CREDITI, Cessione dei
Il cod. civ. del 1865 trattava delle "cessioni dei crediti o di altri diritti" negli articoli 1538-1548, che seguivano immediatamente le norme relative alla compravendita e ciò in considerazione del fatto che la cessione può avere, o per lo più ha, medesima causa che è propria delle vendite (trasferimento di un bene verso il pagamento del prezzo). In questo senso la cessione veniva legislativamente prospettata, come una sottospecie della comprovendita (v. vendita, XXXV, p. 41) che si distingueva da questa in funzione dell'oggetto. La dottrina aveva però rilevato la inesattezza sistematica di questa collocazione, mettendo in evidenza come la cessione costituisca il mezzo attraverso il quale si può attuare il trasferimento (e quindi la successione a titolo particolare) dei diritti e che è capace di assolvere sia alle funzioni (causa) della vendita, sia a quelle di altri negozî, e aveva perciò collocato l'istituto nel capitolo dedicato alle vicende dei rapporti giuridici in genere, con particolare riguardo a quella vicenda che è costituita dal mutamento della titolarità del lato attivo (diritto). Il cod. civ. del 1942 ha seguito questo indirizzo, pur preferendo parlare, anziché di cessione dei diritti, in genere, di cessione dei crediti, riservando cioè il termine "cessione" ad indicare il trasferimento dei soli diritti di credito, dato che il particolare meccanismo che è proprio di questo non trova riscontro ìn quello di diritti di diversa natura, particolarmente reali, per i quali di volta in volta il codice stabilisce delle regole specifiche (cfr. articoli 965, 980). Quando il negozio traslativo abbia invece per oggetto un diritto reale (su cosa altrui) esso sarà, secondo i casi, una vendita, una permuta, una donazione e sarà regolato dalle norme proprie di questi istituti e non da quelle della cessione.
La nuova disciplina della cessione dei crediti trova oggi la sua sede nel titolo I del libro IV, in cui è contenuta la regolamentazione generale dei rapporti di obbligazìone (capo V, articoli 1260-1267). La cessione viene prospettata come svincolata da una causa specifica, affermandosi che il creditore può trasferire a titolo gratuito od oneroso il suo credito (art. 1260). Esso può, dunque, indifferentemente servire per attuare una vendita o una donazione e, a seconda dei casi, importerà, perciò, anche l'applicazione delle regole particolari all'uno e all'altro negozio. Rappresenta di regola un negozio bilaterale, che si sostanzia nell'accordo tra cedente e cessionario e non richiede il consenso del debitore ceduto (art. cit.). Tuttavia non produce effetto verso di questo se non quando gli sia stata notificata, ovvero quando egli la abbia preventivamente accettata (art. 1264), con la conseguenza che se, mancando uno di tali elementi, il debitore paghi al cedente, egli è liberato di fronte al cessionario, salva l'azione di risarcimento di questo verso il creditore stesso.
La cessione importa trasferimento del credito con tutti gli accessorî, ma non comprende i frutti scaduti (art. 1263). Il cessionario quindi acquista il medesimo diritto del quale era titolare il cedente, diventa titolare dei diritti di garanzia che assistevano il credito (pegno, ipoteca), si giova del privilegio che eventualmente rafforzava il credito del cedente, ed è soggetto alle medesime eccezioni che il debitore avrebbe potuto opporre al cedente (un'attenuazione di questa regola si riscontra nell'art. 1248). Il cedente, oltre che a consegnare i documenti probatorî del credito (art. 1262), è tenuto a garantire l'esistenza del credito, quando la cessione sia a titolo oneroso. Se invece essa è a titolo gratuito, la garanzia suddetta consiste solo nei casi e nei limiti in cui il donante è tenuto per l'evizione (articoli 1266, 797). La garanzia della solvenza del debitore fa invece carico al cedente solo quando egli l'abbia espressamente assunta. Ma anche in tal caso egli risponde solo nei limiti di quanto ricevuto, delle spese e dei danni subìti dal cessionario, e sempre che l'insolvenza del debitore ceduto non sia dipesa da negligenza del cessionario stesso (art. 1267). Nel caso che il medesimo credito sia stato ceduto a più persone, prevale la cessione notificata per prima al debitore o quella che è stata accettata per prima dal debitore con atto di data certa, ancorché essa sia di data posteriore (art. 1265).
Non possono essere ceduti crediti, che dipendono da una particolare relazione personale, nella quale il creditore si trovi col debitore (ad es. i crediti alimentari); l'art. 1261 pone a carico di magistrati e funzionarï dell'ordine giudiziario il divieto di rendersi comunque cessionarî di diritti sui quali è sorta contestazione davanti l'autorità giudiziaria di cui fanno parte e nella giurisdizione in cui esercitano le loro funzioni. Analogo divieto vale contro i notai, gli avvocati e i procuratori. La cedibilità di un credito può inoltre essere esclusa dalle parti: ma il relativo patto non è opponibile al cessionario di buona fede (art. 1260 capov.).
Bibl.: Graziani, La cessione dei crediti, Perugia 1930.