Scrittore francese (castello di Saint-Denis-le-Guast, Coutances, 1616 - Londra 1703); ufficiale, combatté in varie campagne, ma la scoperta di un libello contro la politica di Mazzarino lo costrinse a prendere la via dell'esilio, che trascorse quasi per intero in Inghilterra; né volle lasciare Londra allorché Luigi XIV accondiscese al suo rimpatrio. Spirito vivace, acuto, brillante, può considerarsi un epigono dei "libertini eruditi" della prima metà del sec. 17º; si caratterizzò per il suo atteggiamento scettico, la sua polemica antistoica e antiascetica, il suo gusto per la vita mondana; la sua produzione saggistica rispecchia la varietà dei suoi interessi e la sua attenzione soprattutto a problemi di costume. I suoi scritti si diffusero in varie edizioni di Oeuvres meslées; la prima raccolta autorevole, curata dall'amico P. Desmaiseaux, apparve nel 1705. Oltre alla Comédie des académistes, satira delle dispute linguistiche dell'Académie française, che risale al 1643, lasciò molte pagine di critica sugli scrittori francesi, inglesi, spagnoli, italiani, la Conversation du maréchal d'Hocquincourt et du père Canaye (che rivela l'influsso di Montaigne e soprattutto di Gassendi, di cui S.-É. fu allievo), le Réflexions sur les divers génies du peuple romain dans les divers temps de la république, massime, pensieri, e un interessante carteggio con dame e poeti e con L. Magalotti, che ne tradusse le opere.