Chi guarderà già mai sanza paura
Questo sonetto (Rime LXXXIX) si trova fra altre rime di D. in un considerevole numero di manoscritti, il più antico e autorevole dei quali è il Chigiano L VIII 305, e fu stampato nella Giuntina del 1527, al quinto posto delle rime comprese nel libro II della sezione dantesca, fonte di edizioni posteriori. Nell'edizione del 1921 il Barbi lo collocò nel libro V (" Altre rime d'amore e di corrispondenza "), subito dopo le due ballate I' mi son pargoletta e Perché ti vedi, e prima di Amor, che movi.
Evidente in tale collocazione l'intento del Barbi di considerare il sonetto in gruppo con le due ballate che lo precedono, composte per una pargoletta. Infatti, in Chi guarderà non solo ricorre al v. 2 la bella pargoletta, come al v. 1 di I 'mi son pargoletta bella e nova, ma si riprende il motivo del pericolo di morte che si corre guardando negli occhi della giovinetta, accennato nella ballata (cfr. vv. 20-21). Il poeta si sente così mal ridotto per la ferita procuratagli dagli sguardi della pargoletta, che ormai avverte vicina la morte crudele, e si commisera per la forte ventura che gli è capitata, di essere stato destinato a dare esempio agli altri uomini perché non mettano a rischio la vita guardando la pargoletta. Appunto perciò gli è avvenuto di attrarre a sé vertù di stella.
Comunemente accettata l'appartenenza di Chi guarderà al gruppo delle rime per la pargoletta, il dissenso fra i critici verte sull'estensione del gruppo (limitato alle due ballate e al sonetto, o esteso alle due canzoni Amor, che movi e Io sento sì d'Amor, o più largamente anche alle " Rime per la Donna pietra ", o addirittura anche alle rime per la donna gentile da intendere come donna reale o, allegoricamente, per la Filosofia). C'è stata anche la proposta per un'interpretazione allegorica limitata alla Retorica (cfr. I' mi son pargoletta).
Bibl. - G. Federzoni, Una ballata di D. in lode della Retorica, Bologna 1905; Contini, Rime 120; D.A., Rime, a c. di D. Mattalia, Torino 1943, 122; Zingarelli, Dante 365; D.A., Oeuvres complètes, a c. di A. Pézard, Parigi 1965, 173; D.A., Rime, a c. di M. Apollonio, Milano 1965, 171; Dante's Lyric Poetry, a c. di K. Foster e P. Boyde, Oxford 1967, II 189.