Chemiluminescenza
Emissione luminosa da parte di una specie chimica molecolare che, prodotta da una reazione in uno stato eccitato, perde sotto forma di radiazione l’eccesso di energia decadendo nello stato energetico fondamentale (a più bassa energia). Spesso l’emissione cade nella zona visibile dello spettro, ma sono noti anche esempi di chemiluminescenza nell’infrarosso e nell’ultravioletto. Un tipo particolare di chemiluminescenza è la bioluminescenza, nella quale a causare l’emissione è una reazione enzimatica che avviene in un organismo vivente (esempi tipici sono quelli delle lucciole e di alcune meduse).
La chemiluminescenza trova applicazione in chimica analitica per la determinazione qualitativa e quantitativa di svariate sostanze. Esempi applicativi sono la misura della concentrazione del monossido d’azoto (NO) nell’atmosfera e il saggio del luminolo, usato tra l’altro per il rilevamento di tracce di sangue. Nel primo caso si utilizza la reazione tra NO e ozono (O3), che produce NO2 in stato eccitato. Nel saggio del luminolo si sfrutta il fatto che questo composto (5-amminoftaloidrazide o 5-ammino-2,3-diidro-1,4-ftalazindione) viene ossidato con acqua ossigenata in soluzione alcalina producendo lo ione 3-amminoftalato (chemiluminescente con luce bluastra) solamente in presenza di alcune sostanze, tra le quali il ferro, la cui presenza può essere appunto ricondotta a tracce di sangue contenenti il ferro legato all’emoglobina.
La chemiluminescenza nell’infrarosso è sfruttata in ricerche di dinamica chimica, perché permette di osservare la distribuzione delle energie vibrazionali nei prodotti di una reazione e di dedurre da questa alcuni aspetti del meccanismo microscopico con cui avviene la reazione. Reazioni chemiluminescenti possono anche avvenire sotto la presenza di stimoli elettrici (per es., all’interfaccia tra un elettrodo e una soluzione), nel qual caso si parla di elettrochemiluminescenza o chemiluminescenza elettrogenerata (o elettroindotta).