Bronson, Charles
Nome d'arte di Charles Buchinsky, attore cinematografico statunitense, nato a Ehrenfeld (Pennsylvania) il 3 novembre 1921. Divenuto, negli anni Sessanta, una star di livello internazionale grazie alle sue interpretazioni carismatiche nelle grandi produzioni statunitensi, The magnificent seven (1960; I magnifici sette) e The great escape (1963; La grande fuga), entrambi di John Sturges, e The dirty dozen (1967; Quella sporca dozzina) di Robert Aldrich, venne valorizzato come protagonista da Sergio Leone in C'era una volta il West (1968), tanto da vincere nel 1971 il Golden Globe per la grande popolarità raggiunta. La sua successiva interpretazione dello spietato eroe della serie inaugurata da Death wish (1974; Il giustiziere della notte) di Michael Winner, caratterizzata dall'eccezionale presenza fisica e dalla controllata modernità di recitazione, non è stata però apprezzata pienamente, in particolare dalla critica.
Figlio di poverissimi immigrati russo-lituani, esordì nel 1951 dopo aver esercitato i più umili mestieri sfruttando il forte impatto di una grinta tra l'esotico, il coria-ceo e il brutale: all'inizio della carriera venne destinato a ruoli da caratterista in alcune serie di telefilm o b-movies. Pur avendo frequentato, dopo aver servito nell'Air Force, i corsi della Pasadena Playhouse, B. è sempre stato un attore di grande istinto e naturalezza, con un volto di forte espressività, come dimostrano le tante prestazioni in sintonia con la concisa struttura del cinema di genere degli anni Cinquanta. Sfuggito al devastante mestiere del padre, che era un minatore, trasportò la violenza del suo ambiente nell'atmosfera macabra di House of wax (1953; La maschera di cera) di André de Toth, in quella morbosa di Miss Sadie Thompson (1953; Pioggia) di Curtis Bernhardt, nel western Riding shotgun (1954; Assedio di fuoco) ancora di de Toth o nel film bellico When hell broke loose (1958; Quando l'inferno si scatena) di Kenneth G. Crane. Grazie al talento di grandi maestri si inserì perfettamente nella scultorea essenzialità di Apache (1954; L'ultimo Apache) e Vera Cruz (1954) di Aldrich, di Drum beat (1954; Rullo di tamburi) ‒ con il quale adottò il definitivo nome d'arte ‒ e Jubal (1956; Vento di terre lontane) di Delmer Daves, di Machine Gun Kelly (1958; La legge del mitra) di Roger Corman, ma anche nella ricchezza barocca di Run of the arrow (1957; La tortura della freccia) di Samuel Fuller. Il 'delinquente psicopatico' o il 'selvaggio pellerossa' si trasformarono negli anni Sessanta in inconfondibili icone di un'epopea di cult movie: dal pistolero di The magnificent seven al prigioniero fuggiasco di The great escape e al galeotto antinazista di The dirty dozen.
Il cinema europeo lo volle protagonista in film di buon mestiere (Adieu l'ami, 1968, Due sporche carogne ‒ Tecnica di una rapina, di Jean Herman; Le passager de la pluie, 1970, L'uomo venuto dalla pioggia, di René Clément; Città violenta, 1970, di Sergio Sollima) o di velleitaria spettacolarità (Guns for San Sebastian, 1968, I cannoni di San Sebastian, di Henri Verneuil; Soleil rouge, 1972, Sole rosso, e The Valachi papers, 1972, Joe Valachi: I segreti di Cosa Nostra, di Terence Young), non risparmiandogli neppure il ruolo vagamente derisorio dell'uomo maturo infelicemente innamorato di una sedicenne (Twinky, 1970, di Richard Donner). Proprio in Italia, tuttavia, B. ebbe modo di interpretare il personaggio più affascinante della sua carriera, il misterioso Armonica ("qualcosa che sa di morte") che in C'era una volta il West di Leone difende la proprietaria terriera Jill (Claudia Cardinale) dal crudele assassino Frank (Henry Fonda), con il quale egli stesso ha vecchi e sanguinosi conti in sospeso che salderà nell'intenso duello finale. L'incontro con il regista M. Winner fu decisivo per fissare, in coppia con la moglie Jill Ireland, la suggestiva immagine di un eroe esacerbato e onnipotente che, dopo i tentativi di Chato's land (1972; Chato), The mechanic (1972; Professione assassino) e The stone killer (1973; L'assassino di pietra), trova la sua epifania nel clamoroso successo di Death wish. Il moralismo accattivante del film, che consegna al personaggio interpretato da B. la bandiera del cittadino sconvolto dall'impunito dilagare della malavita, è stato tacciato di fascismo yankee e di apologia della violenza; mentre si è forse trattato, nella sua sbrigativa icasticità, del primo e notevole esempio di poliziesco contemporaneo, in cui, proprio attraverso la figura del protagonista, l'efferatezza del crimine e della corrispettiva vendetta privata sono lo specchio di una società disgregata e desacralizzata. Più aridi e corrivi sono apparsi i troppi sequels, in cui l'archetipo ha rasentato una supponente autoparodia. Dopo la morte della moglie (avvenuta nel maggio 1990) l'attività cinematografica di B. è andata diradandosi.
I. Cameron, E. Cameron, The heavies, London 1967; D. Downing, Charles Bronson, New York 1983; P. Setbon, Charles Bronson, Paris 1983.