TRICUPIS, Charilaos (Χαρίκαος Τρικούπης)
Uomo politico greco, figlio di Spyridon (v.), nato a Nauplia il 23 luglio 1832, morto a Cannes l'11 aprile 1896. Appena finiti gli studî, che fece a Parigi e in Atene, entrò (1852) in diplomazia quale addetto alla legazione greca di Londra. Rientrò in Grecia nel 1861 e fu, nel 1862, membro dell'Assemblea nazionale costituente convocata, dopo l'abdicazione di Ottone di Baviera, per la scelta del nuovo re e la riforma della costituzione. Egli prese parte attiva ai lavori e l'anno seguente fu mandato a Londra per condurre a termine i negoziati relativi alla cessione delle Isole Ionie. Arrivato a Londra dopo la firma della Convenzione (14 nov. 1863), non poté indurre il governo inglese a rinunziare totalmente alla clausola che voleva le isole neutrali e smilitarizzate, ma ottenne che la smilitarizzazione fosse limitata solo alle due isole settentrionali: Corfù e Paxo. Eletto deputato nel 1866, entrò in parecchie combinazioni ministeriali come ministro degli Esteri, finché nel 1875 divenne, per la prima volta, presidente del Consiglio. Da quell'anno egli rimase sempre in prima linea nella vita pubblica greca, avvicendandosi nel potere con Koumoundoũros, e, dopo la morte di questo, con Dēligiánnēs.
Nel complesso si può dire che, mentre l'opposizione di cui era capo Dēligiánnēs metteva in prima linea il problema dell'integrazione nazionale e quindi reclamava la guerra contro la Turchia, Tr. riteneva che prima di pensare alla guerra, bisognasse consolidare il regno e promuoverne la prosperità. Nei suoi numerosi ministeri, principalmente in quelli del 1883-1885, del 1886-1890, del 1892-1895, egli proseguì la realizzazione di questo programma aprendo strade, costruendo ferrovie, sistemando porti, fondando scuole. Ma le risorse finanziarie del paese erano insufficienti alle spese. In pochi anni il debito pubblico salì enormemente e lo stato si trovò sull'orlo del fallimento. Nel suo ultimo ministero Tr. tentò di evitare il disastro negoziando un accordo coi creditori. Non essendoci riuscito, nel 1894, per risanare il bilancio, da un lato ridusse del 70% la rendita del debito pubblico, dall'altro presentò una serie di progetti che riducevano le spese per l'esercito, per la rappresentanza diplomatica, per la marina, e introducevano nuove imposte sui consumi. Questi provvedimenti lo misero in urto col re e col paese ed egli fu costretto a dimettersi (gennaio 1895). Alle dimissioni seguì la sconfitta sua e del suo partito nelle elezioni generali avvenute quattro mesi dopo.