CESURA (lat. caesura, traduzione del gr. τομή)
Pausa metrica. Le forme legate da responsione (se versi o strofe poco importa) sono separate da una pausa.
Nella metrica antica, caratteristiche della pausa sono l'obbligo di fin di parola e spesso di pensiero, la libertà dell'iato e della sillaba ancipite. Nell'interno del verso o della strofa vi sono sedi nelle quali mancano le libertà della pausa, mentre sussiste l'obbligo della fin di parola (quand'anche non sia sempre richiesta fin di parola fortemente accentata, ma bastino anche pronomi monosillabi, preposizioni, congiunzioni, che nelle lingue antiche debbono spesso considerarsi quali vocaboli proclitici o lievemente accentati, sì da formare normalmente unità con la parola seguente); pause di tal genere sono chiamate dieresi (v.) se dividono l'un dall'altro gruppi metrici elementari (volgarmente "piedi"); cesure, se cadono nell'interno di uno di essi (dunque nel caso dell'esametro cesura pentemimera la fin di parola dopo la prima lunga del terzo piede dell'esametro, ma dieresi bucolica la fin di parola che coincide con la fine del quarto piede). Le cesure (a differenza delle dieresi) sembrano proprie dei versi recitativi (specie esametro e pentametro, trimetro e tetremetro tragici), né infatti nel canto sarebbe tollerabile una pausa per riprender fiato, che troncasse in due un'unità ritmica. Se i versi lirici di Orazio hanno cesura, è questo un segno che erano destinati alla recitazione e non al canto.
Nella versificazione delle lingue moderne, a sistema accentuativo, si chiama cesura la pausa nell'interno di un verso, la quale coincide sempre con la fine di parola. Questa cesura è ora in sede fissa, come nell'alessandrino (v.) classico francese, ora in sede variabile, come nell'endecasillabo (v.) italiano.
Bibl.: P. Maas, Geschichte Metrik, in Gercke-Norden, Einleitung in die Altertumswissenschaft, Lipsia 1929, § 45-46; O. Schroeder, Nomenclator metricus, Heidelberg 1929, p. 20. Le trattazioni anteriori (Rossbach, Westphal, Christ, da cui Zambaldi) sono ormai antiquate ed erano sempre confuse. Su cesura dopo praepositiva (proclitiche) e innanzi postpositiva (enclitiche), permessa sì o no e dentro limiti diversi secondo i diversi autori, è fondamentale, per il greco, Maas § 135 segg.; per il latino è importante il commento di Ed. Norden al VI dell'Eneide, 3ª ed., Lipsia 1926, p. 425 segg. e H. Mirgel, De synalaephis et caesuris in versu hexametro latino, Gottinga 1910.
Per la cesura in italiano v. P.G. Guarnerio, Manuale di versificazione italiana, Milano s. a., p. 39 segg.