cessare
. Il verbo è abbastanza frequente, ma , quasi esclusivo del Convivio e della Commedia. L'uso originario è intransitivo, in corrispondenza con il latino cessare (frequentativo di cedere).
Il significato che in D. appare primitivo, e che è presente il maggior numero di volte, è quello di " venir meno ", " aver termine ", " mancare ", " non essere più ": Vn XXIII 13 sì mi cessò la forte fantasia, " la visione ebbe termine ", " si interruppe ", e Pd XXXIII 61 quasi tutta cessa / mia visione, " il ricordo della visione viene meno ", " imperò che di quella a pena mi ricorda, se non d'alcuna piccola particella " (Buti). In questo senso il verbo può essere riferito alle opere biece di Caco, le malefatte del ladrone che cessar... / sotto la mazza d'Ercule, ossia " furono eliminate dalla clava di Ercole " (If XXV 31), o può trovarsi, in forma di ablativo assoluto, a indicare che. cessando la Morale Filosofia [" se la Filosofia Morale non fosse più coltivata "], l'altre scienze sarebbero celate alcuno tempo (Cv II XIV 18). Il verbo vale ancora " finire ", " terminare ", in Pg XX 141 'l tremar cessò ed el [il canto delle anime] compiési; dove è da notare tuttavia il gusto nella scelta dei vocaboli - c. e ‛ compiersi ' - in relazione al mutare dei soggetti. Il verbo resta intransitivo, ma non è più usato assolutamente, in luoghi come Cv II XIII 24 la Musica trae a sé li spiriti umani... si che quasi cessano da ogni operazione, e IV XII 7 l'umana generazione non cesserà di piangere. Nel primo caso il verbo è seguito da un complemento di allontanamento-privazione, che specifica in che senso gli spiriti umani " vengono meno "; nel secondo esso ha valore modale e la specificazione è costituita da un infinito. Breve è il trapasso semantico da " c. da qualcosa " a " porre termine a qualcosa ", significato che il verbo assume in if XXXIII 102 avvegna che... ciascun sentimento / cessato avesse del mio viso stallo, " avesse abbandonato lo stallo o dimora del mio volto... Il modo dell'espressione... rientra nell'ambito della convenzione largamente praticata dagli stilnovisti e da Dante nelle Rime e nella V.N.: di... rappresentare come individualmente operanti e parlanti sensi e ‛ spiriti ' e organi " (Mattalia). Da notare che qui c. è transitivo. Ci sono poi altri casi in cui il verbo è parimenti transitivo: If XVII 33 diece passi femmo in su lo stremo, / per ben cessar la rena e la fiammella; Pd XXV 133, dove c. vale " evitare ". Lo stesso senso di " evitare ", " allontanare da sé ", Si riscontra in Cv I II 13 e 16, VI 1, VIII 1 e X 5, ma l'uso è traslato e l'oggetto è rappresentato da un. concetto astratto. Le prime due di queste occorrenze ci presentano inoltre il verbo fatto passivo per mezzo della particella ‛ si ': grande infamia... non si può cessare, e la quale infamia si cessa. Anche transitivo è, con tutta probabilità, il verbo in Cv II VII 9 un altro [pensiero] apparisce che fa quello cessare, in cui ‛ fare ' si può addirittura considerare fraseologico.
Manca da prendere in considerazione l'occorrenza di If XIX 51, che presenta non lievi difficoltà di interpretazione: lo perfido assessin... poi ch'è fitto, / richiama lui [il confessore] per che la morte cessa. Il luogo è spiegato dai commentatori più antichi in base alla convinzione che il verbo sia intransitivo, essendo la morte soggetto: il condannato richiama il confessore " quia parum tardatur interim illa mors acerba " (Benvenuto), ossia la morte " indugia in quel chiamarlo " (Buti); e nota il Fallani: " agli assassini sottoposti alla pena della propagginazione si soleva far grazia per alcuni istanti, perché si confessassero ancora ‛ in extremis ' ". Similmente il Tommaseo. Il valore di " indugiare ", che il verbo c. non ha in altri luoghi danteschi, è legittimato dall'uso del latino cessare, il cui senso più antico è proprio " ritardare ", " mancare ", " non presentarsi ", e appunto " indugiare ". Ma altri, soprattutto moderni (e cfr. ad es. Grabher, Sapegno, Momigliano), fanno della morte il complemento oggetto, e soggetto diventa l'assassino, che " allontana ", " ritarda ", " differisce " per poco l'ora della sua morte chiamando di nuovo il confessore. Il passo è stato inoltre analizzato con opportuna ampiezza dal Pagliaro (Ulisse 265 ss.), secondo il quale il perfido assessin sarebbe un sicario spergiuro che tradisce il suo mandato e rivela qualche vitale segreto in punto di morte; in tal modo " evita la morte " e ottiene la grazia in cambio della sua delazione. Il verbo varrebbe dunque non tanto " ritardare " quanto " evitare in modo definitivo ", secondo l'uso più regolare di c. transitivo.