CHARTRES
(lat. Autricum)
Città della Francia nordoccidentale, capoluogo del dip. Eure-et-Loir, nella regione del Centre, situata a km. 100 ca. a S-O di Parigi, al centro della pianura della Beauce sulla riva occidentale dell'Eure, affluente della Senna. Sorta sul territorio della tribù gallica dei Carnuti, menzionati più volte da Giulio Cesare nel De bello Gallico, C. fin dall'Antichità fu composta da due nuclei collegati da un ripido pendio: la città bassa nella vallata formata dal fiume e la città alta sul ciglio dell'altopiano.Pertinente in età romana alla Gallia Lugdunensis, nel Medioevo C. divenne sede di un importante vescovado che si estendeva dalla Loira alla Senna, dipendendo dalla provincia ecclesiastica di Sens. Il cristianesimo dovette insediarvisi nel sec. 4°; nel 395 un vescovo Valentino è menzionato da Sulpicio Severo (Dialogus, III, 2, 4). La storia medievale di C. è documentata da numerosi testi, alcuni redatti in altri centri, come gli Annales Mettenses del sec. 8° o la Chronique di Robert de Torigni del sec. 12°, altri di origine locale, come il Cartulaire de l'église Notre-Dame de Chartres, il Cartulaire de l'abbaye de Saint-Père de Chartres o anche la corrispondenza dei vescovi, gli scritti dei teologi dei secc. 11°-12° della scuola di C. e Les miracles de Notre-Dame di Jean le Marchant. La più antica raffigurazione della città è un quadro di autore ignoto che rappresenta un assedio del 1568 conservato nel Mus. des Beaux-Arts.La prima cattedrale, dedicata alla Vergine, sorgeva probabilmente sul luogo dove è stata edificata l'attuale, che ne ha mantenuto la dedicazione; non se ne ha menzione tuttavia prima del 743, quando venne distrutta. Questa primitiva costruzione faceva parte di un gruppo episcopale, poiché era affiancata dalla chiesa di Saint-Serge-et-Saint-Bache, in seguito scomparsa, dove era conservata la tomba di s. Caletrico, vescovo del 6° secolo. In epoca romanica il vescovo di C. risiedeva nell'area vicina all'abside della cattedrale, mentre le case dei canonici si trovavano a N e a O, ma il muro di chiusura degli edifici del Capitolo, il 'chiostro di Notre-Dame', fu eretto soltanto nella seconda metà del 13° secolo. Al suo interno si trovava un ospedale, ricordato nel sec. 11° a S-O della cattedrale. Nella piazza adiacente il fianco sud si tenevano le fiere, in occasione delle feste diocesane. Il Capitolo possedeva anche un complesso di edifici a N del recinto, che comprendeva tra l'altro un forno, un tribunale, una prigione e di cui resta la 'cantina di Loëns', costruzione a volta del sec. 13° (oggi sede del Centre International du Vitrail). Sempre sull'altopiano, a S del 'chiostro di Notre-Dame', sorgeva un tempo la torre comitale, più tardi detta Tour-le-Roi, simbolo del potere civile detenuto, nei secc. 11° e 12°, dai conti di Blois e C. e in seguito dal re. Intorno a questi due poli si sviluppò un fitto agglomerato urbano con le chiese parrocchiali e i mercati (secc. 11°-12°).In epoca merovingia vennero fondate, fuori dal centro abitato, lungo l'Eure, alcune abbazie, come Saint-Martin-au-Val e Saint-Père-en-Vallée. La città con le sue abbazie suburbane fu distrutta nel corso del sec. 9°, durante le invasioni normanne, ma una cinta muraria limitata al centro di C., sull'altopiano, doveva esistere già nel 911, perché in questa data il vescovo ne uscì portando la reliquia della c.d. camicia della Vergine per respingere l'attacco del duca normanno Rollone. Questa reliquia, la più preziosa di C., è costituita da un velo, dono probabilmente di Carlo il Calvo, conservato nel tesoro della cattedrale. Nel corso del sec. 10° l'abbazia di Saint-Père fu restaurata e munita di mura.La città bassa a partire dal sec. 11° cominciò a espandersi lungo l'Eure e divenne un attivo quartiere di artigiani; da quel momento ripide strade collegarono le due zone. Il vescovo Pietro di Celle (1181-1183) fece costruire una grande cinta che racchiudesse al suo interno le due parti della città. L'andamento delle mura, lungo il perimetro delle quali corrono grandi viali moderni, non venne mai modificato e ancora oggi è possibile vederne importanti resti. Le principali vie di comunicazione, quella da Lione a Rouen che passava per Orléans e quella verso Parigi, attraversavano la città bassa, mentre le strade in direzione di Blois o di Le Mans partivano, come oggi, dalla città alta. C. conserva molti caratteri medievali nel tracciato, nell'intrico di vicoli, nei quartieri in pendio e nell'area attorno alla cattedrale. In rue Chantault rimane la fronte romanica d'una casa in pietra; un'altra, del sec. 13°, s'innalza di fronte alla facciata della cattedrale e numerose abitazioni di legno si trovano lungo le vie dei quartieri vecchi.Il monumento più importante di C. è la cattedrale, intorno alla quale è ancora visibile parte del recinto canonicale. Nella cripta sono i resti di costruzioni gallo-romane e un antico pozzo che ha dato spunto alla leggenda dei primi martiri cristiani della città, i saints forts. La grotta di Saint-Lubin, dal nome di un vescovo del sec. 6°, corrisponde probabilmente all'abside della cattedrale carolingia; intorno a essa si estende l'immensa cripta della cattedrale romanica, edificata tra il 1020 e il 1024 sotto l'episcopato di Fulberto e sopravvissuta all'incendio del 1194 che distrusse l'edificio soprastante. Si tratta di una struttura coperta a volte, formata da due lunghi corridoi paralleli terminanti in un deambulatorio su cui si aprono tre cappelle radiali.Già nel 1134 un incendio, che aveva distrutto gran parte di C., Saint-Père e la città bassa, aveva danneggiato il lato occidentale della cattedrale romanica. Fu allora che venne costruita la facciata attuale, con il portale dei Re e le due torri comunicanti con i corridoi della cripta. Il pianterreno delle torri è coperto con precoci volte a ogiva. Al di sopra del portale si trovano tre grandi finestre che originariamente davano luce a una cappella. La torre di destra, o 'campanile vecchio', venne munita di una guglia in pietra alla fine del 12° secolo. La torre di sinistra, o 'campanile nuovo', conservò la copertura lignea fino alla costruzione della guglia attuale a opera di Jean de Beauce, nel 16° secolo.A seguito dell'incendio del 1194 la cattedrale venne ricostruita quasi completamente nell'arco di venti anni; solo i piani superiori della facciata del transetto furono realizzati in tempi di poco successivi. La fronte occidentale, risparmiata dall'incendio, fu modificata con la soppressione della cappella superiore interna e con l'aggiunta di un grande rosone allo scopo di adattarla allo slancio verticale della nuova costruzione. La navata e il coro vennero fondati sulla cripta di Fulberto, ma ai due lati delle cappelle romaniche se ne dovettero aggiungere altre radiali per sostenere la corona delle sette cappelle superiori. Queste ultime si aprono sul doppio deambulatorio che gira intorno all'abside; due ordini di navatelle affiancano le quattro campate del coro, mentre il transetto sporgente e la navata hanno singole navate laterali. Sulle campate orientali delle navatelle esterne del coro s'innalzano due torri. Le facciate del transetto - affiancate da altre quattro torri - presentano ciascuna tre portali e un vasto atrio, sormontati da un triforio a giorno e da un grande rosone, e s'ispirano alla facciata della cattedrale di Laon, di poco anteriore.L'architettura della cattedrale di C. dell'inizio del sec. 13° è notevolmente innovatrice e viene considerata il modello delle grandi cattedrali gotiche. L'utilizzazione di torri per assicurare la stabilità e il sistema dei contrafforti, delle spalle e dei possenti archi di spinta disposti su tre livelli - con arcate che collegano i due piani inferiori - dotano l'edificio di un'armatura robusta, che ha permesso all'anonimo capocantiere di aumentare l'altezza delle volte rispetto a Notre-Dame di Parigi sopprimendo il piano delle tribune. Le finestre superiori scendono al di sotto del punto d'innesto delle volte raggiungendo un'altezza all'incirca equivalente a quella delle grandi arcate. L'elevazione a tre piani - arcate, triforio cieco e finestre - è di grande equilibrio nell'alternanza della fascia d'ombra del triforio con due zone di aperture equivalenti (ritmo A-B-A).Ma anche altri elementi sono di particolare importanza: la pile cantonnée, il pilastro a cui si appoggiano quattro colonnine, di cui una sembra prolungarsi, con un gioco di membrature, fino alle nervature delle volte, accentuando il verticalismo delle pareti; la finestra 'composita', formata da due monofore ogivali sormontate da un rosone, detta anche finestra chartraine; l'uso sistematico e ripetitivo delle volte rettangolari trasverse. Tutti questi elementi avevano già fatto la loro apparizione soprattutto nella regione di Soissons, ma il loro inserimento in un progetto grandioso quanto rigoroso fu innovativo ed esercitò una profonda influenza.La decorazione della cattedrale è celebre quanto l'architettura; l'eccezionale stato di conservazione consente di avere una percezione quasi completa dell'insieme dell'edificio originario e quindi delle intenzioni dei committenti. Oltre alle vetrate istoriate è di grande interesse la decorazione scultorea del portale dei Re, della metà del 12°, e delle facciate del transetto, del 13° secolo. Il programma iconografico dovette essere ideato dai teologi della scuola di C., forse dallo stesso cancelliere Teodorico, per le opere del 12° e dai canonici eredi di quelle scuole per quelle del 13° secolo. Negli strombi del portale dei Re si innalzano statue-colonna con le figure dei precursori di Cristo, la cui vita è illustrata sui capitelli e sui timpani delle porte laterali: Infanzia a destra, Ascensione a sinistra. La Vergine, patrona della cattedrale, troneggia nella zona superiore del timpano dell'Infanzia, nei cui archivolti è simboleggiata la conoscenza intellettuale, mentre il Calendario e la Vita quotidiana appaiono su quelli del portale di sinistra. Nella lunetta centrale, il Cristo e la sua Chiesa trionfano nella visione dell'Apocalisse. Il coerente svolgimento dell'insieme e la resa plastica del rilievo, che ben si adatta alla struttura dei portali, ne fanno il primo capolavoro dell'arte gotica, benché la ieraticità e la stilizzazione delle figure siano di stampo ancora romanico.Le sculture dei transetti rivelano in pieno le nuove tendenze artistiche che operarono all'inizio del sec. 13°, sebbene risultino tutte pur sempre intrise di una pacata serenità di forte accento religioso che può considerarsi come un carattere distintivo dell'arte chartriana. I portali del transetto nord sono dedicati ai precursori e alla Vergine, che appare incoronata come regina del cielo nel timpano centrale. Nel transetto sud è rappresentata di nuovo la gloria di Cristo e della Chiesa nella figura del Beau-Dieu e nel Giudizio finale, a cui si accompagnano le rappresentazioni dei martiri e dei confessori.La decorazione scultorea della cattedrale fu completata con la realizzazione del jubé (secondo quarto sec. 13°), che venne demolito nel 1763. Cospicui resti dei pannelli sono visibili a Parigi (Louvre) e nella cappella di Saint-Piat, eretta nel sec. 14° sul perimetro del coro, che conserva anche il tesoro della cattedrale. Un'altra cappella, nella navatella sud, fu fondata all'inizio del sec. 15° dal conte di Vendôme.Nella cripta dell'antica abbazia di Saint-Martin-au-Val (od. Saint-Brice), databile agli esordi del Romanico, si trovano capitelli di epoca merovingia reimpiegati e sarcofagi altomedievali. La chiesa di Saint-Pierre, dell'antica abbazia di Saint-Père, conserva gran parte delle strutture medievali, risalenti a diverse fasi costruttive: in facciata una grande torre rettangolare, della fine del sec. 10°; il coro a deambulatorio con tre cappelle radiali, edificato dopo l'incendio del 1134 e restaurato nella seconda metà del sec. 13°, in stile rayonnant, con l'aggiunta di un triforio; il corpo longitudinale a tre navate, della prima metà del 13° secolo.C. possedeva un tempo sette chiese parrocchiali. Qualche traccia della costruzione gotica è ancora visibile a Saint-Aignan, ricostruita a partire dal 1514. Saint-André conserva la navata romanica a due piani, con tetto a capriate, facciata e transetto della fine del sec. 12°, mentre il coro, che era stato costruito su due archi sopra un corso d'acqua, è sprofondato all'inizio del 19° secolo. Il Mus. des Beaux-Arts, che conserva pezzi medievali di scuola locale, ha sede nel vecchio palazzo episcopale, del 17°-18° secolo.
Bibl.:
Fonti. - Sulpicio Severo, Dialogus, III, in CSEL, I, 1866, p. 200; M. Guérard, Collection des Cartulaires de France, I-II, Cartulaire de l'abbaye de Saint-Père de Chartres (Collection de documents inédits sur l'histoire de France), Paris 1840; E. de Lépinois, L. Merlet, Cartulaire de l'église Notre-Dame de Chartres, 3 voll., Chartres 1862-1865.
Letteratura critica. - R. Merlet, Visite des monuments de Chartres, CAF 67, 1900, pp. 51-64; P. Héliot, G. Jouven, L'église Saint-Pierre de Chartres et l'architecture du Moyen Age, BAParis, n.s., 6, 1970, pp. 117-177; A. Chédeville, Chartres et ses campagnes (XIe-XIIIe siècles), Paris 1973; L. Grodecki, Architettura gotica, Milano 1976; M.P. Lillich, The Stained-Glass of Saint-Père de Chartres, Middletown 1978; Les vitraux du Centre et des Pays de la Loire, in CVMAe. France, II, Paris 1981, pp. 25-57; Histoire de Chartres et du pays chartrain, a cura di A. Chédeville, Toulouse 1983; C. Billot, Chartres à la fin du Moyen Age (Civilisations et sociétés, 76), Paris 1987; S. Gabriel, L'église Saint-André de Chartres, Notre-Dame de Chartres 18, 1987, 72, pp. 15-20; J. Favier, L'univers de Chartres, Paris 1988; C. Manhès-Deremble, J.P. Deremble, Les vitraux légendaires de Chartres, Paris 1988; A. Prache, Lumières de Chartres, Paris 1989; J. van der Meulen, R. Hoger, D. Cole, Chartres, Sources and Literary Interpretation. A Critical Bibliography, Boston 1989; R. Hoyer, Notre-Dame de Chartres: der Westcomplex, systematische Grundlagen der bauarchäologischen Analyse, 2 voll., Frankfurt a.M. 1991.A. Prache
La cattedrale di C. conserva quasi tutte le sue vetrate originarie, sfuggite alle distruzioni del sec. 18° e della Rivoluzione francese come al pericolo di indiscriminati restauri nel corso del 19° e 20° secolo. Già all'inizio del Novecento le vetrate vennero accuratamente studiate da Delaporte (Delaporte, Houvet, 1927). La maggior parte fu realizzata subito dopo le diverse campagne costruttive dell'edificio: tra il 1200 e il 1230 si eseguirono quelle del piano inferiore della navata e del transetto, quindi quelle delle parti alte della navata e delle parti basse del coro e successivamente le vetrate alte, sempre del coro; per ultime vennero realizzate le vetrate delle finestre alte del transetto e i due rosoni, a S e a N.La cattedrale conserva anche vetrate più antiche, sfuggite all'incendio della chiesa romanica e inserite nel programma iconografico della nuova cattedrale: si tratta delle tre finestre della facciata occidentale, risalenti agli anni 1145-1150, e della celebre Belle-Verrière, eseguita intorno al 1180 per l'antico coro e poi reimpiegata, con integrazioni del 13° secolo. Ne vanno ricordate infine alcune più tarde, risalenti alla metà del sec. 14° (cappella di Saint-Piat) e all'inizio del 15° (cappella di Vendôme).L'insieme, pressoché intatto, mostra una grande coerenza formale. Le finestre basse sono a carattere narrativo, con piccole scene su fondali a mosaico, mentre la maggior parte delle finestre alte si compone di grandi figure stanti, poste al di sopra sia di immagini di donatori sia di una o due figurazioni di carattere narrativo. Molte delle vetrate situate in basso presentano armature complesse, con traverse di sostegno forgiate secondo la forma dei pannelli, seguendo un principio esecutivo che, ereditato dal sec. 12°, scomparve alla metà del 13° secolo.Per lungo tempo gli studiosi hanno negato l'esistenza di una reale coerenza iconografica, fatta eccezione per le vetrate dei quattro fondali della chiesa, ma studi recenti (Manhes-Deremble, Deremble, in corso di stampa) hanno potuto dimostrare al contrario l'esistenza di un complesso programma (strettamente connesso con la scultura che riveste l'esterno dell'edificio) che coinvolge la totalità dell'opera vetraria. In questo i canonici ripresero la tradizione della scuola di C., che aveva presieduto all'elaborazione dell'iconografia delle tre vetrate della facciata del sec. 12°, con l'albero di Iesse, l'Infanzia di Cristo, la Passione e le Apparizioni dopo la Risurrezione, concepite contemporaneamente al portale dei Re.Le vetrate del sec. 12° vennero integrate nel vasto programma elaborato nel secolo successivo, dove i due princìpi che sembrano aver presieduto alla connessione dei temi - l'opposizione e la contiguità - non lasciano isolata alcuna raffigurazione. Oltre a un'opposizione N-S - con a N l'Antico Testamento, la Passione, l'Oscurità e a S il Nuovo Testamento, la Risurrezione, la Lotta della Vergine contro il male - si riscontra anche un'opposizione E-O, che va dall'Incarnazione, nelle vetrate romaniche a O, alla Pentecoste, nella cappella assiale dedicata agli apostoli. Il principio di contiguità regola l'associazione di diversi temi che si richiamano gli uni agli altri nell'arco di due o tre vetrate. Si può anche osservare che il programma assume carattere più teologico nella navata, più politico nel coro, ove il tema della sacralità regale e dei suoi rapporti con la Chiesa acquista una considerevole importanza (Pellegrinaggio di Carlo Magno, S. Silvestro che battezza Costantino, S. Remigio che battezza Clodoveo). Corrispondenze esistono anche tra le vetrate alte e quelle basse. Particolare rilievo è dato alle quattro estremità della chiesa: a E la Vergine e l'Incarnazione, a S il Cristo re dell'Apocalisse, a N Maria Ecclesia regina dei cieli, a O il Giudizio universale. I testi cui si ispirarono gli ideatori dei programmi delle vetrate sono numerosi; tra essi un ruolo importante dovettero ricoprire le opere di Pietro di Celle, che fu vescovo di C. dal 1181 al 1183, dopo essere stato abate di Saint-Remi a Reims, e quelle di papa Innocenzo III. Le leggende dei santi, numerose e assai elaborate, anche in ragione delle immense superfici vetrarie da decorare, testimoniano scelte iconografiche di notevole varietà, talora tradizionali, talora innovatrici.Di fatto i donatori, le corporazioni degli artigiani, spesso rappresentate in azione nella parte bassa delle vetrate, o gli ecclesiastici, i nobili e i membri della casa reale, di cui appaiono ben in vista gli emblemi araldici e i ritratti, pur finanziando la realizzazione di una o più vetrate, non ebbero alcuna libertà di scelta a livello iconografico.I vetrai che eseguirono queste opere non sembra facessero parte di botteghe molto strutturate, sul tipo di quelle note altrove alla fine del Medioevo. Per quanto riguarda la navata, in essa i maestri vetrai lavorarono in piccoli gruppi o anche da soli (Maestro di S. Eustachio), accettando in punti ben individuabili la collaborazione di altri vetrai, il cui stile poteva essere assai diverso dal loro (Lautier, 1990). Le vetrate mostrano in effetti una grande varietà di mani. Alcune hanno ancora caratteri spiccatamente romanici (Vite di s. Leobino e di s. Nicola), altre assumono connotazioni quasi espressionistiche per l'allungamento dei corpi e la vivacità dei gesti (Buon samaritano, Vita di s. Giovanni), altre ancora sono molto classiche nell'armonia delle proporzioni, nella fluidità dei drappeggi, nell'equilibrio delle composizioni (Vite di s. Eustachio e di s. Maria Maddalena), o rivelano aspetti vagamente bizantineggianti (Morte e Glorificazione della Vergine, Storie di Giuseppe). Le botteghe di vetrai attive alle finestre basse del coro sembrano aver realizzato un numero maggiore di vetrate rispetto a quelle attive nella navata, ma alcune restano comunque isolate dal punto di vista stilistico. La prima bottega importante può essere raccolta intorno alla vetrata di Carlo Magno (Vite di s. Giacomo, di s. Giuliano Ospedaliere, di s. Antonio); una seconda intorno a quella della Vita di s. Carauno (Vite di s. Pantaleone, di s. Simone e di s. Giuda, di s. Remigio, di s. Caterina). Attiva anche alle vetrate alte del transetto, quest'ultima bottega aprì la via alle nuove tendenze della pittura gotica, indirizzate verso l'irrigidimento e la schematizzazione (Grodecki, 1978).È difficile determinare la provenienza dei vetrai. Il Maestro di S. Eustachio, formatosi nella zona tra Laon e Soissons, lavorò anche a Saint-Quentin (Grodecki, 1965) e dallo stesso ambiente provenivano i principali pittori della Vita di s. Maria Maddalena. Si può supporre che alcuni si siano formati nell'Ovest della Francia, ad Angers o a Poitiers (Buon samaritano, Vita di s. Giovanni), altri a Sens (Belle-Verrière). Precisi legami con i grandi cantieri contemporanei, in particolare con la cattedrale di Bourges, restano, allo stato attuale delle conoscenze, assai limitati.Anche l'antica abbaziale di Saint-Pierre possiede un corpus considerevole di vetrate, costituito da tutte le finestre alte (nessuna di quelle basse si è invece conservata), databili agli anni 1260-1280 per il coro, intorno al 1300 per l'abside e tra il 1305 e il 1315 per la navata. Nel coro figure policrome di personaggi dell'Antico Testamento si alternano, verticalmente, a grisailles su vetro bianco. L'abside è decorata da immagini di santi posti sotto baldacchini architettonici; nella navata altre raffigurazioni di santi vengono alternate a scene di carattere narrativo. Nel triforio dell'abside sono state reimpiegate alcune vetrate del sec. 16°, forse provenienti dall'antica chiesa di Saint-Hilaire.
Bibl.: Y. Delaporte, E. Houvet, Les vitraux de la cathédrale de Chartres. Histoire et description, 4 voll., Chartres 1927; L. Grodecki, Le Maître de saint Eustache de la cathédrale de Chartres, in Gedenkschrift Ernst Gall, Berlin 1965, pp. 171-194 (rist. in id., Le Moyen Age retrouvé, Paris 1986, pp. 520-543); id., Les problèmes de l'origine de la peinture gothique et le "maître de saint Chéron" de la cathédrale de Chartres, RArt, 1978, 40-41, pp. 43-64; M.P. Lillich, The Stained-Glass of Saint-Père de Chartres, Middletown 1978; La "Belle-Verrière" de Chartres, RArt, 1979, 43, pp. 16-24; Les vitraux du Centre et des Pays de la Loire, in CVMAe. France, II, Paris 1981, pp. 25-57; L. Grodecki, C. Brisac, Le vitrail gothique au XIIIe siècle, Fribourg 1984, pp. 52, 60-72; C. Lautier, Les peintres-verriers des bas-côtés de la nef de Chartres au début du XIIIe siècle, BMon 148, 1990, pp. 7-45; C. Manhes-Deremble, J.P. Deremble, Les vitraux narratifs de la cathédrale de Chartres. Etude iconographique, in CVMAe. France. Etudes, II (in corso di stampa).C. Lautier
Malgrado le distruzioni subìte nel corso dei bombardamenti del 1944, la documentazione conservata (cataloghi, fotografie, microfilm, manoscritti erratici) consente ancora di conoscere il patrimonio della Bibl. mun. di Chartres.L'evoluzione della miniatura a C. prima del Duecento corrisponde in pieno alla fama di cui godettero nelle regioni circostanti le sue scuole e le sue biblioteche.A partire dall'epoca carolingia gli eruditi di C. acquisirono testi sulle arti liberali, le scienze, la medicina e il diritto, rivolgendosi sia a centri lontani sia a scriptoria limitrofi. Nel sec. 9°, per es., venne copiato e decorato a Tours il Liber comitis o lezionario dell'abbazia di Saint-Père (già Chartres, Bibl. mun., 24). Intorno al 1028 l'artista Andrea di Saint-Mesmin di Micy, presso Orléans, decorò, per il martirologio del Capitolo, un elogio funebre del vescovo e scolastico Fulberto, che conteneva tre immagini celebranti le sue qualità di insegnante, di pastore e di protettore degli ammalati e dei poveri, di cui si conserva solo quella di Fulberto in atto di predicare ai fedeli (Chartres, Bibl. mun., nouv. acq. 4, c. 34r). Agli inizi del sec. 12° è possibile rintracciare la mano di un artista normanno, originario di Saint-Evroult, in tre manoscritti provenienti da Saint-Père (Roma, Bibl. Angelica, 1085; 1086; 1087), mentre i disegni lumeggiati di un messale della stessa abbazia (Troyes, Bibl. Mun., 894), eseguiti qualche anno più tardi, sono caratterizzati da una intensa espressività, che ricorre nell'opera di alcuni miniatori di Tours.Nel secondo quarto del sec. 12° si ebbe la formazione di uno stile proprio della città, nella scrittura e nell'ornamentazione delle iniziali secondarie, grazie allo stimolo dell'accresciuta produzione di testi da parte delle scuole chartriane e soprattutto di quelli del vescovo canonista Ivo. Questo stile particolare consente di attribuire a C. una superba Bibbia in due volumi, databile intorno al 1150, le cui iniziali dipinte integrano una ornamentazione di carattere locale con personaggi costruiti secondo modelli bizantineggianti analoghi a quelli che ispirarono le vetrate della cattedrale (Parigi, BN, lat. 55; lat. 116). In questo stesso periodo un disegnatore di talento decorò con raffinatezza, in uno stile completamente diverso, un testo di Euclide per il Capitolo (Parigi, BN, lat. 10257) e un manoscritto contenente le glosse ai salmi di Gilberto Porretano (Parigi, Maz., 202).Gli anni intorno al 1140 costituirono un momento di apogeo e di svolta al tempo stesso, che vide il sopravvento delle scuole di Parigi su quelle di C.; persino i grandi maestri di C., Gilberto Porretano e Teodorico, nel 1141 furono costretti a recarsi a insegnare nella capitale. Questo spostamento a Parigi, verso la nascente Università, spiega senza dubbio la comparsa dello stile delle iniziali di tipo chartriano nei manoscritti prodotti a Saint-Victor a Parigi; ben presto la produzione libraria dei due centri divenne, di fatto, talmente simile da rendere difficile una distinzione. Tutto induce a ritenere che i libri glossati che Enrico di Francia, figlio del re Luigi VI, donò a Clairvaux, così come la Bibbia di s. Bernardo e quella di Saint-Etienne a Troyes (Troyes, Bibl. Mun., 458; 2391) siano parigini. Tuttavia anche l'Ettateuco di Teodorico di C. (già Chartres, Bibl. mun., 497-498), straordinaria raccolta di testi compilata da questo maestro per l'insegnamento delle arti liberali, fu miniato da uno degli artisti che eseguirono la Bibbia di s. Bernardo. Appare pertanto opportuno lasciare ancora in sospeso la questione del luogo d'origine di una serie magnifica di manoscritti contenenti opere di Gilberto Porretano appartenenti alla medesima corrente (Londra, BL, Harley 4804; Harvard, Univ. Lib., Houghton Lib., Typ. 277; Yale, Beinecke Lib., 152).Nel corso della seconda metà del sec. 12° le scuole di C. furono del tutto eclissate dall'Università di Parigi, ma il seggio vescovile della venerabile città continuò ad attrarre prelati tra i più illustri, quali Giovanni di Salisbury e Pietro di Celle. Uno di essi, Guglielmo Biancamano, fratello di Enrico il Liberale, conte di Champagne, fu particolarmente legato agli scribi e ai miniatori di C.; nel lasciare la sede vescovile nel 1165, sembra avesse portato via con sé un sacramentario che fece adattare all'uso di Reims dopo il suo trasferimento a questo arcivescovado nel 1176 (Reims, Bibl. Mun., 307); l'artista di C. che miniò questo codice ricompare all'opera in un Decretum Gratiani (Parigi, BN, lat. 3884) e in un manoscritto dei Profeti minori con glosse, proveniente dalla biblioteca capitolare di C. (già Chartres, Bibl. mun., 185). Alla fine della sua vita Guglielmo Biancamano fece copiare un pontificale secondo l'uso di Reims (Reims, Bibl. Mun., 342), nelle cui litanie vengono menzionati alcuni santi di C. (Piato, Leobino, Carauno); l'artista che lo eseguì, con la peculiare declinazione dell'ornato secondario chartriano, ricompare nel pontificale di C. (Orléans, Bibl. Mun., 144) e in un esemplare della Historia ecclesiastica di Pietro Cantore, opera dedicata a Guglielmo (Parigi, BN, lat. 12511).Dopo il sec. 12° C. non fu più al livello della fama di cui aveva goduto e i suoi artisti si ridussero a servire solo una clientela locale e provinciale, mentre le biblioteche della città venivano saccheggiate dagli umanisti. Fu nel ricco fondo della biblioteca capitolare che Landolfo Colonna, canonico della cattedrale, riscoprì intorno al 1300 una parte fino a quel momento ignota dell'opera di Tito Livio e fu ugualmente a C. che Francesco Petrarca si procurò un codice contenente testi antichi (Parigi, BN, lat. 5802).
Bibl.:
Fonti. - A. Lecocq, Légendaires et sermonnaires du XIVe siècle, Mémoires de la Société archéologique d'Eure-et-Loir 4, 1867, pp. 190-258; Y. Delaporte, L'Ordinaire chartrain du XIIIe siècle, ivi, 19, 1952-1953.Letteratura critica. - R. Merlet, J.A. Clerval, Un manuscrit chartrain du XIe siècle, Chartres 1893; J.A. Clerval, Les Ecoles de Chartres au Moyen Age du Ve au XVIe siècle, Paris 1895; M. Langlois, Scribes de Chartres, Revue Mabillon 1, 1905; M. Jusselin, Histoire des livres liturgiques de la cathédrale de Chartres au XVIe siècle, Mémoires de la Société archéologique d'Eure-et-Loir 16, 1923-1936, pp. 1-61; A. Wilmart, Remarques sur un lectionnaire de Chartres copié à Tours, CRAI, 1925, pp. 290-298; id., Le Lectionnaire de Saint-Père, Speculum 1, 1926, pp. 269-279; Y. Delaporte, Les manuscrits enluminés de la Bibliothèque de Chartres, Paris 1929; F. Avril, Notes sur quelques manuscrits bénédictins normands du XIe et du XIIe siècle, MAH 77, 1965, pp. 209-248: 237-246; id., Les arts de la couleur, in F. Avril, X. Barral i Altet, D. Gaborit-Chopin, Le monde roman. 1060-1120, II, Les Royaumes d'Occident, Paris 1983, pp. 159-259: 191 (trad. it. I Regni d'Occidente, Milano 1984); C. Burnett, The Content and Affiliation of the Scientific Manuscripts Written at, or Brought to, Chartres in the Time of John of Salisbury, in The World of John of Salisbury, a cura di M. Wilks, Oxford 1984, pp. 127-160.P. Stirnemann