Vedi CHERCHEL dell'anno: 1959 - 1994
CHERCHEL (Iol; Caesarea)
Città della Mauretania, sulla costa mediterranea, in Algeria. Sorse come emporio fenicio e fu chiamata Iol, forse dal nome di una divinità punica. Elevata a dignità di capitale della Mauretania da Bocco, raggiunse particolare splendore sotto Giuba II, che, restaurato da Augusto sul trono paterno, la ribattezzò Gaesarea in onore del suo protettore.
Essendo divenuta la Mauretania provincia romana e divisa in due distretti dopo l'uccisione di Tolomeo, figlio di Giuba (40 d. C.), Ch. fu sede del governatore e il suo porto divenne il secondo, dopo Cartagine, dell'Africa settentrionale. Al tempo di Claudio vi fu detratta una colonia, colonia Claudia Caes area (C. I. L., vi, 3262; viii, 9400) e aggregata alla tribù Quirina (C. I. L., iii, Suppl., 6758). Fiorì, come del resto tutte le città africane, sotto il regno dei Severi e diede i natali all'imperatore M. Opellio Macrino. Ebbe molto a soffrire per la devastazione del ribelle Firmus nel 37' d. C. Vi predicò S. Agostino contro i Donatisti nel 418 e vi nacque il celebre grammatico Prisciano. Occupata dai Vàndali, ripresa dai Bizantini, devastata da terremoti, fù definitivamente distrutta dagli Arabi; ma la vita continuò tra le rovine e una nuova cittadina si sovrappose all'antica, perdurando sino ai nostri giorni. Tale circostanza ha reso più difficile, e necessariamente incompleta, l'esplorazione dell'antico centro; tuttavia, nelle sue linee di massima, la topografia della città romana è individuata: noto è tutto il perimetro delle mura, che Giuba aveva voluto pari a quello della Roma augustea (700o m). Esse avevano un andamento piuttosto irregolare ed erano intercalate da torri quadrangolari, rotonde o ottagonali e rafforzate da fortini circolari nei punti di maggiore importanza strategica. Sei porte si aprivano nella cinta muraria: quella s, completamente esplorata, aveva un avancorpo con torri ottagonali e un arco a tre luci, arretrato rispetto alla muraglia, che le dava l'aspetto di un ingresso monumentale.
I quartieri di abitazione si stendevano lungo la riva del mare ai lati del porto (di cui si conservano talune vestigia) su una fascia di 2 km di lunghezza per 500 m di profondità: risultano suddivisi in una perfetta scacchiera di isolati dalle strade che si incontravano ad angolo retto. Al centro della città era il Foro, che coincide all'incirca con il centro dell'odierno abitato. La città aveva templi sontuosi: di uno, forse risalente al tempo di Giuba, come lasciano intuire lo stile delle sculture rinvenutevi e i frammenti architettonici, si sono trovate tracce presso l'attuale museo. Un altro, sorgente al centro di un cortile porticato, è stato rinvenuto nella zona S.
Tra gli edifici pubblici sono stati identificati, e totalmente o parzialmente scavati, il teatro, il circo, l'anfiteatro (questo ultimo in corso di scavo nel 1958) due grandi edifici termali, ed un terzo, nel cuore della città moderna, ancora non scavato. Particolarmente lussuose e ricche di mosaici e di sculture le abitazioni private, molte delle quali hanno avuto una lunga vita, come dimostrano i diversi stili degli oggetti rinvenutivi.
Già all'epoca di Giuba essa doveva essere stata dotata di splendidi edifici e probabilmente a quel periodo deve farsi risalire la costruzione del teatro. La cavea, al cui sommo correva un ambulacro coperto era, secondo la tradizione greca, addossata alle pendici di una collina; la scena, di tipo romano, era a tre ordini sovrapposti di colonne corinzie in marmo bianco; con nicchie decorate di statue (tra le altre una colossale Musa, replica di un originale del IV sec. a. C.). In età tarda un'arena ellittica era stata costruita sull'orchestra e sulla parte inferiore della cavea per consentire la rappresentazione di spettacoli gladiatorî. Nonostante le trasformazioni e le spoliazioni, il teatro resta pur sempre opera architettonica di grande rilievo e i pochi elementi superstiti della decorazione ce ne documentano ampiamente non solo la ricchezza, ma anche il gusto raffinato e la perizia tecnica. La firma latina di un P. Antius Amphio, sulla faccia inferiore di uno dei capitelli, aveva fatto pensare che il teatro fosse stato costruito sotto la dominazione romana, ma non pare che la presenza di un Greco, liberto di un Romano, debba necessariamente abbassare la data di costruzione dell'edificio: è documentata, infatti, anche da numerose altre firme, l'esistenza in età augustea di artisti greci liberti di Romani; inoltre il luogo in cui la firma compare potrebbe indicare anche un marchio di cava.
Altra costruzione particolarmente imponente e sicuramente di età romana (fine del II sec. d. C.) sono le grandi "terme Ovest" costruite tutte di getto secondo un piano simmetrico che sviluppa lungo un asse una duplice fila di ambienti di ugual pianta e destinazione. Il grandioso edificio rientra nel tipo più diffuso di costruzione termale di età romana, che affianca agli ambienti destinati ai bagni freddi e caldi sale di riunione e di conversazione. A parte l'originaria decorazione di mosaici e di statue in età tarda, furono raccolte nelle terme numerosissime altre sculture trasportate da edifici in rovina (translata de sordentibus locis) come si legge sui piedistalli ivi rinvenuti: l'edificio divenne, cioè, una specie di museo.
Statue e mosaici sono stati restituiti numerosi dagli scavi, ed hanno permesso di costituire in Ch. stessa uno dei più ricchi musei dell'Africa settentrionale. Non è soltanto rilevante il numero delle statue, ma anche il loro carattere e l'alto livello artistico della maggior parte di esse. Numerosissime sono le ottime copie di capolavori della scultura greca del V sec. a. C.; ricorderemo, per non citare che le più celebri, la copia dell'Atena attribuita ad Alkamenes; l'Apollo attribuito all'attività giovanile di Fidia; due statue colossali, copie da un originale fidiaco, forse rappresentanti Demetra. A queste si affiancano copie di originali del IV sec. e di età ellenistica e una bella serie di ritratti di personaggi imperiali o di privati di età romana. Molte delle statue più belle sono ancora di età augustea e si è quindi avanzata l'ipotesi che si tratti di opere espressamente ordinate da Giuba II, monarca raffinato e filelleno, per decorare la sua reggia o gli edifici da lui costruiti. Di fatto, però, talune di esse si sono rinvenute in case private; si potrebbe pensare o che le collezioni regali fossero state disperse o che, col trionfo del cristianesimo, fossero accolte presso privati ancora pagani quelle statue che venivano cacciate dai luoghi pubblici. Ad ogni modo, qualunque sia l'origine prima di queste sculture, è innegabile che esse documentano una raffinatezza di gusti e una ricercatezza squisita nella scelta dei soggetti e degli originali da copiare. Ovviamente la maggior parte di queste statue debbono essere state importate dalla Grecia, ma non mancano anche sculture certamente eseguite in situ, non sappiamo però se da artisti africani o da artisti greci che lavorassero in Africa.
Accanto alle statue, altra ricchezza notevole della città, che essa però condivide con tutti gli antichi centri dell'Africa settentrionale, sono i mosaici: policromi e per la maggior parte figurati, adornavano edifici pubblici e case private e si scaglionano cronologicamente dal I al IV sec. d. C., (età cui appartengono due bei mosaici, uno dei quali con pavoni e girali di vite, provenienti forse da una basilica cristiana).
Oltre ai mosaici con soggetti mitologici (trionfo di Bacco; Ulisse e le Sirene; la leggenda di Achille, ecc.) di particolarissimo valore artistico per la singolare forza e intensità di espressione, per l'ampiezza e vigoria della composizione, per l'abilità del disegno è il mosaico "dei lavori campestri" rinvenuto in una lussuosa dimora dei quartieri occidentali. Disgraziatamente lacunoso, è questo uno dei più begli esemplari rinvenuti in Africa settentrionale e che rivela la mano di un grande maestro: in fasce sovrapposte assistiamo all'aratura, alla semina e a lavori di viticultura. Il soggetto, caro ad altri mosaici d'età romana, è particolarmente interessante, tanto più che vite e grano erano colture particolarmente fiorenti nell'Africa romana.
Sebbene di valore artistico assai minore, non si possono non ricordare, accanto ad una serie di rilievi e statuette dell'età punica, anche molti rilievi funebri di età romana, provenienti dalle tre necropoli sino ad ora note fuori delle mura di Cherchel. Rilievi che rispecchiano la vita locale e che, pur nella loro modestia, ci dànno un quadro della popolazione della città: tra questi ricorderemo: la stele della sacerdotessa d'Iside; la stele del legionario dalmata e quella dell'oliarius, nelle quali i personaggi compaiono con le insegne della loro professione e del loro grado.
Non mancano infine anche alcuni sarcofagi e rilievi di età cristiana in cui compaiono i soggetti e i simboli cari alla nuova fede.
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