tormento ostale e chiave, " io sono ricettacolo e pretesto di ogni sofferenza ", in cui però il termine vale pur sempre " strumento " nelle mani di qualcuno, in questo caso " in balìa d'ogni tormento ".
Più concreta (e più semplice) è la metafora di Rime CIV 87, in cui Morte al petto m'ha posto la chiave vale: " sono in punto di morte " (letteralmente: " Morte mi ha chiuso il cuore, se ne è fatta padrona ", Sapegno [Scrittori d'Italia, Firenze 1960, I 179]).
Quest'ultima occorrenza ci porta all'uso di c. nel Fiore, in cui appare tre volte: IV 1 Con una chiave d'or mi fermò il core / l'Amor, quando così m'ebbe parlato; VIII 8 E di ciascuna [quistione, " tortura "] porta esso [Amore] la chiave, e 10 con quella chiavicella ch'i' v'ho detto, dove è notabile l'uso del diminutivo.
Molto più numerose sono le occorrenze (soprattutto del Paradiso, ma anche dell'Inferno) in cui il vocabolo, usato al plurale, indica le " c. di s. Pietro ", ossia le c. del regno dei cieli affidate da Cristo al principe degli apostoli, secondo la narrazione evangelica di Matt. 16, 19 (e cfr. anche 18, 18 " quaecumque alligaveritis super terram erunt ligata et in caelo, et quaecumque solveritis super terram erunt soluta et in caelo "). " La metafora della ‛ potestas ligandi atque solvendi ' espressa nelle due chiavi, indica nelle scuole rabbiniche l'atto di proibire o di permettere una cosa, nella Scrittura il potere di emanare leggi, come è in Daniele... Nel testo di S. Matteo... le parole hanno un valore di carattere universale, esprimenti un potere di giudizio che rimette i peccati, secondo un linguaggio tipico della Bibbia... L'iconografia s'impadronì subito dell'evidenza dei termini e S. Pietro... ha in mano le chiavi, simbolo del potere " (Fallani, nota a Pg IX 117).
S. Pietro è dunque il gran viro / a cui Nostro Segnor lasciò le chiavi, / ch'ei portò giù, di questo gaudio miro (Pd XXIV 35); a lui il Cristo affidò il simbolo del potere e dell'autorità, chiedendogli in cambio solo di seguirlo: quanto tesoro volle / Nostro Segnore in prima da san Pietro / ch'ei ponesse le chiavi in sua balia? / Certo non chiese se non " Viemmi retro ", If XIX 92 (cfr. Matt. 4, 19, Marc. 1, 18). Le c. di s. Pietro sono definite le chiavi / ... di questo fior venusto (Pd XXXII 125), ossia della rosa dei beati, cioè dell'Empireo, cui non si accede se non per l'autorità apostolica (cfr. le chiavi di tal gloria, Pd XXIII 139); le chiavi che mi fuor concesse, afferma s. Pietro, non dovevano divenire signaculo in vessillo / che contra battezzati combattesse (Pd XXVII 49; da notare che in questo passo esse sono viste concretamente come stemma sugli stendardi dei guelfi). Le c. di s. Pietro furono trasmesse, a simboleggiare la continuità dell'autorità apostolica, ai pontefici successori sul trono di Roma, e ogni papa, dunque, le riceve dal predecessore e le custodisce durante il suo regno: a papa Niccolò III D. ricorda le somme chiavi l che tu tenesti ne la vita lieta (If XIX 101). E Bonifacio VIII, nel racconto di Guido da Montefeltro, osa affermare: Lo ciel poss'io serrare e diserrare, / come tu sai; però son due le chiavi / che ' l mio antecessor non ebbe care (If XXVII 104).
Le due c. che s. Pietro ha avuto da Gesù e che vengono trasmesse di pontefice in pontefice, sono tuttavia state affidate simbolicamente dal principe degli apostoli all'angelo che custodisce l'ingresso del Purgatorio; infatti, secondo la concezione escatologica dantesca, la porta della salvezza è appunto quella della prima cornice del monte della penitenza. Nelle due c. che l'angelo usa per ammettere le anime a purificarsi, è da vedere anche, in accordo con l'allegoria della veste color cenere dell'angelo (che rappresenta l'umiltà necessaria per poter esercitare il sacramento della confessione) " l'autorità che il confessore riceve da Dio e le doti che deve avere, per essere padre, medico, maestro (cfr. S. theol., III, suppl., XVII, 3)... La ‛ clavis scientiae ', di cui parla S. Luca (XI, 52) continua nella metafora identica dell 'Apocalisse (III, 7) ": così il Fallani, nel commento a Pg IX 117 [l'angelo] trasse due chiavi. / L'una era d'oro e l'altra era d'argento. In Pg IX 121 l'angelo precisa a Virgilio e a D. che quandunque l'una d'este chiavi falla / ... non s'apre questa calla; anche se quella d'oro è più importante (Più cara è l'una, v. 124), la c. d'argento è quella che 'l nodo digroppa, cioè " dipana la matassa della condotta (del peccatore)... in modo da veder chiaro quanto c'è in essa di bene e di male " (Momigliano). Da questo episodio deriva che quel da le chiavi (Pg XII 135) è, per antonomasia, l'angelo della prima cornice; e che la chiave bianca e... la gialla (Pd V 57), ossia la c. d'oro e quella d'argento, rappresentano l'autorità sacerdotale, " a cui soltanto appartiene, per legato di Gesù, il potere di vincolare e di prosciogliere " (Sapegno); esse non si riferiscono più, pertanto, al sacramento della confessione, ma al potere del sacerdote riguardo alla materia (v. 52) di un voto. Questi usi, queste metafore riguardanti le c., spiegano la metafora di If XIII 58 Io son colui che tenni ambo le chiavi / del cor di Federigo, e che le volsi, / serrando e diserrando... Chiosa il Buti: " l'affermativa che apriva lo cuore e la negativa che lo serrava ". Ma l'espressione " rassomiglia... a quella che si legge, riferita proprio a Pier della Vigna, in un'epistola di Nicola della Rocca: ‛ tamquam imperii claviger, claudit, et nemo aperit; aperit, et nemo claudit ' " (Sapegno).