CHESTER (Deva)
Fortezza legionaria romana che costituiva, dopo la conquista della Britannia, una delle tre basi militari permanenti per il controllo della nuova provincia; le altre si trovavano una a Caerleon (Isca) e l'altra a York (Eboracum). Non esistono testimonianze evidenti della precedente occupazione del sito, che si estende su un basso crinale di arenaria solcato dal fiume Dee; la sua ubicazione, in prossimità dell'estuario del fiume ampiamente soggetto all'azione delle maree, consentiva un facile accesso alle navi e, dal punto di vista strategico, permetteva il controllo degli altipiani del Galles da un lato e dei colli Pennini dall'altro.
Le tre fortezze risalgono al regno di Vespasiano: Ch., in particolare, sembra sia stata fondata per ultima, immediatamente prima o agli inizi del periodo in cui fu governatore Agricola, il cui nome è impresso su alcune tubature in piombo, ritrovate sul posto, che recano la data del 79 d.C. La sua costruzione fu intrapresa dalla Legio II Adiutrix, la cui presenza è attestata da stele funerarie. Quando questa si ritirò dalla Britannia, alla fine degli anni 80, il suo posto venne preso dalla Legio XX Valeria Victrix, la cui presenza è documentata da alcune iscrizioni fino alla metà del III secolo. Le testimonianze archeologiche confermano un'occupazione continuativa del sito fino al tardo IV secolo.
La fortezza flavia era difesa da un bastione di terra rivestito di un tappeto erboso e da un fossato con torri lignee disposte a intervalli e, probabilmente, con porte di legno. Tale struttura difensiva formava un rettangolo allungato con un asse orientato da Ν a S e circondava un'area di oltre 24 ha, molto più grande di quella delle altre fortezze della provincia; se ne ignora l'esatto motivo, anche se la spiegazione più probabile è che la fortezza servisse per ospitare truppe ausiliarie in aggiunta alla legione.
La struttura difensiva assunse una forma definitiva, probabilmente agli inizi del regno di Traiano, con l'aggiunta di un poderoso muro di pietra davanti al bastione di terra e con la ricostruzione in pietra delle porte e delle torri. Il muro subì in seguito un'ulteriore ricostruzione, probabilmente a causa del suo deterioramento, come risulta evidente soprattutto nella parte settentrionale, dove la muratura romana si è conservata sino al livello della cornice. Molto materiale riutilizzato, iscrizioni comprese, che proviene da questo tratto, indica una data non anteriore al tardo III secolo.
All'interno della fortezza è stato possibile identificare singoli edifici romani sotto la città medievale e moderna. Alcuni di questi, come il quartier generale (principia) e le baracche, furono costruiti in legno al momento della fondazione della fortezza e vennero in seguito ricostruiti in pietra, come si è già detto a proposito della cinta difensiva. Altri, come l'edificio termale interno e, forse, qualche granaio, furono costruiti in pietra fin dall'inizio. Dietro ai principia è stata scavata una costruzione molto grande nella quale si era pensato di riconoscere la residenza del legato imperiale (praetorium); ma questa ipotesi sembra attualmente da scartare. La precedente scoperta di due altari dedicati da medici greci farebbe piuttosto pensare all'ospedale legionario (valetudinarium).
Immediatamente a O di questo edificio si trova un'importante struttura, il c.d. edificio ellittico, di incerta funzione; iniziata al tempo della fondazione della fortezza, la sua costruzione non fu completamente ultimata fino al 200 d.C.
All'esterno della fortezza sono state localizzate tracce di canabae ed è stata scavata una probabile mansio. Esistono indizi della presenza di installazioni portuali, di necropoli e del tracciato di un acquedotto. La struttura più imponente era quella dell'anfiteatro, posto immediatamente all'esterno dell'angolo SE della fortezza. Individuato nel Γ929, la sua metà settentrionale fu scavata nel 1965-69 ed è ora esposta al pubblico. Una scoperta inattesa fu data dal fatto che il primo anfiteatro era costruito interamente in legno, risalendo probabilmente al periodo di fondazione della fortezza. Consisteva di un'intelaiatura orizzontale di travi intersecantisi alloggiate nel terreno, a cui erano connessi dei montanti, probabilmente con sostegni incrociati, per sostenere i sedili di legno. Questi ultimi erano larghi circa la metà dei sedili della fase successiva, nonostante che le dimensioni dell'arena restassero immutate; se ne è perciò dedotto che il primo anfiteatro serviva come terreno per esercizi fisici (ludi), dove i legionari potevano praticare le esercitazioni militari.
La seconda fase costruttiva si data attorno al 100 d.C.; la cavea consisteva in un terrapieno contenuto dal muro in pietra dell'arena, alto c.a 3,5 m, e da due spessi muri concentrici in pietra, che servivano forse a sostenere i sedili posteriori della cavea, in legno. All'estremità settentrionale, un'entrata principale sull'asse maggiore portava all'arena, mentre a E un'altra entrata sull'asse minore permetteva l'accesso a un ambiente posto sul retro del muro dell'arena e ai sedili soprastanti. Tra queste due entrate, corrispondenti certamente ad altre analoghe ubicate a O e a S, erano situate due entrate minori dalle quali gli spettatori raggiungevano i loro posti: in tutto, quindi (se si può integrare per simmetria il resto dell'edificio) gli ingressi dovevano essere dodici. Nell'arena ci sono segni di un rinnovamento del pavimento prima del 300 d.C., forse dopo un periodo di inutilizzazione. L'iscrizione più interessante qui rinvenuta è rappresentata da un altare dedicato a Nemesi da un centurione, Sextus Marcianus, dopo una visione (ex visu); essa era ancora in situ in un piccolo sacello (Nemeseum) subito a O dell'ingresso principale, sul lato N.
Le dimensioni complessive dell'anfiteatro di pietra sono calcolabili in 96 m sull'asse maggiore e 86,5 m sull'asse minore; le dimensioni dell'arena, in particolare, erano di m 77 x 67,5.
Bibl.: F. H. Thompson, The Amphitheatre of the Legionary Fortress of Deva (Chester). Excavations 1965-69, in Actes du 9. Congrès international d'études sur les frontières romaines, Mamaia 1972, Bucarest 1974, pp. 355-359; F. H. Thomson e altri, The Excavation of the Roman Amphiteatre at Chester, in Archaeologia, CV, 1975, pp. 127-239 (con bibl.); P. Carrington, 'Severn Valley' Ware and Its Place in the Roman Pottery Supply at Chester, in J. Gillam (ed.), Roman Pottery Studies in Britain and beyond, Oxford 1977, pp. 147-162; T. J. Strikland, P. J. Davey (ed.), New Evidence for Roman Chester, Liverpool 1978; B. R. Hartley, The Early Roman Military Occupation of Lincoln and Chester, in G. Webster (ed.), Roman Pottery Research in Britain and North-West Europe, Oxford 1981, pp. 239-247.