CHELLES
(lat. Calae)
Cittadina della Francia nordorientale (dip. Seine-et-Marne), antica sede di un monastero femminile fondato alla metà del sec. 7° dalla regina merovingia Batilde.
L'esistenza di uno scriptorium annesso al convento è stata postulata da Bischoff (1966), che ha ricondotto a questo centro un gruppo di codici, in parte anche decorati, risalenti prevalentemente all'8° secolo. Le ricerche di Bischoff hanno preso l'avvio da un Commentario ai salmi di s. Agostino, in tre volumi (Colonia, Erzbischöfliche Diözesan-und Dombibl., 63; 65; 67), in cui sono indicati i nomi delle amanuensi; lo studioso ha potuto dimostrare che alle stesse mani può essere attribuita anche un'altra serie di manoscritti e ha proposto di localizzarne il centro produttivo appunto a Chelles. A partire dall'inizio del sec. 8° il monastero di C. potrebbe essere stato doppio, sia maschile sia femminile, e non si può quindi dare per scontato che tutti i codici della scuola siano stati scritti da monache.Nella letteratura storico-artistica precedente i manoscritti che oggi vengono attribuiti a C. erano annoverati tra quelli appartenenti al nucleo più recente, il c.d. gruppo franco nordorientale (Zimmermann, 1916). L'appartenenza dei codici più antichi a tale gruppo venne tuttavia messa in dubbio già da Haseloff (1920). Dalle indagini paleografiche di Lowe (1926) e da un approfondito esame storico-artistico condotto più di recente da Ziegler (1976) risulta che il nucleo più antico del gruppo franco nordorientale non è riconducibile alla scuola di Chelles.Il manoscritto più significativo per il suo apparato decorativo è il Sacramentario gelasiano (Roma, BAV, Reg. lat. 316), databile a poco prima del 750. Esso contiene, all'inizio di ciascuna delle tre grandi sezioni del testo, una pagina decorata e una pagina con iniziale: sulle pagine decorate è rappresentata una croce sotto un arco a tutto sesto; quelle con iniziale presentano invece una grande croce decorata con figure animali, cui si affianca l'iniziale seguita dalla scrittura ornamentale; altri incipit sono caratterizzati da iniziali e scrittura ornamentale. Quasi coevo a questo è un manoscritto del De natura rerum di Isidoro di Siviglia (Parigi, BN, lat. 6413), con illustrazioni al testo in forma di diagrammi, che in parte presentano una decorazione figurata.Riccamente corredati da scrittura ornamentale e iniziali, seppure con accezioni diverse, sono i manoscritti databili dalla metà del sec. 8° al primo decennio del 9° (Oxford, Bodl. Lib., Laud. Misc. 126; Douce 176; Autun, Bibl. mun., 20; Montpellier, Bibl. mun., 3; Parigi, BN, lat. 12240; lat. 12441; Colonia, Erzbischöfliche Diözesan-und Dombibl., 67).Dal punto di vista artistico, l'aspetto più rilevante è rappresentato dall'ornamentazione, che si articola in frontespizi, pagine di incipit e iniziali. Forme decorative zoomorfe, soprattutto motivi con pesci e uccelli, si combinano per costituire lettere o parti di lettere; in tal modo sono realizzate non solo le iniziali, ma anche intere righe di scrittura ornamentale. L'evoluzione stilistica della scuola di C. si può seguire soprattutto in queste forme zoomorfe: la resa fortemente stilizzata delle figure di animali, tradotte in valori di pura superficie, è dominante in gran parte della produzione; nel manoscritto più recente (Oxford, Bodl. Lib., Douce 176) si incontrano per la prima volta figure animali rese in modo naturalistico e rappresentate plasticamente.Meno chiaramente si possono fissare le trasformazioni avvenute nel patrimonio formale e il passaggio da uno stile grafico-lineare a un altro pittorico-coloristico nell'ambito dell'ornamentazione vegetale e geometrica. La decorazione vegetale annovera soprattutto fiori a quattro foglie o simili a gigli, palmette e mezze palmette; nell'ornamentazione geometrica ricorrono motivi a scaglie, bande a zig-zag, occhi, fasce di perline e bande intrecciate. Le forme fondamentali sono ampiamente diffuse nella miniatura merovingia, ma in questa elaborazione specifica appaiono caratteristiche della scuola di Chelles.Le trasformazioni stilistiche e l'ampliamento del repertorio ornamentale furono la conseguenza dell'influsso di altre scuole e dei loro reciproci rapporti. Da Corbie vennero ripresi alcuni motivi d'impronta bizantina, come pure la struttura delle carte decorate a piena pagina e di quelle con iniziali; si può anche ipotizzare che alcuni motivi siano di diretta importazione bizantina. Il riferimento ai primi manoscritti di Tours è evidente soprattutto nelle figure di animali di stampo naturalistico dell'epoca tarda. Il rapporto con i manoscritti di Laon è caratterizzato da influenze reciproche. Una posizione particolare è occupata dal codice del De natura rerum di Isidoro, che presenta una decorazione assai parca, la cui appartenenza alla scuola di C. si fonda essenzialmente sulle indagini paleografiche di Lowe (1926). Le illustrazioni del testo risalgono molto probabilmente a un modello visigoto.
Bibl.:
Edd. in facsimile. - Sacramentarium Gelasianum e codice vaticano Reginensi latino 316, a cura di L. Michelini Tocci, B. Nennheuser (Codices e Vaticanis selecti, 38), Città del Vaticano 1975.
Letteratura critica. - E.H. Zimmermann, Vorkarolingische Miniaturen, Berlin 1916; A. Haseloff, Die vorkarolingische Buchmalerei im Lichte der grossen Veröffentlichungen des deutschen Vereins, RKw 42, 1920, pp. 164-220; E.A. Lowe, The Vatican Ms of the Gelasian Sacramentary and its Supplement at Paris, Journal of Theological Studies 27, 1926, pp. 357-373; id., France: Abbeville - Valenciennes, in CLA, VI, 1953, p. 22; C. Nordenfalk, Das frühe Mittelalter, Gand 1957; B. Bischoff, Die Kölner Nonnenhandschriften und das Skriptorium von Chelles, in Mittelalterliche Studien. Ausgewählte Aufsätze zur Schriftkunde und Literaturgeschichte, I, Stuttgart 1966, pp. 16-34; U. Ziegler, Das Sacramentarium Gelasianum Bibl. Vat. Reg. lat. 316 und die Schule von Chelles, Archiv für Geschichte des Buchwesens 16, 1976, pp. 2-142; F. Mütherich, Les manuscrits enluminés en Neustrie, in La Neustrie. Les pays au Nord de la Loire de 650 à 850, "Colloque historique international, Rouen 1985", Sigmaringen 1989, II, pp. 319-338: 324-327.K. Bierbrauer