CEVA, Giorgio, detto il Nano
Secondo di questo nome, figlio di Giorgio (I), fu l'ultimo grande esponente della famiglia nel Medioevo. Visse tra il XIII ed il XIV secolo e consolidò ulteriormente la posizione raggiunta dal marchesato nel sec. XIII sotto la guida del padre e dello zio Guglielmo (III), entrambi figli di Guglielmo (II). Dopo di lui, nel corso del sec. XIV si assistette ad una graduale e lenta parcellizzazione del territorio del marchesato e a una inevitabile polverizzazione del potere politico della famiglia.
Il C. è menzionato dai documenti per la prima volta nel 1268. Nel decennio che precede la sua ascesa al potere, la famiglia appare costantemente alleata del Comune di Asti nei vari trattati di tregua stipulati con Carlo d'Angiò (Codex Astensis, III, docc. 944 e 946; Vergano, II, p. 126), che fin dalla sua prima discesa in Piemonte del 1258, godè dell'appoggio di Cuneo, Alba e Cherasco. Il C. proseguì la politica di legame con Asti, cercando nel contempo di ampliare le alleanze della famiglia. Così, per esempio, il 17 apr. 1268 Tomaso di Saluzzo concesse al C., a suo figlio Giorgio e a tutti i loro discendenti, sudditi e mercanti la facoltà di percorrere liberamente e in tutte le direzioni il territorio di Lequio Tanaro, con immunità da qualsiasi pedaggio.
Quando, poi, nel 1274 scoppiò la guerra tra Asti e Carlo d'Angiò, il C. si mantenne fedele alla sua tradizionale alleata. Le vicende belliche furono subito favorevoli al Comune che prima attaccò Alessandria e la costrinse alla resa, poi espugnò il castello di Neive e mosse contro Alba. Forte dell'appoggio del marchese di Saluzzo, che era passato dalla sua parte nel luglio 1275, Asti portò un nuovo attacco ad Alba e poi a Cossano costringendo i marchesi di Busca alla fuga. Con la battaglia di Roccavione del 10 nov. 1275, l'egemonia di Carlo d'Angiò venne definitivamente spezzata ed i suoi alleati si affrettarono a stringere accordi con Asti. Nell'atto del 21 agosto stipulato da Gualtiero de Alneto procuratore dell'Angioino nelle trattative di tregua con gli Astigiani, si legge che l'eventuale accordo avrebbe dovuto includere anche il C., i marchesi di Saluzzo, del Monferrato, del Carretto e di Clavesana (Tallone, doc. 547).
Gli stessi signori figurano ancora al fianco di Asti nella tregua stipulata con Cuneo il 13 sett. 1277 (Codex Astensis, III, doc. 950) e nell'atto relativo al trattato di alleanza stipulato dai medesimi Comuni l'8 genn. 1278. Il 13 febbr. 1282 venne concluso un trattato di pace (che prevedeva una tregua di almeno quattro anni) tra Carlo d'Angiò, il Comune di Asti ed i suoi alleati, tra cui i Ceva (Codex Astensis, III, doc. 981).
In seguito il C. aumentò i suoi legami con Asti. Mentre i suoi predecessori avevano stretto vincoli vassallatici con il Comune cedendo a questo parte dei loro possedimenti e ricevendone in cambio l'investitura, il C. compì la stessa operazione per tutti i suoi beni. Questa cessione di feudi al Comune, che nel passato si era realizzata, mediante donazioni, veniva ora attuata con una vera e propria vendita stipulata il 22 ott. 1295 e condotta a nome del C. da Oddone del Carretto. In base ad essa passarono ad Asti il castello e la città di Ceva, Roasio, Rivofreddo, Castellino, Igliano, Torricella, metà di Niella, San Michele, Pamparato (ad eccezione dei diritti spettanti al vescovo d'Asti), Ventipeniva, Viola, Lisio, Monasterolo, metà di Battifollo, Monteguardia, Nucetto, Bagnasco, Proenca, Mursecco, Garessio, Malpotremo, Priero e Montezemolo "cum omni mero et mixto imperio et omnimoda iurisdictione". Il C. ricevette in cambio centomila lire astigiane (Codex Astensis, III, doc. 674). A loro volta i rappresentanti del Comune investirono il C., i figli Giorgio (III) e Guglielmo e i loro eredi delle terre acquistate a condizione che essi non le subinfeudassero senza autorizzazione; si impegnarono a difenderle da eventuali attacchi e a non alienarle senza l'autorizzazione del C. e dei suoi eredi. Ciascun contraente garantiva, inoltre, di non contrarre alleanze con città o signori nemici dell'altro (ibid., docc. 675, 676, 677). La vendita fu sottoscritta anche dai figli del C., Giorgio e Guglielmo il 16 febbr. 1296 (ibid., doc. 677) e ratificata nella medesima data (ibid., doc. 678).
Probabilmente negli ultimi anni del secolo, il Comune investì il C. della metà di Montezemolo e delle sue pertinenze, ponendogli come condizione il rispetto dell'alleanza stretta tra Asti e Genova, Pavia e il marchese di Monferrato (ibid., III, doc. 673). In questi stessi anni il C. si trovava a fronteggiare gli attacchi del cugino Guglielmo (IV) che, alleato di Mondovì e di Emanuele di Clavesana, cercava di strappargli il primato. Tuttavia, egli, forte dell'appoggio di Asti, si impadronì di Nucetto, dominio di Bonifacio, figlio di Guglielmo. La vertenza venne poi risolta dall'arbitrato di Giorgio conte di Biandrate, secondo il quale il C. avrebbe dovuto rinunciare a Nucetto e i suoi antagonisti ad ogni pretesa su Ceva. Ma in realtà sembra che il C. non eseguisse il dispositivo e che si facesse infeudare di Nucetto (cfr. C. Schiffo). Il dissidio tra il C. e Guglielmo (IV) e tra il C. e i suoi vassalli è confermato dall'accordo da lui raggiunto nel 1297 con il Comune di Mondovì. Con esso il C. prometteva di aiutare il Comune contro i Bressani, a patto che Mondovì si impegnasse ad estromettere dalla città Guglielmo (IV) di Ceva e i signori di Clavesana, Monasterolo, Ulmetto, Pornassio e Cosio. In questa occasione venivano ribaditi i buoni rapporti esistenti tra i Ceva, il vescovo e il Comune di Asti, nonché con i marchesi di Saluzzo e del Carretto (Barelli, Il "Liber instrumentorum" del Comune di Mondovì, doc. LVI). L'8 genn. 1300 Monteregale stipulava un trattato di pace con i Bressani nel quale era confermato il precedente accordo con il C. (ibid., doc. LIV).
Nei primi anni del sec. XIV il figlio del C., Giorgio, risulta coinvolto in una lite con la certosa di Casotto per il possesso di alcuni beni situati nel territorio di Garessio e amministrati dall'ente ecclesiastico, che egli rivendicava (Barelli, Cartario della certosa, doc. DCCLXXVII). Cinque anni dopo, nel novembre 1308, il C. pro beneficio anime, ratificava gli acquisti del monastero nel territorio di Garessio e rinunciava ai propri diritti su di essi ed in particolare sul castagneto nel territorio di Torre (ibid., doc. DCCCXXI). Nei primi anni del sec. XIV il C. dovette essere coinvolto in qualche modo nelle lotte intestine apertesi ad Asti: a lui, infatti, si rivolsero nel 1309 i guelfi Solaro per contrastare il partito ghibellino in quel momento prevalente.
L'ultimo documento in cui il C. è ricordato è del 29 giugno 1324. Si tratta di una convenzione stipulata tra lui e suo figlio Guglielmo (V) di Ceva, Giovanni di Saluzzo, suo genero Federico marchese Clavesana, Federico di Ceva, e i due figli di Giorgio (III) di Ceva, Bonifacio e Oddone (tutti anche a nome dei propri eredi), con Giovanni, Rubino e Pornasio Scarelli signori di Pornasio e Cosio (Barelli, Il "Liber instrumentorum" del Comune di Ceva, doc. VIII).
Alla morte del C. il marchesato venne diviso tra i suoi eredi diretti: Guglielmo (V), e i figli di Giorgio, morto prematuramente, Bonifacio e Oddone. L'assegnazione dei vari feudi a ciascun erede fu fatta in casa di Bertolino, figlio naturale del C., il 30maggio 1326. In base ad essa Guglielmo ottenne Priero, Malpotremo, Nucetto, Viola, Lisio con tutti i diritti ad essi inerenti; Bonifacio ed Oddone Battifollo, San Michele, Castellino, Igliano; Guglielmo si impegnava, altresì, a versare ai nipoti la metà della somma loro dovuta dalla moglie di Guglielmo del Perllo, Francesca, e a non intaccare la dote della moglie; Oddone e Bonifacio, dal canto loro, fecero lo stesso con quella della madre. Il trattato stabiliva, infine, libertà di transito e di mercatura per gli uomini di entrambe le circoscrizioni (Barelli, Il "Liber instrumentorum" del Comune di Ceva, doc. II).
La morte del C. segna il declino del marchesato di Ceva. Dopo la suddivisione tra i suoi eredi diretti, vi furono nel corso di pochi anni ulteriori spezzettamenti, dei quali non è possibile seguire l'evoluzione in quanto i documenti a nostra disposizione citano da questo momento in poi un numero molto cospicuo di marchesi di Ceva, discendenti sia dal ramo del C. sia da quello di Guglielmo (IV), ma non offrono la possibilità di stabilire la loro precisa collocazione in un sia pur ideale albero genealogico. Se le notizie relative ai membri della famiglia non sono dunque sempre precise, più chiara risulta invece la loro attività politica. Dalla morte del C. cessarono i rapporti con il Comune di Asti che, dopo la parentesi angioina, passava nel 1341 ai Visconti. Si ha invece ancora qualche notizia relativa ai rapporti dei Ceva con il vescovo d'Asti. Sappiamo infatti che due figli di Guglielmo (IV), Federico ed Emerico, furono investiti il 30 dic. 1329 dal vescovo Arnaldo della parte di loro competenza dei feudi di Lesegno, Mombasiglio e Montegrosso e relativi territori, da tempo in possesso della famiglia Ceva (Assandria, II, doc. CCXXXIX). Nel maggio dell'anno 1349 altri signori di Ceva prestavano il giuramento di fedeltà al vescovo Baldracco Malabayla: si tratta di Corrado (figlio di Emerico e quindi nipote di Guglielmo [IV]), che fu investito della metà di Lesegno e di Montegrosso e della quarta parte di Mombasiglio (ibid., doc. CCXLII) e di Federico (figlio di Guglielmo [IV]), che a sua volta ricevette l'investitura della quarta parte di Lesegno e Montegrosso e di un ottavo di Mombasiglio (ibid., doc. CCXLI).
Queste investiture rientrano nella campagna che il vescovo Baldracco Malabayla di Asti, di potente famiglia di banchieri e mercanti, mise in atto per recuperare tutti quei feudi ecclesiastici che si erano praticamente resi autonomi nel corso delle passate vicende politiche e belliche.
I signori di Ceva si opposero con la forza alla dominazione viscontea in Asti e ottennero l'appoggio del marchese di Monferrato, dei loro vassalli e del Comune di Ceva (che, affacciatosi già in precedenza alla vita politica, assunse proprio in questo periodo un ruolo di una certa importanza); attaccati dai Milanesi, non riuscirono ad evitare un assedio che si protrasse dal 1351 al 1356, ma dal quale uscirono indenni.
Il prestigio e l'influenza della casata appaiono, tuttavia, a questo punto sensibilmente diminuiti: ciò risulta evidente anche dalle continue elargizioni che essi fecero al Comune di Ceva. Nel 1357, infatti, Bonifacio ed Oddone (figli di Giorgio [III]), Girardo (nipote di Guglielmo [V]), Cristoforo e Giacomo (figlio di Guglielmo [VI] a sua volta figlio di Guglielmo [VI]) facevano alcune donazioni a titolo di riconoscimento al Comune per l'aiuto fornito ai marchesi nella lotta contro i Visconti (cfr. Barelli, Il "Liber instrumentorum" del Comune di Ceva, docc. VI, VII). In questo stesso anno si ebbe una ulteriore suddivisione del territorio del marchesato di Ceva. La parte ereditata da Guglielmo (V) fu nuovamente suddivisa tra i suoi nipoti Cristoforo e Giacomo (figli di Guglielmo [VI]), suo figlio Giorgino e Ludovico e Girardo (figli di Francesco) (ibid., doc. XXV).
In questi stessi anni si riacutizzava anche la guerra con i marchesi del Carretto, ai quali i Ceva contendevano il possesso di alcune città nella valle del Tanaro.
Fonti e Bibl.: Codex Astensis qui de Malabayla communiter nuncupatur, a cura di Q. Sella, Roma 1880, III, docc. 673-678, 944, 946, 950, 981; Il "Liber instrument." del Comune di Mondovì, a cura di G. Barelli, Pinerolo 1904, docc. LIV, LVI, XC, C, CI; Il Libro verde della Chiesa d'Asti, a cura di G. Assandria, Pinerolo 1904, docc. CCXXXIX, CCXLI s., CCXCVII; Reg. dei marchesi di Saluzzo, a cura di A. Tallone Pinerolo 1906, docc.545, 547, 577, 633, 705, 998; Il "Liber instrumentorum" del Comune di Ceva, a cura di G. Barelli, Torino 1936, docc. II-XIV, XXV; Cartario della Certosa di Casotto(1171-1326), a cura di G. Barelli, Torino 1957, docc. CCXX, CCXXII, CCCXLVI, CCCCIV, CCCCXXVII, DCCIC, CMII; V. E. Morozzo Della Rocca, La storia dell'antica città di Monteregale ora Mondovì in Piemonte, Mondovì 1894-95, II, pp. 314-22, 341-70; G. Manzoni, Ceva ed il suo marchesato, Geva 1911, pp. 14-34; G. Monti, La dominazione angioina in Piemonte, Torino 1930, pp. 27, 40 s., 60, 69, 78, 87, 93, 100, 107, 140, 145, 154, 158, 210, 230, 236, 240; G. Barelli, Una alleanza tra la Repubblica di Genova ed i marchesi di Ceva(1363), in Riv. Ingauna e Intemelia, n. s., VII (1952), pp. 9-13; L. Vergano, Storia d'Asti, in Riv. di st., arte ed archeol. per la prov. di Alessandria ed Asti, LX-LXI (1951-52), pp. 10, 19, 126; G. Da Bra, Ceva in tutti i tempi, Cuneo 1959, pp. 97-201; C. Schiffo, Come G. II il Nano coinvolse Nucetto nelle vicende del marchesato di Ceva, in Boll. della Soc. per gli studi storici,archeol. ed artist. nella prov. di Cuneo, n. 5, n. 49 (1963), pp. 153-162.