DUMOURIEZ, Charles-François
Generale, nato a Cambrai il 25 gennaio 1739, morto esule a Turville Park presso Henley-onThames (Inghilterra) il 14 marzo 1823. Dedicatosi alla milizia, prese parte con onore a molti fatti d'arme, ma nel 1763, per riduzione dei quadri dell'esercito, fu inviato in congedo col grado di capitano. Durante alcuni anni percorse l'Italia, la Corsica, la Spagna, alle dipendenze dello Choiseul; rientrato in Francia (1770) fu utilizzato dalla polizia segreta di Luigi XV, ma poi, per le sue continue leggerezze inviato alla Bastiglia, dalla quale lo liberò Luigi XVI (1776). Col grado di colonnello ebbe nel 1778 il comando della piazza di Cherbourg, come segno tangibile di superiore approvazione dei concetti strategici da lui esposti nei Précis de la défense de la Normandie pubblicati un anno innanzi. Allo scoppio della Rivoluzione (1789) egli aveva raggiunto il grado di maresciallo di campo. Datosi anima e corpo alle nuove idee, si legò con Mirabeau e Lafayette. Fu impiegato in diversi modi e in diversi luoghi, ma l'ambizione politica e il desiderio di arrivare molto in alto, lo resero non sincero e non fedele con gli amici. Il 15 marzo 1792 fu chiamato al ministero degli Esteri, indi a quello della Guerra nel gabinetto girondino poi a un comando in sottordine all'armata del nord e infine al comando dell'armata del centro, con la quale respinse i Prussiani a Valmy (v.). Poco dopo, aggressore egli stesso a Jemmapes, si aprì il varco per la conquista del Belgio. Ma, ottenute quelle due vittorie, non spiegò l'attività che sarebbe stata necessaria e trattò le provincie occupate con una moderazione che parve a Parigi sospetta. L'ambigua condotta gli alienò i Giacobini, che già l'avevano in sospetto come troppo legato al duca d'Orleans. La disfatta patita da una frazione della sua armata a Neerwinden, mentre egli puntava su Amsterdam, fu l'inizio di un'inchiesta contro di lui da parte della Convenzione. Quattro commissarî e lo stesso ministro della Guerra si recarono al suo quartier generale per intimargli di comparire alla sbarra; ma il D. in risposta fece arrestare i cinque mandatarî del governo, che consegnò agli Austriaci, smascherandosi partigiano dei Borboni. Essendo però le truppe insorte contro di lui, il D. riparò all'estero col duca di Chartres (il futuro re Luigi Filippo) e il duca di Montpensier. Vagò per diversi paesi, offrendo dovunque la sua spada ai nemici della Francia e di Napoleone; e le lodi e la pensione degl'Inglesi, suonarono indiretta offesa per il vincitore di Valmy. Il D. parve non rendersi conto di ciò, e alla prima restaurazione osò chiedere a Luigi XVIII il bastone di maresciallo di Francia, in compenso dei servigi resi alla causa degli emigrati; ma il re oppose un rifiuto. Il D. non poté essere riabilitato neppure dopo la sua morte, e invano il Thiers si provò a sostenere che la benemerenza di Valmy poteva lavare le macchie successive.
Bibl.: La vie et les mém. du gén. D., Parigi 1823 (autobiogr.); Girtanner, Lettres au gén. D., 1795; Rochlitz, Coriolan und D., Lipsia 1796; A. von Boguslawski, Das Leben des Gen. D., Berlino 1878-79; A. Monchanin, D., Parigi 1884; H. Welschinger, Le roman de D., Parigi 1890; A. Chuquet, La trahison de D., Parigi 1891; H. Pouget de Saint-André, Le général D., Parigi 1914; A. Chuquet, D., Parigi 1914.